La Sella del Diavolo.
di
Tosca
genere
sentimentali
Ciao a tutti.
Chiedo scusa se il genere potrebbe non essere quello più pertinente ma, come hanno detto alcuni saggi prima di me, sticazzi.
Chiedo scusa anche per eventuali errori grammaticali, ma l'ho scritto di getto, direttamente sul sito, senza neppure rileggerlo.
È una vita che non scrivo, ho quasi vergogna.
Grazie in ogni caso per la pazienza e per il tempo che mi dedicherete.
Ciao.
3 2 1 let's jam
Iniziava così la sigla di un anime che guardavi una vita fa, su MTV. Eri ancora al liceo, l'orgoglio di mamma e papà.
Quella che non creava problemi, quella che aveva la testa sulle spalle e che si concedeva, oltre alla corsetta giornaliera, una finestra su mondi fantastici, altri. Quelli, quelli dei film, quelli dei libri.
Mai scritta una Fanfiction, ma in quei mondi ti ci sei tuffata, li hai esplorati e sei arrivata a spingerti fino in terre inesplorate, quelle create da te.
Hai fatto scoperte stupende e altre orribili.
Hai portato cose da quel lato e ne hai portato alcune, con te.
Succede poi che quelle poche parole, quel conto alla rovescia e quell'incitazione, sono diventate un po' il tuo mantra, quando devi iniziare a fare qualcosa che ti piace fare.
Te le ripeti mentalmente mentre metti le cuffiette e ti prepari per la tua corsetta giornaliera. Il fatto stesso proprio non riesca a chiamarle auricolari o pods fa di te una cazzo di vecchia, ma pazienza.
Viste le alternative e quanto ti ci sei avvicinata, ben venga la vecchiaia.
Da quella che è diventata casa tua a quella struttura che hai scoperto chiamarsi La Bussola, sono cinquevirgolaotto chilometri.
Tra andata e ritorno sono quasi due in più rispetto quelli che percorrevi nella tua vecchia vita.
Svoltato l'angolo la vedi comparire.
Un ammasso di roccia e verde, sassi e piante.
Sulla cima, da qualche parte, deve esserci il tempio di Astarte.
Che poi per alcuni è Venere e Venere è Lucifero e Lucifero è il diavolo.
Brava scimmia.
Dicevi.
La Sella del Diavolo non si vede dalle finestre di casa tua, danno sul lato delle Saline e Cagliari. Niente mare, solo fenicotteri per te.
Che un periodo c'erano tipo tutte le cose con le stampe dei fenicotteri ma a te hanno sempre fatto venire l'ansia, con quegli occhietti spiritati e il becco ricurvo.
Dicevi, parte due.
La Sella del Diavolo è uno di quei paradossi di questa terra che non hai ancora capito se ti ha accettata o no.
Te la lasci alle spalle mentre corri in direzione della Bussola. Presto alla tua sinistra ci sarà l'ospedale Marino. Che qua sono in grado di dare un nome suggestivo ad una cosa e il più banale ad un'altra.
È un ospedale? È sul mare? Ospedale Marino. Ovvio, no?
I paradossi.
La Sella del Diavolo è alle tue spalle, così come lei.
Sai che correndo non potrai lasciarla indietro, così come sai che non vuoi lasciarla indietro.
Ormai fa parte di te, fin da quando la hai portata da questa parte.
Ha sempre fatto parte di te, prima ancora tu sapessi della sua esistenza.
E si, ti ha anche tenuta in vita, con la sua fame, la sua rabbia, il suo rancore e la sua distruttività.
Il sole sta iniziando a sorgere e gli sorridi. Sto stronzo è la prova che basta essere belli che puoi permetterti tutto. Lui gira (lo sai che non gira sul serio, ma non è questo quello che conta) e sorge ogni giorno nell'indifferenza più totale.
Ti sono morti i cari? Lui sorge.
Sei stanca di vivere? Lui sorge.
Non gliene frega proprio un cazzo.
E sai cosa? Gli vuoi bene comunque e, ti spingi oltre, lo ringrazi per la lezione che ti ha data.
Ultimamente, ma tipo nell'ultimo anno, vuoi per la mole di stimoli che ti sono arrivati dal posto nuovo, vuoi perché un po' ti sei concentrata su te stessa, sei stata libera da punto di vista sentimentale e, cosa non da poco, anche da quell'altro punto di vista.
Quello più carnale.
Sia in compagnia, che da sola.
Gli stabilimenti, che poi qua li chiamano i chioschi o "le fermate", scorrono alla tua destra.
In questo periodo sono quasi spettrali, monito dell'estate passata e ormai lontana e al tempo stesso promessa di quella che arriverà, con la vita, le famiglie e i loro ombrelloni, i tavolini pieni di bottiglie e bicchieri che si vuotano e riempiono fino a tarda notte.
Quando arrivi alla bussola ti fermi un attimo per guardare la Sella del Diavolo che viene illuminata dai primi raggi.
Dietro di te, Quartu.
Che si chiama così perché è a quattro chilometri da Cagliari.
E certo, perché poi c'è Sestu che è a sei. E Decimo a dieci.
Ma, del resto, qualcuno ha chiamato un giornale Il Giornale. Non giudicare.
Riprendi a correre, ignorando la domanda che ti ha fatto, con quella voce che ancora oggi fai fatica ad ascoltare.
Fai fatica perché è la tua senza imbellettamenti, senza la r moscia, senza tutte l'impalcatura di sovrastrutture che ti porti dietro. È la tua voce che ti dice le cose scomode, senza girarci attorno.
Mantieni l'andatura, ti concentri sul respiro per non pensare a quella domanda e, soprattutto, alla risposta.
Si?
No?
Quando te lo chiede ancora, anche se non la guardi sai che sta sorridendo o quella cosa che fa con tutti quei denti, troppi, in bella vista.
Sorride perché sa la risposta.
-Tu ami?
Non ami questo, ami quello. No. Troppo facile. Ti chiede se ami. Punto
Tu ami?
La Sella del Diavolo si fa sempre più vicina, mentre torni verso casa ripercorrendo a ritroso il tragitto.
Certo che è proprio strana, sta cosa del Diavolo. Che poi dove cavolo la vedono, la sella, lo sanno solo loro e la loro lingua assurda.
Entri in casa, sfili le scarpe e vai dritta in bagno.
Devi ancora abituarti a sta cosa che non hai la caldaia a gas in casa e ricordarti dello scaldabagno, se non vuoi farti la doccia gelata. Per tua fortuna, questa volta, ti sei ricordata d'accenderla prima d'uscite di casa.
Butti un po' alla rinfusa quello che indossavi nella cesta del bucato, entri nella doccia e quando il primo getto d'acqua ti raggiunge sibili per il freddo.
È un attimo, perché dopo per fortuna è decisamente troppo calda.
Imprechi mentre cerchi il giusto equilibrio con la leva dell'acqua e finalmente, puoi stare in pace.
-si, comunque, amo.
Sai che ti sente, anche sotto lo scroscio dell'acqua, anche se sussurri le parole mentre ti sfiori.
Non credevi fosse più possibile, ma ami.
Ami la vita, ami tutti quanti incroci nel tuo cammino e, soprattutto, ami te stessa.
E lo fai così, sotto la doccia, come piace a te.
Hai fatto cose e ti sei fatta fare cose che pensavi ti piacessero ma no, solo tu sai cosa ti piace davvero.
E l'hai imparato sbagliando.
Ti sfiori con le tre dita rimaste sulla mano lesa.
Nessuna penetrazione, né ora, né quando la destra pizzica piano il capezzolo sinistro.
Ti sfiori, ti esplori tenendo il capo chino sotto il tetto dell'acqua, respirando con la bocca e con gli occhi chiusi.
Ti esplori ma non ti penetri perché hai scoperto che, sotto sotto, preferisci così.
Quando senti le gambe che rischiano di farti perdere l'equilibrio con i tremori dati dal piacere, ti poggi con la spalla destra alla parete della doccia e continui.
Continui piangendo di piacere e, soprattutto piangendo di gioia perché lo hai ammesso, perché sei riuscita a fare come il sole.
Ti doni piacere, come solo tu sai fare, fino a raggiungere l'estasi.
Non è esplosiva, non lo è mai per te, da un bel pezzo.
È come la marea. Sale, sale, sale, raggiunge il limite e poi scema.
Tu ami.
Chiedo scusa se il genere potrebbe non essere quello più pertinente ma, come hanno detto alcuni saggi prima di me, sticazzi.
Chiedo scusa anche per eventuali errori grammaticali, ma l'ho scritto di getto, direttamente sul sito, senza neppure rileggerlo.
È una vita che non scrivo, ho quasi vergogna.
Grazie in ogni caso per la pazienza e per il tempo che mi dedicherete.
Ciao.
3 2 1 let's jam
Iniziava così la sigla di un anime che guardavi una vita fa, su MTV. Eri ancora al liceo, l'orgoglio di mamma e papà.
Quella che non creava problemi, quella che aveva la testa sulle spalle e che si concedeva, oltre alla corsetta giornaliera, una finestra su mondi fantastici, altri. Quelli, quelli dei film, quelli dei libri.
Mai scritta una Fanfiction, ma in quei mondi ti ci sei tuffata, li hai esplorati e sei arrivata a spingerti fino in terre inesplorate, quelle create da te.
Hai fatto scoperte stupende e altre orribili.
Hai portato cose da quel lato e ne hai portato alcune, con te.
Succede poi che quelle poche parole, quel conto alla rovescia e quell'incitazione, sono diventate un po' il tuo mantra, quando devi iniziare a fare qualcosa che ti piace fare.
Te le ripeti mentalmente mentre metti le cuffiette e ti prepari per la tua corsetta giornaliera. Il fatto stesso proprio non riesca a chiamarle auricolari o pods fa di te una cazzo di vecchia, ma pazienza.
Viste le alternative e quanto ti ci sei avvicinata, ben venga la vecchiaia.
Da quella che è diventata casa tua a quella struttura che hai scoperto chiamarsi La Bussola, sono cinquevirgolaotto chilometri.
Tra andata e ritorno sono quasi due in più rispetto quelli che percorrevi nella tua vecchia vita.
Svoltato l'angolo la vedi comparire.
Un ammasso di roccia e verde, sassi e piante.
Sulla cima, da qualche parte, deve esserci il tempio di Astarte.
Che poi per alcuni è Venere e Venere è Lucifero e Lucifero è il diavolo.
Brava scimmia.
Dicevi.
La Sella del Diavolo non si vede dalle finestre di casa tua, danno sul lato delle Saline e Cagliari. Niente mare, solo fenicotteri per te.
Che un periodo c'erano tipo tutte le cose con le stampe dei fenicotteri ma a te hanno sempre fatto venire l'ansia, con quegli occhietti spiritati e il becco ricurvo.
Dicevi, parte due.
La Sella del Diavolo è uno di quei paradossi di questa terra che non hai ancora capito se ti ha accettata o no.
Te la lasci alle spalle mentre corri in direzione della Bussola. Presto alla tua sinistra ci sarà l'ospedale Marino. Che qua sono in grado di dare un nome suggestivo ad una cosa e il più banale ad un'altra.
È un ospedale? È sul mare? Ospedale Marino. Ovvio, no?
I paradossi.
La Sella del Diavolo è alle tue spalle, così come lei.
Sai che correndo non potrai lasciarla indietro, così come sai che non vuoi lasciarla indietro.
Ormai fa parte di te, fin da quando la hai portata da questa parte.
Ha sempre fatto parte di te, prima ancora tu sapessi della sua esistenza.
E si, ti ha anche tenuta in vita, con la sua fame, la sua rabbia, il suo rancore e la sua distruttività.
Il sole sta iniziando a sorgere e gli sorridi. Sto stronzo è la prova che basta essere belli che puoi permetterti tutto. Lui gira (lo sai che non gira sul serio, ma non è questo quello che conta) e sorge ogni giorno nell'indifferenza più totale.
Ti sono morti i cari? Lui sorge.
Sei stanca di vivere? Lui sorge.
Non gliene frega proprio un cazzo.
E sai cosa? Gli vuoi bene comunque e, ti spingi oltre, lo ringrazi per la lezione che ti ha data.
Ultimamente, ma tipo nell'ultimo anno, vuoi per la mole di stimoli che ti sono arrivati dal posto nuovo, vuoi perché un po' ti sei concentrata su te stessa, sei stata libera da punto di vista sentimentale e, cosa non da poco, anche da quell'altro punto di vista.
Quello più carnale.
Sia in compagnia, che da sola.
Gli stabilimenti, che poi qua li chiamano i chioschi o "le fermate", scorrono alla tua destra.
In questo periodo sono quasi spettrali, monito dell'estate passata e ormai lontana e al tempo stesso promessa di quella che arriverà, con la vita, le famiglie e i loro ombrelloni, i tavolini pieni di bottiglie e bicchieri che si vuotano e riempiono fino a tarda notte.
Quando arrivi alla bussola ti fermi un attimo per guardare la Sella del Diavolo che viene illuminata dai primi raggi.
Dietro di te, Quartu.
Che si chiama così perché è a quattro chilometri da Cagliari.
E certo, perché poi c'è Sestu che è a sei. E Decimo a dieci.
Ma, del resto, qualcuno ha chiamato un giornale Il Giornale. Non giudicare.
Riprendi a correre, ignorando la domanda che ti ha fatto, con quella voce che ancora oggi fai fatica ad ascoltare.
Fai fatica perché è la tua senza imbellettamenti, senza la r moscia, senza tutte l'impalcatura di sovrastrutture che ti porti dietro. È la tua voce che ti dice le cose scomode, senza girarci attorno.
Mantieni l'andatura, ti concentri sul respiro per non pensare a quella domanda e, soprattutto, alla risposta.
Si?
No?
Quando te lo chiede ancora, anche se non la guardi sai che sta sorridendo o quella cosa che fa con tutti quei denti, troppi, in bella vista.
Sorride perché sa la risposta.
-Tu ami?
Non ami questo, ami quello. No. Troppo facile. Ti chiede se ami. Punto
Tu ami?
La Sella del Diavolo si fa sempre più vicina, mentre torni verso casa ripercorrendo a ritroso il tragitto.
Certo che è proprio strana, sta cosa del Diavolo. Che poi dove cavolo la vedono, la sella, lo sanno solo loro e la loro lingua assurda.
Entri in casa, sfili le scarpe e vai dritta in bagno.
Devi ancora abituarti a sta cosa che non hai la caldaia a gas in casa e ricordarti dello scaldabagno, se non vuoi farti la doccia gelata. Per tua fortuna, questa volta, ti sei ricordata d'accenderla prima d'uscite di casa.
Butti un po' alla rinfusa quello che indossavi nella cesta del bucato, entri nella doccia e quando il primo getto d'acqua ti raggiunge sibili per il freddo.
È un attimo, perché dopo per fortuna è decisamente troppo calda.
Imprechi mentre cerchi il giusto equilibrio con la leva dell'acqua e finalmente, puoi stare in pace.
-si, comunque, amo.
Sai che ti sente, anche sotto lo scroscio dell'acqua, anche se sussurri le parole mentre ti sfiori.
Non credevi fosse più possibile, ma ami.
Ami la vita, ami tutti quanti incroci nel tuo cammino e, soprattutto, ami te stessa.
E lo fai così, sotto la doccia, come piace a te.
Hai fatto cose e ti sei fatta fare cose che pensavi ti piacessero ma no, solo tu sai cosa ti piace davvero.
E l'hai imparato sbagliando.
Ti sfiori con le tre dita rimaste sulla mano lesa.
Nessuna penetrazione, né ora, né quando la destra pizzica piano il capezzolo sinistro.
Ti sfiori, ti esplori tenendo il capo chino sotto il tetto dell'acqua, respirando con la bocca e con gli occhi chiusi.
Ti esplori ma non ti penetri perché hai scoperto che, sotto sotto, preferisci così.
Quando senti le gambe che rischiano di farti perdere l'equilibrio con i tremori dati dal piacere, ti poggi con la spalla destra alla parete della doccia e continui.
Continui piangendo di piacere e, soprattutto piangendo di gioia perché lo hai ammesso, perché sei riuscita a fare come il sole.
Ti doni piacere, come solo tu sai fare, fino a raggiungere l'estasi.
Non è esplosiva, non lo è mai per te, da un bel pezzo.
È come la marea. Sale, sale, sale, raggiunge il limite e poi scema.
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