Tempus est jocundum

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Tempus est jocundum
di Stephen Roissy

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Era una di quelle serate estive di inizio agosto, quelle serate dolci nelle quali si prova piacere a stare all'aperto perché la temperatura mite e l'aria, appena un po' più fresca, danno una sensazione di riposo dopo il caldo estenuante del giorno, e sulla pelle ogni leggero alito d'aria fresca che, all'imbrunire, scende dalle montagne, fa l'effetto delle bollicine in un bicchier d'acqua. Il borgo era immerso in una atmosfera irreale, fuori dal tempo. Era stata tolta la luce elettrica e le stradine erano illuminate da torce e candele, che impregnavano l'aria del profumo acre del legno bruciato e la cui luce dava alla realtà una sensazione di sogno. L'odore del legno bruciato si mischiava al profumo delle spezie,esposte in grandi ciotole di terracotta sui banchi del mercato. Sul brusio delle voci della folla si stagliavano, chiare, le urla degli imbonitori e dei venditori ambulanti. Ad ogni angolo gruppi di persone raccolte attorno a musicanti con strumenti antichi e danzatori, saltimbanchi e cortigiane.  Nei vicoli più bui,sedute dietro un banchetto poco più alto di uno sgabello, alla flebile e misteriosa luce di una candela, finte fattucchiere leggevano il futuro a qualche turista spendaccione nelle carte o sul palmo della mano. Sul corso principale, ad intervalli di tempo regolari, sfilava il corteo dei nobili e delle dame preceduto da squilli di trombe e assordanti colpi di tamburi. E poi le taverne, dove veniva servito il vino mielato o speziato, secondo l'usanza del tempo. 
Lei era vestita solo di un abitino leggero con una gonnellina ampia che svolazzava ad ogni suo passo, scoprendo un po' le gambe. Attraverso la stoffa leggera,contro la luce delle fiaccole, si intravedeva la forma del suo corpo. Passeggiarono a lungo fra le gente, osservando con curale semplici merci esposte sulle bancarelle, sostando ad osservare con occhi stupiti di bambini, i mangia fuoco, e i bambini impegnati in antichi giochi con palle di pezza o giocattoli di legno,ridendo divertiti.  Ogni sosta era occasione per un bacio o per una carezza intima, senza provare a resistere e, anzi, eccitati dal fatto che la gente potesse accorgersi del loro gioco.  Quando egli la fermava bruscamente, e con forza la stringeva a sé, cercandola sua bocca, e quando lei gli si abbandonava socchiudendo le labbra e accogliendolo dentro di sé. O quando lei si fermava ad osservare le coroncine di fiori esposte sulle bancarelle, e allora le mani di lui scivolavano leggere e sicure sotto la sua gonna, ad accarezzare l'orlo di pizzo delle sue mutandine, o nella scollatura del suo vestitino, a scoprire i sui capezzoli, a stringerli.... lei sorrideva, e imbarazzata si guardava intorno. Così tanta gente.....a pochi centimetri. Avrebbero visto. Si chiedeva cosa avrebbero potuto pensare di lei, di loro. Forse l'avrebbero giudicata una donna facile, forse troppo succube del suo uomo. In fondo, non era proprio questo che lui la faceva sentire? Non era proprio questo che lei voleva essere: una piccola puttana, offerta, indifesa nelle mani del suo amante?

Più tardi, seduti al tavolo di una taverna piena di gente,nella penombra appena resa più intima e magica dalla luce delle candele, bevvero del vino mielato da coppe di terracotta. In un angolo della taverna un gruppo di musicanti con strumenti originali riempivano la sala di sonorità arcaiche, così lontane dal nostro tempo. Le chiese di danzare per lui. Si alzò inebriata dal vino e dal desiderio e di fronte a lui, poco  lontana dal lato opposto del tavolo dove egli era seduto, iniziò a danzare,spudorata, a piedi nudi sulle tavole di legno del pavimento dov'era stata sparsa della paglia. Danzò con una sensualità che metteva in risalto ogni particolare del suo corpo, in modo che ogni movimento, ogni gesto era in realtà un offrirsi a lui. Non c'era vergogna, non c'era imbarazzo ora in lei. Si sentiva orgogliosa dell'attenzione eccitata del suo amante, dei suoi occhi su di lei. Si sentiva onorata che egli la esibisse, come si esibisce un giocattolo, a tutti. Lentamente, con gesti misurati, si sfilò le mutandine da sotto la gonna e, sempre danzando, si avvicinò a lui e gliele offrì in segno di sottomissione. Non so se la gente intorno notò lei, o il gioco che si stava svolgendo fra di loro..... tutto era confusione, ressa e fumo nella taverna. Una giovane donna seduta accanto a lui sulla panca, che egli non conosceva, gli rivolse un'occhiata di sorpresa e un sorriso che gli fece comprendere che il loro gioco non era passato inosservato.
Usciti dalla taverna, camminarono ancora fra le gente.  I primi colpi sordi e le prime vampate di luce che illuminarono il cielo fra le basse case di pietra del borgo, misero l'agitazione nell'aria. La folla si affrettò verso il centro e, accalcata nella minuscola piazzetta scoscesa davanti alla facciata del duomo, troppo grande per quelle case, rivolse il naso in alto, verso la cima del campanile dal corpo tozzo e dal tetto rosso a forma di cono. Dall'alto del campanile partivano stelle filanti, fontane di fuoco, lampi e cascate di luce.
Egli la prese in un un vicolo a non più di venti metri dalla via principale, ancora affollatissima di persone intente a non perdere lo spettacolo pirotecnico. La prese con forza, in un istante lei fu inginocchio davanti a lui, il vestito leggero abbassato sotto il seno e la gonna sollevata sopra i fianchi, in un istante lo sentì nella sua bocca, scendere in gola, soffocarla. Sentì le ginocchia bruciare al contatto con il selciato sconnesso, e il seno bruciare al contatto con le mani di lui. Sentì la saliva colare dalla bocca, mentre perdeva completamente il controllo di sé. Poi egli la girò di colpo. Si trovò in piedi, chinata in avanti, lo sentì dietro di sé, entrare bruscamente nel suo corpo da dietro, riempirla, con rabbia mentre entrambi temevamo - o speravamo, forse -  di essere visti dai passanti.  Sentì il piacere sgorgare da sé,si sentì bagnare... entro pochi secondi si sarebbe sciolta, avrebbe urlato. Non voleva urlare, doveva trattenersi a tutti i costi, o avrebbe attirato l'attenzione della folla. Tardi. L'orgasmo la travolse, riempendo la sua pelle di brividi e i suoi occhi di lacrime. Gridò, mentre tentava di sottrarsi ai colpi che le davano un piacere così intenso da travalicare il limite e trasformarsi in fitte di dolore. Le mani di lui, ferme, la trattennero, fin quandole sue ginocchia cedettero e lei si trovò ancora ai sui piedi. Egli inondò, allora, la bocca di lei con il suo piacere.
La fece alzare e così, ancora tremante, sconvolta, il pube e le cosce fradici, il volto e i capelli cosparsi di gocce del piacere di lui, le ordinò di ricomporsi l'abito e la sorresse mentre la faceva camminare verso la folla. Senti il contatto con le sue braccia, ora,pieno di tenerezza, di gratitudine. Egli la strinse a sé in un abbraccio che, ora, la fece commuovere.
La consapevolezza di essere riconosciuta dalla gente, che la gente potesse accorgersi di ciò che era appena accaduto, ora, le dava solo gioia, quasi un senso di pace.  Ora si sentiva orgogliosa,appagata, serena. Ora lei era sua, completamente sua, e lo era davanti al mondo.
E poi la serata continuò..... così come era cominciata. Travolti dal loro stesso gioco, due amanti fuori dal tempo, in una realtà sconosciuta, in quel borgo immerso in una atmosfera irreale, in una di quelle serate estive di inizio agosto, quelle serate dolci nelle quali si prova piacere a stare all'aperto.

scritto il
2014-11-15
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