Cronache di Anna VII – La purificazione e la promessa
di
Marcello Callisto
genere
etero
Il silenzio li avvolse. Carne e sudore, fiato e vizio.
Anna si tirò indietro, gli prese la mano, la strinse tra le sue dita calde. «Se vuoi… possiamo fare la doccia come la faccio con lui…»
Si alzò, nuda, il corpo lucido, il culo segnato. Gli tese la mano, un sorriso piccolo e perfido.
«Ti faccio vedere…»
Cominciò a camminare verso il bagno, i piedi nudi, la schiena curva, il sesso che batteva tra le cosce tremanti. Entrò nel bagno, la luce fredda le disegnava il corpo come un quadro oltraggiato. Aprì il box doccia, il getto d’acqua prese a scendere, vapore ovunque. Si voltò, sorridendo piccolo. Quel sorriso piccolo, infantile, che gli tagliò il fiato.
Poi si inginocchiò sotto l’acqua, gambe piegate, culo sui talloni, il viso rivolto a lui. Le gocce le segnavano il collo, i seni, il ventre. Alzò gli occhi. Occhi da bambina che chiede di essere marchiata.
«Sono pronta… come faccio con mio cugino…» sussurrò piano.
Lui, tremando, il cazzo ancora duro, si avvicinò. Lo prese in mano. Glielo offrì. E il resto del mondo sparì.
Il primo getto caldo la colpì sulla fronte. Anna sussultò, un tremito piccolo, un fremito che le attraversò il corpo minuto. L’urina le scivolò lungo il naso, le guance, si mescolò all’acqua della doccia, al vapore denso che saturava l’aria. Restò lì, ferma, la bocca aperta, il viso teso verso di lui come una preghiera sporca. Lui continuò a pisciarle addosso, sul volto, sul petto, sul ventre che tremava sotto il getto tiepido. Anna cominciò a respirare più forte, il corpo scosso da brividi sottili. Le cosce si strinsero, la figa nuda, esposta all’acqua e alla vergogna, si aprì palpitante, colando piacere tra le gambe. Un gemito le sfuggì dalla gola, un suono bagnato, spezzato, che cercò di soffocare ma che esplose comunque, viscerale, inevitabile. Il bacino ondeggiava appena, un movimento lento, disperato, come se il sesso cercasse qualcosa nell’aria, una carezza, un contatto, una salvezza.
Lui vide tutto: vide il modo in cui il corpo di Anna si tradiva, vide il respiro che si spezzava, la pelle che si accendeva sotto l’acqua e il suo marchio. Quando finì di pisciarle addosso, Anna rimase inginocchiata, il viso bagnato, la pelle sporca, il corpo teso e ancora teso, come se aspettasse altro, come se non bastasse mai. Sollevò gli occhi verso di lui, occhi lucidi, persi, devastati. Poi, senza pensare, senza vergogna, si leccò piano una goccia che le scendeva dalle labbra. Un gesto lento, animalesco, definitivo.
«Mi piace…» sussurrò con un filo di voce spezzata. «Con te… è più bello…» Abbassò il capo, appoggiò la fronte sulle sue cosce, ancora tremante, piccola, sporca, felice. Aveva vinto. Aveva fatto di lui il suo padrone. E il suo schiavo. Tutto insieme.
Anna si alzò lentamente. Il corpo nudo e piccolo stillava acqua e vapore. Chiuse il getto con un gesto calmo, mentre la cabina si riempiva di una nebbia calda e sporca. Prese un asciugamano bianco, si tamponò piano il viso, il collo, le spalle, i seni piccoli, come una bambina che si asciuga dopo aver giocato nel fango, senza capire — o fingendo di non capire — quanto era sporca. Poi si voltò verso di lui. Nuda. I capelli arruffati. Il sorriso dolce, innocente, crudele.
«Mi sono lavata bene?» chiese con un filo di voce fragile. Lui non rispose. La guardava soltanto. Il cuore in gola. Il cazzo ancora mezzo duro, pulsante, vivo.
Anna si avvicinò. Gli sfiorò il braccio con la punta delle dita, come chi chiede senza chiedere. «Posso tornare a trovarti?» sussurrò, inclinando il viso come una bambina che chiede un gelato. Poi abbassò lo sguardo, come se avesse paura. «Se vuoi… puoi portare anche qualche amico… come fa mio cugino…»
Un sorriso piccolo, tenero, maledetto. Gli affondò nel petto come una lama. Gli amici. Lei. Il suo corpo. Offerto. Una parte di lui voleva urlare. Scappa. Ma un’altra parte, più sporca, più viva, si accendeva. E già vedeva Anna, nuda, inginocchiata tra più uomini, il sorriso sporco sulle labbra bagnate.
Anna non aspettava risposta. Gli prese la mano tra le sue mani bagnate, la strinse piano. «Solo se vuoi…» mormorò. Poi si accostò al suo petto, chiudendo gli occhi. Cercava un abbraccio. O fingeva di cercarlo. Cercava la resa. Cercava la fine.
Lui chiuse gli occhi. Inspirò. Inspirò il suo odore: pelle pulita, sapone, e sotto — ancora e sempre — il profumo indelebile del sesso. Sapeva che era finita. Sapeva che non sarebbe mai più tornato indietro. Anna lo aveva marchiato. Dentro. Per sempre.
Anna si tirò indietro, gli prese la mano, la strinse tra le sue dita calde. «Se vuoi… possiamo fare la doccia come la faccio con lui…»
Si alzò, nuda, il corpo lucido, il culo segnato. Gli tese la mano, un sorriso piccolo e perfido.
«Ti faccio vedere…»
Cominciò a camminare verso il bagno, i piedi nudi, la schiena curva, il sesso che batteva tra le cosce tremanti. Entrò nel bagno, la luce fredda le disegnava il corpo come un quadro oltraggiato. Aprì il box doccia, il getto d’acqua prese a scendere, vapore ovunque. Si voltò, sorridendo piccolo. Quel sorriso piccolo, infantile, che gli tagliò il fiato.
Poi si inginocchiò sotto l’acqua, gambe piegate, culo sui talloni, il viso rivolto a lui. Le gocce le segnavano il collo, i seni, il ventre. Alzò gli occhi. Occhi da bambina che chiede di essere marchiata.
«Sono pronta… come faccio con mio cugino…» sussurrò piano.
Lui, tremando, il cazzo ancora duro, si avvicinò. Lo prese in mano. Glielo offrì. E il resto del mondo sparì.
Il primo getto caldo la colpì sulla fronte. Anna sussultò, un tremito piccolo, un fremito che le attraversò il corpo minuto. L’urina le scivolò lungo il naso, le guance, si mescolò all’acqua della doccia, al vapore denso che saturava l’aria. Restò lì, ferma, la bocca aperta, il viso teso verso di lui come una preghiera sporca. Lui continuò a pisciarle addosso, sul volto, sul petto, sul ventre che tremava sotto il getto tiepido. Anna cominciò a respirare più forte, il corpo scosso da brividi sottili. Le cosce si strinsero, la figa nuda, esposta all’acqua e alla vergogna, si aprì palpitante, colando piacere tra le gambe. Un gemito le sfuggì dalla gola, un suono bagnato, spezzato, che cercò di soffocare ma che esplose comunque, viscerale, inevitabile. Il bacino ondeggiava appena, un movimento lento, disperato, come se il sesso cercasse qualcosa nell’aria, una carezza, un contatto, una salvezza.
Lui vide tutto: vide il modo in cui il corpo di Anna si tradiva, vide il respiro che si spezzava, la pelle che si accendeva sotto l’acqua e il suo marchio. Quando finì di pisciarle addosso, Anna rimase inginocchiata, il viso bagnato, la pelle sporca, il corpo teso e ancora teso, come se aspettasse altro, come se non bastasse mai. Sollevò gli occhi verso di lui, occhi lucidi, persi, devastati. Poi, senza pensare, senza vergogna, si leccò piano una goccia che le scendeva dalle labbra. Un gesto lento, animalesco, definitivo.
«Mi piace…» sussurrò con un filo di voce spezzata. «Con te… è più bello…» Abbassò il capo, appoggiò la fronte sulle sue cosce, ancora tremante, piccola, sporca, felice. Aveva vinto. Aveva fatto di lui il suo padrone. E il suo schiavo. Tutto insieme.
Anna si alzò lentamente. Il corpo nudo e piccolo stillava acqua e vapore. Chiuse il getto con un gesto calmo, mentre la cabina si riempiva di una nebbia calda e sporca. Prese un asciugamano bianco, si tamponò piano il viso, il collo, le spalle, i seni piccoli, come una bambina che si asciuga dopo aver giocato nel fango, senza capire — o fingendo di non capire — quanto era sporca. Poi si voltò verso di lui. Nuda. I capelli arruffati. Il sorriso dolce, innocente, crudele.
«Mi sono lavata bene?» chiese con un filo di voce fragile. Lui non rispose. La guardava soltanto. Il cuore in gola. Il cazzo ancora mezzo duro, pulsante, vivo.
Anna si avvicinò. Gli sfiorò il braccio con la punta delle dita, come chi chiede senza chiedere. «Posso tornare a trovarti?» sussurrò, inclinando il viso come una bambina che chiede un gelato. Poi abbassò lo sguardo, come se avesse paura. «Se vuoi… puoi portare anche qualche amico… come fa mio cugino…»
Un sorriso piccolo, tenero, maledetto. Gli affondò nel petto come una lama. Gli amici. Lei. Il suo corpo. Offerto. Una parte di lui voleva urlare. Scappa. Ma un’altra parte, più sporca, più viva, si accendeva. E già vedeva Anna, nuda, inginocchiata tra più uomini, il sorriso sporco sulle labbra bagnate.
Anna non aspettava risposta. Gli prese la mano tra le sue mani bagnate, la strinse piano. «Solo se vuoi…» mormorò. Poi si accostò al suo petto, chiudendo gli occhi. Cercava un abbraccio. O fingeva di cercarlo. Cercava la resa. Cercava la fine.
Lui chiuse gli occhi. Inspirò. Inspirò il suo odore: pelle pulita, sapone, e sotto — ancora e sempre — il profumo indelebile del sesso. Sapeva che era finita. Sapeva che non sarebbe mai più tornato indietro. Anna lo aveva marchiato. Dentro. Per sempre.
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