La gabbia
di
rotas2sator
genere
dominazione
Lorenza si svegliò di soprassalto, il respiro spezzato, il cuore in gola. Nella penombra della stanza, il sudore le incollava le lenzuola alla pelle. Ancora una volta, quel sogno. O forse un ricordo mascherato da incubo? Era lì, nella sala avvolta da luci soffuse, circondata da corpi anonimi, il calore della pelle sconosciuta, il fruscio delle maschere che si sfioravano, il brivido dell'incognito. Ma in quel sogno, sempre lo stesso, sempre più vivido, arrivava il momento fatale: la sua mano tremante che si sollevava al volto, le dita che scivolavano sotto i bordi della maschera, il respiro trattenuto di chi la osservava. E poi, lo svelamento. La nudità più totale. E infine, la voce. — Ma quella la conosco, io! —
Si alzò dal letto, camminando scalza fino alla finestra. Fuori, la pioggia rigava i vetri come lacrime silenziose. Il riflesso nell'oscurità le rimandò un volto inquieto, gli occhi segnati da un'ombra profonda. Si morse il labbro. Cosa aveva cercato davvero, quella notte? Non solo il piacere. Non solo la trasgressione. Ma lo sguardo. Il giudizio. Il rischio. Il confine labile tra la vergogna e l'esaltazione. Sapeva che non avrebbe smesso di pensarci. Non avrebbe smesso di desiderarlo. Era un'ossessione, un'attrazione morbosa per quel limite in cui il pericolo si confonde con l'eccitazione. Si accarezzò il collo, lasciando che le dita scendessero lungo la clavicola. E se...? Un brivido le corse lungo la schiena. E se lo avesse cercato di nuovo?
Lorenza ripensava a quella notte nella grande città del Sud, a quell'evento sfrenato * che le appariva come un delirio onirico. Era davvero possibile che si fosse concessa senza limiti a quegli uomini? E che, sola tra tutti, si fosse tolta la maschera in un impeto di follia eccitata, in un desiderio di sottomissione estrema? Al momento era stato esaltante. Successivamente, l'inquietudine non aveva smesso di tormentarla. Nelle sue fantasie si vedeva riconosciuta, magari nel foyer di un teatro, da un uomo che la indicava a tutti, compreso suo marito: — Eccola, la puttana! Era a un'orgia, e dopo averne fatte di cotte e di crude si è persino tolta la maschera!— Il panico la assaliva. Poi cercava di richiamarsi alla razionalità. La probabilità che qualcuno, quella notte, l'avesse riconosciuta era minima. E ancor più improbabile che osasse smascherarla in pubblico. Questo pensiero la rassicurava. Temporaneamente. Perché subito dopo doveva ammettere che il rischio c'era. Il pericolo esisteva. Un venerdì pomeriggio d'autunno, mentre faceva shopping sotto la pioggia, un manifesto attirò la sua attenzione. Pubblicizzava una conferenza dal titolo: "Sottomissione sessuale: tra perversione e libertà". Incuriosita, entrò. Nella sala, una sessantina di persone attendevano l'inizio. La conferenza si rivelò interessante, toccando corde profonde dentro di lei. Il relatore, affascinante ed eloquente, sembrava rivolgersi proprio a lei. Spesso i suoi occhi la fissavano con intensità. Alla fine, si fermò per acquistare il libro. Lui la invitò al tavolo per la dedica.
“ …per Lorenza che conosce queste storie prima che siano scritte…”
Nella sala ormai vuota, lei sgranò gli occhi sconcertata, lui con voce profonda:
— Lorenza, ci siamo già visti?
— No, non credo...
— Anzi... io ricordo tutto di lei. E non solo il suo volto, che fu l'ultimo velo ad essere alzato.
Il sangue le si gelò nelle vene. Le sue paure i suoi fantasmi si palesavano, nella loro realtà
— Oddio... quella festa... Lui sorrise.
— Sì. Non speravo di vederla qui. Quando sono arrivato, ho ricordato il suo accento, che mi riconduceva a queste zone, ma non potevo credere al caso, alla fortuna di averla incontrata proprio ora. Ho presente il suo volto perfettamente. Riprenderemo il discorso quando tornerò, ospite di un amico che condivide la mia passione, in una serata dedicata.
Lorenza si sentì divisa. Il cuore accelerò i battiti, combattuta tra il timore e un desiderio sotterraneo che non voleva ammettere fino in fondo. Lui sembrò intuire la sua esitazione e, con un sorriso complice, aggiunse:
— Le invierò le istruzioni dettagliate. Preparati nel frattempo. Tra un mese esatto voglio rivederla. Indosserà le stesse calze e mutandine per due o tre giorni, lasciando che il suo corpo impregni i tessuti del suo odore più vero. Niente rasature inguinali ed ascellari: voglio il tuo pelo e sentire la sua essenza senza filtri. È un problema di chimica, Lorenza. Di pura, incontaminata attrazione animale.
Lei trattenne il respiro. Sentiva il calore salirle lungo la pelle, la mente in bilico tra la vergogna e un richiamo atavico. Era solo un gioco, si disse. Un esperimento. Ma sapeva che sarebbe stata più di questo. Avrebbe potuto respingere la proposta ma capiva che sarebbe stato impossibile.
La porta si aprì su un luogo avvolto nella penombra, illuminato solo da fiaccole tremolanti. L'aria era densa di incenso e di desiderio. Intorno a lei, figure silenziose in abiti scuri la osservavano. Al centro della sala, una gabbia dorata emetteva bagliori alla luce fioca. L'oratore si alzò in piedi e la sua voce risuonò nella sala:
— Non è solo la bellezza delle forme, ma è la sua chimica e il suo sottomettersi che ci rendono feroci. Usufruite di lei.
Venne introdotta, al centro del vasto salone sotterraneo, nella gabbia, le cui pareti, mobili furono posizionate in modo da stringerla, bloccarla completamente; lei in posizione inginocchiata, il busto in busto in avanti. Lorenza sentì un brivido correrle lungo la spina dorsale mentre mani esperte la spogliavano. La cera calda colava sulla sua schiena, lasciando scie di piacere e dolore che si imprimevano sulla sua pelle. Le sue calze e mutandine furono sfilate con lentezza rituale e fatte passare tra gli astanti, che le annusarono, le toccarono, le trattennero tra le dita come un trofeo di sottomissione.
— Inebriatevi dell’odore naturale di questa femmina, lasciate che la parte più profonda e antica del vostro cervello se ne nutra per poi usare della sua morbidezza e calore.
La gabbia opprimeva il suo corpo nudo, le sbarre erano gelide sulla pelle accaldata. Le sue natiche sollevate e allargate, le sue intimità esposte e fruibili, le tette deliziosamente pendule: Lorenza era un oggetto sessuale esposto, indifeso, a disposizione di ogni libidine. Il rito sarebbe iniziato. Le mani la palpeggiavano, la stringevano, il respiro caldo di uomini ignoti le scivolava sulla pelle. Era trascinata in un vortice di baci violenti, morsi, mani che lasciavano segni sul suo corpo tremante. Schiaffi, pizzichi, dita e lingue che la frugavano, insulti volgari proferiti al solo scopo di piegarla, a sporcare la sua immagine, non più una persona ma un oggetto di divertimento
— Dillo, ammetti cosa sei. Guarda come sei ridotta, eppure lo desideri ancora, — accompagnate da risate compiaciute e sguardi di disprezzo misti a desiderio. E lei a piegarsi, a confermare quegli insulti umilianti. Ed era solo il preludio. L’intensità di ripetute penetrazioni selvagge in entrambe le sue intimità, il suo corpo percorso da rivoli di sudore, schizzato di sperma, la sua bocca riempita oscenamente, il dolore si fondeva con il piacere, la sua volontà si spezzava come vetro sotto la pressione di una brama collettiva. Non c’era più Lorenza, ma solo carne offerta, consumata, venerata e brutalizzata in un'estasi feroce. La natura del suo desiderio profondo lei non sapeva spiegarselo: un rapimento che coinvolgeva la sua essenza in una nebbia dí sensualità estrema, compiaciuta di essere dominata fino all’estrema umiliazione. Prima di essere liberata rimase per un tempo indefinito, sola nella stanza dove il buio l'avvolgeva come un sudario di velluto nero, un involucro di peccato e abbandono. Il desiderio che l’aveva incendiata, divorandole il respiro, mentre si offriva a quella bocche crudeli, a quelle mani, a quei cazzi che non chiedevano, ma pretendevano, incapace di opporsi alla violenza di quell'oscurità che la possedeva; aveva sentito il piacere fisico superare qualsiasi cosa avesse mai conosciuto. Il suo corpo, ormai completamente al servizio di quella pulsione animale, aveva reagito in modo istintivo, lasciandosi invadere da un'onda di piacere che non aveva nulla di tenero, ma che aveva reso il desiderio insaziabile. Il corpo di Lorenza si era adattato, accogliendo nel suo grembo e nelle sue viscere con una sorta di resa profonda quelle masse palpitanti che la invadevano La sua mente aveva tentato di ancorarsi a qualcosa, ma il godimento che l’aveva pervasa, ogni volta più profondo e incontrollato, le aveva fatto dimenticare tutto ciò che non fosse il contatto, l'abbandono completo alla forza che la stava possedendo. Il sangue pulsava, in un inno lussurioso alla sua stessa dissoluzione.Non c'era fuga, né resistenza, solo il brivido dell'annientamento che si faceva estasi. E lei, nuda e vinta, sapeva che non sarebbe mai più appartenuta completamente a se stessa.
*Nuda
Si alzò dal letto, camminando scalza fino alla finestra. Fuori, la pioggia rigava i vetri come lacrime silenziose. Il riflesso nell'oscurità le rimandò un volto inquieto, gli occhi segnati da un'ombra profonda. Si morse il labbro. Cosa aveva cercato davvero, quella notte? Non solo il piacere. Non solo la trasgressione. Ma lo sguardo. Il giudizio. Il rischio. Il confine labile tra la vergogna e l'esaltazione. Sapeva che non avrebbe smesso di pensarci. Non avrebbe smesso di desiderarlo. Era un'ossessione, un'attrazione morbosa per quel limite in cui il pericolo si confonde con l'eccitazione. Si accarezzò il collo, lasciando che le dita scendessero lungo la clavicola. E se...? Un brivido le corse lungo la schiena. E se lo avesse cercato di nuovo?
Lorenza ripensava a quella notte nella grande città del Sud, a quell'evento sfrenato * che le appariva come un delirio onirico. Era davvero possibile che si fosse concessa senza limiti a quegli uomini? E che, sola tra tutti, si fosse tolta la maschera in un impeto di follia eccitata, in un desiderio di sottomissione estrema? Al momento era stato esaltante. Successivamente, l'inquietudine non aveva smesso di tormentarla. Nelle sue fantasie si vedeva riconosciuta, magari nel foyer di un teatro, da un uomo che la indicava a tutti, compreso suo marito: — Eccola, la puttana! Era a un'orgia, e dopo averne fatte di cotte e di crude si è persino tolta la maschera!— Il panico la assaliva. Poi cercava di richiamarsi alla razionalità. La probabilità che qualcuno, quella notte, l'avesse riconosciuta era minima. E ancor più improbabile che osasse smascherarla in pubblico. Questo pensiero la rassicurava. Temporaneamente. Perché subito dopo doveva ammettere che il rischio c'era. Il pericolo esisteva. Un venerdì pomeriggio d'autunno, mentre faceva shopping sotto la pioggia, un manifesto attirò la sua attenzione. Pubblicizzava una conferenza dal titolo: "Sottomissione sessuale: tra perversione e libertà". Incuriosita, entrò. Nella sala, una sessantina di persone attendevano l'inizio. La conferenza si rivelò interessante, toccando corde profonde dentro di lei. Il relatore, affascinante ed eloquente, sembrava rivolgersi proprio a lei. Spesso i suoi occhi la fissavano con intensità. Alla fine, si fermò per acquistare il libro. Lui la invitò al tavolo per la dedica.
“ …per Lorenza che conosce queste storie prima che siano scritte…”
Nella sala ormai vuota, lei sgranò gli occhi sconcertata, lui con voce profonda:
— Lorenza, ci siamo già visti?
— No, non credo...
— Anzi... io ricordo tutto di lei. E non solo il suo volto, che fu l'ultimo velo ad essere alzato.
Il sangue le si gelò nelle vene. Le sue paure i suoi fantasmi si palesavano, nella loro realtà
— Oddio... quella festa... Lui sorrise.
— Sì. Non speravo di vederla qui. Quando sono arrivato, ho ricordato il suo accento, che mi riconduceva a queste zone, ma non potevo credere al caso, alla fortuna di averla incontrata proprio ora. Ho presente il suo volto perfettamente. Riprenderemo il discorso quando tornerò, ospite di un amico che condivide la mia passione, in una serata dedicata.
Lorenza si sentì divisa. Il cuore accelerò i battiti, combattuta tra il timore e un desiderio sotterraneo che non voleva ammettere fino in fondo. Lui sembrò intuire la sua esitazione e, con un sorriso complice, aggiunse:
— Le invierò le istruzioni dettagliate. Preparati nel frattempo. Tra un mese esatto voglio rivederla. Indosserà le stesse calze e mutandine per due o tre giorni, lasciando che il suo corpo impregni i tessuti del suo odore più vero. Niente rasature inguinali ed ascellari: voglio il tuo pelo e sentire la sua essenza senza filtri. È un problema di chimica, Lorenza. Di pura, incontaminata attrazione animale.
Lei trattenne il respiro. Sentiva il calore salirle lungo la pelle, la mente in bilico tra la vergogna e un richiamo atavico. Era solo un gioco, si disse. Un esperimento. Ma sapeva che sarebbe stata più di questo. Avrebbe potuto respingere la proposta ma capiva che sarebbe stato impossibile.
La porta si aprì su un luogo avvolto nella penombra, illuminato solo da fiaccole tremolanti. L'aria era densa di incenso e di desiderio. Intorno a lei, figure silenziose in abiti scuri la osservavano. Al centro della sala, una gabbia dorata emetteva bagliori alla luce fioca. L'oratore si alzò in piedi e la sua voce risuonò nella sala:
— Non è solo la bellezza delle forme, ma è la sua chimica e il suo sottomettersi che ci rendono feroci. Usufruite di lei.
Venne introdotta, al centro del vasto salone sotterraneo, nella gabbia, le cui pareti, mobili furono posizionate in modo da stringerla, bloccarla completamente; lei in posizione inginocchiata, il busto in busto in avanti. Lorenza sentì un brivido correrle lungo la spina dorsale mentre mani esperte la spogliavano. La cera calda colava sulla sua schiena, lasciando scie di piacere e dolore che si imprimevano sulla sua pelle. Le sue calze e mutandine furono sfilate con lentezza rituale e fatte passare tra gli astanti, che le annusarono, le toccarono, le trattennero tra le dita come un trofeo di sottomissione.
— Inebriatevi dell’odore naturale di questa femmina, lasciate che la parte più profonda e antica del vostro cervello se ne nutra per poi usare della sua morbidezza e calore.
La gabbia opprimeva il suo corpo nudo, le sbarre erano gelide sulla pelle accaldata. Le sue natiche sollevate e allargate, le sue intimità esposte e fruibili, le tette deliziosamente pendule: Lorenza era un oggetto sessuale esposto, indifeso, a disposizione di ogni libidine. Il rito sarebbe iniziato. Le mani la palpeggiavano, la stringevano, il respiro caldo di uomini ignoti le scivolava sulla pelle. Era trascinata in un vortice di baci violenti, morsi, mani che lasciavano segni sul suo corpo tremante. Schiaffi, pizzichi, dita e lingue che la frugavano, insulti volgari proferiti al solo scopo di piegarla, a sporcare la sua immagine, non più una persona ma un oggetto di divertimento
— Dillo, ammetti cosa sei. Guarda come sei ridotta, eppure lo desideri ancora, — accompagnate da risate compiaciute e sguardi di disprezzo misti a desiderio. E lei a piegarsi, a confermare quegli insulti umilianti. Ed era solo il preludio. L’intensità di ripetute penetrazioni selvagge in entrambe le sue intimità, il suo corpo percorso da rivoli di sudore, schizzato di sperma, la sua bocca riempita oscenamente, il dolore si fondeva con il piacere, la sua volontà si spezzava come vetro sotto la pressione di una brama collettiva. Non c’era più Lorenza, ma solo carne offerta, consumata, venerata e brutalizzata in un'estasi feroce. La natura del suo desiderio profondo lei non sapeva spiegarselo: un rapimento che coinvolgeva la sua essenza in una nebbia dí sensualità estrema, compiaciuta di essere dominata fino all’estrema umiliazione. Prima di essere liberata rimase per un tempo indefinito, sola nella stanza dove il buio l'avvolgeva come un sudario di velluto nero, un involucro di peccato e abbandono. Il desiderio che l’aveva incendiata, divorandole il respiro, mentre si offriva a quella bocche crudeli, a quelle mani, a quei cazzi che non chiedevano, ma pretendevano, incapace di opporsi alla violenza di quell'oscurità che la possedeva; aveva sentito il piacere fisico superare qualsiasi cosa avesse mai conosciuto. Il suo corpo, ormai completamente al servizio di quella pulsione animale, aveva reagito in modo istintivo, lasciandosi invadere da un'onda di piacere che non aveva nulla di tenero, ma che aveva reso il desiderio insaziabile. Il corpo di Lorenza si era adattato, accogliendo nel suo grembo e nelle sue viscere con una sorta di resa profonda quelle masse palpitanti che la invadevano La sua mente aveva tentato di ancorarsi a qualcosa, ma il godimento che l’aveva pervasa, ogni volta più profondo e incontrollato, le aveva fatto dimenticare tutto ciò che non fosse il contatto, l'abbandono completo alla forza che la stava possedendo. Il sangue pulsava, in un inno lussurioso alla sua stessa dissoluzione.Non c'era fuga, né resistenza, solo il brivido dell'annientamento che si faceva estasi. E lei, nuda e vinta, sapeva che non sarebbe mai più appartenuta completamente a se stessa.
*Nuda
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