L'umiliazione della schiava

di
genere
dominazione

“Sembri un po’ tremante qui,”

disse quando un particolare movimento finì vicino al punto del mio collo che, se accarezzato,

mi fa fare le fusa come un micino soddisfatto.

“Stai bene?”

Non sono una stupida.Sapevo che sapeva ogni cosa che avrei detto. Ma era inutile.

Deglutii a fatica.

“Sto bene. Solo un po’ sensibile.”

I suoi denti lampeggiarono nella fioca luce della stanza.

“Davvero. Come mai?”

Uh. Sarebbe stato tanto più facile dirlo se non fosse stato così irritante nella vittoria. E sì,

mi rendo conto che si tratta di una vittoria che gli concedo io ma, onestamente, mancava

poco che facesse una danza della gioia. Digrignai i denti.

“Lo sai perché.”

“Illuminami.”

Sospirai.

“Va bene. Hai vinto. Sai che sono giorni che muoio dalla voglia di venire, giusto? Riesco a

pensare solo a te che mi scopi, i tuoi denti che mi mordicchiano il clitoride, le tue dita che

mi esplorano il culo...”

La mia voce si affievolì, stavo perdendo il filo del discorso mentre la gola mi diventava

improvvisamente secca al pensiero di tutto quello che potevamo fare, e il corpo mi doleva

per il bisogno di sollievo. Avevo smesso di parlare. Mi schiarii la gola e ci riprovai.

“Ho cercato di nasconderlo, ma sappiamo entrambi che sono sull’orlo della disperazione,

questo è tutto ciò a cui penso da giorni, quello che il mio corpo urla.”

Mi sfiorò la clavicola con un dito e un profondo, involontario brivido di desiderio mi

attraversò il corpo infiammandomi le guance. Continuai con voce tremula.

“Perciò, sì. So che mancano ancora dei giorni alla tua scadenza, ma pensavo che dovessi

sapere che ti sto supplicando. Sono certa che devi renderti conto che in questo momento

farei qualsiasi cosa se tu mi lasciassi venire.”

Ridacchiò.

“Qualsiasi cosa comprende un sacco di cose, Fede. E anche se mi tenta giocare con te

stanotte ed esplorare il suo esatto significato”

– a questo punto, la mia voce interiore iniziò a intonare il coro dell’Allelluia –

“ti rendi conto che mi stai dando il consenso a spingerti completamente oltre la tua zona di

sicurezza? Quanta voglia hai di venire? Intendi davvero dire qualsiasi cosa?”

La vocina in fondo alla mia testa mi consigliava prudenza ma il resto del corpo era

disperato abbastanza da acconsentire a qualunque cosa, nonostante dovessi ancora

mettere da parte l’agitazione prima di riuscire a parlare. Abbassai la mano per

accarezzargli l’uccello che iniziava a irrigidirsi.

“Tra le cose che abbiamo già concordato, sì, acconsento a tutto.”

Iniziò a suonare Numb. Rimasi sconcertata fino a che, con la mente frastornata dal

desiderio, capii che era la suoneria del cellulare di Sam. E quando lui rispose provai un

impeto di rabbia. Mi piace pensare che se avessi il braccio attorno a una donna seminuda,

tremante di desiderio, che tiene la mano sul mio uccello e mi ha appena detto che farebbe

tutto quello che voglio purché le lasci avere un orgasmo, e il mio telefono squillasse,

lascerei partire la segreteria telefonica. No, non Sam.Gli occhi mi si riempirono di lacrime

per l’insostenibile irritazione mentre giacevo contro di lui che, con la mano libera ancora mi

disegnava la linea del collo continuando a chiacchierare. Non solo l’avevo appena

supplicato, una cosa che ammettiamolo non mi riusciva ancora facile, sebbene a lui

piacesse così tanto da costringermi a farlo in continuazione, ma gli avevo appena detto

che avrei fatto qualsiasi cosa volesse, qualsiasi dannata cosa.E poi lui disse:

“Sì, è qui proprio adesso, stesa accanto a me a tremare di desiderio. Quando mi hai

chiamato mi stava dicendo che avrebbe fatto qualsiasi cosa se stasera la lasciavo venire.

Già, qualsiasi cosa. Lo so. Fortunatamente ho alcune idee per quello che qualsiasi cosa

potrebbe significare, se ti interessa sentirle.”

Sì. Ero stata incastrata alla grande.

Lucy era una con cui Sam parlava da un po’. Una padrona come lui. Avevano gli stessi

gusti. Gli stessi desideri.Ascoltare le sue spiegazioni mi fece sentire furiosa e in

imbarazzo, e infine, cosa peggiore eppure inevitabile, eccitata.

“... era fradicia, era così bagnata. No, non l’ho toccata, le ho solo fatto togliere gli slip così

potevo imbavagliarla con quelli...”

Potevo alzarmi e andarmene.

“... è stato così carino, stavamo facendo la fila alla cassa e le ho sfiorato di lato il seno con

un dito. Già, accidentalmente apposta...”

Digrignai i denti. Lo sapevo.

“Sono riuscito a vederle i capezzoli sotto la maglietta nel giro di un secondo, e i suoi occhi

erano così malinconici. Sì, ha un aspetto fantastico, è come se mi fulminasse con lo

sguardo perché vuole uccidermi, ma c’è un sottofondo di desiderio che non riesce a

nascondere e che significa che sopporterà il resto nella speranza che la lascerò venire...”

In realtà avrei potuto ucciderlo sul momento con una scarpa. Andava bene anche quello.

“... sì e si morde le labbra. È come se cercasse di impedirsi di parlare o frignare o tradirsi.

Non si accorge dei mezzi sospiri che non riesce a trattenere o dei piccoli tremiti del suo

corpo. È fantastico. In questo momento, controllo ogni suo aspetto. Anche quello...”

Ero furibonda. Ma rimasi. Perché anche se ero imbarazzata, intimidita e incerta riguardo a

quanto sarebbe successo dopo, anche se la mia mente si ribellava all’idea di avergli

ceduto un simile controllo, per non parlare del fatto che se ne vantasse con gli altri, iniziai

ad accorgermi che aveva ragione; sapevo che poteva rivelarsi qualcosa di divertente,

stimolante, fantastico. La stava ascoltando attentamente. Poi ridacchiò e tornai a concentrarmi

sulla conversazione.

“Questa sì che è un’idea maligna, lo sai.”

Ebbi un tuffo allo stomaco e mi avvicinai di più a lui per cercare di sentire cosa diceva lei.

Muovendomi mi resi conto che mi stavo strusciando disperatamente contro di lui, la mano

ancora sul suo uccello, sebbene adesso un po’ tremante. Sapeva cosa stavo facendo e mi

allontanò tirandomi per i capelli, facendomi capire che non attaccava. La mano si strinse a

pugno e io iniziai a contorcermi per arrivare al punto in cui mi voleva, per ridurre al minimo

il dolore al cuoio capelluto. Mi tirò fino a che la mia testa non fu all’altezza del suo inguine

e poi mi spinse giù. Mi lasciò andare i capelli solo per mettere una mano sul microfono del

telefono e dire:

“Forza. Succhiami. Sto discutendo con Lucy di come, o se, ti lascerò venire. Fare un buon

lavoro sarà un punto a tuo favore.”

Obbedii e iniziai a far scivolare le labbra su e giù, godendomi la sensazione della sua pelle

sulla mia lingua. Gemette piano. Lucy disse qualcosa e lui rispose:

“Sì, me l’ha preso in bocca adesso. È fantastico. È brava, molto entusiasta.”

Arrossii al buio, ma provai un irritante impeto di orgoglio, mio malgrado. Cercai di

spazzarlo via concentrandomi su quello che stavo facendo e ascoltando solo

distrattamente le sue parole, fino a quando disse:

“Allora ti stai toccando mentre ascolti? È davvero maleducato da parte tua. Non so se

anche tu ti meriti di venire stasera.”

Sentii un tono lamentoso dall’altro capo del telefono e poi, lo giuro, il ticchettio del cervello

di Sam.

“Anzi, penso che forse dovremmo renderla una sfida. Forse lascerò venire una di voi due.

Solo una. Potete entrambe cercare di convincermi meglio che potete e la vincitrice viene.”

Sentii dall’altra parte una veemente disapprovazione, anche se sinceramente già avvertivo

un senso di ingiustizia e paura: sapevo che se ci fosse stato da scegliere tra le due, era

più probabile che lui avrebbe fatto venire Lucy, e dopo tutti quei giorni e l’umiliazione di

quella conversazione telefonica, la prospettiva di passare un’altra notte insoddisfatta era

intollerabile. Presi a succhiarlo più a fondo. Lui si mise a ridere.

“Oh, Fede sta perdendo tutti i freni. Praticamente sono immerso fino alle palle.”

Mormorò di piacere e mi accarezzò i capelli.

“Oh, è davvero bello. Devi impegnarti per vincere.”

Il mio cuore prese a battere più forte a quelle parole e alla sensazione della sua mano che

mi toccava la curva delle natiche, avvicinandosi sempre più al punto in cui lo volevo

disperatamente. E poi lo sentii inturgidirsi ancora di più nella mia bocca.

“Oh, Lucy. Adoro sentirti supplicare.”

Merda. Supplicare? Non avevo speranze. Anche se il suo piacere nel sentirmi supplicare

mi portava a farlo molto più spesso del previsto, restava il fatto che non mi veniva

naturale. Anzi, semmai, ero risentita e leggermente scontrosa. Merda. Iniziai ad

accarezzargli con delicatezza le palle mentre lo prendevo più a fondo in bocca. Sono

sempre stata un’entusiasta praticante di pompini, ma anche per me si trattava di una cosa

straordinaria. L’avevo preso talmente in profondità che quasi non respiravo. La sua mano

sul mio culo, le sue carezze delicate, al tempo stesso mi gratificavano e mi distraevano.

Sentivo il succo scendermi tra le gambe e odiai il modo in cui dovevo apparire. Spiegò a

Lucy in dettaglio cosa gli stavo facendo. A un certo punto interruppe la conversazione per

darmi un colpetto sul sedere e incitarmi a ingoiarlo ancora più a fondo. Ero talmente

concentrata a fare del mio meglio che fu solo quando lo sentii dire:

“È particolarmente sottomessa stasera. Normalmente mi sarei aspettato che non fosse

d’accordo su qualcosa o almeno che mi guardasse storto mentre obbediva, ma è talmente

pronta a tutto per venire che sembra davvero felice di fare qualunque cosa,”

che tornai a interessarmi alla conversazione. Fu allora che ripeté a Lucy che era cattiva.

Scoprii presto perché. E aveva ragione, lo era davvero.Mi dolevano le mascelle dopo che

fu rimasto al telefono per mezz’ora. Lo sentii stuzzicare Lucy, schernirla, costringerla a

supplicare e, mio malgrado, la cosa mi fece bagnare, mi fece desiderare di sentire la prova

della sua sottomissione allo stesso modo in cui lei ascoltava la mia. E accidenti se poteva

sentirla. Una volta che Sam ebbe finito di dirle quanto ero sottomessa, mi allungò il

telefono affinché le parlassi. Dovevo spiegarle perché ero così bagnata, che puttana ero a

godere nell’essere trattata così. E feci tutto, con la gola intasata dalle lacrime di

umiliazione, e non mi venne in mente di disobbedire. Sam mi costrinse a dirle che avrei

fatto di tutto per venire quella sera e poi, quando ebbi finito e lui tornò a riappoggiare

l’orecchio al telefono, puntualizzò ulteriormente.

“Ha detto qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa. E credo che in questo momento obbedirebbe

praticamente a tutto. Sul serio. Ascolta.”

Mi ordinò di strisciare sul letto per adorare i suoi piedi. La cosa delle dita restava, tra

quelle che mi faceva fare, quella che più odiavo ma, il cielo mi perdoni, volevo così

disperatamente venire che iniziai a muovermi senza esitazione, fino a che non mi afferrò

per capelli per fermarmi.

“Anzi, Fede, prima che tu lo faccia, pregami di lasciarti leccare le mie dita dei piedi.”

“Cosa?”

scattai. Non potei farne a meno.

“Supplicami. Mi supplicherai di leccare, succhiare e adorare i miei piedi e se lo farai bene,

te lo lascerò fare. E quando metterai in bocca le dita, se farai la brava, ti infilerò un dito

dentro. Mi chiedo quanto ti troverò bagnata quando lo farò.”

Mugolai. Conoscevo l’umiliante risposta e al tempo stesso agognavo e temevo il momento

in cui l’avrebbe appurato da sé. Grata all’oscurità della stanza che mi permetteva di non

doverlo guardare negli occhi, gli chiesi se potevo adorare i suoi piedi. Mi tirò indietro i

capelli e pretese che alzassi la voce perché Lucy potesse sentire chiaramente. Con la

voce piena di disgusto e di lacrime, riuscii a ripetere:

“Ti prego, ti sto supplicando di lasciarmi succhiare le dita dei tuoi piedi.”

“Solo succhiarmi e dita?”

Dio, lo odiavo. Dio, mi faceva bagnare.

“No, baciarle, leccarle. Voglio adorare le tue dita. Tutto dei tuoi piedi.”

Speravo di aver incluso la maggior parte delle possibilità, ma ogni parola aveva un fondo

di aggressività e frustrazione, perciò pensai che sarebbe stato meglio moderare un po’ il

tono.

“Ti prego.”

Mi diede un buffetto sulla guancia, un gesto di tenerezza che rese per un secondo tutto il

resto un po’ più facile da sopportare. Fino a quando non disse:

“Puoi.”

Strisciai in basso e spinsi la faccia sui suoi piedi, preparandomi al primo impatto. Lo sentii

fare a Lucy un resoconto completo. Mentre mi infilavo il suo alluce in bocca e iniziavo a

farvi scorrere la lingua su e giù, le spiegò con quanta avidità lo avessi ingoiato e spinse più

a fondo il piede. Le disse che lo stavo ripulendo a dovere, che si stava asciugando i piedi

sulla mia faccia e che mi stava chiedendo di leccargli le piante. La sentii strillare di

disgusto e poi ridacchiare per la mia situazione imbarazzante. Non distinguevo le parole

ma il tono divertito si diffondeva in tutta la stanza. Lacrime silenziose mi colarono dagli

occhi mentre facevo quello che lui mi chiedeva, non volendo mostrargli quanto in là mi

aveva spinta eppure desiderosa di continuare. Quando mi infilò un dito negli slip, rimasi

senza fiato e lui colse l’occasione per spingermi il piede più a fondo nella bocca. Mentre mi

concentravo sulla sensazione del suo dito tra le mie pieghe, lo sentii dire:

“Sta gocciolando, è talmente bagnata. Non ci vorrà molto per sconvolgerla.”

E, a quel punto, dopo il mormorio di Lucy che diceva qualcosa all’altro capo del telefono, si

fermò e tirò fuori la mano. Frignai di frustrazione con in bocca il suo piede e lui,

asciugandosi la mano bagnata sulle mie natiche, disse:

“È un’idea grandiosa.”

Mi si gelò il sangue.

“Fede, puoi fermarti adesso.”

Normalmente queste parole mi avrebbero riempita di gioia. Ma al momento ero piena di

terrore.E alla fine quello che escogitarono fu una cosa che non aveva neanche

attraversato la mia piuttosto perversa mente. Fu un’idea di Lucy, qualcosa per la quale un

giorno la ringrazierò di persona preferibilmente guardandola affrontare la medesima

situazione. Quando Sam mi disse quello che dovevo fare, chiusi gli occhi e strinsi le

labbra, scuotendo la testa in silenziosa ribellione, contraria e incapace di considerare la

cosa. Mentre il silenzio si dilatava, mi resi conto che le cose stavano così, che se non

l’avessi fatto non sarei riuscita a venire. Per lunghi secondi cercai di pensare a un altro

modo. Qualsiasi altra cosa che potevo fare. Ma lentamente, a malincuore, accettai il mio

destino.

Mi misi a cavalcioni di una delle sue gambe e lo guardai nel buio mentre era appoggiato ai

cuscini con il telefono all’orecchio. Pensai che se riuscivo a vederlo a malapena, anche lui

mi avrebbe vista solo indistintamente. Mi piacerebbe dire che la cosa mi fu d’aiuto, ma in

realtà non è così. Rimasi inginocchiata lì per un paio di secondi, anche se nella mia mente

mi ero già arresa alla consapevolezza che l’avrei fatto. Che, in quel momento, mi sarei

scopata la sua gamba come un animale per raggiungere il mio orgasmo.E così mi scopai

la sua gamba, come un animale, mentre lui faceva a Lucy un resoconto di come mi

strusciavo sul suo ginocchio, sfruttando l’attrito per dare al clitoride la sensazione che mi

serviva per venire. Mi strofinai con forza contro di lui, pensando a quanto ero caduta in

basso, quanto mi ero degradata e umiliata alla ricerca del mio piacere. Le lacrime mi

rigavano la faccia, gocciolandomi sul mento e raffreddandomi il petto. Ero rossa di

imbarazzo, grata per il buio che ne nascondeva la parte peggiore. Dal punto di vista

pratico, era una posizione scomoda da cui ricavare stimolazione. Sam teneva le gambe

stese sul letto e solo allargando le mie al massimo e piegandomi fin sul letto potevo

avvicinarmi abbastanza al suo ginocchio e spingermi su di lui con il grado di pressione che

mi serviva per avvicinarmi all’orgasmo. Mi sforzai, oh quanto mi sforzai, desiderando

disperatamente che finisse, di avere il mio orgasmo e che finisse.Sapere che Lucy mi

stava ascoltando fare quella cosa umiliante, che sentiva i miei gemiti e sospiri di piacere

mentre – a dispetto della mia umiliazione e del mio orrore – diventavo sempre più bagnata,

eccitata e rumorosa, e godevo con il ginocchio di Sam, mi rese esitante. Così come

sentire Sam che le diceva che poteva sentire il rumore di me che scivolavo sul suo

ginocchio, che lo avevo bagnato tutto. Cercai di estraniarmi, cercai di strofinarmi con più

forza ma non riuscivo a ottenere la pressione che mi serviva per concludere e farla finita.

“Non riesco...”

Ricacciai indietro le lacrime, mi schiarii la voce e riprovai.

“Questa posizione non funziona. Non riuscirò a venire in questo modo.”

“Be’, cosa vuoi che faccia?”

sogghignò.

“Sai cosa devi fare e, sarò sincero, sto perdendo la pazienza per il tempo che ci stai

mettendo, mi stai bagnando tutta la gamba. Mi sbrigherei se fossi in te.”

Il pensiero di aver affrontato tutto questo e ancora non riuscire a venire mi attanagliò lo

stomaco di paura.

“Il tuo ginocchio, se potessi sollevarlo un pochino, renderebbe le cose più facili. Ti prego.”

Ebbi l’impressione di vedere i suoi denti lampeggiare nel buio.

“Mi stai supplicando di muovere il ginocchio per fartelo sbattere più facilmente?”

Ci fu una pausa. Dovetti inumidirmi le labbra con la lingua prima di poter parlare e anche

così la voce mi uscì tremolante e piena di lacrime.

“Sì. Sì, ti sto supplicando.”

“Bene. Allora supplicami come si deve, più forte, così Lucy può sentire esattamente

quanto sei disperata, tanto disperata che ti stai strusciando su di me come un animale in

calore.”

Tenevo le mani serrate, le unghie conficcate nei palmi mentre la mia voce riempì la

stanza.

“Ti supplico. Ti prego, solleva un po’ il ginocchio così posso strofinarmici sopra...”

Mi interruppe.

“No. Non ‘solleva’, ‘alza’.”

Sospirai senza neanche fermarmi.

“Alzalo fino a che non vengo sul tuo ginocchio. Ti prego.”

Quando spinse su il ginocchio, sbattendo contro il mio pube con forza tale che mi sembrò

di essere attraversata da una scossa elettrica, disse in tono compiaciuto:

“Ecco. Non era così difficile, no? Adesso vieni per me.”

Il cambiamento di angolazione fece la differenza. D’un tratto il movimento dei miei fianchi

produsse una deliziosa frizione con il suo ginocchio, perfetta per il mio clitoride. Cercai di

estraniarmi da quello che diceva a Lucy, di come avessi iniziato a sgroppare come una

pazza, più disperata che mai; cercai di ignorare il rumore della mia eccitazione mentre

scivolavo su e giù contro il suo ginocchio; cercai di allontanare tutto tranne il piacere che

iniziava a pervadere il mio corpo. Stavo piangendo di umiliazione quando l’orgasmo

cominciò a montare anche se ciò, naturalmente, non mi rallentò. Quando il mio corpo

iniziò a essere scosso dai brividi, i miei singhiozzi si fecero più rumorosi. Riversai i miei

spasmi sulla gamba di Sam come un animale, e le mie urla stridule furono forti abbastanza

perché le sentisse anche Lucy. Dopo giorni di frustrazione forzata, il sollievo fu intenso e

tale da scuotermi il corpo. Mai nella mia vita avevo provato un orgasmo del genere e, per

un paio di secondi, il mio mondo si fece nero mentre giacevo lì, con le membra tremanti.

Tornata in me, mi accorsi che Sam si stava facendo una sega su di me. Feci per strisciare

sul suo corpo ma mi fermò con un verso di disapprovazione.

“Non credo proprio. Devi prima ripulire il tuo casino.”

Sapevo cosa intendeva e iniziai a leccargli il ginocchio, be’, in realtà gran parte della

gamba. Ero riuscita a renderlo appiccicoso da metà coscia fino alla parte bassa dello

stinco, con mia grande vergogna. Continuai a leccare mentre diceva a Lucy cosa stavo

facendo. Continuai a leccare mentre lui si strofinava, eccitato e compiaciuto da

quest’ultima umiliazione. Continuai a leccare mentre veniva su un lato della mia faccia e

sui miei capelli. Alla fine, mi sgocciolò sulla guancia, mi avvicinò il telefono all’orecchio e

sentii l’orgasmo di Lucy.
scritto il
2014-02-05
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