Mi sono sverginata pensando a te
di
Val99
genere
masturbazione
Ripenso ancora alla nostra serata. Non so se volevi solo divertirti oppure hai provato qualcosa di un po' più elaborato. Forse ti sentivi sola e volevi usarmi. Ormai importa poco, però mi piacerebbe sapere come l'hai vissuta, che ricordo hai e in cosa differisce dal mio. Il mio è un ricordo indimenticabile, ancora vivido come se fosse accaduto ieri. Ripenso spesso a te quando mi do piacere, chissà se anche tu hai fatto lo stesso.
Avrei voluto avere più tempo quella sera, toccarti di più, farti godere come facesti tu con me, sentirti sbriciolare in un orgasmo tra le mie mani, vedere il tuo viso perdersi nell’estasi, svenire e rinvenire nell’asma della nostra unione. Ma tu sembravi non volerti lasciare andare, volevi forse dominare ogni parte di me e quando ho respinto le tue dita dalla mia vagina, tra paura e imbarazzo, e ti ho detto: «Non entrare», mi sono sentita così piccola e inesperta dinnanzi al tuo cospetto e però solo così nei mesi successivi, nei miei momenti intimi, mi toccai diversamente…
Riportavo alla mente quell’incontro, il mio corpo seduto sul letto, la schiena poggiata al muro, le gambe aperte che mostravano la mia vulva grondante di liquido e tu davanti, in ginocchio, avvicinavi le dita all’ingresso di quel frutto. Ancora oggi pulso al solo scrivere questi ricordi. Mi ero masturbata un’immensità di volte ma non avevo mai inserito nulla e per questo l’idea mi spaventava, temevo di farmi male, non potevo rilassarmi per qualcosa che non avevo mai sperimentato da sola. Non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito, com’ero fatta, se avessi sanguinato oppure no. Così, dopo quella sera, mi masturbai rivivendo quella scena. Dopo qualche tentennamento, mi abituai alla sensazione fisica di due dita, ma non riuscivo ad andare abbastanza in fondo da provare piacere. Infatti, il piacere era più che altro psicologico, dato dall’idea di essere “violata”, ma la prima volta che mi sverginai lo feci da dietro. Era più semplice, poiché non provavo bruciore, era più facile rilassarmi se il canale era un tunnel perfetto. Non ti ho mai conosciuta al punto da sapere che opinione avessi sul sesso anale, ma varie volte potei usare tale ignoranza come carburante per la mia fantasia di essere inculata da te.
Spesso ti raffiguravo così come eri quella sera, che ridevi con malizia mentre mi masturbavi strofinando aggressivamente il palmo della mano sul mio sesso, mentre i miei gemiti si facevano via via più intensi, finché non esplosi in un orgasmo liberatorio con te che mi osservavi ridente. Non ti avevo mai vista così ridente, una persona come te, così fredda, così distante e misteriosa… Allora come mai ridevi? Ridevi di me per il mio stato così ridicolo, completamente nuda, fradicia come una troia, o era solo il tuo modo per esorcizzare l’eccitazione che ti causavano i miei gemiti poiché i feromoni ti stavano dando alla testa? Ti piaceva che fossi così troia? A me piaceva sentirmi talmente libera con te da farmi chiavare in questo modo, gridando così forte da non riconoscermi più e poi tornare a cercare la tua bocca, cercarla con una smania incontrollata, il bisogno primordiale di mescolare le salive, sentirsi più vicine che mai, sino alle cellule.
Ti raffiguravo in ogni dettaglio che ricordavo, compulsivamente. Ricordavo quando strofinai il mio clitoride sul pube peloso come un’assatanata, afferrandoti il seno per eccitarmi un po' di più, perché mi piaceva essere sopra, abbattere il tuo controllo su di me, sottometterti al mio volere mentre tu non potevi muovere nient’altro se non le mani. Mi accarezzasti i fianchi mentre godevo come una gatta in calore, ondeggiavo il bacino con una sensualità tutta femminile che non credevo di avere; poi poggiasti un pollice sul bottone dell’estasi: io sussultai, tu ridesti. Ancora. Ne volevo ancora, ma tu fosti così brava da approfittare del mio sussulto per afferrarmi di colpo e spingermi indietro. Ti ebbi sopra di me e seguitammo a baciarci con passione. A me pareva di sognare.
La prima volta che mi sverginai il culo pensando a te, tu mi tenevi stretta, io gemevo a pecorina, più troia che mai, con il dildo attaccato all armadio e le braccia sul letto. Era perfetto: mi sbattevi forte e ridevi, come quando mi masturbasti davanti. Godevo delle sensazioni che mi dava il pene di gomma e sentivo il clitoride gonfiarsi, la vagina colare. Spingevi dentro al massimo, fino a che non sentivo le palle sui glutei. Ero alle tue dipendenze, sotto il tuo totale dominio, e ciò mi faceva godere più che mai. Mi facevo scopare il culo richiamando alla mente la tua risata maliziosa, anche se mi faceva provare imbarazzo, perché mi sentivo vulnerabile, nuda fuori e dentro.
Feci progressi con la penetrazione vaginale. Le mie dita si erano abituate, così anche i miei muscoli. Le prime volte venivo con un piccolo dildo ma poi, quando fui pronta, riuscii a cavalcare un’intera asta da 21 cm, senza nemmeno una goccia di sangue. Finalmente potevo godere di quello che volevi farmi e anche di più. Ora che avevo un cazzo grosso dentro di me, scoprii altre tipologie di orgasmo. In ognuno dei miei allenamenti pratici e fantasie erotiche tu eri la mia protagonista prediletta. A volte mi capitava di cominciare a fantasticare su un uomo: afferravo il dildo e lo mettevo in bocca, succhiandolo fino a dove potevo. Era così grosso che non riuscivo a spompinarlo tutto, ma mi eccitava il rumore della saliva, sputare sulla cappella, leccarlo e succhiarlo con tutta me stessa. Spesso, durante l’orale, cresceva in me il desiderio di essere inculata e così anticipavo col pensiero… Mi eccitava tantissimo immaginare di essere sbattuta violentemente dal cazzone di un uomo, ma alla fine, arrivava sempre il momento in cui tornavo a immaginare te, forse perché la tua dominanza mi ricordava quella di un uomo, ma a differenza sua tu avevi il seno, una pelle più morbida, una voce più acuta e soprattutto potevi avere sia il cazzo che la fica.
Ricordo ancora nitidamente quella volta che mi masturbai proprio come volevi fare tu quella sera. Mi sedetti sul letto nella stessa posizione, schiena a muro e gambe divaricate, attraversavo il fiume che irrigava le labbra del mio sesso, strofinavo le dita sulla punta del clitoride e mi facevo guardare da te. Le curve del tuo seno mi incantavano, avrei voluto morderlo con foga come tu mi mordevi la bocca e infine leccarlo per minuti interi. Mi toccavo lentamente, perché volevo gustare ogni istante della vista del tuo corpo nudo. Era un momento erotico, fatto di respiri profondi e sguardi complici. Il silenzio era tela per i miei gemiti e ci fu un istante in cui ho desiderato il tuo viso tra le mie cosce calde. Volevo ungerti la lingua del mio amore, strofinarci il sesso fino a venirti in bocca. L’ho immaginato così tante volte che ho perso il conto, ma la mia fantasia doveva seguire ciò che era realmente accaduto, voleva farmi rivivere quel momento.
Così, avvicinai le dita all’ingresso del buco, e gradualmente mi penetrai fino ad avere un orgasmo. Era la prima volta che venivo così; di fatti, non ero nemmeno sicura che quello fosse un vero orgasmo, ma era di certo una sensazione piacevole a suo modo. Ero così bagnata che avrei già potuto cavalcare un cazzo di gomma come nelle volte precedenti, ma volevo essere chiavata dalle dita, perché è ciò che quella sera volevi davvero e che non ti ho permesso di fare. Avrai pensato che fossi vergine oppure che avevo una patologia? Avrai pensato che non fossi abbastanza rilassata o che semplicemente non mi piacesse essere penetrata? Che cosa avrai pensato? Io mi assillo ancora e mi faccio mille complessi. Vorrei tornare indietro a quella sera e fidarmi di te, dell’ignoto, ma forse è così che doveva andare. Tu mi rispettasti, mi baciasti senza fare domande e te ne fui grata.
Entrai così bene nel tuo ruolo e nel tuo modo di fare che mi penetravo sempre più velocemente, quasi con aggressività. Avvertivo una vaga sensazione di pericolo, perché temevo che mi avresti scopata così forte da spaccarmi, invadermi, violarmi, ma la mia fica fradicia non voleva che smettessi. Mi eccitava essere sotto il tuo controllo. Mi accaldai, ebbi degli spasmi, il bacino e la schiena si inarcarono, le dita erano completamente inzuppate di me; potevo udirne i rumori quando, una volta uscite, rientravano tutte di un colpo. Cercavo (cercavi) di spingerle più in fondo che potevo. Il medio e l’anulare erano un’unica entità, si muovevano in sincronia. Godevo. Godevo di un piacere tutto nuovo...
[To be continued?]
Avrei voluto avere più tempo quella sera, toccarti di più, farti godere come facesti tu con me, sentirti sbriciolare in un orgasmo tra le mie mani, vedere il tuo viso perdersi nell’estasi, svenire e rinvenire nell’asma della nostra unione. Ma tu sembravi non volerti lasciare andare, volevi forse dominare ogni parte di me e quando ho respinto le tue dita dalla mia vagina, tra paura e imbarazzo, e ti ho detto: «Non entrare», mi sono sentita così piccola e inesperta dinnanzi al tuo cospetto e però solo così nei mesi successivi, nei miei momenti intimi, mi toccai diversamente…
Riportavo alla mente quell’incontro, il mio corpo seduto sul letto, la schiena poggiata al muro, le gambe aperte che mostravano la mia vulva grondante di liquido e tu davanti, in ginocchio, avvicinavi le dita all’ingresso di quel frutto. Ancora oggi pulso al solo scrivere questi ricordi. Mi ero masturbata un’immensità di volte ma non avevo mai inserito nulla e per questo l’idea mi spaventava, temevo di farmi male, non potevo rilassarmi per qualcosa che non avevo mai sperimentato da sola. Non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito, com’ero fatta, se avessi sanguinato oppure no. Così, dopo quella sera, mi masturbai rivivendo quella scena. Dopo qualche tentennamento, mi abituai alla sensazione fisica di due dita, ma non riuscivo ad andare abbastanza in fondo da provare piacere. Infatti, il piacere era più che altro psicologico, dato dall’idea di essere “violata”, ma la prima volta che mi sverginai lo feci da dietro. Era più semplice, poiché non provavo bruciore, era più facile rilassarmi se il canale era un tunnel perfetto. Non ti ho mai conosciuta al punto da sapere che opinione avessi sul sesso anale, ma varie volte potei usare tale ignoranza come carburante per la mia fantasia di essere inculata da te.
Spesso ti raffiguravo così come eri quella sera, che ridevi con malizia mentre mi masturbavi strofinando aggressivamente il palmo della mano sul mio sesso, mentre i miei gemiti si facevano via via più intensi, finché non esplosi in un orgasmo liberatorio con te che mi osservavi ridente. Non ti avevo mai vista così ridente, una persona come te, così fredda, così distante e misteriosa… Allora come mai ridevi? Ridevi di me per il mio stato così ridicolo, completamente nuda, fradicia come una troia, o era solo il tuo modo per esorcizzare l’eccitazione che ti causavano i miei gemiti poiché i feromoni ti stavano dando alla testa? Ti piaceva che fossi così troia? A me piaceva sentirmi talmente libera con te da farmi chiavare in questo modo, gridando così forte da non riconoscermi più e poi tornare a cercare la tua bocca, cercarla con una smania incontrollata, il bisogno primordiale di mescolare le salive, sentirsi più vicine che mai, sino alle cellule.
Ti raffiguravo in ogni dettaglio che ricordavo, compulsivamente. Ricordavo quando strofinai il mio clitoride sul pube peloso come un’assatanata, afferrandoti il seno per eccitarmi un po' di più, perché mi piaceva essere sopra, abbattere il tuo controllo su di me, sottometterti al mio volere mentre tu non potevi muovere nient’altro se non le mani. Mi accarezzasti i fianchi mentre godevo come una gatta in calore, ondeggiavo il bacino con una sensualità tutta femminile che non credevo di avere; poi poggiasti un pollice sul bottone dell’estasi: io sussultai, tu ridesti. Ancora. Ne volevo ancora, ma tu fosti così brava da approfittare del mio sussulto per afferrarmi di colpo e spingermi indietro. Ti ebbi sopra di me e seguitammo a baciarci con passione. A me pareva di sognare.
La prima volta che mi sverginai il culo pensando a te, tu mi tenevi stretta, io gemevo a pecorina, più troia che mai, con il dildo attaccato all armadio e le braccia sul letto. Era perfetto: mi sbattevi forte e ridevi, come quando mi masturbasti davanti. Godevo delle sensazioni che mi dava il pene di gomma e sentivo il clitoride gonfiarsi, la vagina colare. Spingevi dentro al massimo, fino a che non sentivo le palle sui glutei. Ero alle tue dipendenze, sotto il tuo totale dominio, e ciò mi faceva godere più che mai. Mi facevo scopare il culo richiamando alla mente la tua risata maliziosa, anche se mi faceva provare imbarazzo, perché mi sentivo vulnerabile, nuda fuori e dentro.
Feci progressi con la penetrazione vaginale. Le mie dita si erano abituate, così anche i miei muscoli. Le prime volte venivo con un piccolo dildo ma poi, quando fui pronta, riuscii a cavalcare un’intera asta da 21 cm, senza nemmeno una goccia di sangue. Finalmente potevo godere di quello che volevi farmi e anche di più. Ora che avevo un cazzo grosso dentro di me, scoprii altre tipologie di orgasmo. In ognuno dei miei allenamenti pratici e fantasie erotiche tu eri la mia protagonista prediletta. A volte mi capitava di cominciare a fantasticare su un uomo: afferravo il dildo e lo mettevo in bocca, succhiandolo fino a dove potevo. Era così grosso che non riuscivo a spompinarlo tutto, ma mi eccitava il rumore della saliva, sputare sulla cappella, leccarlo e succhiarlo con tutta me stessa. Spesso, durante l’orale, cresceva in me il desiderio di essere inculata e così anticipavo col pensiero… Mi eccitava tantissimo immaginare di essere sbattuta violentemente dal cazzone di un uomo, ma alla fine, arrivava sempre il momento in cui tornavo a immaginare te, forse perché la tua dominanza mi ricordava quella di un uomo, ma a differenza sua tu avevi il seno, una pelle più morbida, una voce più acuta e soprattutto potevi avere sia il cazzo che la fica.
Ricordo ancora nitidamente quella volta che mi masturbai proprio come volevi fare tu quella sera. Mi sedetti sul letto nella stessa posizione, schiena a muro e gambe divaricate, attraversavo il fiume che irrigava le labbra del mio sesso, strofinavo le dita sulla punta del clitoride e mi facevo guardare da te. Le curve del tuo seno mi incantavano, avrei voluto morderlo con foga come tu mi mordevi la bocca e infine leccarlo per minuti interi. Mi toccavo lentamente, perché volevo gustare ogni istante della vista del tuo corpo nudo. Era un momento erotico, fatto di respiri profondi e sguardi complici. Il silenzio era tela per i miei gemiti e ci fu un istante in cui ho desiderato il tuo viso tra le mie cosce calde. Volevo ungerti la lingua del mio amore, strofinarci il sesso fino a venirti in bocca. L’ho immaginato così tante volte che ho perso il conto, ma la mia fantasia doveva seguire ciò che era realmente accaduto, voleva farmi rivivere quel momento.
Così, avvicinai le dita all’ingresso del buco, e gradualmente mi penetrai fino ad avere un orgasmo. Era la prima volta che venivo così; di fatti, non ero nemmeno sicura che quello fosse un vero orgasmo, ma era di certo una sensazione piacevole a suo modo. Ero così bagnata che avrei già potuto cavalcare un cazzo di gomma come nelle volte precedenti, ma volevo essere chiavata dalle dita, perché è ciò che quella sera volevi davvero e che non ti ho permesso di fare. Avrai pensato che fossi vergine oppure che avevo una patologia? Avrai pensato che non fossi abbastanza rilassata o che semplicemente non mi piacesse essere penetrata? Che cosa avrai pensato? Io mi assillo ancora e mi faccio mille complessi. Vorrei tornare indietro a quella sera e fidarmi di te, dell’ignoto, ma forse è così che doveva andare. Tu mi rispettasti, mi baciasti senza fare domande e te ne fui grata.
Entrai così bene nel tuo ruolo e nel tuo modo di fare che mi penetravo sempre più velocemente, quasi con aggressività. Avvertivo una vaga sensazione di pericolo, perché temevo che mi avresti scopata così forte da spaccarmi, invadermi, violarmi, ma la mia fica fradicia non voleva che smettessi. Mi eccitava essere sotto il tuo controllo. Mi accaldai, ebbi degli spasmi, il bacino e la schiena si inarcarono, le dita erano completamente inzuppate di me; potevo udirne i rumori quando, una volta uscite, rientravano tutte di un colpo. Cercavo (cercavi) di spingerle più in fondo che potevo. Il medio e l’anulare erano un’unica entità, si muovevano in sincronia. Godevo. Godevo di un piacere tutto nuovo...
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Commenti dei lettori al racconto erotico