Giulia la sottomessa
di
tom aniel
genere
dominazione
Pompa ancora una volta, poi allontana la boccuccia delicata dalla mia maestosa cappella (una basilica, più che una cappella) per evitare che lo schizzo la raggiunga in bocca. Tutto inutile, povera vacchetta, con un movimento dolce e fermo al tempo stesso le prendo i capelli e la costringo ad ingoiare la mazza di cane che mi ritrovo fra le gambe. La punta le scalpella l’esofago come un martello pneumatico, la soffoca e la stordisce con il suo odore di maschio. La sofferenza di una serva è sempre ben accetta. Mi fa eccitare, la sofferenza. Le sparo in gola una quantità industriale di sbroda tale da dissetare un reggimento di baldracche come lei. Giulia tossisce ed annaspa. Si sfila l’arnese di bocca e cade a faccia in avanti sul pavimento.
“Brava, maiala” le dico. Le assesto un calcio nel fianco e la ribalto come una tartaruga “Ora vatti a fare due gargarismi con l’acqua del bidé…che sennò poi parli e schizzi per terra col mio stesso sperma”
Giulia s’alza e con aria di mortificata rassegnazione va in bagno. Non ho bisogno di controllare per sapere che non userà il rubinetto del lavandino. E’troppo succube per non obbedire ciecamente ad ogni ordine che proviene da me, suo Padrone e Dominatore.
Giulia è una ragazza di ventidue anni. E’ bella e di famiglia povera. Una combinazione fantastica. Come tante ragazzine cerebrolese della sua età vede nel mondo della moda la sua unica scappatoia da una vita di stenti. Così si è attaccata a me. Farebbe qualsiasi cosa per una mia raccomandazione (chi sono e cosa faccio nella vita, però, non ve lo dico). Farebbe qualsiasi cosa anche per mettere il culo sulla mia Lamborghini.
Ma credete che io l’abbia accontentata?
Neppure per sogno!
Ogni tanto la uso, la sfondo in bocca, mi faccio mungere le palle svuotandomi con piacere sulla sua lurida lingua da sguattera nata che si ritrova, ci gioco, la illudo e la umilio. La calpesto. Le faccio baciare il mio culo e le piscio in bocca. Ultimamente ho scoperto due divertenti passatempi nuovi. Il primo è quello di sputarle in gola. Simpatico ma un po’ scontato. L’altro è scorreggiarle in bocca. Mi piace perché le fa lacrimare gli occhi.
Quanto alla raccomandazione se la può scordare. Io non faccio di queste cose, sono una persona onesta ed integerrima, io!
Resta solo la faccenda della Lamborghini. Certo, per tenermela fedele e sottomessa un contentino glielo devo pur dare ogni tanto. Purtroppo a farmi vedere assieme a quest’essere inutile mi vergogno. Mi rovinerei la piazza, capite?
La gente deve vedere che io frequento solo donne del mio status sociale, non mignottelle qualsiasi che potrei aver tirato su da una strada di borgata.
Così ai party ci vado con la mia fidanzata ufficiale, ex valletta d’importanti spettacoli televisivi ed attuale modella di chiara fama. Giulia la porto in giro qualche volta in posti dove nessuno possa vederci o peggio riconoscermi.
Finché sogna di poter fare carriera la uso come mi pare, poi tanti saluti e torna al lazzaretto.
Sono un grande, ammettetelo.
Ed ecco che la scema torna dal bagno.
“Sguattera, vieni qui a quattro zampe”
Giulia obbedisce.
“Come si dice?”
“Grazie, mio unico Signore e Padrone”
Ah, come mi garba quando la scema mi chiama così…Le metto il culo sulla schiena e la cavalco come fosse una cavalla, invece della vacca che è in realtà.
“Vai, bestia” esclamo.
“Ma…”
“Vai, ho detto, serva!”
“Ma…Signore, è pesante!”
La colpisco con la mano sul sedere e le tiro con violenza i bei capelli lunghi.
“E a me che cazzo me ne frega se sono pesante? Eh, incapace? Vai o ti spacco! Portami in bagno, la strada la conosci”
Giulia fa del suo meglio. Gattona come una bambina di quattro mesi sollevando il mio peso senza protestare oltre. Sa che non le conviene disobbedire.
Mi piace come si muove. Gemendo di dolore e fatica, provata nel fisico come nella propria autostima ormai a pezzi. Portare sulla groppa qualcuno che pesa quasi il doppio di te non è un’impresa facile, specialmente se si hanno muscoletti da sgualdrina baciauccelli. Giulia lo fa perché crede che avrà qualche cosa in cambio. Povera illusa! Mi gusto l’ondeggiare della sua schiena sotto le mie natiche muscolose che ogni donna vorrebbe baciare, e le appoggio le gambe sulle spalle per gravare fino all’ultimo grammo su di lei. Le tiro i capelli e la sculaccio con severità e dispetto. Infine arriviamo.
M’avesse fatto cadere durante la cavalcata l’avrei calpestata come uno zerbino fino a sentire scricchiolare le sue ossa. Avevo pronta l’eventuale punizione da prima ancora di partire.
Io sono una persona ragionevole, ma le serve devono obbedire. E’ a questo che servono.
A questo ed a nient’altro. E’ per questo che adesso Giulia lecca i piedi sudatissimi di Sonja, la mia fidanzata, che comodamente sdraiata sul divano la guarda con occhi divertiti e sfrontati. Ma prima volete sapere com’è andata in bagno? Va bene, ve lo racconto…
Arrivati in bagno scesi dalla serva e le tirai un calcio nel sedere. Giulia cadde in avanti con la testa vicina al cesso.
“Tiramelo fuori” ordinai.
La serva si sollevò in ginocchio e si avvicinò alla patta dei miei pantaloni di marca. Fece scendere la cerniera e scoprì il membro che l’aveva perforata in bocca ed in tutti gli altri buchi tante di quelle volte da non poterle più tenere in conto.
Tirò fuori l’uccello con le sue dita sottili ed aggraziate. Il contrasto fra il mio cazzo di ventotto centimetri ben fatti con le sue manine magre e quasi rachitiche era stridente. Se avessi voluto le avrei potuto spezzare le falangi a colpi di cappella. Non è detto che un giorno o l’altro non lo faccia. Come il grissino che sfonda il tonno, il ritornello di una celebre reclame di qualche anno fa.
Giulia iniziò a menarmelo con quelle manine per poi avvicinare le labbra alla punta. La fermai senza troppe cerimonie sputandole in faccia.
“Chi t’ha detto di farmi una sega?”
“Scusi, Padrone”
“M’hai fatto un pompino or ora e me ne vorresti fare di già un altro? Sei una troia in calore, altro che rispettabile fanciulla!”
“No, mio unico signore e dominatore”
“Apri la bocca e tieni la canna puntata verso la tua fogna”
“Ma…”
“Si, hai capito benissimo. Ti adopero come orinatoio. Perché, credi di valere molto di più?”
Giulia abbassò la testa, umiliata.
“Alza il capo, serva. Ed apri bene le labbra, che sennò ti piscio sui capelli e si fa sporco in giro in giro”
Aprii il getto non appena fu in posizione. E’ incredibile pensare, se un giorno Giulia arriverà davvero dove vuole, ai compromessi a cui ha dovuto sottostare. Se uno la vedesse ben vestita, in un abito da sera, a sculettare davanti ad un pubblico d’idioti non penserebbe mai che questa sgualdrina ha preso in bocca più uccelli di una voliera per pappagalli. Che tanto, per il pubblico, una bella ragazza vale l’altra: è per noi augusti signori che prendiamo le decisioni che cambiano le cose! Quelle che non si dimostrano carine, aria!
Ciò non vale per me, naturalmente.
Io sono un uomo tutto d’un pezzo. Con me una ragazza carina o meno che sia, quando mi sono stufato di tenere ammollo il cazzo nella sua bocca passo a quella successiva. E basta.
Ringraziamenti? E perché? Forse voi ringraziate uno strappo di carta igienica dopo che l’avete riempito di merda? Per queste ansiose bimbette dalla testa piccola e la coscia larga vale la stessa filosofia.
Ed io, modestia a parte, sono un grandissimo filosofo.
Dovrebbero essere loro, semmai, a ringraziare me per averle usate.
Le riempii la bocca di piscio in pochi secondi, rallentai il flusso per darle il tempo d’ingoiare e poi ricominciai a regime. Non fu un atto di grazia, il mio. Solo non volevo rischiare di sporcare il pavimento di piscio. Che di solito la punisco facendogli leccare le gocce di orina, ma so per esperienza che le mattonelle non tornano pulite solo con la lingua. Rimangono le scie di saliva ed occorre di nuovo passare il cencio.
Giulia bevve tutto senza esitare. L’avevo addestrata proprio bene, la mia sguattera. Ero stato davvero bravo. Poi mi slacciai i pantaloni e mi abbassai le mutande. Mi sedetti sul cesso e defecai.
“Questa volta ti va bene perché ho fretta, ma la prossima volta ti caco in bocca”
“Pa…padrone…io…la merda…”
“Non ti piace?”
Stupida. Come se avesse la facoltà di scegliere.
“Intanto fai pratica”
Mi sollevai dal water, le presi i capelli e le schiaffai il viso sopra al cesso. Gli efflussi della mia merdina solleticarono il suo senso dell’olfatto e la inebriarono.
Credo, per lo meno, che fosse inebriata, perché le vidi roteare gli occhi come durante una crisi epilettica.
Dai versi che emetteva o era eccitata o stava per vomitare. Mentre la lasciavo abituare alla composizione chimico-fisica dei miei escrementi mi pulii il culo con la carta, poi gettai il bolo marrone nel cesso. Si incastrò fra la tazza e la sua testa. Giulia si scostò.
“Cosa fai, scema?”
Non rispose.
“Se ti getto la carta merdosa nei capelli è perché tu ce la devi tenere, inferiore che non sei altro!”
La spinsi sotto trattenendola con un piede sulla schiena, quindi le abbassai il copriwater sulla testa e premetti lo scarico.
Giulia fremette e contrasse tutti i muscoli. La sentii irrigidirsi sotto la pressione del tallone. Infine si rilassò, quando l’acqua fu risucchiata nel buco.
Tolsi il coperchio, verificai che la mia sguattera non fosse stata portata via con gli stronzi galleggianti e sollevai il piede dalla sua schiena.
Giulia cadde, tossendo ed ansimando.
“Guarda che mi stai bagnando il pavimento, incapace!”
“Pe…perdono, mio sig…”
“Ma quale perdono! E poi che cazzo vuol dire “mio sig”? Ora ci lecchi! Altrimenti ti calpesto fino a sbriciolarti!”
Giulia s’inginocchiò lasciandosi ammirare. Una crosticina di merda decorava il viso della serva come una gemma, i suoi capelli erano bagnati e sconvolti.
“Asciuga, sguattera che non sei altro…” dissi “Io t’aspetto di là”
Mi volsi per andarmene. Improvvisamente mi fermai.
“No, non usare carta o asciugamani” ordinai “Devi fare tutto con la lingua solamente”
“Ma…mio signore…”
“Niente ma! Obbedisci! Sennò ti puoi scordare le sfilate di Milano. Non ti faccio fare l’indossatrice neppure per i pigiami invernali!”
“No, mio signore! Tutto ma non mi abbandoni!”
Scoppiai a ridere. Cosa non si fa per la propria lussuria.
“Lavora, vai”
Me ne andai.
In salotto trovai Sonja, la mia fidanzata ufficiale.
“Ciao, Sonja”
“Ciao”
“Scusa se nessuno ti ha aperto la porta, ma sai, la serva è sempre più maldestra…”
“Eri con lei?”
“Si”
“Che cosa le fai fare?”
“Lecca l’acqua sul pavimento del bagno. Prima l’ho dissetata, un po’ con la sborra ed un po’ con il piscio. E poi le ho chiusa la testa nel cesso ed ho tirato lo sciacquone”
Sonja rise di gusto, portandosi con eleganza una mano alla bocca. Era vestita in tenuta sportiva, con tuta e scarpe da ginnastica. Tornava dalla sua corsetta mattutina.
“Dici che posso adoperarla? Ho i piedini tutti sudati”
“Ma certo! Cara, come puoi chiedermi una cosa come questa? Lei esiste solo per noi, è ovvio che tu la possa usare! E poi la suola delle tue scarpe è tutta polverosa, merita una pulita con la lingua. Le scarpe di noi gente ricca, si sa, sono delicate”
Sonja rise di nuovo. Le piaceva da matti la schiava. Usarla come sgabello, leccapiedi, cavallina, cagna e tutto il resto.
“E’ di là che ti aspetta” dissi “Falle sciacquare un po’ la bocca, però, prima di usarla. Come ti ho detto, saprà ancora di piscio”
Sonja si recò in bagno. Non avevo bisogno di seguirla per sapere cosa sarebbe accaduto.
“Schifosa! Ciao!” esclamò la Dea con tono gioviale “Pulisciti la bocca da cagna che ti ritrovi, svelta. Ho necessità che tu mi lecchi i piedi e poi le scarpe. Dopo mi faccio una doccia e tu mi fai da tappetino antiscivolo. Mi siederò su di te. Non è magnifico? Avrai il mio culo sulla tua schiena indegna! Non ti senti onorata di questo? Oh, si, certo. Dopo me la potrai anche leccare. Se vuoi non ti priverò della mia pioggia dorata, ti piscerò in bocca come ha fatto il mio ragazzo. E poi…e poi…ho in mente un sacco di cose nuove da farti provare, oggi”
La porta del bagno si chiuse ed io risi di ciò che la mia ragazza avrebbe fatto fare a quella stupida serva di Giulia.
“Brava, maiala” le dico. Le assesto un calcio nel fianco e la ribalto come una tartaruga “Ora vatti a fare due gargarismi con l’acqua del bidé…che sennò poi parli e schizzi per terra col mio stesso sperma”
Giulia s’alza e con aria di mortificata rassegnazione va in bagno. Non ho bisogno di controllare per sapere che non userà il rubinetto del lavandino. E’troppo succube per non obbedire ciecamente ad ogni ordine che proviene da me, suo Padrone e Dominatore.
Giulia è una ragazza di ventidue anni. E’ bella e di famiglia povera. Una combinazione fantastica. Come tante ragazzine cerebrolese della sua età vede nel mondo della moda la sua unica scappatoia da una vita di stenti. Così si è attaccata a me. Farebbe qualsiasi cosa per una mia raccomandazione (chi sono e cosa faccio nella vita, però, non ve lo dico). Farebbe qualsiasi cosa anche per mettere il culo sulla mia Lamborghini.
Ma credete che io l’abbia accontentata?
Neppure per sogno!
Ogni tanto la uso, la sfondo in bocca, mi faccio mungere le palle svuotandomi con piacere sulla sua lurida lingua da sguattera nata che si ritrova, ci gioco, la illudo e la umilio. La calpesto. Le faccio baciare il mio culo e le piscio in bocca. Ultimamente ho scoperto due divertenti passatempi nuovi. Il primo è quello di sputarle in gola. Simpatico ma un po’ scontato. L’altro è scorreggiarle in bocca. Mi piace perché le fa lacrimare gli occhi.
Quanto alla raccomandazione se la può scordare. Io non faccio di queste cose, sono una persona onesta ed integerrima, io!
Resta solo la faccenda della Lamborghini. Certo, per tenermela fedele e sottomessa un contentino glielo devo pur dare ogni tanto. Purtroppo a farmi vedere assieme a quest’essere inutile mi vergogno. Mi rovinerei la piazza, capite?
La gente deve vedere che io frequento solo donne del mio status sociale, non mignottelle qualsiasi che potrei aver tirato su da una strada di borgata.
Così ai party ci vado con la mia fidanzata ufficiale, ex valletta d’importanti spettacoli televisivi ed attuale modella di chiara fama. Giulia la porto in giro qualche volta in posti dove nessuno possa vederci o peggio riconoscermi.
Finché sogna di poter fare carriera la uso come mi pare, poi tanti saluti e torna al lazzaretto.
Sono un grande, ammettetelo.
Ed ecco che la scema torna dal bagno.
“Sguattera, vieni qui a quattro zampe”
Giulia obbedisce.
“Come si dice?”
“Grazie, mio unico Signore e Padrone”
Ah, come mi garba quando la scema mi chiama così…Le metto il culo sulla schiena e la cavalco come fosse una cavalla, invece della vacca che è in realtà.
“Vai, bestia” esclamo.
“Ma…”
“Vai, ho detto, serva!”
“Ma…Signore, è pesante!”
La colpisco con la mano sul sedere e le tiro con violenza i bei capelli lunghi.
“E a me che cazzo me ne frega se sono pesante? Eh, incapace? Vai o ti spacco! Portami in bagno, la strada la conosci”
Giulia fa del suo meglio. Gattona come una bambina di quattro mesi sollevando il mio peso senza protestare oltre. Sa che non le conviene disobbedire.
Mi piace come si muove. Gemendo di dolore e fatica, provata nel fisico come nella propria autostima ormai a pezzi. Portare sulla groppa qualcuno che pesa quasi il doppio di te non è un’impresa facile, specialmente se si hanno muscoletti da sgualdrina baciauccelli. Giulia lo fa perché crede che avrà qualche cosa in cambio. Povera illusa! Mi gusto l’ondeggiare della sua schiena sotto le mie natiche muscolose che ogni donna vorrebbe baciare, e le appoggio le gambe sulle spalle per gravare fino all’ultimo grammo su di lei. Le tiro i capelli e la sculaccio con severità e dispetto. Infine arriviamo.
M’avesse fatto cadere durante la cavalcata l’avrei calpestata come uno zerbino fino a sentire scricchiolare le sue ossa. Avevo pronta l’eventuale punizione da prima ancora di partire.
Io sono una persona ragionevole, ma le serve devono obbedire. E’ a questo che servono.
A questo ed a nient’altro. E’ per questo che adesso Giulia lecca i piedi sudatissimi di Sonja, la mia fidanzata, che comodamente sdraiata sul divano la guarda con occhi divertiti e sfrontati. Ma prima volete sapere com’è andata in bagno? Va bene, ve lo racconto…
Arrivati in bagno scesi dalla serva e le tirai un calcio nel sedere. Giulia cadde in avanti con la testa vicina al cesso.
“Tiramelo fuori” ordinai.
La serva si sollevò in ginocchio e si avvicinò alla patta dei miei pantaloni di marca. Fece scendere la cerniera e scoprì il membro che l’aveva perforata in bocca ed in tutti gli altri buchi tante di quelle volte da non poterle più tenere in conto.
Tirò fuori l’uccello con le sue dita sottili ed aggraziate. Il contrasto fra il mio cazzo di ventotto centimetri ben fatti con le sue manine magre e quasi rachitiche era stridente. Se avessi voluto le avrei potuto spezzare le falangi a colpi di cappella. Non è detto che un giorno o l’altro non lo faccia. Come il grissino che sfonda il tonno, il ritornello di una celebre reclame di qualche anno fa.
Giulia iniziò a menarmelo con quelle manine per poi avvicinare le labbra alla punta. La fermai senza troppe cerimonie sputandole in faccia.
“Chi t’ha detto di farmi una sega?”
“Scusi, Padrone”
“M’hai fatto un pompino or ora e me ne vorresti fare di già un altro? Sei una troia in calore, altro che rispettabile fanciulla!”
“No, mio unico signore e dominatore”
“Apri la bocca e tieni la canna puntata verso la tua fogna”
“Ma…”
“Si, hai capito benissimo. Ti adopero come orinatoio. Perché, credi di valere molto di più?”
Giulia abbassò la testa, umiliata.
“Alza il capo, serva. Ed apri bene le labbra, che sennò ti piscio sui capelli e si fa sporco in giro in giro”
Aprii il getto non appena fu in posizione. E’ incredibile pensare, se un giorno Giulia arriverà davvero dove vuole, ai compromessi a cui ha dovuto sottostare. Se uno la vedesse ben vestita, in un abito da sera, a sculettare davanti ad un pubblico d’idioti non penserebbe mai che questa sgualdrina ha preso in bocca più uccelli di una voliera per pappagalli. Che tanto, per il pubblico, una bella ragazza vale l’altra: è per noi augusti signori che prendiamo le decisioni che cambiano le cose! Quelle che non si dimostrano carine, aria!
Ciò non vale per me, naturalmente.
Io sono un uomo tutto d’un pezzo. Con me una ragazza carina o meno che sia, quando mi sono stufato di tenere ammollo il cazzo nella sua bocca passo a quella successiva. E basta.
Ringraziamenti? E perché? Forse voi ringraziate uno strappo di carta igienica dopo che l’avete riempito di merda? Per queste ansiose bimbette dalla testa piccola e la coscia larga vale la stessa filosofia.
Ed io, modestia a parte, sono un grandissimo filosofo.
Dovrebbero essere loro, semmai, a ringraziare me per averle usate.
Le riempii la bocca di piscio in pochi secondi, rallentai il flusso per darle il tempo d’ingoiare e poi ricominciai a regime. Non fu un atto di grazia, il mio. Solo non volevo rischiare di sporcare il pavimento di piscio. Che di solito la punisco facendogli leccare le gocce di orina, ma so per esperienza che le mattonelle non tornano pulite solo con la lingua. Rimangono le scie di saliva ed occorre di nuovo passare il cencio.
Giulia bevve tutto senza esitare. L’avevo addestrata proprio bene, la mia sguattera. Ero stato davvero bravo. Poi mi slacciai i pantaloni e mi abbassai le mutande. Mi sedetti sul cesso e defecai.
“Questa volta ti va bene perché ho fretta, ma la prossima volta ti caco in bocca”
“Pa…padrone…io…la merda…”
“Non ti piace?”
Stupida. Come se avesse la facoltà di scegliere.
“Intanto fai pratica”
Mi sollevai dal water, le presi i capelli e le schiaffai il viso sopra al cesso. Gli efflussi della mia merdina solleticarono il suo senso dell’olfatto e la inebriarono.
Credo, per lo meno, che fosse inebriata, perché le vidi roteare gli occhi come durante una crisi epilettica.
Dai versi che emetteva o era eccitata o stava per vomitare. Mentre la lasciavo abituare alla composizione chimico-fisica dei miei escrementi mi pulii il culo con la carta, poi gettai il bolo marrone nel cesso. Si incastrò fra la tazza e la sua testa. Giulia si scostò.
“Cosa fai, scema?”
Non rispose.
“Se ti getto la carta merdosa nei capelli è perché tu ce la devi tenere, inferiore che non sei altro!”
La spinsi sotto trattenendola con un piede sulla schiena, quindi le abbassai il copriwater sulla testa e premetti lo scarico.
Giulia fremette e contrasse tutti i muscoli. La sentii irrigidirsi sotto la pressione del tallone. Infine si rilassò, quando l’acqua fu risucchiata nel buco.
Tolsi il coperchio, verificai che la mia sguattera non fosse stata portata via con gli stronzi galleggianti e sollevai il piede dalla sua schiena.
Giulia cadde, tossendo ed ansimando.
“Guarda che mi stai bagnando il pavimento, incapace!”
“Pe…perdono, mio sig…”
“Ma quale perdono! E poi che cazzo vuol dire “mio sig”? Ora ci lecchi! Altrimenti ti calpesto fino a sbriciolarti!”
Giulia s’inginocchiò lasciandosi ammirare. Una crosticina di merda decorava il viso della serva come una gemma, i suoi capelli erano bagnati e sconvolti.
“Asciuga, sguattera che non sei altro…” dissi “Io t’aspetto di là”
Mi volsi per andarmene. Improvvisamente mi fermai.
“No, non usare carta o asciugamani” ordinai “Devi fare tutto con la lingua solamente”
“Ma…mio signore…”
“Niente ma! Obbedisci! Sennò ti puoi scordare le sfilate di Milano. Non ti faccio fare l’indossatrice neppure per i pigiami invernali!”
“No, mio signore! Tutto ma non mi abbandoni!”
Scoppiai a ridere. Cosa non si fa per la propria lussuria.
“Lavora, vai”
Me ne andai.
In salotto trovai Sonja, la mia fidanzata ufficiale.
“Ciao, Sonja”
“Ciao”
“Scusa se nessuno ti ha aperto la porta, ma sai, la serva è sempre più maldestra…”
“Eri con lei?”
“Si”
“Che cosa le fai fare?”
“Lecca l’acqua sul pavimento del bagno. Prima l’ho dissetata, un po’ con la sborra ed un po’ con il piscio. E poi le ho chiusa la testa nel cesso ed ho tirato lo sciacquone”
Sonja rise di gusto, portandosi con eleganza una mano alla bocca. Era vestita in tenuta sportiva, con tuta e scarpe da ginnastica. Tornava dalla sua corsetta mattutina.
“Dici che posso adoperarla? Ho i piedini tutti sudati”
“Ma certo! Cara, come puoi chiedermi una cosa come questa? Lei esiste solo per noi, è ovvio che tu la possa usare! E poi la suola delle tue scarpe è tutta polverosa, merita una pulita con la lingua. Le scarpe di noi gente ricca, si sa, sono delicate”
Sonja rise di nuovo. Le piaceva da matti la schiava. Usarla come sgabello, leccapiedi, cavallina, cagna e tutto il resto.
“E’ di là che ti aspetta” dissi “Falle sciacquare un po’ la bocca, però, prima di usarla. Come ti ho detto, saprà ancora di piscio”
Sonja si recò in bagno. Non avevo bisogno di seguirla per sapere cosa sarebbe accaduto.
“Schifosa! Ciao!” esclamò la Dea con tono gioviale “Pulisciti la bocca da cagna che ti ritrovi, svelta. Ho necessità che tu mi lecchi i piedi e poi le scarpe. Dopo mi faccio una doccia e tu mi fai da tappetino antiscivolo. Mi siederò su di te. Non è magnifico? Avrai il mio culo sulla tua schiena indegna! Non ti senti onorata di questo? Oh, si, certo. Dopo me la potrai anche leccare. Se vuoi non ti priverò della mia pioggia dorata, ti piscerò in bocca come ha fatto il mio ragazzo. E poi…e poi…ho in mente un sacco di cose nuove da farti provare, oggi”
La porta del bagno si chiuse ed io risi di ciò che la mia ragazza avrebbe fatto fare a quella stupida serva di Giulia.
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