Il mio pokemon Charmander

di
genere
fantascienza

(Racconto generato completamente dalla IA)

Il sole di Biancavilla filtrava attraverso le tende della mia stanza, una luce dorata che accendeva le pareti bianche e il pavimento di legno consumato. Era il giorno in cui tutto sarebbe cambiato: il mio diciottesimo compleanno, il momento in cui ogni ragazzo della città riceve il suo primo Pokémon. Avevo sognato questo istante per anni, ma non per le lotte o le medaglie. No, i miei desideri erano più oscuri, più caldi, un segreto che mi bruciava dentro mentre stringevo la Poké Ball che il Professor Pino mi aveva consegnato. “Charmander,” aveva detto con un sorriso, ignaro delle fantasie che già mi pulsavano nelle vene. “Un compagno leale.” Oh, lo sarebbe stato, ma non nel modo che immaginava lui.

Tornai a casa con il cuore in gola, la Poké Ball che scottava tra le mani come una promessa. Chiusi la porta a chiave, il silenzio rotto solo dal battito del mio sangue nelle orecchie. Mi sedetti sul letto, il materasso che cigolava sotto il mio peso, e fissai la sfera rossa e bianca. Presto, molto presto, avrei conosciuto il mio Charmander, e qualcosa mi diceva che tra noi sarebbe nato un legame diverso, fatto di pelle, gemiti e piacere proibito. Non vedevo l’ora di scoprirlo – di scoprir*lo* – e di lasciarmi andare a quello che sarebbe successo dopo, qualcosa di cui ancora non potevo immaginare i contorni, ma che già mi induriva il cazzo solo a pensarci.

“Esci, Charmander!” dissi, lanciando la Poké Ball con un gesto deciso. Un lampo di luce riempì la stanza, e lui apparve. Era più piccolo di quanto mi aspettassi, poco più di un metro, con un corpo snello e morbido che sembrava scolpito in seta arancione. La sua pelle brillava sotto la luce, liscia e calda, priva di qualsiasi durezza, solo curve delicate che scendevano dai fianchi stretti a un culo tondo e perfetto, incorniciato dalla coda accesa. La fiamma bruciava viva, un riflesso danzante del suo desiderio nascente. I suoi occhi neri, grandi e profondi, mi fissarono con un misto di timidezza e curiosità, mentre le orecchie triangolari tremavano appena. “Char?” disse, la voce un sussurro roco che mi accarezzò l’anima.

Mi inginocchiai davanti a lui, il pavimento freddo contro le ginocchia, e gli accarezzai la testa. La pelle era soffice, un calore vivo che mi scaldava le dita. “Ciao, piccolo,” sussurrai, la voce bassa, carica di promesse. Lui si avvicinò, strofinando il muso contro la mia mano, e il contatto mi fece tremare. C’era una dolcezza in quel gesto, una fiducia che mi scioglieva, ma anche un’energia che mi accendeva. Gli presi il muso tra le mani, i pollici che sfioravano la pelle morbida sotto gli occhi, e lo baciai. Le sue labbra erano calde, cedevoli, e la sua lingua – sottile, bollente – scivolò nella mia bocca con una passione timida ma feroce. Ci baciammo a lungo, le lingue che si intrecciavano, succhiandoci a vicenda mentre la sua saliva, densa e dolce come miele bruciato, mi colava sul mento. “Char…” gemette piano, un suono di desiderio che mi fece indurire il cazzo nei jeans.

Lo spinsi sul letto, il materasso che affondava sotto di noi, e gli spalancai le cosce con delicatezza. La sua pelle arancione brillava, liscia e invitante, e tra le gambe spuntava un cazzetto piccolo, viola scuro, già teso e lucido. Sotto, le palle erano morbide, calde, perfette da stringere. Mi chinai, il respiro che gli accarezzava la carne, e lo leccai, partendo dalle palle. La lingua scivolò sulla superficie liscia, assaporando il calore e quel gusto salato che mi faceva girare la testa. Lui tremò, la coda che sbatteva contro le lenzuola, la fiamma che si alzava. “Char!” gridò, un urlo di piacere mentre gli prendevo il cazzo in bocca, succhiandolo lento, la lingua che girava sulla cappella. Lo ciucciavo con fame, sentendolo pulsare, finché un fiotto caldo mi schizzò in gola. Era dolce, quasi ustionante, e io ingoiai tutto, leccandogli il cazzo mentre lui ansimava, sottomesso ma perso nel piacere.

Ma Charmander non era solo passivo. Si rialzò, gli occhi neri che brillavano di una voglia nuova, e mi salì sopra. Mi guardò, la sua coda ondeggiava, e senza preavviso mi infilò la lingua in bocca. Fu un bacio selvaggio, profondo, la sua lingua bollente che mi esplorava, succhiandomi con una passione che mi fece gemere forte. “Char…” disse, un tono implorante, e io lo strinsi, ricambiando il bacio mentre le nostre salive si mescolavano, colando sui nostri corpi. Era romantico, un amore crudo e puro, ma la mia mente già galoppava verso la depravazione.

Lo girai di nuovo, mettendolo a quattro zampe. Il suo culo era un’opera d’arte: piccolo, morbido, un buco rosa che pulsava sotto la coda accesa. Ci sputai sopra, un filo di saliva che lo bagnava, e ci infilai la lingua. Era caldo, stretto, un sapore di pelle e fuoco che mi mandava in estasi. Lo leccavo a fondo, allargandolo, succhiandolo mentre lui si contorceva, spingendo il culo contro la mia faccia. “Char! Char!” gemeva, un canto di sottomissione e desiderio. Mi alzai, mi slacciai i jeans, il cazzo che schizzava fuori, duro e gocciolante. Glielo appoggiai sul buco, e lui mi guardò da sopra la spalla, la fiamma che danzava. “Char…” sussurrò, un invito.

Entrai lento, sentendo il suo culo caldo che mi avvolgeva. Era stretto, morbido, e io lo scopai con passione, tenendolo per i fianchi delicati. Ogni colpo era un’esplosione, le sue chiappe che tremavano, la fiamma che si alzava a ogni gemito. Mi chinai su di lui, lo baciai ancora, la lingua in bocca mentre lo montavo. Lui ricambiava, succhiandomi, sbavando sul letto. Poi prese l’iniziativa: si girò sotto di me, mi salì sopra e mi infilò il cazzo in bocca. “Char!” gridò, scopandomi la gola, e io lo succhiai con voglia, lasciandolo venire. La sborra mi schizzò in faccia, calda e abbondante, e io la leccai tutta, assaporandolo.

Ma dovevo finirlo. Lo rimisi a quattro zampe, gli leccai il culo ancora, bagnato e aperto, e lo scopai di nuovo, duro, veloce. “Sei mio,” grugnai, e lui rispose, “Char!” con un tono di adorazione. Venni dentro di lui, la sborra che gli riempiva il culo e colava fuori, bianca contro l’arancione. Lui si accasciò, ansimando, e io lo strinsi, baciandolo ancora. Era nostro, un legame di amore e sesso, romantico e depravato, che sarebbe durato per sempre.
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2025-03-07
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