Stasera no, ti prego Camilla! Seconda parte. La debacle.
di
rodelmonte
genere
dominazione
Camilla mi pompava con decisione. Sentivo il suo palo (sì avete capito bene e non è una trans) sguisciare, sguazzare, slurpare, stantuffare inesorabile. Stump, stump, stump. Godevo come un pazzo. Inebriato dalla mia sottomissione. Non era solo un piacere meccanico. C’era tutta la trama dietro. Era tutto vero. Camilla mi aveva completamento sottomesso. Io non avevo chiesto niente. Non ero mai stato esplicito sui miei desideri di umiliazione. Non lo sapevo neanche io. Ero tutto un brivido. Sentii che la sua frequenza aumentava, il suo bacino adesso schiaffeggiava le mie chiappe. Sentivo i suoi muscoli lavorare indeffessi alla ricerca dell'esplosione. Il suo corpo si contrasse con un urlo di piacere. Mi affondava tutta irrigidita. Sentivo i suoi fiotti penetrarmi come una fucilata. Ogni sua sborrata era un colpo di reni per affondarmi meglio. Ad ogni spruzzo il suo pene risaliva il mio intestino alla ricerca di un piacere più profondo. Finito di eruttare, continuò con i colpi di assestamento. Una raffica di sferzate per svuotarsi completamente. Quando ritenne di essere soddisfatta, non attese l’ammosciamento ma, ancora bello turgido, me lo estrasse all’improvviso, tutto d’un colpo, a tappo di spumante. Sbup! “Muoviti omuncolo, sai cosa devi fare!”. Ma io non sentii neppure una parola di quello che mi aveva detto. Ero letteralmente contratto, contorto, avvinghiato al cuscino in preda ad un orgasmo anale senza precedenti. Ogni cellula del mio corpo stava vivendo un’esaltazione microcosmica. Osmosi erotica. Avevo la bava alla bocca, gli occhi rimbalzati dietro le palpebre, il viso verso l’alto e…venni per la terza volta nella stessa serata.
“Ma bene, sembra che a qualcuno piace farselo mettere nel culo prima della buonanotte. E brava maialina. E dov’è finito il signor adesso basta? E il signor “sono tuo marito, mi devi rispetto”, dov’è andato? Adesso muoviti troietta, sai qual’è il tuo compito!”.
“Ma amore non mi ero lavato, se ci fosse qualche residuo?". Sbam, una pizza in piena faccia. “Se non ti sei lavato il culo e mi hai sporcato l’attrezzo ti gonfio come una zampogna. Allora?”. Mi precipitai a farle un pompino igienizzante. Avevo paura che fosse sporco e invece mi andò bene. Ma dovetti succhiare e leccare con estrema attenzione. Dovevo togliere tutto l’olio e riportarlo a nuovo. Poi dovevo spompinare a ventosa perché amava l’effetto aderenza e poi aspettare che si ammosciasse tutto pulito.Ovviamente, durante tutta l’operazione dovevo massaggiare delicatamente i testicoli. Era un lavoro intenso ma lo adoravo. Mi sembrava tutto a posto e mi apprestavo a ricevere la carezzina della buona notte. Ma quella sera, quella sera che non dimenticherò mai più, le cose non andarono come avevo sperato e neanche come me le ero immaginate. “Fammi venire di fica!”. “Ma amore, ti ho fatto un pompino di mezz’ora, mi hai sborrato nel culo un litro di panna io pensavo…”. Pèrsi sùbito i sensi. Lo schiaffo era stato improvviso e pesantissimo. Mi investì in piena guancia e persi conoscenza. Mi risvegliai tra le sue braccia, con le tette vicino alla mia bocca. Allungai le labbra e cominciai a ciucciare. Belle, morbide, flosce e un po’ cadenti ma con un capezzolo duro, turgido e rugoso da paura, dritto come un cazzetto. I suoi mugolii di piacere mi diedero il permesso di continuare, mi umettai un dito, attingendo a tutto l’olio che mi era rimasto tra le chiappe, e glielo ficcai nel culo. Cominciò ad agitarsi progressivamente. Ora titillavo con la lingua, ora stringevo i capezzoli con i denti delicatamente, ora succhiavo a ventosa. Cominciò a gridare, più forte, sempre più forte, più intenso. Esplose in un orgasmo impressionante, roteando il culo intorno al mio dito disegnando dei cerchi nell’aria. Avevo ripreso in mano la situazione, non più ero di contorno, un accessorio, un vibratore. Urlò un grido monovocale di piacere che tenne per un minuto e poi, piano piano, si andò calmando e si accasciò delicatamente su di me, miagolando, guaendo ed accarezzandomi delicatamente. Mi sentivo di nuovo maschio, avevo il controllo della situazione, non ero poi così male. “Non sai fare un cazzo, non vali niente, hai un pisello insignificante, schizzi sùbito ai primi colpetti però, il dito nel culo lo metti benino. Da domani ti chiamerò “Dito nel culo”. Un po’ come Balla coi lupi. Ti piace?” disse con tono fermo, deciso, autoritario ma delicato e quasi tenero. “Tesoro io veramente…” volevo replicare, protestando, ma non me ne diede il tempo. “Bravo vedi che capisci al volo, così mi piaci. A proposito, ti sei ripreso dallo svenimento? Ti senti meglio?”. La sua voce soave, tenera, suadente. “Sì tesoro, grazie, sto molto meglio”, risposi io con voce titubante. “Allora muoviti e fammi venire di fica e anche alla svelta”. “Ma passerotta…” replicai moolto timidamente. “Sentimi bene, inutile pezzettino di merda”, e mi afferrò con un orecchio con la mano, come una maestra all’elementari di altri tempi, “adesso mi hai veramente rotto i coglioni. Sentimi bene perché da qui in poi sono scudisciate che non ti siedi per due settimane. Tu adesso mi slinguazzi finché non mi fai venire ad oltranza, che Mario manca da una settimana e tornerà la prossima. È tutto chiaro?”. Il cuore cominciò a battermi all’impazzata. Questo era troppo anche per me. Ma avevo sentito bene?
“Mario? Ma chi è Mario?”. “Non sono cazzi tuoi”, mi rispose con grande nonchalance, con quel tono che ti faceva ben capire chi comandasse e quanto inutile tu fossi. Quel tono, non so se avete presente, che, se esisti o non esisti, è lo stesso.
“Ma bene, sembra che a qualcuno piace farselo mettere nel culo prima della buonanotte. E brava maialina. E dov’è finito il signor adesso basta? E il signor “sono tuo marito, mi devi rispetto”, dov’è andato? Adesso muoviti troietta, sai qual’è il tuo compito!”.
“Ma amore non mi ero lavato, se ci fosse qualche residuo?". Sbam, una pizza in piena faccia. “Se non ti sei lavato il culo e mi hai sporcato l’attrezzo ti gonfio come una zampogna. Allora?”. Mi precipitai a farle un pompino igienizzante. Avevo paura che fosse sporco e invece mi andò bene. Ma dovetti succhiare e leccare con estrema attenzione. Dovevo togliere tutto l’olio e riportarlo a nuovo. Poi dovevo spompinare a ventosa perché amava l’effetto aderenza e poi aspettare che si ammosciasse tutto pulito.Ovviamente, durante tutta l’operazione dovevo massaggiare delicatamente i testicoli. Era un lavoro intenso ma lo adoravo. Mi sembrava tutto a posto e mi apprestavo a ricevere la carezzina della buona notte. Ma quella sera, quella sera che non dimenticherò mai più, le cose non andarono come avevo sperato e neanche come me le ero immaginate. “Fammi venire di fica!”. “Ma amore, ti ho fatto un pompino di mezz’ora, mi hai sborrato nel culo un litro di panna io pensavo…”. Pèrsi sùbito i sensi. Lo schiaffo era stato improvviso e pesantissimo. Mi investì in piena guancia e persi conoscenza. Mi risvegliai tra le sue braccia, con le tette vicino alla mia bocca. Allungai le labbra e cominciai a ciucciare. Belle, morbide, flosce e un po’ cadenti ma con un capezzolo duro, turgido e rugoso da paura, dritto come un cazzetto. I suoi mugolii di piacere mi diedero il permesso di continuare, mi umettai un dito, attingendo a tutto l’olio che mi era rimasto tra le chiappe, e glielo ficcai nel culo. Cominciò ad agitarsi progressivamente. Ora titillavo con la lingua, ora stringevo i capezzoli con i denti delicatamente, ora succhiavo a ventosa. Cominciò a gridare, più forte, sempre più forte, più intenso. Esplose in un orgasmo impressionante, roteando il culo intorno al mio dito disegnando dei cerchi nell’aria. Avevo ripreso in mano la situazione, non più ero di contorno, un accessorio, un vibratore. Urlò un grido monovocale di piacere che tenne per un minuto e poi, piano piano, si andò calmando e si accasciò delicatamente su di me, miagolando, guaendo ed accarezzandomi delicatamente. Mi sentivo di nuovo maschio, avevo il controllo della situazione, non ero poi così male. “Non sai fare un cazzo, non vali niente, hai un pisello insignificante, schizzi sùbito ai primi colpetti però, il dito nel culo lo metti benino. Da domani ti chiamerò “Dito nel culo”. Un po’ come Balla coi lupi. Ti piace?” disse con tono fermo, deciso, autoritario ma delicato e quasi tenero. “Tesoro io veramente…” volevo replicare, protestando, ma non me ne diede il tempo. “Bravo vedi che capisci al volo, così mi piaci. A proposito, ti sei ripreso dallo svenimento? Ti senti meglio?”. La sua voce soave, tenera, suadente. “Sì tesoro, grazie, sto molto meglio”, risposi io con voce titubante. “Allora muoviti e fammi venire di fica e anche alla svelta”. “Ma passerotta…” replicai moolto timidamente. “Sentimi bene, inutile pezzettino di merda”, e mi afferrò con un orecchio con la mano, come una maestra all’elementari di altri tempi, “adesso mi hai veramente rotto i coglioni. Sentimi bene perché da qui in poi sono scudisciate che non ti siedi per due settimane. Tu adesso mi slinguazzi finché non mi fai venire ad oltranza, che Mario manca da una settimana e tornerà la prossima. È tutto chiaro?”. Il cuore cominciò a battermi all’impazzata. Questo era troppo anche per me. Ma avevo sentito bene?
“Mario? Ma chi è Mario?”. “Non sono cazzi tuoi”, mi rispose con grande nonchalance, con quel tono che ti faceva ben capire chi comandasse e quanto inutile tu fossi. Quel tono, non so se avete presente, che, se esisti o non esisti, è lo stesso.
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Commenti dei lettori al racconto erotico