Giochi di coppia
di
Wabisabi
genere
esibizionismo
Avevo iniziato ad uscire senza indossare le mutandine da quandomio marito disse che sarebbe stata una “trovata” sexy, un segreto intimo da condividere con lui, e la possibilità che qualcuno, complice un mio maldestro movimento, avesse potuto intravedere le mie grazie, magari in sua presenza, sarebbe stato per lui l’impulso per una forte eccitazione.
Quando gli parlavo della possibilità di concretizzare la fantasia,si eccitava così tanto che doveva segarsi; a volte lo faceva davanti a me, mentre gli raccontavo i movimenti che avrei fatto per cercare che qualche sguardo indiscreto cadesse tra le mie gambe. Allora lui se lo prendeva in mano, lo scappellava più volte mentre ascoltava le mie parole cariche d’erotismo. Lo sperma schizzava a fiotti dalla sua cappella, spesso finendo sul pavimento. Dopo si sentiva in imbarazzo, mentre lo guardavo con il mio sorriso malizioso, carico di eccitazione. Per lui era “strano” eccitarsi su quella fantasia, mi diceva. Ogni volta dovevo rassicurarlo dicendogli che non c’era bisogno di sentirsi in quel modo, era una fantasia erotica che mettevamo in pratica insieme e che, devo ammettere, eccitava anche me. Quando lo guardavo segarsi, in quel rituale che mettevamo in pratica più e più volte,le mutandine, che in quel momento indossavo, si bagnavano più del solito, e sentivo che il mio clitoride reagiva mettendosi sugli attenti, come se non aspettasse altro che le mie dita gli dessero un minimo di sollievo.
Andammo avanti così per qualche mese e devo dire che la nostra intimità migliorò non di poco. Quelle fantasie innocenti avevano riacceso la fiamma dell’erotismo che, forse, per troppo tempo si era placata, complice una vita lavorativa non di facile gestione. Entrambi viaggiavamo molto per lavoro ed eravamo arrivati a dover programmare al secondo anche i nostri incontri sessuali che, inevitabilmente, erano diventati noiosi, ripetitivi, e non riuscivamo a godere apieno.
Una sera, convinta a mettere in pratica quella che era, a conti fatti, solo una fantasia, decisi di fargli una sorpresa. Eravamo stati invitati a un matrimonio. Un suo collega si sarebbe sposato con un ricevimento serale che prevedeva una cena a base di pesce. In atre occasioni avrei declinato l’invito, magari discutendo con lui; conoscevo poco i suoi colleghi e superiori, senza contare che partecipare a una festa di nozze senza conoscere bene gli sposi mi annoiava a morte; ma pensai che forse quella sarebbe stata l’occasione per passare dalla teoria alla pratica e valutare il suo livello di eccitazione. Per l’occasione mio marito indossò un completo scuro: era bellissimo in quell’abito, alto, slanciato.
Essendo estate, io avevo optato per un vestitino leggero aderente, di quelli con le bretelline, di colore rosa chiaro, e non avevo messo il reggiseno. L’abito mi fasciava il corpo ed era abbastanza corto, quasi come una minigonna. Prima di uscire, sull’uscio di casa, lo guardai e gli dissi: “Aspetta, manca qualcosa”; lui era fermo con la mano sulla maniglia. “Cosa manca?” mi chiese tastandosi le tasche della giacca, “ho forse dimenticato le chiavi?”
“No aspetta” risposi, “ah, ecco cosa manca”, alzai lentamente il vestitino fino a farlo arrivare sui fianchi. Sotto indossavo delle mutandine bianche trasparenti, attraverso le quali si potevano vedere i peli della mia figa.Tenendo il vestito fermo afferrai l’elastico delle mutandine e le feci scivolare sul pavimento. Con un piccolo saltello le misi da parte con i piedi e mi risistemai il vestito. Lui mi guardò impietrito, con la mano stretta sulla maniglia. “Oddio, sei pazza?”
“No che non lo sono!” risposi sistemandomi le pieghe del vestito sulle cosce, “Verrò così al matrimonio. Magari a qualcuno piacerà.”
Potevo sentire la sua eccitazione nell’aria. Si siede un colpetto al cazzo da sopra i pantaloni, dove potevo vedere già una leggera erezione.Mi guardò e deglutì. Era palesemente sorpreso di quella mia trasformazione erotica. Proprio la sua mogliettina che,fino a quel momento era stata una donna più che ordinaria: la prima volta l’avevo fatto con lui e non avevo provato nessun altro cazzo. Mi avvicinai a lui e poggiai la mano tra le sue gambe; potevo sentire la sua erezione che stava esplodendo sotto i pantaloni. Mi avvicinai al suo orecchio e gli dissi, quasi in un sussurro: “Sarà il nostro segreto amore”
Uscimmo di casa. Erano circa le 18. Il viaggio in auto per raggiungere il luogo del matrimonio fu di breve durata e silenzioso. Ero decisa a tenerlo al limite dell’eccitazione per tutta la serata.
Il luogo scelto dagli sposi era molto bello. Una villa immersa nel verde da dove si poteva ammirare anche un bellissimo scorcio sul mare. Gli invitati arrivarono lentamente.
Quando io e mio marito entrammo, fummo accolti da alcuni camerieri che ci invitarono a degustare un aperitivo in giardino, nell’attesa che gli sposi arrivassero e che la festa di nozze iniziasse con la cena luculliana, tipica di quei momenti. All’esterno, il giardino era adeguatamente addobbato per l’occasione. Il sole stava tramontando e ci accomodammo a un tavolino dalla cui posizione potevamo gustarci il sole che, lentamente, stava per tuffarsi nel mare.
Mio marito non mi toglieva gli occhi di dosso. Osservava i miei movimenti mentre teneva sempre d’occhio l’entrata del giardino, dove, lentamente, si succedevano in una processione ordinata tutti gli invitati. Mi presentò al suo capo, anche lui venuto per l’occasione; si vociferava, mi disse, che il capo aveva una relazione segreta (di cui tutti, però, all’interno del suo ufficio erano a conoscenza) con la segretaria, la quale, era presente in quel momento con il suo fidanzato.
“Bella ipocrisia”, gli dissi avvicinandomi al suo orecchio. Lui fece un sorriso. “senti…”, continuai, “non è che anche tu hai qualche relazione segreta al lavoro di cui dovrei essere a conoscenza?”; lui mi guardò sorridendo, allora gli rimandai uno sguardo carico di un finto odio. Mentre il giardino si riempiva di invitati, decisi di accavallare le gambe. Mio marito mi guardò; aveva il viso eccitato e, ne ero sicura, il cazzo gli tirava nei pantaloni in un modo incredibile. “Tranquillo… il nostro segreto è al sicuro… almeno per adesso.” Era la prima volta che mi trovavo nelle vesti di dominatrice e mi sentivo un po' ridicola. Non sapevo come comportarmi e, per un attimo, pensai che forse avevo fatto male a voler mettere in pratica le nostre fantasia. Anche volendo non sarei potuta tornare indietro. Le mie mutandine in pizzo giacevano ancora davanti alla porta d’ingresso di casa. A confermarmelo era la frescura che sentivo tra le gambe, ogni volta che mi muovevo per dirigermi al bar e ordinare un altro giro di prosecco; era una sensazione piacevole sentire la carezza del vento sulla mia figa nuda, come era altrettanto piacevole che fossimo solo noi due a conoscenza di quel segreto. Quei pensieri mi presero alla sprovvista e i miei capezzoli reagirono, bucando quasi il tessuto del vestito.
Ero poggiata al bancone del bar e il cameriere mi stava servendo un bicchiere di prosecco quando vidi, attorno a un tavolino, mio marito che si stava intrattenendo con alcuni colleghi. Presi il mio calice e mi diressi verso di loro. Alcuni erano seduti alle sedie, mentre altri, erano su un divanetto leggermente più basso dove c’era la mia “occasione”, un posto libero!
Li raggiunsi e diedi un bacio a mio marito salutando i presenti con un timido “ciao”; prontamente lui me li presentò uno per volta. Strinsi amabilmente le mani a ognuno di loro, scambiando convenevoli sulla bella serata che ci attendeva e il buon cibo che avremmo degustato.
Andai a sedermi sul divanetto basso, non distogliendo lo sguardo da lui. Accavallai le cosce stando bene attenta a non lasciare che le mie grazie si intravedessero, almeno per il momento. Nel sedermi, il vestitino aderente era risalito leggermente su e io mi guardai bene dal sistemarlo. Di fronte a me c’erano due colleghi di mio marito che, tra un sorso e l’altro, avevano già puntato lo sguardo sulla mia scollatura. Il momento era propizio pensai. Scavallai le gambe e le accavallai di nuovo, semplicemente, stando bene attenta ad aprirle quel tanto che bastava per far capire a tutti i presenti che non indossavo le mutandine. Bingo! Lo sguardo di uno dei colleghi cadde proprio tra le mie cosce. La mia figa depilata era stata esposta ai suoi occhi, con la complicità del vestito che ormai mi era scivolato quasi fin sopra le natiche. Il cuore mi batteva fortissimo, sentivo che mi stavo lubrificando. Il fortunato che si era goduto la scena diede un colpetto con il gomito a un collega che si trovava proprio accanto a lui. Mio marito intanto si godeva la scena. Potevo capirlo dalla smania che gli prese in quel momento. Fece un lungo sospiro e mi guardò, incredulo che mi fossi spinta fino a quel punto. Se avesse potuto si sarebbe segato in quel momento, ne ero sicura.
Osai di più e, tra una chiacchiera e l’altra, ripetei il movimento altre tre volte, consapevole che adesso non era più un segreto, i colleghi di mio marito erano schiavi dei miei movimenti e ammiravano la mia figa depilata.
Quando un cameriere ci raggiunse in giardino dicendoci che potevamo iniziare ad accomodarci ai nostri tavoli, con nonchalance scavallai per l’ultima volta le cosce, con il vestito che ormai era incastrato praticamente sotto il mio culo e mi era risalito quasi fin sopra all’inguine. Prima di alzarmi mostrai praticamente la mia figa a tutti, colleghi e cameriere, i quali non riuscivano a credere ai loro occhi. Mio marito era rosso in viso, si girò di scatto e si avviò nella sala principale dove sarebbe stata servita la cena; una volta alzata sistemai con disinvoltura il vestito e lo raggiunsi, lasciando i miei spettatori in giardino.
Per il resto della serata, ebbi gli sguardi di tutti addosso. Evidentemente la catena del pettegolezzo si era messa in moto e si era sparsa la voce che la giovane e seducente moglie del loro collega non indossava le mutandine. Durante la cena molti mi guardavano e sorridevano e,per mio marito, il solo pensiero che potessi essere oggetto delle fantasie sessuali dei suoi colleghi, nonché del suo capo, lo stava facendo impazzire.
Me lo confessò al ritorno, quando in auto stavamo ripercorrendo la strada per tornare a casa. “Sei stata stupenda”, mi disse mentre guidava con una mano sullo sterzo e l’altra sulla patta dei pantaloni, da dove si ergeva una potente erezione. Io ridevo, un po' per la situazione eccitante, un po' per la scarica di adrenalina che stava rilasciando il mio corpo dopo quella giornata. Mi alzai il vestito fin sopra le natiche e gli mostrai la figa; “che dici, gli sarà piaciuta?”
Subito accostò sulla destra, in una piazzola. Si sbottonò il pantalone e tirò fuori il cazzo. “Ti prego, non ce la faccio ad arrivare a casa”. Aveva il cazzo durissimo, completamente scappellato. La cappella era grande come un uovo, completamente viola. “Oddio, amore… non mi dire che sei stato così tutta la serata.” In quel momento mi fece tenerezza, non avevo compreso fino in fondo la sua eccitazione, il tormento con il quale aveva dovuto convivere durante la festa. “vieni qui…” abbassai le bretelline del vestito e tirai fuori le tette. Gli presi il cazzo in mano. Tante volte lo avevo segato, ma non lo avevo mai sentito così duro nella mia mano come in quella occasione. Iniziai a masturbarlo lentamente. “Secondo te i tuoi colleghi si segheranno per me questa sera?”
“Oddio mio, amore…”, furono le uniche parole che riuscì a scandire prima di schizzare quattro fiotti di sperma denso e bianco sulla mia mano.
Quando gli parlavo della possibilità di concretizzare la fantasia,si eccitava così tanto che doveva segarsi; a volte lo faceva davanti a me, mentre gli raccontavo i movimenti che avrei fatto per cercare che qualche sguardo indiscreto cadesse tra le mie gambe. Allora lui se lo prendeva in mano, lo scappellava più volte mentre ascoltava le mie parole cariche d’erotismo. Lo sperma schizzava a fiotti dalla sua cappella, spesso finendo sul pavimento. Dopo si sentiva in imbarazzo, mentre lo guardavo con il mio sorriso malizioso, carico di eccitazione. Per lui era “strano” eccitarsi su quella fantasia, mi diceva. Ogni volta dovevo rassicurarlo dicendogli che non c’era bisogno di sentirsi in quel modo, era una fantasia erotica che mettevamo in pratica insieme e che, devo ammettere, eccitava anche me. Quando lo guardavo segarsi, in quel rituale che mettevamo in pratica più e più volte,le mutandine, che in quel momento indossavo, si bagnavano più del solito, e sentivo che il mio clitoride reagiva mettendosi sugli attenti, come se non aspettasse altro che le mie dita gli dessero un minimo di sollievo.
Andammo avanti così per qualche mese e devo dire che la nostra intimità migliorò non di poco. Quelle fantasie innocenti avevano riacceso la fiamma dell’erotismo che, forse, per troppo tempo si era placata, complice una vita lavorativa non di facile gestione. Entrambi viaggiavamo molto per lavoro ed eravamo arrivati a dover programmare al secondo anche i nostri incontri sessuali che, inevitabilmente, erano diventati noiosi, ripetitivi, e non riuscivamo a godere apieno.
Una sera, convinta a mettere in pratica quella che era, a conti fatti, solo una fantasia, decisi di fargli una sorpresa. Eravamo stati invitati a un matrimonio. Un suo collega si sarebbe sposato con un ricevimento serale che prevedeva una cena a base di pesce. In atre occasioni avrei declinato l’invito, magari discutendo con lui; conoscevo poco i suoi colleghi e superiori, senza contare che partecipare a una festa di nozze senza conoscere bene gli sposi mi annoiava a morte; ma pensai che forse quella sarebbe stata l’occasione per passare dalla teoria alla pratica e valutare il suo livello di eccitazione. Per l’occasione mio marito indossò un completo scuro: era bellissimo in quell’abito, alto, slanciato.
Essendo estate, io avevo optato per un vestitino leggero aderente, di quelli con le bretelline, di colore rosa chiaro, e non avevo messo il reggiseno. L’abito mi fasciava il corpo ed era abbastanza corto, quasi come una minigonna. Prima di uscire, sull’uscio di casa, lo guardai e gli dissi: “Aspetta, manca qualcosa”; lui era fermo con la mano sulla maniglia. “Cosa manca?” mi chiese tastandosi le tasche della giacca, “ho forse dimenticato le chiavi?”
“No aspetta” risposi, “ah, ecco cosa manca”, alzai lentamente il vestitino fino a farlo arrivare sui fianchi. Sotto indossavo delle mutandine bianche trasparenti, attraverso le quali si potevano vedere i peli della mia figa.Tenendo il vestito fermo afferrai l’elastico delle mutandine e le feci scivolare sul pavimento. Con un piccolo saltello le misi da parte con i piedi e mi risistemai il vestito. Lui mi guardò impietrito, con la mano stretta sulla maniglia. “Oddio, sei pazza?”
“No che non lo sono!” risposi sistemandomi le pieghe del vestito sulle cosce, “Verrò così al matrimonio. Magari a qualcuno piacerà.”
Potevo sentire la sua eccitazione nell’aria. Si siede un colpetto al cazzo da sopra i pantaloni, dove potevo vedere già una leggera erezione.Mi guardò e deglutì. Era palesemente sorpreso di quella mia trasformazione erotica. Proprio la sua mogliettina che,fino a quel momento era stata una donna più che ordinaria: la prima volta l’avevo fatto con lui e non avevo provato nessun altro cazzo. Mi avvicinai a lui e poggiai la mano tra le sue gambe; potevo sentire la sua erezione che stava esplodendo sotto i pantaloni. Mi avvicinai al suo orecchio e gli dissi, quasi in un sussurro: “Sarà il nostro segreto amore”
Uscimmo di casa. Erano circa le 18. Il viaggio in auto per raggiungere il luogo del matrimonio fu di breve durata e silenzioso. Ero decisa a tenerlo al limite dell’eccitazione per tutta la serata.
Il luogo scelto dagli sposi era molto bello. Una villa immersa nel verde da dove si poteva ammirare anche un bellissimo scorcio sul mare. Gli invitati arrivarono lentamente.
Quando io e mio marito entrammo, fummo accolti da alcuni camerieri che ci invitarono a degustare un aperitivo in giardino, nell’attesa che gli sposi arrivassero e che la festa di nozze iniziasse con la cena luculliana, tipica di quei momenti. All’esterno, il giardino era adeguatamente addobbato per l’occasione. Il sole stava tramontando e ci accomodammo a un tavolino dalla cui posizione potevamo gustarci il sole che, lentamente, stava per tuffarsi nel mare.
Mio marito non mi toglieva gli occhi di dosso. Osservava i miei movimenti mentre teneva sempre d’occhio l’entrata del giardino, dove, lentamente, si succedevano in una processione ordinata tutti gli invitati. Mi presentò al suo capo, anche lui venuto per l’occasione; si vociferava, mi disse, che il capo aveva una relazione segreta (di cui tutti, però, all’interno del suo ufficio erano a conoscenza) con la segretaria, la quale, era presente in quel momento con il suo fidanzato.
“Bella ipocrisia”, gli dissi avvicinandomi al suo orecchio. Lui fece un sorriso. “senti…”, continuai, “non è che anche tu hai qualche relazione segreta al lavoro di cui dovrei essere a conoscenza?”; lui mi guardò sorridendo, allora gli rimandai uno sguardo carico di un finto odio. Mentre il giardino si riempiva di invitati, decisi di accavallare le gambe. Mio marito mi guardò; aveva il viso eccitato e, ne ero sicura, il cazzo gli tirava nei pantaloni in un modo incredibile. “Tranquillo… il nostro segreto è al sicuro… almeno per adesso.” Era la prima volta che mi trovavo nelle vesti di dominatrice e mi sentivo un po' ridicola. Non sapevo come comportarmi e, per un attimo, pensai che forse avevo fatto male a voler mettere in pratica le nostre fantasia. Anche volendo non sarei potuta tornare indietro. Le mie mutandine in pizzo giacevano ancora davanti alla porta d’ingresso di casa. A confermarmelo era la frescura che sentivo tra le gambe, ogni volta che mi muovevo per dirigermi al bar e ordinare un altro giro di prosecco; era una sensazione piacevole sentire la carezza del vento sulla mia figa nuda, come era altrettanto piacevole che fossimo solo noi due a conoscenza di quel segreto. Quei pensieri mi presero alla sprovvista e i miei capezzoli reagirono, bucando quasi il tessuto del vestito.
Ero poggiata al bancone del bar e il cameriere mi stava servendo un bicchiere di prosecco quando vidi, attorno a un tavolino, mio marito che si stava intrattenendo con alcuni colleghi. Presi il mio calice e mi diressi verso di loro. Alcuni erano seduti alle sedie, mentre altri, erano su un divanetto leggermente più basso dove c’era la mia “occasione”, un posto libero!
Li raggiunsi e diedi un bacio a mio marito salutando i presenti con un timido “ciao”; prontamente lui me li presentò uno per volta. Strinsi amabilmente le mani a ognuno di loro, scambiando convenevoli sulla bella serata che ci attendeva e il buon cibo che avremmo degustato.
Andai a sedermi sul divanetto basso, non distogliendo lo sguardo da lui. Accavallai le cosce stando bene attenta a non lasciare che le mie grazie si intravedessero, almeno per il momento. Nel sedermi, il vestitino aderente era risalito leggermente su e io mi guardai bene dal sistemarlo. Di fronte a me c’erano due colleghi di mio marito che, tra un sorso e l’altro, avevano già puntato lo sguardo sulla mia scollatura. Il momento era propizio pensai. Scavallai le gambe e le accavallai di nuovo, semplicemente, stando bene attenta ad aprirle quel tanto che bastava per far capire a tutti i presenti che non indossavo le mutandine. Bingo! Lo sguardo di uno dei colleghi cadde proprio tra le mie cosce. La mia figa depilata era stata esposta ai suoi occhi, con la complicità del vestito che ormai mi era scivolato quasi fin sopra le natiche. Il cuore mi batteva fortissimo, sentivo che mi stavo lubrificando. Il fortunato che si era goduto la scena diede un colpetto con il gomito a un collega che si trovava proprio accanto a lui. Mio marito intanto si godeva la scena. Potevo capirlo dalla smania che gli prese in quel momento. Fece un lungo sospiro e mi guardò, incredulo che mi fossi spinta fino a quel punto. Se avesse potuto si sarebbe segato in quel momento, ne ero sicura.
Osai di più e, tra una chiacchiera e l’altra, ripetei il movimento altre tre volte, consapevole che adesso non era più un segreto, i colleghi di mio marito erano schiavi dei miei movimenti e ammiravano la mia figa depilata.
Quando un cameriere ci raggiunse in giardino dicendoci che potevamo iniziare ad accomodarci ai nostri tavoli, con nonchalance scavallai per l’ultima volta le cosce, con il vestito che ormai era incastrato praticamente sotto il mio culo e mi era risalito quasi fin sopra all’inguine. Prima di alzarmi mostrai praticamente la mia figa a tutti, colleghi e cameriere, i quali non riuscivano a credere ai loro occhi. Mio marito era rosso in viso, si girò di scatto e si avviò nella sala principale dove sarebbe stata servita la cena; una volta alzata sistemai con disinvoltura il vestito e lo raggiunsi, lasciando i miei spettatori in giardino.
Per il resto della serata, ebbi gli sguardi di tutti addosso. Evidentemente la catena del pettegolezzo si era messa in moto e si era sparsa la voce che la giovane e seducente moglie del loro collega non indossava le mutandine. Durante la cena molti mi guardavano e sorridevano e,per mio marito, il solo pensiero che potessi essere oggetto delle fantasie sessuali dei suoi colleghi, nonché del suo capo, lo stava facendo impazzire.
Me lo confessò al ritorno, quando in auto stavamo ripercorrendo la strada per tornare a casa. “Sei stata stupenda”, mi disse mentre guidava con una mano sullo sterzo e l’altra sulla patta dei pantaloni, da dove si ergeva una potente erezione. Io ridevo, un po' per la situazione eccitante, un po' per la scarica di adrenalina che stava rilasciando il mio corpo dopo quella giornata. Mi alzai il vestito fin sopra le natiche e gli mostrai la figa; “che dici, gli sarà piaciuta?”
Subito accostò sulla destra, in una piazzola. Si sbottonò il pantalone e tirò fuori il cazzo. “Ti prego, non ce la faccio ad arrivare a casa”. Aveva il cazzo durissimo, completamente scappellato. La cappella era grande come un uovo, completamente viola. “Oddio, amore… non mi dire che sei stato così tutta la serata.” In quel momento mi fece tenerezza, non avevo compreso fino in fondo la sua eccitazione, il tormento con il quale aveva dovuto convivere durante la festa. “vieni qui…” abbassai le bretelline del vestito e tirai fuori le tette. Gli presi il cazzo in mano. Tante volte lo avevo segato, ma non lo avevo mai sentito così duro nella mia mano come in quella occasione. Iniziai a masturbarlo lentamente. “Secondo te i tuoi colleghi si segheranno per me questa sera?”
“Oddio mio, amore…”, furono le uniche parole che riuscì a scandire prima di schizzare quattro fiotti di sperma denso e bianco sulla mia mano.
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Commenti dei lettori al racconto erotico