I segreti della zia - Capitolo VIII

di
genere
dominazione

Le 21 e 30... il tempo scorreva, e quel dannato chiarore della serata estiva non voleva ancora scomparire del tutto.
Patrizia si rigirava la macchina fotografica tra le mani, mentre pensava che a breve Marco sarebbe tornato e avrebbe voluto vedere le foto.
Due finestre... che a lei ora parevano immense... una dava sulla casa abitata da quel porco di Giovanni e la sua famiglia, l'altra sull'abitazione di una giovane coppia di cui sapeva molto poco...
Si alzò, e si guardò nello specchio della sala... Nuda, vestita solo di quella... umiliante cintura che oltretutto garantiva a Marco il totale controllo anche sui suoi orgasmi, doveva adesso eseguire gli ordini... Non voleva nemmeno chiedersi cosa le avrebbe fatto fare lui in caso di altre mancanze...
Ma prima di tutto fece sparire dal tavolino i fazzolettini di carta... quelli che erano serviti durante quelle due ore per asciugarsi l'interno coscia... ormai viveva ogni minuto in uno stato di eccitazione che non permetteva alla sua vagina di rilassarsi...
Lentamente si avvicinò alla prima finestra, quella che dava sull'abitazione della giovane coppia. Velocemente aprì le tende e controllò che non ci fosse nessuno. Il buio non era totale e le sembrava di non intravedere alcuna persona. Come un lampo si posizionò di profilo rispetto alla finestra, allungò la mano che reggeva la macchinetta e scattò 5 rapide foto. Il flash si era azionato automaticamente, sorprendendola, ma sembrava che ancora non ci fosse nessuno fuori.
Guardò le immagini, sul piccolo monitor dello strumento... foto di una bella donna a mezzobusto... bella donna... o un bell'oggetto ormai, pensava Patrizia... ma non c'era altro tempo da perdere... altre 5 foto... non sarebbe stato difficile, si disse per darsi coraggio...
Aprì le tende... e rabbrividì. La famiglia di Giovanni aveva l'abitudine di prendere il caffè in giardino, sotto il gazebo... e quella sera non faceva eccezione... erano angolati rispetto alla finestra, e ad una decina di metri di distanza... ma il flash... lei nuda... il pomeriggio assurdo con quel porco che senz'altro non vedeva l'ora di rivederla...
Si fece forza. Una, due, tre, quattro, cinque. E poi tende tirate, senza guardare fuori, senza voler sapere se aveva attirato l'attenzione...
Ma ora veniva il difficile...
Socchiuse leggermente la porta... il gazebo era grossomodo in linea con l'ingresso di casa sua, sentiva i vicini chiacchierare... ma nel buio della sera che avanzava forse non l'avrebbero vista... e per la strada non sembrava circolassero passanti... in ogni caso, doveva muoversi.
Lenta per non attrarre l'attenzione, coprì i pochi metri che la coprivano dall'auto, piazzandosi dalla parte che dava sull'abitazione degli sconosciuti. Si inginocchiò a terra, perchè nemmeno la testa fosse visbile da Giovanni e si preparò a scattare.
Uno, due, tre, quattro, cinque...
Il flash squarciava il buio della sera, e Patrizia sentiva il cuore a mille... doveva solo rientrare e...
"Patrizia?" stava chiamando la moglie di Giovanni.
Lei si accucciò ancor di più accanto all'auto, rimanendo in silenzio.
"Patrizia, è lei in giardino?"
Non sapeva cosa fare! Se avesse risposto, sarebbe tornata a badare ai fatti suoi??
Con orrore sentì la donna dire al marito "Giovanni, magari se vai a controllare un pochino..."
"Certo cara." disse lui di rimando.
Fu allora che Patrizia aprì la bocca, mantenendosi dietro l'auto.
"Sì sì! sono io signora... cercavo... cercavo una cosa nell'auto!" disse, vedendo due sagome contro luce lungo la recinzione.
"Oh bene" rispose la donna "abbiamo visto dei lampi... vuole bere un caffè qui con noi?"
"No!" disse secca Patrizia, sconvolta dall'assurdità della situazione "No... non... l'ho già preso, grazie..."
"Ma su" era la voce dell'uomo ora "venga... è stata così cortese lei oggi..."
Maledetto stronzo! pensò lei, inchiodata dietro quell'auto.
"No... grazie... la prossima volta..."
"Come desidera." disse Giovanni, e i due, vide Patrizia, tornarono a sedersi.
Non restava che rientrare in casa... Si preparò alla breve corsa, e partì. Era quasi sulla porta quando senti dire "però!"
Sorpresa, Patrizia si arrestò un istante. Un ragazzo, il figlio di Giovanni, presumeva lei, la stava guardando.
Terrorizzata, scappò in casa, appoggiandosi poi alla porta chiusa.
"Era quasi fatta... quasi fatta" disse singhiozzando, e domandandosi quanto quel ragazzo avesse visto.

Marco rientrò molto dopo. Se l'era presa comoda, complimentandosi con sè stesso a pù riprese durante la serata per l'acquisto della cintura.
Entrò piano, notando come l'unica fonte di luce provenisse dalla camera della sua cagnetta. Salì le scale senza far rumore, e raggiunto l'uscio della stanza, rimase a guardare lo splendore di quel corpo addormentato, serrato nella costrizione della cintura di castità.
Una preda stupenda... a cui aveva aperto il culo solo poche ore prima...
Aveva ancora la macchina fotografica accanto al suo corpo. Marco la prese e guardò assolutamente attento gli scatti... Una tettona impaurita...
Sorrise, e decise che l'avrebbe lasciata dormire per ora, visto che l'indomani sarebbe stata una giornata intensa, ed indubbiamente piacevole...
E dopotutto, doveva controllare alcune cose.
Giunto in sala, difatti, si avvicinò al mobile dove sua zia teneva vari incartamenti. Li prese tutti e si posizionò con essi sul tavolo della cucina.
Doveva ammettere che era una donna precisissima... Gli elenchi degli studenti che seguiva, ed accanto a qualche nome, c'erano annotazioni sull'andamento e il comportamento...
Si fissò in mente qualche nome... aveva un'idea precisa in testa, e memorizzare quei nomi era utile per una successiva cernita...
Passò successivamente in rassegna l'agenda, che lei utilizzava spessissimo. D'estate la donna non aveva impegni frequenti... però lui voleva sapere ogni cosa di lei, l'intimità e la privacy di lei dovevano essere pari a zero.
C'era qualche voce interessante... dentista... cena con amici...
Molto bene... occasioni che avrebbe reso speciali...
Ma ci avrebbe pensato con calma. Ora doveva curare i dettagli per la giornata seguente.
Poco dopo, diede un'ultima occhiata a Patrizia, poi andò nella sua stanza, regolò la sveglia, e si addormentò sperando che il mattino giungesse in fretta.

Fu la voce flebile di Patrizia che lo chiamava, a ridestarlo, circa mezz'ora prima che suonasse la sveglia.
"Marco" sussurrava piano lei, nuda, chinata verso il viso del ragazzo. Gli occhi di lui si dischiusero.
La visione di quelle tette appena sveglio, gli fece tirare il cazzo immediatamente.
Con espressione disperata, Patrizia gli diceva "scusami se ti ho svegliato... ma... devo andare in bagno e..."
"Dove zia?" chiese lui, giocando ora con un suo capezzolo.
"A... a pisciare..." corresse lei, socchiudendo gli occhi. Detestava umiliarsi, ma le era assolutamente urgente svuotarsi.
Marco buttò un occhio alla sveglia, poi le sorrise, alzandosi. "Mezz'ora prima... beh, credo sia il prezzo da pagare quando si possiede una cagna..."
Lei abbassò il capo, mordendosi il labbro per non lasciarsi sfuggire nessuna parola.
"Attendimi qui un istante, zietta."
Patrizia passava il peso del corpo da un piede all'altro, sentendosi al limite. Aveva atteso parecchio, prima di decidersi di svegliare Marco. Temeva che anche questo divenisse pretesto per infliggerle nuovi tormenti, ma ad un certo punto non ce l'aveva più fatta e si era rassegnata ad andarlo a svegliare.
Il nipote ricomparve un minuto dopo, e Patrizia sospirò avvilita. Teneva tra le mani collare e guinzaglio.
Velocemente fece indossare il collare alla donna, dicendole "Andiamo pure in bagno, zietta."
Ma come lei fece un passo, sentì il guinzaglio tirare e fu costretta a fermarsi.
"In bagno ci vai come una cagnetta. Giù a quattro zampe."
Gli occhi di lei si fecero immensi di incredulità "a... a quattro zampe?"
"Non era chiaro quando l'ho detto? Giù."
La vescica premeva, al pari dell'intestino... non poteva opporsi normalmente alle sue umiliazioni, tantomeno ora. Mortificata, si mise a quattro zampe, lasciandosi tirare verso il bagno proprio come una cagnetta, conscia dello spettacolo indecente che offriva. Nonostante i due giorni passati tra le varie umiliazioni, il senso di vergogna in cui Marco la faceva precipitare era sempre presente, impossibile assuefarsi.
Lui, con quel suo ghigno onnipresente, la liberò dalla cintura e dall'ovetto, che le fece nuovamente ripulire come se lo stesse spompinando. Tenendola seduta per la tazza, Marco sostituì poi l'ovetto con il suo cazzo, affondandoglielo in gola, trattendole il capo tramite il guinzaglio. Un pompino brutale, selvaggio, atto a spezzarle eventuali moti di orgoglio fin dal mattino. Il venirle in gola la portò sulla soglia del pianto... ormai quel sapore faceva parte del suo tran tran quotidiano...
Poi venne la doccia. Marco entrò assieme a lei nel box, insaponandola, accarezzando ogni centimetro del suo corpo, mentre lei si infiammava di voglia, una voglia esasperata dalle 4 dita di una mano che ora lui le aveva infilato nella figa, e le due dita dell'altra nel culo ancora dolorante dal giorno prima.
La portò al limite tre volte prima di permetterle di uscire dal box, ed il risultato fu che Patrizia si sentiva stravolta già di primo mattino. Le impose di depilarsi completamente il pube, cosa che lei fece con mano tremante, sotto l'occhio divertito di lui. Ci vollero pochi minuti, poi Marco provvide a reinserire l'ovetto al suo posto, presenza inseparabile, come lui le aveva promesso.
Ancora a quattro zampe, fu guidata in camera sua.
"In piedi cagnetta mia" disse Marco "oggi ci aspetta una giornata di relax al mare, non sei contenta?"
Uscire... il mare... no, non era contenta, era terrorizzata. Ed il microkini che Marco stava estraendo dal pacchetto non faceva altro che aumentare il suo senso di disperazione.
"Indossalo, zia, vediamo come ti sta il costume..."
Frustrata, Patrizia prese l'indumento e se lo mise addosso.
Era vergognoso.
una striscia di tessuto largo un centimetro e mezzo e lungo poco di più le copriva il pube, per il resto era solo una stringa che le correva attorno ai fianchi per poi scomparire nel solco tra le natiche.
Il top era costituito da due triangolini che a stento riuscivano a nascondere il rosa delle areole... Ora, peggio che con il costume usato in giardino, capiva il senso di essere peggio che nuda. Marco le fece indossare anche dei sandali con fibbietta, tacco otto, adatti forse ad una serata estiva in città, ma che in quel contesto contribuivano a renderla solo più volgare.
Le fece mettere attorno ai fianchi un foulard che non risultava nemmeno la brutta copia di un pareo... Lui la guardò soddisfatto.
"Sei perfetta... credo che tutti gli occhi saranno calamitati sul tuo corpo, zia cara..."
"N-non... non posso uscire in questo modo..."
Lui scoppiò a ridere...
"Certo che puoi, anzi, partiamo subito, la borsa l'ho preparata io ieri sera. Quindi, in marcia, troia."
Già sul vialetto, nel raggiungere l'auto, Patrizia si rese conto di come fosse impossibile camminare normalmente, per via del seno che continuava a fuoriuscere dalle piccole coppe.
Con sollievo notò almeno che non c'era alcun vicino nei cortili... non che avesse ormai nulla di nuovo da mostrare al signor Giovanni...
Il viaggio durò 25 minuti, in un parcheggio antistante la spiaggia che andava via via riempiendosi. Scesesero dall'auto e si incamminarono verso una spiaggia piuttosto affollata.
Non avevano ancora raggiunto la sabbia, che Marco fermò la donna.
"Togli il foulard, adesso. E' così una bella giornata, mi pare inutile coprirsi, zia..."
Lei deglutì, ma fu svelta nell'ubbidire. Voleva solo stendersi sul telo... cercare di diventare invisibile al più presto possibile...
Una volta sciolto il nodo del foulard, il culo della donna comparve in tutto il suo splendore, e in tutta la sua nudità.
Marco godeva nel vedere le persone che si attardavano con gli sguardi su quel bel corpo, ed era certo che sua zia, che ora tentava di ripararsi il viso con una mano, poteva ben vedere come in quegli sguardi di uomini e di ragazzi, ci fosse la voglia di fotterla lì, dove si trovava.
"Mani lunghi i fianchi zia, non dimenticare le cose fondamentali." disse lui, osservando come la tensione stesse assumendo il controllo sulla donna.
I gesti di lei erano infatti nervosi, pareva pronta a scattare come una pantera...
Lui sorrideva come sempre, ben sapendo che quella pantera poteva domarla quando voleva.
"andiamo a vedere dove ti metterai zia..." e la invitò a seguirlo sulla sabbia. Lei fece i primi passi, lenti traballanti, per via dei tacchi. Ogni due metri rischiava di cadere e i movimenti per stare in equilibrio non facevano altro che farle uscire i seni dal top. Alzando lo sguardo, vide come molte persone stessero guardando nella sua direzione... chiaro... era semi nuda, e stava offrendo a tutti uno spettacolo gratuito. Marco le stava davanti di qualche metro, camminava piano, con viso soddisfatto di chi mostra una preziosa proprietà... ed intanto sondava la spiaggia, cercando il punto adatto dove fermarsi.
Un minuto dopo lo individuò.
Era uno spazio tra vari ombrelloni, una piccola oasi circondata da svariati gruppi di ragazzi. Marco vi si diresse, indicando a Patrizia di segurilo.
L'arrivo della donna ebbe l'effetto di una tempesta sugli astanti... sorrisi, gomitate leggere tra amici... e Patrizia, oltre l'imbarazzo, al centro di tutto questo. Sentiva distintamente parole come "troia" "tettona", dette nemmeno troppo sottovoce...
Marco estrasse dala borsa un telo e con gesto teatrale lo lasciò ricadere a terra. L'ordine era chiaro. Lei si accucciò, esponendo il culo a tre giovani che restarono a bocca aperta nel guardarla...
Patrizia cercava di guardare unicamente quello che stava facendo, cercava di ignorare i tanti occhi che la sbirciavano... se fosse servito, avrebbe implorato Marco in ginocchio seduta stante di portarla via di lì... lei... insegnante, indipendente... era costretta ad esporre il suo corpo quasi fosse proprietà altrui...
Appena il telo fu sistemato, Marco le lanciò la crema solare ed il cellulare.
"Non avrai bisogno d'altro, mentre stai qui." disse lui.
Lei lo guardò sorpresa. "Ma... ma tu non resti qui?"
"Sarò poco lontano zia, non preoccuparti, non ti perderò di vista un solo istante." rispose estraendo dalla tasca il piccolo telecomando.
Lei trasalì e lo guardò in maniera disperata.
"Ecco, appunto zia. se farai la brava, eviterò di azionarlo. come sempre, dipende solo da te..."
Lei si guardò attorno... gente, tanta, troppa... e lei vestita di niente... disperatamente si rendeva conto che stava perfino sperando che Marco stesse con lei... così esposta ricercava addirittura la presenza del suo aguzzino...
"Ora stenditi, zietta, e goditi il sole... mi raccomando il cellulare, sempre vicino a te. E rilassati... cagnetta." disse a voce un po più alta, facendola arrossire ancor di più.
Marco attese che lei si stendesse sul telo, poi si allontanò. A dire il vero, si posizionò a non più di sette, otto metri da lei. Non voleva perdersi nemmeno un istante di quella magnifica giornata.
Patrizia restava immobile, stesa sulla schiena con le braccia lungo i fianchi e le gambe serrate, rigide. Come poteva rilassarsi? Sentiva il cuore a mille, non osava muoversi, ben sapendo che ogni movimento avrebbe attirato altri sguardi su di lei, altri commenti... e se qualcuno la riconosceva?? La spiaggia era vicina alla sua città, sapeva per certo che veniva frequentata da diverse persone che conosceva... ed il tempo pareva immobile... una giornata senza fine, ed era appena iniziata...
E già faceva caldo. Si accorse ora che quel bastardo del nipote non le aveva lasciato nemmeno un goccio d'acqua...
Ad occhi chiusi, si morse il labbro quando sentì il suono del messaggio. Prese il telefono.
"mettiti in ginocchio a gambe larghe. passati la crema sul corpo."
"Non un momento di tregua..." pensò avvilita Patrizia, mentre assumeva la posizione e prendeva la crema. Come poco prima, si impegnava a guardare solo sè stessa o l'infinito, ma il peso degli sguardi che si sentiva addosso era quasi solido... del resto in quella posizione sembrava più in procinto di cavalcare qualcuno, piuttosto che una persona che si spalma la crema. E mentre procedeva, sentiva come tutto il suo corpo forse ormai divenuto reattivo... quei semplici gesti riaccendevano le sue voglie... e la sua frustrazione...
Quante volte era stata portata al limite in quei giorni?
Spalmava... sentendo la vagina divenire più fradicia, senza accorgersi che i suoi movimenti divenivano più lascivi... cosa che invece non sfuggiva a tre ragazzi poco lontani, che se la stavano mangiando con gli occhi.
"Patrizia?" disse qualcuno accanto a lei.
Lei si riscosse, scrollando il capo ed impaurita. Chi... alzò gli occhi e vide.
Era Stefania, una sua amica, nonchè collega. Una persona, diretta, molto autoritaria sia al lavoro, che fuori.
"Ciao... Stefania..." disse lei alzandosi ritta in piedi. Troppo velocemente... un seno era quasi uscito questa volta.
La donna fissava Patrizia lungo tutto il corpo, stranita. La conosceva da anni, e non si sarebbe mai aspettata che...
"Ciao cara... anche tu al mare oggi... di solito non ci vieni mai..."
Patrizia viveva le occhiate di lei come accuse, si sentiva mortificata. Rispose guardando da un'altra parte.
"Oggi... non riuscivo proprio a stare in casa..."
"Ed i maschietti della spiaggia ringraziano... gran bel costume..."
"Io... grazie..." rispose lei semplicemente, vergognandosi a morte.
Un nuovo messaggio. Patrizia si sentì morire. Ma prese il telefono, scusandosi un attimo con l'amica.
"chiedile il favore di spalmarti la crema sulla schiena, hai la pelle sensibile."
Patrizia chiuse gli occhi un istante, sospirando... era un giocattolo nelle mani del ragazzo...
"Stefania... già... già che sei qui, mi dai una mano con la crema..."
"Sei bianca come il latte Patty... sì, dieci minuti e poi vado, che mi attende mia cugina."
Appena Patrizia consegnò il flacone all'amica, arrivò un nuovo messaggio.
"Distenditi. Slaccia il top."
Stefania aveva già aperto il flacone quando vide Patrizia stendersi sul telo a pancia sotto e slacciarsi parte del costume.
"Beh... andava bene anche in piedi, Patty..." disse l'amica, un po' sorpresa.
"E' solo... preferisco così, mi sento un po stanca oggi."
"Come vuoi." disse Stefania, osservando come Patrizia risultasse praticamente nuda, vista di spalle... Non stimava certo Patrizia, anzi, la giudicava semplicemente un'amica di comodo, ma almeno non aveva mai avuto da ridire sull'esibire in questo modo il corpo... indubbiamente era una bella donna, considerava Stefania, mentre si accucciava accanto a lei.
L'uovo si accese appena Stefania posò le mani sulla schiena di Patrizia.
"Ohh!" fece lei, irrigidendosi.
"Cosa c'è Patty?"
"... è... f-fredda... non... n-on è nie...niente..."
Ed invece era molto. L'uovo aumentò di velocità, ed il corpo di Patrizia reagiva.
Sfetania perplessa vedeva il bacino di lei... quasi strusciarsi sul telo... continuava a spalmarle la schiena, ora con maggiore pressione, e vide Patrizia portare il braccio lungo disteso sopra la testa... la mano artigliare la sabbia... le venne spontanea una domanda...
"Ma dimmi Patty, da quanto non esci con un uomo?"
Lei si stava mordendo le labbra per non far uscire gemiti, e malediceva ora l'amica che la faceva parlare... e quel dannato aggeggio!
"Io... q-qualche... ah... qualche... qual-che an-no... anno, sì."
"Faresti bene a frequentarne qualcuno allora..." considerò Stefania, con un sorriso malizioso sul viso, dovuto sia alle reazioni della collega, sia al fatto che, alzando lo sguardo, aveva visto come la scena stesse catturando l'attenzione di parecchia gente...
Stefania non capiva quale molla le scattava dentro, ma assieme allo spalmare ora passava leggermente le unghie sulla schiena della collega, notando come quel culo vestito solo di un laccetto si agitasse sempre di più...
Patrizia non campiva più nulla, cercava di limitare le sue reazioni, ma quelle stimolazioni interne ed esterne la portavano a dimenticare persino dove si trovasse. Colava tra le gambe, mentre quella bastarda della collega le allargava leggermente spalmandole altra crema.
E l'uovo continuava il suo spietato lavoro, la portava sempre più vicino a quel limite impossibile da sostenere.
Stefania si divertiva un mondo. Il costume troppo piccolo non poteva celare gli umori che iniziavano a scendere lungo l'interno coscia, e lei proprio lì decise di massaggiare...
vicinissima al pube, ma senza sfiorarlo.
Poi Patrizia sussurrò un "Oddio" carico di voglia, mettendendosi carponi, con il seno ormai fuoriuscito dalle coppe che danzava sotto di lei. Ragazzi e uomini eccitati fissavano quel corpo... quelle tettone libere che l'avrebbero fatto rizzare a chiunque...
"Ti piacciono i massaggi, eh, Patty?" continuò Stefania, passando le unghie lungo l'interno delle cosce.
Non riuscì a rispondere, se non con nuovi gemiti.
Poi l'uovo si arrestò e Patrizia ricadde sul telo.
Pochi secondi, e giunse un messaggio.
"Puoi mandarla via."
Patrizia attese qualche momento... si sentiva distrutta. Senza nemmeno muoversi, faccia stravolta, bisbigliò un "gra-zie... puoi... smettere..."
L'amica si fermò subito, rialzandosi.
"Non ringraziarmi... credimi, è stato un piacere. Ora vado che mi aspettano. Ciao cara!" disse sempre con quel sorriso carico di malizia mischiato a sadismo.
Patrizia non disse nemmeno ciao. Fradicia, ancora non riusciva a ricomporsi.
scritto il
2013-09-23
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