La mia fortuna con gli uomini - parte 1^

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Io e gli uomini – parte 1^

Mi chiamo Sara e ho compiuto da poco 25 anni.
Sono qui per raccontarvi l’enorme “fortuna” che ho avuto finora con gli uomini. Forse per scaramanzia, forse per sfogo, magari se racconto quello che mi è successo, qualcuno da lassù guarda giù e mi mette sulla strada di un uomo degno di questo appellativo.
E per uomo io intendo uno che sia per me. Che mi metta al centro della sua vita, che mi faccia sentire importante. Non voglio il milionario o il bellissimo, solo un uomo che mi ami, ma per davvero.
Il mio primo ragazzo è stato Andrea, conosciuto sui banchi di scuola, a 16 anni.
Siamo stati insieme per 5 anni.
Lui è stato il mio primo tutto. Il primo vero ragazzo, quello che ho presentato in famiglia, le prime emozioni, le prime dita che entravano nel mio corpo, il primo membro che vedevo, che maneggiavo, che leccavo.
Il primo che mi ha vista nuda, il primo orgasmo, il primo rapporto completo, dopo quasi un anno insieme.
I miei erano entusiasti di lui, di buona famiglia, rispettoso e con le idee ben chiare in testa, voleva proseguire l’attività del padre, ma creare una sua linea di gioielli.
Con lui, da subito ho avuto molta più libertà di tante mie compagne e amiche. Lui stava in casa mia e spesso io in casa sua, ma a dirla tutta i miei ignoravano che io non fossi più vergine a 17 anni, credevano che i loro insegnamenti avessero preso più in profondità in me. Mentre i genitori di Andrea sapevano, erano di mentalità più aperta anche se non smettevano mai di dirci di stare attenti, e suo padre gli comprava preservativi per essere più sicuro.
Quindi quasi tutto il sesso che facevamo accadeva in casa sua.
Dopo le prime volte, il fare sesso aveva preso un posto importante nella nostra vita di coppia, non riuscivamo a farne a meno per troppo tempo e ci piaceva trasgredire, almeno un pochino, e provare cose nuove.
Adoravo segarlo sull’autobus che ci portava a scuola, o fargli pompini nei bagni o negli spogliatoi, e nell’ultimo anno, quando oramai eravamo una coppia storica, avevamo un appuntamento fisso, il martedì e il giovedì, sulle scalinate esterne, durante l’intervallo.
Io sempre con la gonna lunga quei giorni, neve o vento che ci fosse, sempre in gonna.
Ci sedevamo sui gradini, io in braccio a lui e scopavamo, con tutta la scuola intorno a noi che si godeva la pausa.
E noi godevamo come matti, anche se durava poco e non potevamo scatenarci. Ma la paura di essere scoperti, che qualcuno si accorgesse che non erano solo coccole, ci eccitava da morire e bastavano cinque minuti ..
Mi sentivo così viva con Andrea ed ero sicura che la storia tra noi fosse perfetta. E che non ci saremmo lasciati mai.
Quella era un’età strana, ti sentivi il padrone del mondo con ben poco tra le mani, e credevi di poter essere chiunque volessi, nel tuo domani. Guardavi i ragazzi più grandi e se solo avevano 10 anni più di te, li vedevi come vecchi.
Io e Andrea. Noi eravamo tutto il nostro mondo.
E tra noi tutto era bello, tutto senza paure o timori, tutto ci veniva naturale.
Parlavamo del futuro insieme, di cosa avremmo fatto da grandi, come sarebbe stata la nostra casa, i nostri figli.
Così giovani e facevamo già progetti.
Ma eravamo felici. O almeno così credevo io.
Mancavano pochi mesi e avrei compiuto i mitici 18 anni e Andrea cominciò a farmi richieste strane.
Quando eravamo in attività, durante i preliminari, mentre mi leccava tra le cosce, aveva cominciato a metter mano sul secondo buco, quello più dietro.
Le prime volte capitò quasi per caso e credei che era un errore, la frenesia del darmi piacere e allungava troppo le mai o la lingua.. ma poi la cosa si fece ovvia.
Nessun errore, mirava proprio al mio culo.
Mi stava scopando alla pecorina, posizione che io adoro, e ad un certo punto, mentre stavo godendo alla grande, stringendo le lenzuola tra le mani, mi appoggiò un dito sull’ano e spinse piano.
Lo lasciai fare.. anche se il pensiero non mi piaceva granché.
E lo rifece un sacco di altre volte, arrivando a mettermi un dito nel culo sempre più spesso e nei momenti più strani.
Capitava che mentre glielo stavo succhiando lui allungava una mano e mi penetrava il culo con un dito. Le prime volte lo lasciava solo dentro, poi cominciò a pomparmelo dentro, come se mi stesse scopando il culo.
Un giorno decisa, gli chiesi “Ma che succede Andrea, non ti basta più la mia patatina?” (si è proprio così che la chiamavo allora).
“Si, amore, solo che.. credo che ti piacerebbe prenderlo anche qui” mi rispose tranquillo.
Ero un po’ interdetta, due anni insieme e il mio culo era stato oggetto solo di palpamenti. Quel buco tra le chiappe era qualcosa che serviva a me, e solo a me, per i miei bisogni fisiologici. Ma evidentemente, con il passare del tempo le cose si evolvono.. o no?
Di fatto sta che continuò a chiedermi di provare per mesi fino a che un giorno, oramai curiosa pure io, cedetti.
Me lo ricordo come se stesse accadendo ora, il dolore.
Non appena gli dissi che volevo provare schizzò in cucina e tornò con una tazzina da caffè, con dentro del burro sciolto, tiepido. Me lo spalmò sul buco e cominciò ad infilarci dentro un dito e poi due, ma al terzo già sentivo dolore.
Andrea aveva un bel cazzo.. o almeno così credevo allora. Non ne avevo mai visto un altro in tiro e quindi ero sicura che lui avesse una buona dotazione. 18 cm misurati con il metro da sarta di mia madre, e 5 di diametro.
E tre dita mi stavano facendo un male cane.
Glielo dissi e lui ne tolse uno, continuando però a penetrarmi con due, me le girava dentro, le tirava fuori e poi me le rinfilava dentro, prima piano e poi con forza. E io soffrivo sempre.
Quando mi vide gli occhi lucidi mi liberò da quella tortura, però sbuffando e restando di malumore e per quel giorno la mia “patatina” saltò la sua razione di cazzo. Mi disse che gli era passata la voglia.
Passarono un paio di giorni e un sabato sera dopo il cinema ci ritrovammo infoiati e sudati sulla macchina di Giacomo, il suo migliore amico, che spesso ci lasciva usare il suo sedile posteriore.
Stavamo scopando alla grande, io a cavalcioni su di lui con le gambe spalancate che gli saltello sopra, penetrandomi con foga. D’un tratto mi sentii umida tra le natiche e un suo dito mi scivolò su per il culo.
“Andrea, ma cosa?”
“Vaselina amore, ora scivoli che è un piacere.”
E mi piazzò dentro un altro dito. E io cominciavo a sentir bruciare di nuovo il mio buco del culo.
Avevo quasi fatto fuori un tubo di pasta fissan per farmelo passare e ora lui ci stava riprovando.
Mi fermai e gli dissi di togliere quelle dita che mi facevano male, lui mi fissò truce, tolse le dita ma mi prese per i fianchi, imbrattando di vaselina la gonna che avevo tutta arricciata intorno alla vita, mi sfilò il cazzo e mi spinse a sedere sul sedile.
“Ma Andrea?!”
“Non mi va più” disse solo, senza guardarmi e rinfilando il cazzo ancora duro nei boxer, poi si ritirò su i pantaloni e aprì la portiera, e scendendo, la richiuse con forza.
Passarono due settimane, nessuno dei due parlò più di quello che era successo, o meglio, io ci provai, volevo capire.
Ma lui non era della stessa idea.
Due settimane senza sesso.
Due settimane senza cazzo.
Né tra le mani, né in bocca, né tra le cosce.
E una domanda mi girava nella testa: se non fosse riuscito a piantarmelo nelle viscere, non avrei più avuto il suo cazzo?
E dagli ultimi avvenimenti la risposta sembrava orientarsi verso il si.
Provai a masturbarmi, ma le mie mani non erano come le sue e non avevo mai voluto che mi regalasse un vibratore o un dildo. E in quelle due settimane rimpiansi i miei dinieghi.
Mi resi conto che ero assuefatta al sesso.
Mi piaceva così tanto farlo che in quei giorni quella mancanza mi toglieva il fiato. Mi sembrava che tutto avesse perso spessore.
Naturalmente vedevo Andrea a scuola, mi teneva per mano e mi baciava, ma per due settimane, non mi lasciò nemmeno avvicinare alla lampo dei suoi pantaloni, così un giorno gli imposi di dirmi cosa c’era che non andava e da quando si era rotto qualcosa tra noi.
E dopo interminabili giri di parole arrivò al dunque.
“Voglio mettertelo nel culo. Almeno una volta, voglio provare.”
“Ma mi fa male” provai a giustificarmi.
E lì conobbi un Andrea che non sapevo nemmeno che ci fosse.
“Cazzo, una volta. Poi se proprio non ti piace.. non lo faremo più”
“Ma..”
“Cazzo Sara ti fai sempre pregare e poi va a finire che ti piace e non vuoi più smettere. Ti ricordo che non volevi mai prenderlo in bocca, dicevi che ti faceva schifo. Poi hai provato e.. cazzo faccio quasi fatica a toglierti il cazzo di bocca quando voglio scoparti”
E aveva ragione. I primi tempi accomunavo il pene come organo da cui esce l’urina e mi faceva schifo pensare di prenderlo in bocca. e poi.. una volta provato.. non volevo mai smettere, mi piaceva un sacco farmelo girare dentro, spostarlo con la lingua, mordicchiarlo, succhiarlo e poi quando arrivava al dunque mi piaceva da matti farmi schizzare sul palato e ingoiare il suo seme e ripulirlo quando aveva finito, per poi ricominciare tutto da capo.
Adoravo avere il cazzo in bocca.
Così, messa all’angolo, acconsentii a riprovarci.
Quello stesso pomeriggio andai a casa sua e quando mi aprì la porta me lo trovai davanti nudo, con il cazzo duro in una mano. Era già pronto. E io avevo paura.
Mi spogliò e sul divano facemmo uno splendido 69, uno di quelli che ti restano nella mente. Non so perché, forse ero concentrata a godere, forse sapevo che il piacere sarebbe finito da lì a poco e così mi godetti alla grande la sua lingua tra le cosce e il suo palo tra le mie labbra.
E non avvicinò mai, neppure un dito al mio culo.
Godemmo insieme, l’uno nella bocca dell’altra. Poi mi fece sdraiare e mi penetrò la vagina, con un'unica e sola spinta, tanto forte da farmi trasalire. Lo avevo agognato per due settimane e in quel momento tutto era perfetto, eravamo tornati ad essere io e Andrea.
Mi scopò con foga, con le cosce divaricate, la figa estremamente aperta (in quel momento non era più la “patatina” era talmente esposta che era proprio la figa). Mi stava martellando e io ero troppo eccitata per dire qualcosa di diverso da “oh si, dai così.. si così mi piace.”
E venni, tanto e tante volte. E alla fine ero distrutta.
Mi facevano male le gambe, da tanto che erano state aperte, quando le richiusi mi sembravano addormentate. Non riuscivo quasi a piegarle e tra le gambe avevo un incendio.
La pelle della vagina, in genere rosa e morbida era rossa e tesa, le labbra erano gonfie e schiacciavano il clitoride, provocandomi una sensazione di prurito piacevole a cui però ero cosciente di non poter dare un seguito.
Mi lasciai cadere seduta sul lenzuolo, messo a coprire il tappeto orientale per cui sua madre aveva speso una cifra da capogiro. Avevo il fiatone ma riuscii a sbiascicare un “ti amo” che lo fece sorridere, mi si avvicinò e mi baciò con passione.
Era il mio ragazzo, il mio Andrea.
Un pensiero che durò un mezzo secondo.
Finito il bacio si alzò e mi piantò in bocca il cazzo.
Non che non volessi, ma almeno poteva farmi riprendere un attimo, no?
Gli feci uno dei miei lavoretti di bocca fino a riportarlo in tutto il suo splendore: dritto, con la punta verso il soffitto, duro come il marmo.
Poi tra le sua mani comparve un barattolo nero.
“E’ lubrificante. L’ho comprato apposta per te. La commessa mi ha assicurato che con questo non dovresti sentir nessun bruciore”
Non ci potevo credere. Aveva avuto la sfacciataggine di andare a comprare qualcosa per mettermelo in culo, chiedendo informazioni anche alla commessa..
Quello non era propriamente il mio Andrea.
Mi fece girare, facendomi appoggiare al divano, piegata a 90 gradi, arrivavo all’altezza giusta.
Mi imbrattò il culo per bene, dentro e fuori, ero piena di crema, poi mi mise dentro due dita. Sentivo male, ma molto meno della volta scorsa. Che mi stavo già abituando?
Ma la paura rimaneva. Due dita non sono il cazzo.
Poi il terzo dito fece la sua comparsa e la pelle cominciò a tirarmi un po’ di più.. ma non era nulla di insopportabile.. forse davvero potevo farmi scopare anche il culo.
E presa da una nuova convinzione gli dissi senza mezze parole “Dai, amore, facciamola finita, mettimelo nel culo e vediamo come va”
Le dita uscirono e la sua punta si appoggiò contro di me e cominciò a spingere piano.
“Dai Sara, spingi un pochino, così ti farò meno male”
Non mi sembrava vero, si stava preoccupando per me.
Feci come mi aveva detto e la cappella entrò.
Rimase fermo, gemendo piano.
Io stringevo i denti. La pelle tirava.
Le dita non sono il cazzo.
“Spingi ancora” disse e io lo feci e lui entrò ancora un pezzo. E il mio respiro era sempre più corto e forzato.
“Ancora” e continuai a spingere tutte l volte che me lo diceva. Fino a che non lo sentii contro di me.
Rimase fermo per un po’ e io sperai che tutto finisse in quel momento. Mi avessero preso a randellate avrei sofferto meno.
Ma poi cominciò a muoversi e lo strazio ebbe inizio.
Dolore. Dolore. Dolore. Ripetevo nella mia testa. Non so quanto durò, so solo che ero mezza incosciente quando venne, naturalmente dentro.
E quando mi liberò mi accasciai al suolo, sopra il lenzuolo, stordita e dolorante.
Lui si sdraiò accanto a me e mi baciò.
Poi tutto trionfante mi chiese “dai, non è stato male vero?”
Lo guardai e lo vidi a malapena, gli occhi gonfi di lacrime che trattenevo a fatica.
Cazzo mi aveva fatto un male boia e pensava che mi era anche piaciuto.
“No, mi hai fatto male, tutto il tempo. Non mi è piaciuto per niente.” gli dissi con il nervoso che saliva da dentro.
“Ma se gemevi?! Ti ho sentito bene, sai?”
“Cazzo, Andrea! Forse era un lamento, non ci hai pensato?”
“Mh.. bè a me è piaciuto un sacco, lì sei così stretta che sentivo ogni piega della pelle”
“Dell’intestino vorrai dire”
“Uh, Sara, come sei drastica. Ma se proprio non ti è piaciuto neanche un po’, non lo faremo più.. anche se.. cazzo io lo rifarei subito. Hai un culo da urlo”
Lo guardai inferocita.
Io avevo il culo rotto, in fiamme, dolorante e lui voleva rimettermelo dentro!! La nostra affinità di coppia era proprio andata a farsi fottere. Questo pensai mentre, con estrema difficoltà, andavo in bagno,
Nei giorni successivi Andrea fu dolce oltre misura, e la mia rabbia pian piano scemò, riprendemmo a fare l’amore, con regolarità, a fare le nostre cose ovunque ci capitava e andò tutto bene per circa sei mesi.. poi la sua voglia di culo ritornò e mi convinse ancora, ma fece un giro più largo. Mi comprò un fallo per poter abituare il mio culo ad essere profanato e funzionò.
Anche se non ho mai goduto davvero, ma per amore ero pronta a sopportare. L’importante era non soffrire e il dolore, volta dopo volta, divenne sempre più fievole.
Ero sicura che io e Andrea saremmo stati insieme per sempre, oramai eravamo una coppia solida e tra noi tutto, o quasi era meraviglioso.
Ma arrivò l’estate di 4 anni fa, avevo 21 anni e dopo le consuete tre settimane insieme dai suoi nonni in Puglia, ci tocca separarci, io per raggiungere i miei sulla costa Ionica, in Calabria, mentre lui, Giacomo sulla Tirrenica.
Ma dopo due giorni i miei stufi del mio morale sottoterra si accordarono con i genitori di Giacomo e mi spedirono sul versante opposto.
Pregai tutti di non far sapere ai miei amici e soprattutto ad Andrea della novità, volevo fargli una sorpresa, ma la sorpresa la fece lui a me.
E che sorpresa.
Arrivata nel pomeriggio, andai in spiaggia, dove sapevo che erano soliti scendere, ma trovai solo i genitori di Giacomo che mi spiegarono come arrivare a casa loro, dicendomi però di controllare prima in garage, perché in genere è là che loro due stavano, tra flipper e mega schermo e mille altre diavolerie del genere di cui Giacomo andava matto.
E così mi avviai e vicina al garage sentii la musica a palla. Tutta in fregola, eccitata più che mai, aprii la porta laterale pronta per saltare addosso al mio amore.
Ma rimasi di ghiaccio a fissare la scena che si svolgeva di fronte a me.
Giacomo aveva il cazzo ben piantato nel culo di Andrea.
Stavano scopando alla grande.
E intanto slinguazzavano da far schifo.
E io stavo lì, in fissa sui due, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. Guardavo il cazzo di Giacomo uscire fino alla cappella e tornare dentro il culo di Andrea veloce come un siluro, schiantandosi l’uno contro l’altro.
E che colpi, veloci e profondi e duri.
Le loro lingue si intrecciavano nell’aria, si leccavano la lingua sbavando copiosamente sul petto di Giacomo.
Andrea aveva il suo cazzo in mano, ritto come un palo, con la cappella rossa e invece di segarsi, lo teneva fermo, stringendolo forte.
Poi le loro lingue si sciolsero e Andrea, il mio ragazzo Andrea, quello che diceva di amarmi e di volere un futuro con me, quello che faceva programmi su un domani insieme, quello che aveva già scelto il nome dei nostri futuri figli (Alice e Davide) proprio lui, Andrea, inarcò la schiena, ripiegando la testa all’indietro e urlò “Si! Giac, scopami, scopami. Si! Sfondami il culo, ancora, oh si, ancora” e dietro di lui Giacomo, o Giac come lo chiamava lui, martellava ancora più forte, con la testa appoggiata alla spalla di Andrea, con gli occhi chiusi.
E credo che al posto del bacino avesse un motore a scoppio. O forse era caricato a molla.
Usciva, tornava e impatto, usciva, tornava e impatto, usciva, tornava e impatto.
“Dio, Giac, sei un Dio. Come godo con te non ho mai go…” e in quella girò la testa e mi vide.
Imprecò e si sfilò il cazzo di Giacomo, e tutto finì.
Ed erano entrambi lì, davanti a me, con il cazzo in tiro, che cercavano qualcosa con cui coprirsi.
La musica finì e restammo lì, come tre statue.
“Sei uno stronzo” riuscì solo a dire. E poi me ne andai.
E da tale si comportò. Era proprio uno stronzo.
Speravo mi venisse dietro, speravo cercasse di spiegarmi, di dire qualcosa.. niente.
Stazione, treno e casa. E poi mesi di solitudine.
Qualche messaggio di Andrea su msm, ma mai parole sue, ma poesie o testi di canzoni.
Giacomo mi ha aspettato sotto casa un giorno ma invece di parlare mi mise tra le mani un diario. Il suo.
Ci misi due settimane per aprirlo.
Parlava di lui, di Andrea e di me.
E delle loro scopate. Dalla prima, avvenuta tre anni prima.
Quando Andrea ancora cercava di convincermi su quanto bello era prenderlo in culo.
Parlava l’esperto.
E poi ancora parlava del sesso tra me e Andrea, a quanto pare gli raccontava tutto.
E del conflitto di Andrea.. indeciso tra me e lui.

Non ho più voluto vedere né Andrea, né Giacomo, e ben sapendo cosa fosse quel diario per Giacomo glielo restituii qualche giorno dopo, dopo averlo fotocopiato tutto. Un bel sacchettino, pieno di striscioline, tutte tagliate a mano con il taglierino.
Una piccola vendetta, dopo anni di… prese per il culo.

Ma non è finita qui.. io e gli uomini continua…
scritto il
2010-05-27
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