La domenica nel bosco
di
suo schiavo
genere
dominazione
La domenica la passiamo a scarpinare in una foresta immensa e solitaria. Arriviamo in auto e ci spogliamo semplici e nudi calzando solo uno paio di solidi anfibi ai piedi. Ci aggiriamo in quel luogo sperduto e selvaggio dove diventiamo per tutto il giorno suoi abitanti. Il padrone ha un passo svelto e io fatico a stargli dietro ma faccio il possibile per non perderlo di vista. Ci muoviamo all'ombra di alberi secolari, lungo un sentiero che sembra quello dei passi perduti. Arriviamo nella nostra solita radura dove ci fermiamo e ci sediamo fra muschi pieni di rugiade. Il padrone è eccitato, recide un ramo di abete irto di aghi puntuti, mi capovolge su un macigno che è sempre lo stesso e che lui chiama il mattatoio dove mi distendo docile e pronto al supplizio che mi spetta aggrappato a braccia e a gambe aperte pronto a soffrire. Mi frusta la schiena, i glutei, le cosce, mi spella vivo e se ne delizia. È una tortura fra le più insistenti e le più vive. Fremo, sobbalzo, sopporto. Un solo pensiero mi rincuora che i miei lamenti e i miei spasmi e i guaiti che gorgheggio gli procurano piacere e sollievo da tutte le fatiche della settimana. Depone il ramo che ha quasi sfasciato menando colpi di furia all'impazzata e prende in mano la sua erezione che ora è al massimo dell'energia. Mi penetra. Mi squassa. Divento suo. Manovra dentro il mio culo come una belva e mi annaffia della sua sborra. Lo ringrazio che ancora una volta mi ha preferito a tanti altri che potevano diventare suoi schiavi nessuno dei quali a quanto pare lo fa sentire così grande e potente come lo faccio sentire io che sono succube all'ombra della sua minchia smisurata ora floscia e dondolante come la proboscide di un elefante. La imbocco e la ripulisco come è mio dovere. Mi dispensa le ultime meravigliose gocce del suo orgasmo. Calmo e placido, sazio di goduria mi sussurra in un orecchio che l'ho innalzato ancora una volta in volo. Sono il suo maso e il suo animale. Mi ha fatto il culo da tondo a quadrato. Torniamo indietro ci rivestiamo, rincasiamo. Siamo sfiniti ma lui è ancora in forze e di spirito giusto per pizzicarmi i capezzoli, unghiarli, farli indurire e crescere prendendoli a morsi per finire la giornata nel fluire di una nuova dose di strazio cui mi concedo lieto per come mi vuole e mi desidera. Sempre suo, solo suo, senza perdite di tempo o inutili discussioni.
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