In cucina
di
Andrea L.
genere
etero
Ricordo come fosse ieri anche se sono passati oltre due anni, era un pezzo di donna che quando girava in città le macchine si fermavano ad ammirarla. Alta 1,75, castana chiara, gambe lunghissime, culo da infarto, un seno tra la quinta e la sesta duro e sodo, un vitino da vespa, un ventre piatto… esagero?... no, era una di quei soggetti che noi uomini a volte apostrofiamo con “un pezzo di figa”!; anche il nome, quando lo pronunciavo, trasudava sesso (nella mia immaginazione). Barbara aveva una semplicità disarmante, non curante esternamente delle potenzialità del suo corpo, si, spesso indossava vestiti corti o scollati o quelle tutine anni ’80 che non lasciavano nulla all’immaginazione ma senza malizia, era semplicemente così, semplicemente bella, affascinante, in pochi avevano il coraggio di avvicinarsi.
La conobbi in compagnia, una grossa compagnia, ed io mi ero da poco lasciato con la mia ragazza; la notai (ovviamente) subito, io ero il tipo che veniva definito “non bello ma piacente”, piacente nei modi, nel carattere, nell’ostentare sicurezza, mi dilettavo a fare lo spiritoso del gruppo……. iniziai subito a corteggiarla, non spudoratamente ma anzi, a volte con insistenza ed a volte con non curanza, fattostà che dopo un certo periodo uscimmo a cena, e poi ancora ed ancora, senza minimamente sfiorarla con un dito, senza un accenno ad un bacio.
Passarono le settimane e la nostra conoscenza cresceva assieme alla mia voglia di provarci senza rovinare tutto. Negli anni addietro, mi ero dilettato con poche lezioni di cucina, che mi sarebbero servite non per un utilizzo quotidiano dell’arte ma per potere fare lo spavaldo con le donne, invitandole nel mia appartamento con la scusa di testare la mia abilità di cuoco; vorrei inoltre precisare che per me il cibo è sempre stato una “carta al tornasole”, una specie di test per verificare l’affinità delle mie future partner: come stavano sedute a tavola, come mangiavano, se davano importanza al cibo ed al bere, tutte cose che mi avrebbero dato un quadro psicologico (tutto mio) su come sarebbe potuta essere la futura mia partner culinaria a letto…. E funzionava sempre! In sintesi buona tavola, buona scopata!
Invitai la mia “preda” un tardo pomeriggio di Ottobre, lei arrivò verso le 18 portando il dolce e se stessa (il dolce lo avrebbe anche potuto lasciare a casa, sarebbe andato bene comunque ), si presentò alla mia porta (fuori c’erano già 9 gradi di temperatura) con un tubino nero di lana che le sembrava essere stato cucito addosso, seguiva le curve del suo corpo in una maniera impressionante, calze di nylon velate nere ed un paio di decolté nere con tacco 10 e zeppina anteriore. Attorno al collo, una collana di perle di fiume a doppio giro e sotto la collana una scollatura da crepacuore con due bocce che trabordavano dure e chiare. Per il freddo, una stola di lana che serviva a poco se non per fare un pochino di scena.
Aprii la porta e questo ben di dio mi si presentò davanti in forma smagliante, i suoi capelli erano raccolti in due codini da sbarazzina, con il suo sorriso mi disse: “E’ pronta la cena?”. La feci accomodare, mi passò accanto emanando un leggero profumo che non saprei bene definire, come quei neonati appena fanno il bagnetto, un profumo morbido ma inebriante….. odore di donna…..
La mia cucina sembrava un campo di battaglia, tre pentole per i primi, due padelle per i sughi, il forno a 180° finiva di cuocere due branzini al cartoccio da applauso. Avevo preparato una tavola minimale ma elegante, sui toni del bianco e marrone, quasi Zen, il vino bianco era bello fresco, con le sue bollicine che presagivano il mio stato d’animo, lei si sedette su una sedia, prese una flute e versò del vino per tutti e due, poi girandosi verso di me che intanto ero al dilà dei vapori, mi porse l’altra flute chiedendomi: “A cosa brindiamo?”. Io risposi la stronzata più comune che un umano potesse dire “A noi…” poi me ne pentii per la banalità, ma ero talmente preso ad ammirarla nei suoi semplici movimenti che sentivo quella particolare protuberanza comune a noi maschietti scalpitare nei boxer da macho che mi ero messo per l’occasione.
Passarono forse 40 minuti, chiaccheravamo del più e del meno, io facevo battute per provocarla sul fatto che studiava ancora all’università e non lavorava, oppure su cosa avrebbero potuto pensare gli amici di lei, tra una rimestata di sugo ed una aggiustata di sale,…. Era ora del primo.
Ci sedemmo uno di lato all’altro come due innamorati, la guardavo mangiare quelle trofie al pesto che gustava lentamente, prendendole a piccole forchettate ed accarezzandole con le labbra abbastanza carnose di quella bocca che a breve avrei provato a baciare.
Ogni volta che rideva il suo balcone sussultava dal quel balconcino che a mio avviso doveva essere fatto di kevlar per potere resistere a quel peso….
Ogni volta che rideva appoggiava la mano sul mio braccio e mi accarezzava, aveva mani affusolate ed unghie curatissime con uno smalto rosso….
Ogni volta che rideva mi ripeteva: “Dai, mi fai morire, poi soffoco”,…. Si, avrei voluto soffocarla davvero alzandomi all’improvviso da tavola e schiaffandole il mio manganello in quella bocca stupenda…..
Ogni volta che rideva si chinava verso di me, mettendo in bella mostra la profonda scollatura e le sue tettone orgogliosamente sode….
La cena era giunta alla fine, saranno state le 23 o forse più tardi, io mi alzai e le dissi: “Ed ora una sorpresa!”. Mi diressi verso il frigo, tirai fuori due splendide panne cotte, poi aggiunsi:”Aspettami che vado a prendere qualche foglia di menta fuori, nella mia piccola serra”: Si, avevo una minuscola serra dove tenevo le piante officinali che mi servivano per produrre i miei capolavori….. mi assentai qualche minuto, il tempo di selezionare le foglie migliori….. tornai in casa un pochino infreddolito……. lei non era più seduta; la chiamai: “Barbara, dove sei?”, “Sono qui” rispose.
La cucina della mia casa era ricavata in una nicchia della sala, che rimaneva nascosta formando una L con in vano principale. “Sei in cucina?” le chiesi mentre mi dirigevo verso la sua voce, “Si” rispose. Ero incuriosito, “…ma che sta facendo” pensai.
Appena girai l’angolo tra la sala e la cucina la vidi, ma rimasi fermo ed immobile appena prima di solcare lo scalino che divideva i due ambienti. Sembrava letteralmente un sogno erotico: era completamente nuda, aveva solo quelle stupende scarpe col tacco che slanciavano ulteriormente le sue gambe tornite, era girata di schiena, le braccia appoggiate alla cucina, le gambe divaricate, la schiena inarcata a mostrare un culo che sembrava dipinto. Non potevo crederci, le foglie di menta mi caddero a terra quasi come vittime, anche loro, di quella vista…. Non so quanto rimasi a guardarla, a me sembrò un tempo infinito…. “Ti piaccio?” mi chiese, muovendo lentamente quel culo importante, rotondissimo e muscoloso…… io balbettai, non so cosa, ma emisi qualche suono….. “E di questo che ne dici?” continuò lei, divaricando ancora maggiormente le gambe e scoprendo la fica rasata più bella che abbia mai visto: era un capolavoro, piccolina rispetto al sedere, con le labbra minute, un colore marrone chiaro, sembrava un piccolo porta monete……
Il mio cazzo pulsava e cercava di sviscerare dalle mutande, quasi ad anticiparmi, ed io non capivo…. o forse non speravo, o forse non credevo che potesse succedere tutto questo, in questo modo…. Era come se mi avessero regalato una di quelle scatole stupende dei Lego!!
Lei mi guardava con la testa che pendeva a lato del corpo, i codini che le facevano da cornice e le enormi tette che le poggiavano sul piano di granito della cucina. Dal freddo del contatto con la pietra i capezzoli si erano irrigiditi a tal punto che sembravano due appendiabiti. Mi avvicinai a lei, mi inginocchiai ed iniziai a leccarle quella bellissima fica liscia e piccola, esplorandola con la lingua, avevo la mia faccia schiacciata nelle sue natiche ed il naso a contatto con il suo buchino del culo. Lei muoveva la pancia su e giù facendo muovere di conseguenza il suo culo al ritmo delle mie leccate; ero eccitatissimo, la lingua mi faceva male ma non potevo smettere, ad un tratto un sussulto di lei mi fece saltare fuori da quell’iddilio, stava venendo e riuscii a vedere un piccolo ma preciso schizzo di umori che fuoriusciva dal suo piccolo scrigno.
Le allargai le grandi labbra con le mani, misi il mio naso nel suo utero ed iniziai a succhiarle il clitoride, piccolo e turgido, lei godeva e me lo faceva sentire con i suoi lamenti, così liberi, così provocanti……. Le baciavo le chiappe, le leccavo l’ano, la masturbavo con mani lingua e naso, avevo la faccia completamente fradicia dei suoi umori, e lei godeva….”Fermati” mi disse, io mi scostai e lei si girò. Mio dio che corpo, non potevo credere fosse capitato a me! Mi ero fatto un idea delle sue tette enormi, ma non pensavo fossero davvero così grandi! “Sono finte?” le chiesi, un po’ per ironizzare sulla situazione ed un po’ per lo stupore, “Giudica tu, toccale” disse, con uno sguardo ammaliatore di chi sa che cosa vuole….. non me lo feci ripetere due volte, mi levai i pantaloni, avevo i boxer con una ridicola macchia di bagnato del mio cazzo che era ormai esausto dall’attesa, mi levai camicia e maglione, presi quei due seni tra le mani e mi stupii di quanto erano sodi, sembrava una bambola ma era vera!
Stavamo in piedi uno di fronte all’altro, lei si appoggiò alla cucina con la schiena, alzò la gamba sinistra mostrandomi quella stupenda fica bagnata e depilata, “Scopami”…… le puntai il glande del mio uccello che entrò dentro lei senza il minimo sforzo, le sue mani afferravano la mia schiena ed io la facevo godere con un movimento lento e deciso…… non sapevo dove mettere le mani, qualsiasi cosa di lei era bello, era eccitante, era conturbante, sentivo venire giù dalla sua vagina gli umori, minuto dopo minuto, mentre io continuavo a scoprala, ancora ed ancora. Ad un certo momento sentii le palle contrarsi “Hei, io sto per venire!” le dissi, lei si sfilò l’uccello da dentro, la gamba sospesa andò ad urtare le due panne cotte che erano rimaste sul pancone di fronte che finirono a terra sbriciolandosi in una poltiglia, ci scappò una risata, poi mi prese il cazzo tra le mani, si mise in ginocchio e mi disse “Vienimi in faccia e sulle tette…”….. iniziai a farmi una sega di fronte al suo viso, i suoi due occhi verdi mi guardavano, si mordeva le labbra, offrendomi i seni a supporto delle mie palle…… non resistetti più, le fiottai in viso e poi su quelle tette da capogiro, lei chiuse gli occhi assaporando il contatto con il mio sperma ribollente.
Rimasi in piedi di fronte a lei che si massaggiava la mia crema sulle tette, poi prese un fazzoletto e si pulì il viso; ci baciammo, fu bellissimo ed anche tenero, le stringevo le chiappe con le mani mentre le esploravo la sua bocca con la mia lingua. “Andiamo in camera o sul divano?” le chiesi…. “No, mi piace così” disse lei, accarezzandomi lo scroto e facendomi capire che non sarebbe finita lì. Iniziò a segarmi, con le sue bellissime mani calde, il mio cazzo non si fece pregare troppo, divenne nuovamente duro e turgido “Hai un bell’arnese” disse, ed io compiaciuto annuivo, pensando quanti ne aveva già visti la troia….. si riavvicinò, prendendo il cazzo per la base e strofinandoselo sul pube “La mia micina ha tanta voglia di te…”, ci baciammo ancora, la presi per i fianchi e la girai nuovamente di culo, lei mi prese il cazzo mettendosi una mano in mezzo alle gambe e fiondandoselo nuovamente dentro, io ripresi a stantuffarla questa volta più violentemente, e le piaceva, “Sfondami, mi sento una troia sfondami”, ed io le picchiavo il mio treno tra le sue natiche, incessantemente, alternando movimenti ritmati a veri colpi energici da farmi staccare le palle.
I suoi umori le colavano giù per le cosce, ad un tratto le misi un dito nel culo e sentii la troia gemere di piacere, allora levai l’uccello dalla sua fregna infuocata e lo puntai sul suo ano. Un “No!” mi gelò, “Lì no” ribadì. Rimasi impietrito con la mia clava grondante di umori… “Non ti piace?” le chiesi, “Si, mi piacerebbe ma donerò il culo a chi mi sposerà!”. Fui stupito ma forse nemmeno tanto, pensai a quel fortunato che giurandole amore e fedeltà avrà qualcosa che gli altri non avranno mai avuto….. Le baciai la schiena un po’ frastornato, sinceramente non me lo aspettavo…
“Hai un mestolo di legno?” mi chiese….”un mestolo??” ribadii cercando nel cassetto…… dopo qualche secondo estrassi un mestolo di legno dal manico lungo e lo porsi a lei incuriosito, lei lo afferrò per il cucchiaio affondando il manico nella sua fica ormai irrimediabilmente aperta, io rimasi nuovamente esterrefatto da questa ennesima “stranezza”….. lei era a pecorina con il petto sulla cucina a gas, con un manico di mestolo piantato in fica, cosa poteva mancare ancora? “Ora fottimi con il tuo cazzo ed il mestolo nel culo” mi supplicò, ed estrasse il mestolo bagnato dal suo utero facendolo scivolare piano piano nel suo ano e godendo con un rumore sordo e soffocato….. non credevo ai miei occhi, le rimisi il mio martello nella patata ed afferrato quello che rimaneva del mestolo la fottevo come se avessi avuto due cazzi….. “Così….. Bravo….. Spingi…. Sono la tua puttana, ti piaccio??” eccome se mi piaceva, vedevo il suo ano contrarsi sotto le spinte del mestolo, la vagina emetteva dei rumori simili a peti per l’aria entrata nel suo utero ed io ero al settimo cielo, scomodo ma contento…… andammo avanti così almeno dieci minuti, poi si tolse il cazzo dalla sua vagina, estrasse il mestolo dal culo ed iniziò a leccarlo segandomi…. Era uno spettacolo incredibile e mi sentivo fortunato ad esserne il protagonista.
Si chinò nuovamente sopra il mio membro e mi fece un pompino leggero con la sua bocca carnosa, mugolando ad ogni pompata, così bella ed audace, l’altra mano che sditalinava il suo ano, ed ancora ed ancora una pompa dopo l’altra… io toccavo il cielo con un dito….. dopo qualche istante si tirò ancora su, davanti a me spingendo le sue tette sul mio petto, “Sono brava?” mi chiese, mettendomi in bocca il medio che aveva utilizzato per titillarsi l’ano, “Si, sei veramente bella e brava” risposi io…. Lei sorrise e mi guardò nuovamente con i suoi occhi verdi, grandi, allungati ai lati come quelli di una gatta che gioca con il topo, prese le sue tette tra le mani e vi mise in mezzo il mio povero cazzo, facendomi una spagnola come mai ho provato fino ad ora, il risultato che le venni nuovamente tra le tette, questa volta lei schiacciò i suoi seni sulla bocca e leccò tutto il mio sperma con il fare di una grande troia.
Mi appoggiai alla parete opposta, stanco per la scopata maestosa che avevo sostenuto, lei era di fronte a me sul lato opposto della cucina con la schiena appoggiata ai cassetti e la testa riversa all’indietro, un respiro profondo e veloce di chi ha fatto un grosso sforzo, le sue enormi tette che si alzavano e si abbassavano per l’affanno, le gambe divaricate facevano intravedere le labbra aperte della vagina che perdeva ancora umori…… rimanemmo così per qualche minuto ad ansimare esausti, poi lei si alzò, baciandomi innocentemente sulla bocca “Sei un bravo cuoco” aggiunse, “Quando mi rinviti a cena?”.
La conobbi in compagnia, una grossa compagnia, ed io mi ero da poco lasciato con la mia ragazza; la notai (ovviamente) subito, io ero il tipo che veniva definito “non bello ma piacente”, piacente nei modi, nel carattere, nell’ostentare sicurezza, mi dilettavo a fare lo spiritoso del gruppo……. iniziai subito a corteggiarla, non spudoratamente ma anzi, a volte con insistenza ed a volte con non curanza, fattostà che dopo un certo periodo uscimmo a cena, e poi ancora ed ancora, senza minimamente sfiorarla con un dito, senza un accenno ad un bacio.
Passarono le settimane e la nostra conoscenza cresceva assieme alla mia voglia di provarci senza rovinare tutto. Negli anni addietro, mi ero dilettato con poche lezioni di cucina, che mi sarebbero servite non per un utilizzo quotidiano dell’arte ma per potere fare lo spavaldo con le donne, invitandole nel mia appartamento con la scusa di testare la mia abilità di cuoco; vorrei inoltre precisare che per me il cibo è sempre stato una “carta al tornasole”, una specie di test per verificare l’affinità delle mie future partner: come stavano sedute a tavola, come mangiavano, se davano importanza al cibo ed al bere, tutte cose che mi avrebbero dato un quadro psicologico (tutto mio) su come sarebbe potuta essere la futura mia partner culinaria a letto…. E funzionava sempre! In sintesi buona tavola, buona scopata!
Invitai la mia “preda” un tardo pomeriggio di Ottobre, lei arrivò verso le 18 portando il dolce e se stessa (il dolce lo avrebbe anche potuto lasciare a casa, sarebbe andato bene comunque ), si presentò alla mia porta (fuori c’erano già 9 gradi di temperatura) con un tubino nero di lana che le sembrava essere stato cucito addosso, seguiva le curve del suo corpo in una maniera impressionante, calze di nylon velate nere ed un paio di decolté nere con tacco 10 e zeppina anteriore. Attorno al collo, una collana di perle di fiume a doppio giro e sotto la collana una scollatura da crepacuore con due bocce che trabordavano dure e chiare. Per il freddo, una stola di lana che serviva a poco se non per fare un pochino di scena.
Aprii la porta e questo ben di dio mi si presentò davanti in forma smagliante, i suoi capelli erano raccolti in due codini da sbarazzina, con il suo sorriso mi disse: “E’ pronta la cena?”. La feci accomodare, mi passò accanto emanando un leggero profumo che non saprei bene definire, come quei neonati appena fanno il bagnetto, un profumo morbido ma inebriante….. odore di donna…..
La mia cucina sembrava un campo di battaglia, tre pentole per i primi, due padelle per i sughi, il forno a 180° finiva di cuocere due branzini al cartoccio da applauso. Avevo preparato una tavola minimale ma elegante, sui toni del bianco e marrone, quasi Zen, il vino bianco era bello fresco, con le sue bollicine che presagivano il mio stato d’animo, lei si sedette su una sedia, prese una flute e versò del vino per tutti e due, poi girandosi verso di me che intanto ero al dilà dei vapori, mi porse l’altra flute chiedendomi: “A cosa brindiamo?”. Io risposi la stronzata più comune che un umano potesse dire “A noi…” poi me ne pentii per la banalità, ma ero talmente preso ad ammirarla nei suoi semplici movimenti che sentivo quella particolare protuberanza comune a noi maschietti scalpitare nei boxer da macho che mi ero messo per l’occasione.
Passarono forse 40 minuti, chiaccheravamo del più e del meno, io facevo battute per provocarla sul fatto che studiava ancora all’università e non lavorava, oppure su cosa avrebbero potuto pensare gli amici di lei, tra una rimestata di sugo ed una aggiustata di sale,…. Era ora del primo.
Ci sedemmo uno di lato all’altro come due innamorati, la guardavo mangiare quelle trofie al pesto che gustava lentamente, prendendole a piccole forchettate ed accarezzandole con le labbra abbastanza carnose di quella bocca che a breve avrei provato a baciare.
Ogni volta che rideva il suo balcone sussultava dal quel balconcino che a mio avviso doveva essere fatto di kevlar per potere resistere a quel peso….
Ogni volta che rideva appoggiava la mano sul mio braccio e mi accarezzava, aveva mani affusolate ed unghie curatissime con uno smalto rosso….
Ogni volta che rideva mi ripeteva: “Dai, mi fai morire, poi soffoco”,…. Si, avrei voluto soffocarla davvero alzandomi all’improvviso da tavola e schiaffandole il mio manganello in quella bocca stupenda…..
Ogni volta che rideva si chinava verso di me, mettendo in bella mostra la profonda scollatura e le sue tettone orgogliosamente sode….
La cena era giunta alla fine, saranno state le 23 o forse più tardi, io mi alzai e le dissi: “Ed ora una sorpresa!”. Mi diressi verso il frigo, tirai fuori due splendide panne cotte, poi aggiunsi:”Aspettami che vado a prendere qualche foglia di menta fuori, nella mia piccola serra”: Si, avevo una minuscola serra dove tenevo le piante officinali che mi servivano per produrre i miei capolavori….. mi assentai qualche minuto, il tempo di selezionare le foglie migliori….. tornai in casa un pochino infreddolito……. lei non era più seduta; la chiamai: “Barbara, dove sei?”, “Sono qui” rispose.
La cucina della mia casa era ricavata in una nicchia della sala, che rimaneva nascosta formando una L con in vano principale. “Sei in cucina?” le chiesi mentre mi dirigevo verso la sua voce, “Si” rispose. Ero incuriosito, “…ma che sta facendo” pensai.
Appena girai l’angolo tra la sala e la cucina la vidi, ma rimasi fermo ed immobile appena prima di solcare lo scalino che divideva i due ambienti. Sembrava letteralmente un sogno erotico: era completamente nuda, aveva solo quelle stupende scarpe col tacco che slanciavano ulteriormente le sue gambe tornite, era girata di schiena, le braccia appoggiate alla cucina, le gambe divaricate, la schiena inarcata a mostrare un culo che sembrava dipinto. Non potevo crederci, le foglie di menta mi caddero a terra quasi come vittime, anche loro, di quella vista…. Non so quanto rimasi a guardarla, a me sembrò un tempo infinito…. “Ti piaccio?” mi chiese, muovendo lentamente quel culo importante, rotondissimo e muscoloso…… io balbettai, non so cosa, ma emisi qualche suono….. “E di questo che ne dici?” continuò lei, divaricando ancora maggiormente le gambe e scoprendo la fica rasata più bella che abbia mai visto: era un capolavoro, piccolina rispetto al sedere, con le labbra minute, un colore marrone chiaro, sembrava un piccolo porta monete……
Il mio cazzo pulsava e cercava di sviscerare dalle mutande, quasi ad anticiparmi, ed io non capivo…. o forse non speravo, o forse non credevo che potesse succedere tutto questo, in questo modo…. Era come se mi avessero regalato una di quelle scatole stupende dei Lego!!
Lei mi guardava con la testa che pendeva a lato del corpo, i codini che le facevano da cornice e le enormi tette che le poggiavano sul piano di granito della cucina. Dal freddo del contatto con la pietra i capezzoli si erano irrigiditi a tal punto che sembravano due appendiabiti. Mi avvicinai a lei, mi inginocchiai ed iniziai a leccarle quella bellissima fica liscia e piccola, esplorandola con la lingua, avevo la mia faccia schiacciata nelle sue natiche ed il naso a contatto con il suo buchino del culo. Lei muoveva la pancia su e giù facendo muovere di conseguenza il suo culo al ritmo delle mie leccate; ero eccitatissimo, la lingua mi faceva male ma non potevo smettere, ad un tratto un sussulto di lei mi fece saltare fuori da quell’iddilio, stava venendo e riuscii a vedere un piccolo ma preciso schizzo di umori che fuoriusciva dal suo piccolo scrigno.
Le allargai le grandi labbra con le mani, misi il mio naso nel suo utero ed iniziai a succhiarle il clitoride, piccolo e turgido, lei godeva e me lo faceva sentire con i suoi lamenti, così liberi, così provocanti……. Le baciavo le chiappe, le leccavo l’ano, la masturbavo con mani lingua e naso, avevo la faccia completamente fradicia dei suoi umori, e lei godeva….”Fermati” mi disse, io mi scostai e lei si girò. Mio dio che corpo, non potevo credere fosse capitato a me! Mi ero fatto un idea delle sue tette enormi, ma non pensavo fossero davvero così grandi! “Sono finte?” le chiesi, un po’ per ironizzare sulla situazione ed un po’ per lo stupore, “Giudica tu, toccale” disse, con uno sguardo ammaliatore di chi sa che cosa vuole….. non me lo feci ripetere due volte, mi levai i pantaloni, avevo i boxer con una ridicola macchia di bagnato del mio cazzo che era ormai esausto dall’attesa, mi levai camicia e maglione, presi quei due seni tra le mani e mi stupii di quanto erano sodi, sembrava una bambola ma era vera!
Stavamo in piedi uno di fronte all’altro, lei si appoggiò alla cucina con la schiena, alzò la gamba sinistra mostrandomi quella stupenda fica bagnata e depilata, “Scopami”…… le puntai il glande del mio uccello che entrò dentro lei senza il minimo sforzo, le sue mani afferravano la mia schiena ed io la facevo godere con un movimento lento e deciso…… non sapevo dove mettere le mani, qualsiasi cosa di lei era bello, era eccitante, era conturbante, sentivo venire giù dalla sua vagina gli umori, minuto dopo minuto, mentre io continuavo a scoprala, ancora ed ancora. Ad un certo momento sentii le palle contrarsi “Hei, io sto per venire!” le dissi, lei si sfilò l’uccello da dentro, la gamba sospesa andò ad urtare le due panne cotte che erano rimaste sul pancone di fronte che finirono a terra sbriciolandosi in una poltiglia, ci scappò una risata, poi mi prese il cazzo tra le mani, si mise in ginocchio e mi disse “Vienimi in faccia e sulle tette…”….. iniziai a farmi una sega di fronte al suo viso, i suoi due occhi verdi mi guardavano, si mordeva le labbra, offrendomi i seni a supporto delle mie palle…… non resistetti più, le fiottai in viso e poi su quelle tette da capogiro, lei chiuse gli occhi assaporando il contatto con il mio sperma ribollente.
Rimasi in piedi di fronte a lei che si massaggiava la mia crema sulle tette, poi prese un fazzoletto e si pulì il viso; ci baciammo, fu bellissimo ed anche tenero, le stringevo le chiappe con le mani mentre le esploravo la sua bocca con la mia lingua. “Andiamo in camera o sul divano?” le chiesi…. “No, mi piace così” disse lei, accarezzandomi lo scroto e facendomi capire che non sarebbe finita lì. Iniziò a segarmi, con le sue bellissime mani calde, il mio cazzo non si fece pregare troppo, divenne nuovamente duro e turgido “Hai un bell’arnese” disse, ed io compiaciuto annuivo, pensando quanti ne aveva già visti la troia….. si riavvicinò, prendendo il cazzo per la base e strofinandoselo sul pube “La mia micina ha tanta voglia di te…”, ci baciammo ancora, la presi per i fianchi e la girai nuovamente di culo, lei mi prese il cazzo mettendosi una mano in mezzo alle gambe e fiondandoselo nuovamente dentro, io ripresi a stantuffarla questa volta più violentemente, e le piaceva, “Sfondami, mi sento una troia sfondami”, ed io le picchiavo il mio treno tra le sue natiche, incessantemente, alternando movimenti ritmati a veri colpi energici da farmi staccare le palle.
I suoi umori le colavano giù per le cosce, ad un tratto le misi un dito nel culo e sentii la troia gemere di piacere, allora levai l’uccello dalla sua fregna infuocata e lo puntai sul suo ano. Un “No!” mi gelò, “Lì no” ribadì. Rimasi impietrito con la mia clava grondante di umori… “Non ti piace?” le chiesi, “Si, mi piacerebbe ma donerò il culo a chi mi sposerà!”. Fui stupito ma forse nemmeno tanto, pensai a quel fortunato che giurandole amore e fedeltà avrà qualcosa che gli altri non avranno mai avuto….. Le baciai la schiena un po’ frastornato, sinceramente non me lo aspettavo…
“Hai un mestolo di legno?” mi chiese….”un mestolo??” ribadii cercando nel cassetto…… dopo qualche secondo estrassi un mestolo di legno dal manico lungo e lo porsi a lei incuriosito, lei lo afferrò per il cucchiaio affondando il manico nella sua fica ormai irrimediabilmente aperta, io rimasi nuovamente esterrefatto da questa ennesima “stranezza”….. lei era a pecorina con il petto sulla cucina a gas, con un manico di mestolo piantato in fica, cosa poteva mancare ancora? “Ora fottimi con il tuo cazzo ed il mestolo nel culo” mi supplicò, ed estrasse il mestolo bagnato dal suo utero facendolo scivolare piano piano nel suo ano e godendo con un rumore sordo e soffocato….. non credevo ai miei occhi, le rimisi il mio martello nella patata ed afferrato quello che rimaneva del mestolo la fottevo come se avessi avuto due cazzi….. “Così….. Bravo….. Spingi…. Sono la tua puttana, ti piaccio??” eccome se mi piaceva, vedevo il suo ano contrarsi sotto le spinte del mestolo, la vagina emetteva dei rumori simili a peti per l’aria entrata nel suo utero ed io ero al settimo cielo, scomodo ma contento…… andammo avanti così almeno dieci minuti, poi si tolse il cazzo dalla sua vagina, estrasse il mestolo dal culo ed iniziò a leccarlo segandomi…. Era uno spettacolo incredibile e mi sentivo fortunato ad esserne il protagonista.
Si chinò nuovamente sopra il mio membro e mi fece un pompino leggero con la sua bocca carnosa, mugolando ad ogni pompata, così bella ed audace, l’altra mano che sditalinava il suo ano, ed ancora ed ancora una pompa dopo l’altra… io toccavo il cielo con un dito….. dopo qualche istante si tirò ancora su, davanti a me spingendo le sue tette sul mio petto, “Sono brava?” mi chiese, mettendomi in bocca il medio che aveva utilizzato per titillarsi l’ano, “Si, sei veramente bella e brava” risposi io…. Lei sorrise e mi guardò nuovamente con i suoi occhi verdi, grandi, allungati ai lati come quelli di una gatta che gioca con il topo, prese le sue tette tra le mani e vi mise in mezzo il mio povero cazzo, facendomi una spagnola come mai ho provato fino ad ora, il risultato che le venni nuovamente tra le tette, questa volta lei schiacciò i suoi seni sulla bocca e leccò tutto il mio sperma con il fare di una grande troia.
Mi appoggiai alla parete opposta, stanco per la scopata maestosa che avevo sostenuto, lei era di fronte a me sul lato opposto della cucina con la schiena appoggiata ai cassetti e la testa riversa all’indietro, un respiro profondo e veloce di chi ha fatto un grosso sforzo, le sue enormi tette che si alzavano e si abbassavano per l’affanno, le gambe divaricate facevano intravedere le labbra aperte della vagina che perdeva ancora umori…… rimanemmo così per qualche minuto ad ansimare esausti, poi lei si alzò, baciandomi innocentemente sulla bocca “Sei un bravo cuoco” aggiunse, “Quando mi rinviti a cena?”.
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