Un insolito incontro
di
Fetisher
genere
feticismo
Un pomeriggio di fine inverno vado a trovare una mia amica con i miei genitori, (non rivelerò la nostra età) loro e i genitori della mia amica, Rebecca, si conoscevano già da molti anni sebbene ci fossimo frequentati molto poco e io l’avessi vista in rare occasioni durante la mia infanzia, erano anni che non la vedevo e la cosa mi incuriosiva, vedere quanto nel tempo fossimo cambiati.
I miei genitori avevano rincontrato i genitori di Rebecca casualmente una sera in un bar e chiacchierando erano stati invitati a casa loro per bere un caffè la settimana successiva ed ero stato invitato anche io, sapendo che Rebecca era stata malata nei giorni precedenti e che quindi non sarebbe uscita, ragion per cui avrei potuto sicuramente incontrarla e tenerle compagnia.
Venerdì pomeriggio quindi suoniamo il campanello di casa loro, ad aprirci è la padrona di casa, sorridente ed accogliente, dopo averci cordialmente salutati ci invita ad accomodarci in soggiorno, poi si rivolge a me e mi dice che Rebecca si trova in camera sua e posso tranquillamente raggiungerla, in quanto è già stata avvisata del mio arrivo.
Mi faccio dare l’ubicazione della sua stanza e mi reco al piano superiore, ultima porta infondo al corridoio a destra, busso alla porta e una voce femminile mi invita ad entrare.
Entro nella stanza e me la trovo davanti, s’è fatta proprio una bella ragazza! Snella, capelli castani lisci e lunghi fin sotto le spalle, due enormi occhi verdi, acqua e sapone ma nel complesso una graziosa fanciulla, è seduta per terra a gambe incrociate e sta pettinando i capelli di una bambola, di cui possiede un’enorme collezione nonostante sia già un’adolescente di solo due anni più giovane di me.
È vestita con una maglietta a maniche corte bianca e pantacollant neri, ma la cosa che mi colpì fu che i suoi piedi erano completamente nudi, nonostante il clima gelido di fine inverno, tuttavia la sua stanza era riscaldata, tanto che le chiesi se potevo togliermi la felpa.
“Fa pure!” mi rispose lei, anche se in realtà sapevo che quell’improvviso calore non era dovuto al riscaldamento…per farla breve sono un incallito feticista di piedi femminili, e la vista di lei scalza era tutto un dire!
Cominciamo a chiacchierare e a parlare del più e del meno, rivangando tutti i nostri ricordi d’infanzia, visto che ormai sono anni che non ci vediamo, ma il mio sguardo continua a ricadere inesorabilmente sulle sue meravigliose estremità, rosee e senza traccia di calli.
Cerco di distogliere lo sguardo e di non pensarci, il che però è molto difficile e ho paura che lei possa scoprirlo.
Ad un certo punto non resisto più e cerco di dare un senso al mio sguardo abbassato, e stupidamente le domando a bruciapelo “Ma non hai freddo a stare a piedi nudi?” lei abbassa lo sguardo verso le estremità “Fuori ci saranno sì e no quindici gradi…sottozero!” prorompendo in una finta risata.
“Ma no, sono abituata!” risponde stendendo le gambe e stropicciando a pochi centimetri da me “Perché?”
“Nulla…così!” rispondo io fingendomi disinteressato, i miei occhi però non mollano la presa.
“Poi, non te l’ho detto ma sono diversi anni che pratico karate, e prima ancora yoga, tutte attività che vanno praticate a piedi nudi, ormai ho capito che voglio vivere scalza!”
Quelle parole suonano come musica nelle mie orecchie.
“Ah sì? Allora quando ci sposiamo?”
Non so come mi uscirono quelle parole, lei scoppiò in una fragorosa risata e si abbandonò sul pavimento.
“Eh dai Rebè, scherzavo!”
“Nico, mi fai morire…ma dimmi una cosa, non sarai mica uno di quelli che si arrapano con queste cose?”
“IO??? Ma quando mai! Dai adesso sei tu a farmi ridere!” rispondo fingendomi spavaldo, poi all’improvviso colgo la palla al balzo “Ti va di farmi vedere qualche mossa di karate? È una cosa che mi ha sempre affascinato!” mi alzo in piedi saltellando come un pugile e invitandola ad alzarsi gesticolando con le dita.
“Volentieri!” dice lei saltando agilmente in piedi, comincia a menare pugni e calcetti che paro facilmente, ma è chiaro che non sta dando il massimo visto che si trova in presenza di un inesperto, le chiedo allora di dare di più e la lotta si fa più viva, in poco tempo ci troviamo praticamente avvinghiati l’uno contro l’altro in una colluttazione quasi all’ultimo sangue, lei però è veramente brava e poco dopo riesce ad atterrarmi chiudendomi a tenaglia fra le sue gambe, mi vedo costretto a battere per terra per ordinare la resa, ma lei ormai mi ha in pugno, mi tieni stretto fra le sue gambe e quel che è peggio mi stampa le sue piante nude in piena faccia.
Riesco a sentire l’appiccicume sul mio viso, sensazione magnifica!
“Allora feticista? Ti è piaciuta la lezione?” domanda sbeffeggiandomi “Guarda che l’avevo capito subito, non sono mica scema sai?”
“E’ vero hai vinto tu!” rispondo sconfitto “Hai delle estremità meravigliose, me ne sono accorto subito!”
Lei scoppia a ridere nuovamente e ristampandomi di nuovo la pianta in pieno viso con aria di scherno mi chiede “Vuoi annusarlo?” mi infila letteralmente le dita nelle narici, io mi godo quella sensazione paradisiaca e lascio che l’afore penetri profondamente dentro di me, non trattenendomi comincio pure a leccarle la pianta, lei pare estasiata dalla cosa, e quindi io continuo sempre più forte e avidamente.
Siamo ancora impegnati in quel torbido giuoco feticista quando improvvisamente veniamo interrotti dal rumore della porta che si spalanca, Rebecca toglie il piede dalla mia faccia ma non facciamo in tempo a rialzarci che ci troviamo di fronte suo padre con in mano un vassoio su cui sono posati due bicchieri di the al limone.
“Che state facendo?” domanda curioso.
“Niente papà, stavo insegnando a Nico alcune mosse di karate” risponde Rebecca con aria imbarazzata.
“Ho pensato che avreste gradito del the, comunque non preoccupatevi, non c’è nulla di male” dice il padre con l’aria di uno che sta sul punto di scoppiare a ridere e non fermarsi più.
Poggia il vassoio sul pavimento e si allontana, Rebecca e io tiriamo sospiro di sollievo e ci facciamo una bella risata.
“Cavolo, ho pensato che tuo padre mi avrebbe ucciso!” farfuglio a metà fra l’imbarazzo e lo spavento.
“Non preoccuparti, mio padre è una persona moderna, non si scandalizza per così poco!”
Brindiamo con il the al nostro incontro, il resto del pomeriggio trascorre abbastanza tranquillo, anche se dentro di me è ancora fervido il desiderio di continuare la nostra breve avventura interrotta, verso sera poi ci congediamo scambiandoci i numeri di telefono e mi allontano verso casa con la mia famiglia, sperando tuttavia di poterla risentire presto e di poter realizzare qualche altro “incontro” a modo nostro.
I miei genitori avevano rincontrato i genitori di Rebecca casualmente una sera in un bar e chiacchierando erano stati invitati a casa loro per bere un caffè la settimana successiva ed ero stato invitato anche io, sapendo che Rebecca era stata malata nei giorni precedenti e che quindi non sarebbe uscita, ragion per cui avrei potuto sicuramente incontrarla e tenerle compagnia.
Venerdì pomeriggio quindi suoniamo il campanello di casa loro, ad aprirci è la padrona di casa, sorridente ed accogliente, dopo averci cordialmente salutati ci invita ad accomodarci in soggiorno, poi si rivolge a me e mi dice che Rebecca si trova in camera sua e posso tranquillamente raggiungerla, in quanto è già stata avvisata del mio arrivo.
Mi faccio dare l’ubicazione della sua stanza e mi reco al piano superiore, ultima porta infondo al corridoio a destra, busso alla porta e una voce femminile mi invita ad entrare.
Entro nella stanza e me la trovo davanti, s’è fatta proprio una bella ragazza! Snella, capelli castani lisci e lunghi fin sotto le spalle, due enormi occhi verdi, acqua e sapone ma nel complesso una graziosa fanciulla, è seduta per terra a gambe incrociate e sta pettinando i capelli di una bambola, di cui possiede un’enorme collezione nonostante sia già un’adolescente di solo due anni più giovane di me.
È vestita con una maglietta a maniche corte bianca e pantacollant neri, ma la cosa che mi colpì fu che i suoi piedi erano completamente nudi, nonostante il clima gelido di fine inverno, tuttavia la sua stanza era riscaldata, tanto che le chiesi se potevo togliermi la felpa.
“Fa pure!” mi rispose lei, anche se in realtà sapevo che quell’improvviso calore non era dovuto al riscaldamento…per farla breve sono un incallito feticista di piedi femminili, e la vista di lei scalza era tutto un dire!
Cominciamo a chiacchierare e a parlare del più e del meno, rivangando tutti i nostri ricordi d’infanzia, visto che ormai sono anni che non ci vediamo, ma il mio sguardo continua a ricadere inesorabilmente sulle sue meravigliose estremità, rosee e senza traccia di calli.
Cerco di distogliere lo sguardo e di non pensarci, il che però è molto difficile e ho paura che lei possa scoprirlo.
Ad un certo punto non resisto più e cerco di dare un senso al mio sguardo abbassato, e stupidamente le domando a bruciapelo “Ma non hai freddo a stare a piedi nudi?” lei abbassa lo sguardo verso le estremità “Fuori ci saranno sì e no quindici gradi…sottozero!” prorompendo in una finta risata.
“Ma no, sono abituata!” risponde stendendo le gambe e stropicciando a pochi centimetri da me “Perché?”
“Nulla…così!” rispondo io fingendomi disinteressato, i miei occhi però non mollano la presa.
“Poi, non te l’ho detto ma sono diversi anni che pratico karate, e prima ancora yoga, tutte attività che vanno praticate a piedi nudi, ormai ho capito che voglio vivere scalza!”
Quelle parole suonano come musica nelle mie orecchie.
“Ah sì? Allora quando ci sposiamo?”
Non so come mi uscirono quelle parole, lei scoppiò in una fragorosa risata e si abbandonò sul pavimento.
“Eh dai Rebè, scherzavo!”
“Nico, mi fai morire…ma dimmi una cosa, non sarai mica uno di quelli che si arrapano con queste cose?”
“IO??? Ma quando mai! Dai adesso sei tu a farmi ridere!” rispondo fingendomi spavaldo, poi all’improvviso colgo la palla al balzo “Ti va di farmi vedere qualche mossa di karate? È una cosa che mi ha sempre affascinato!” mi alzo in piedi saltellando come un pugile e invitandola ad alzarsi gesticolando con le dita.
“Volentieri!” dice lei saltando agilmente in piedi, comincia a menare pugni e calcetti che paro facilmente, ma è chiaro che non sta dando il massimo visto che si trova in presenza di un inesperto, le chiedo allora di dare di più e la lotta si fa più viva, in poco tempo ci troviamo praticamente avvinghiati l’uno contro l’altro in una colluttazione quasi all’ultimo sangue, lei però è veramente brava e poco dopo riesce ad atterrarmi chiudendomi a tenaglia fra le sue gambe, mi vedo costretto a battere per terra per ordinare la resa, ma lei ormai mi ha in pugno, mi tieni stretto fra le sue gambe e quel che è peggio mi stampa le sue piante nude in piena faccia.
Riesco a sentire l’appiccicume sul mio viso, sensazione magnifica!
“Allora feticista? Ti è piaciuta la lezione?” domanda sbeffeggiandomi “Guarda che l’avevo capito subito, non sono mica scema sai?”
“E’ vero hai vinto tu!” rispondo sconfitto “Hai delle estremità meravigliose, me ne sono accorto subito!”
Lei scoppia a ridere nuovamente e ristampandomi di nuovo la pianta in pieno viso con aria di scherno mi chiede “Vuoi annusarlo?” mi infila letteralmente le dita nelle narici, io mi godo quella sensazione paradisiaca e lascio che l’afore penetri profondamente dentro di me, non trattenendomi comincio pure a leccarle la pianta, lei pare estasiata dalla cosa, e quindi io continuo sempre più forte e avidamente.
Siamo ancora impegnati in quel torbido giuoco feticista quando improvvisamente veniamo interrotti dal rumore della porta che si spalanca, Rebecca toglie il piede dalla mia faccia ma non facciamo in tempo a rialzarci che ci troviamo di fronte suo padre con in mano un vassoio su cui sono posati due bicchieri di the al limone.
“Che state facendo?” domanda curioso.
“Niente papà, stavo insegnando a Nico alcune mosse di karate” risponde Rebecca con aria imbarazzata.
“Ho pensato che avreste gradito del the, comunque non preoccupatevi, non c’è nulla di male” dice il padre con l’aria di uno che sta sul punto di scoppiare a ridere e non fermarsi più.
Poggia il vassoio sul pavimento e si allontana, Rebecca e io tiriamo sospiro di sollievo e ci facciamo una bella risata.
“Cavolo, ho pensato che tuo padre mi avrebbe ucciso!” farfuglio a metà fra l’imbarazzo e lo spavento.
“Non preoccuparti, mio padre è una persona moderna, non si scandalizza per così poco!”
Brindiamo con il the al nostro incontro, il resto del pomeriggio trascorre abbastanza tranquillo, anche se dentro di me è ancora fervido il desiderio di continuare la nostra breve avventura interrotta, verso sera poi ci congediamo scambiandoci i numeri di telefono e mi allontano verso casa con la mia famiglia, sperando tuttavia di poterla risentire presto e di poter realizzare qualche altro “incontro” a modo nostro.
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