Rosalba l'amica di mia madre

di
genere
etero

Rosalba è amica di mia madre da parecchi anni, da quando, prima di trasferirci nella nuova casa, eravamo vicini di casa, è più giovane di mia madre di un paio d’anni, è un po’ robusta, ha una quarta di seno, un culo bello grosso e un’aria da maestrina rompiballe incredibile.
Quando eravamo vicini di casa, io ero amico dei figli, e con uno di loro andavamo spesso a giocare a pallone insieme, non badando, allora, alle grazie della madre che, specialmente in estate, venivano messe in mostra da abbondanti camicioni, che somigliavano più a delle camicie da notte, e da abiti lunghi con generosissime scollature e spacchi che mostravano molto delle sue grandi tettone e delle sue belle cosce.
Proprio per via di uno di questi abiti, cominciai a guardare Rosalba con occhi diversi, direi allupati.
Erano passati tre o quattro anni da quando ci eravamo trasferiti nella nuova casa, era estate, e Rosalba e altre due amiche di mia madre vennero a trovarla, un dopocena, per parlare del più e del meno. Si sistemarono vicino all’ingresso sotto la veranda, io non mi accorsi che erano lì, finché non andai in bagno, che, attraverso una portafinestra, porta alla veranda semichiusa e al terrazzo. Sentii del vociferare e, curioso, mi avvicinai piano alla finestra scorrevole della veranda, la feci scorrere lentamente e mi affacciai fino a sporgermi e a vedere una scena fantastica : una delle amiche di mia madre aveva una gonna che, da come si era sistemata sulla sedia, era diventata più una microgonna, aveva una camicia semi trasparente che, aguzzando la vista, lasciava intravedere due capezzoli belli grossi; l’altra, non era vestita in modo troppo appariscente, ma guardando bene, aveva una mano che impercettibilmente faceva un movimento lento, ma inequivocabile, andando a massaggiarsi la figa da sopra la stoffa dei pantaloni;Rosalba si era allungata su una sedia, mostrando ampiamente le cosce, e, dall’alto, dalla sua scollatura, si vedevano le tette fin quasi ai capezzoli.
Non capivo come mai quello sfregar la mano sulla figa, perciò mi sporsi un pò di più, mi concentrai per ascoltare cosa si stessero dicendo, e mi stupii nel sentire Rosalba raccontare alle amiche come il marito non la scopasse più da parecchio tempo, costringendola ad una astinenza da uccello mal sopportata. Tra quella vista e le cose che sentivo, il mio cazzo non voleva più stare nei miei pantaloncini, figuriamoci nelle mutande, allora decisi, anche se a malincuore, di spostarmi da lì e rientrare in bagno per spararmi un gran segone pensando a quel figone di Rosalba Ero a buon punto con il su e giù, quando si spalancò la porta del bagno (mi ero dimenticato di chiudere a chiave), entrò Rosalba che, non appena vide cosa stavo facendo, si bloccò sull’uscio, mi chiese scusa per essere entrata così senza bussare e indietreggiò richiudendo la porta. Io, dapprima rimasi scioccato per essere stato scoperto in quelle condizioni, ma poi mi sorprese ancor di più il fatto che il mio cazzo non accennò ad un minimo ammosciamento, ma bensì si indurì come il marmo costringendomi a riprendere da dove avevo interrotto. Stavo per sborrare, quando all’improvviso sentii un rumore provenire da dietro la porta e, subito dopo, la stessa che si spalancava, facendo ruzzolare a terra Rosalba che aveva una mano sul capezzolo del seno sinistro, mentre dell’altra mano si vedevano solo due dita fuori dalla sua figa. Quella scena fu troppo per il mio cazzo che, eruttando un mare di sborra, andò ad imbrattare la faccia e le tette di Rosalba che subito la raccolse con le mani e se la portò in bocca gustandosela tutta. Vederla così troia fece drizzare il mio cazzo in men che non si dica, mi avvicinai a lei, le puntai la bocca e glielo infilai fino in gola cominciando un movimento di avanti e indietro che ci eccitò tutti e due.
Dopo dieci minuti di un strepitoso bocchino, la spogliai completamente, la spinsi faccia al muro e mi abbassai a leccarle, alternativamente, il culo e la figa, andando a mordicchiarle il clitoride mentre con le mani le strizzavo le bocce e pizzicavo i capezzoli strappandole dei lunghi gemiti di goduria. Mi rialzai e le strusciai la cappella tra le grandi labbra, infilandogli lentamente tutto il cazzo fino in fondo alla sua gran figa e aumentando il ritmo fino a farla venire con un lungo gemito. Tolsi il cazzo dalla sua figa e lo puntai deciso al suo culo, inizialmente faceva resistenza temendo di provare troppo dolore, poi, man mano che la cappella si faceva strada, la preoccupazione lasciava strada all’eccitazione, e, tra i suoi sospiri, le infilai la cappella e rimasi fermo per farle abituare il buco del culo all’intrusione, poi, all’improvviso, glielo infilai tutto fino alle palle, facendole provare molto dolore che si trasformò ben presto in folle goduria. Pompavo come un matto dentro quel culo schiacciandole le tettone contro il muro finché non venimmo contemporaneamente, lei, sulla mia mano che le stuzzicava il clitoride, io, tutto dentro il suo culo ormai sfondato. Lei, ripresasi dall’orgasmo, si girò e mi stuzzicò la punta del cazzo con i capezzoli e vista la risposta affermativa del mio batacchio, me lo strinse tra le tette facendomi una spagnola da infarto, mentre il mio cazzo tornava indietro, lei si trastullava con le mie palle, quando il mio cazzo avanzava tra quelle montagne di carne, lei ne inghiottiva la punta succhiandola e leccandola tutta finché non sborrai per l’ennesima volta impiastricciandole, con i primi schizzi, le tette e facendole ingoiare tutto il resto della sborra. Ci rivestimmo in fretta, ci scambiammo un bacio infuocato e riscese dalle amiche dicendo che era stata poco bene, ma che ora si sentiva al settimo cielo.
Da quel giorno vado più spesso a trovare i vecchi vicini, ma non gioco più a pallone con il figlio, bensì è lei che gioca con il mio palo di carne, e, prima o poi, ci farò giocare anche la figlia che è veramente bona.
scritto il
2009-07-22
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