Stasera no, ti prego Camilla!

di
genere
dominazione

“Non fare tante storie e vedi di collaborare. Altrimenti lo sai come va a finire! Rilassati e allarga le chiappe!”
Il tono di Camilla era perentorio. La voce ferma. Ero sdraiato sul fianco sinistro. Lei mi abbracciava da dietro per masturbarmi con la sua destra. Pensavo ingenuamente che quello fosse il programma della serata. Una bella sega prima di addormentarmi. Di più non speravo. “Ma mi inculi di nuovo?” Dissi con un filo di voce tremante. Una mano mi afferrò per i capelli e mi arrivò all’istante una sberla sulla guancia. Sciaff. “Come ti permetti merda umana?”. “Scusami, perdonami non volevo” Dissi quasi piangendo. “Non volevi cosa, deficiente!”. La voce imperiosa, autoritaria, decisa. “No niente, scusa, ma mi avevi detto che non mi avresti sodomizzato più”. Ero terrorizzato dalla sua reazione ma, mi vergogno a confessarlo, stavo cominciando a tremare dal piacere, la sua decisione mi stava già facendo morire dal desiderio. Ma avevo paura. “Come osi omuncolo. Ti avevo detto che potevi stare tranquillo per un po’. Il po’ lo decido io. Hai capito sì o no? Oggi ho voglia e tu mi dai il culo”. “Ma Cami mi fa male!”. Sciaff e sciaff. “Che cosa hai detto? Ripetilo se hai il coraggio, finocchietto”. Dio mio come godevo, ma non dovevo ammetterlo, mi avrebbe sbeffeggiato e sottomesso, come al solito del resto. Ma io avevo una mia dignità. Dovevo far vedere che ero un uomo. “Non puoi incularmi a tuo piacimento e riempirmi di sborra a tuo gradimento, sono tuo marito, mi devi rispetto!”. La voce mi tremava come un bambino e mi sentivo svenire dal piacere di quello che sarebbe arrivato. “Brutto inutile pezzo di merda ti faccio vedere io come ti devi rivolgere a tua moglie”. La sua mano lasciò il pene e mi afferrò le palle in una morsa d’acciaio. Un piagnucolio di dolore mi uscì dalle labbra e cominciai a implorare pietà squittendo. “Ripeti quello che hai detto!”. "Perdonami, pietà, non lo faccio più ti chiedo perdono!”. I miei guaiti fecero mollare la presa ai coglioni e aumentare quella dei capelli. “Rilassati e allarga le chiappe sennò peggio per te, tanto ti sfondo comunque!”. Non ebbi il tempo di collaborare che un fiume di paraffina invase il mio solco, mi infilò un dito nel culo fin dove arrivava per preparare il terreno. (Questo era il massimo della sua delicatezza). Mi fece piegare la gamba destra in avanti e, presa un attimo la misura, mi piantò la sua verga nel canale fino alla radice. Un fiume di piacere mi invase fin nel midollo. Un’estasi di delirio mi pervase. Una paralisi di godimento mi fece contorcere, sciogliendo ogni mia resistenza. Fui travolto da un’onda che mi lasciò in trance per un tempo infinito, oltre l’orizzonte degli eventi. Nel mondo il tempo passava secondo le regole millenarie. Per me la profondità era diventata la dimensione esistenziale. Ancora una volta Camilla aveva preso quello che voleva. Era in calore e mi inculava. Punto. Come al solito rimase ferma qualche secondo. Iniziò col fare piccoli movimenti, impercettibili. Cominciai a guaire come una gattina. Godevo come un disperato. Ero già pronto a venire, duro come il marmo, come se mi esplodesse. Ma dovevo nascondere il piacere. Dovevo confondere i guaiti. Emettevo qualche “ahia, mi fai male”. E giù schiaffoni. Ma erano sussurri, impregnati di soddisfazione. Quando iniziò a stantuffarmi come un pistone esplosi in una sborrata senza freni. Grugnendo di piacere mentre lei martellava senza pietà. “Ma come, Sei già venuto, frocetto? Ma non ti faceva tanto male? Senza neanche toccarti? Porcellina, ti piace prenderlo in culo, di la verità?”. Era troppo, dovevo reagire, dovevo far vedere che non poteva sbattermi a piacimento. Tentai di muovermi per divincolarmi mentre lei mi trapanava e dissi”No, Adesso basta!”. Un secondo. Il mio tentativo di ribellione durò un secondo. Mi afferrò per i capelli con la sinistra mentre con la destra mi afferrò la faccia a mano piena, stringendo e graffiando tutto quello che incontrava. “A pancia in giù, coniglio!”. Eseguii piangendo. Si sistemò con comodo sopra di me, senza mai uscire. Con tutte e due le mani mi afferrò i capelli e ferma, inesorabile, decisa… cominciò la monta.
Segue...
scritto il
2025-01-14
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