Diario di una sottomessa - Mi chiamo Giulia e sono una cavalla

di
genere
dominazione

Aspettavo il padrone inginocchiata nuda in un angolo al buio, come di consueto. Era stata una settimana delirante, il mio seno non si era ancora ripreso, era livido e ipersensibile, i capezzoli innaturalmente allungati. Non penso che sarebbe tornato mai come prima, mi sembravano più cadenti. Ero pronta alla mia nuova settimana da animale, ero terrorizzata quanto eccitata al pensiero di ciò che il padrone potesse farmi, sapevo che era capace di tutto. Quando il mio padrone rientrò aveva nuovi sacchetti, contenenti l'occorrente per la mia settimana da animale. Si rivolse verso a me, dovette leggere l'eccitazione nel mio sguardo, perchè si abbassò e mi insinuò un dito nella fica già umida. "Ma è possibile che la fica ti sbava in continuazione?!?" esclamò lui incredulo. Ero tanto imbarazzata che non osavo guardarlo. "Comunque, ho deciso che per questi giorni sarai una cavalla, quindi guarda cosa ti ho portato". Estrasse da un sacchetto una sorta di briglie in miniatura. Mi fece spalancare la bocca e me le mise, avevo la bocca completamente allargata e muovevo la lingua con difficoltà, infatti iniziai subito a sbavare. Prontamente mi misi a quattro zampe di fronte a lui, che mi indicò di offrirgli il culetto. Mi infilò tre dita in fica e mi disse: "fammi sentire come nitrisci cavalla". Iniziai a nitrire, anche se con un po' di difficoltà a causa delle briglie mentre lui mi scopava la fichetta. "Brava, ma adesso il pezzo forte" disse lui, estraendomi le dita e prendendo il secondo sacchetto. Prese una massiccia verga di gomma, con delle cinture apposite per farla reggere. Era davvero grossa, ma la cosa fuori dal comune è che alla fine di questa pendeva una fluente coda di cavallo nera. Il mio buchetto era talmente spaccato che bastò poco lavoro di dilatazione a farmela sparire tutta dentro, provocandomi delle violente scosse di piacere, ne avrei tanto voluta una anche nella mia fregna sbrodolante. La coda mi pendeva in mezzo alle chiappe e il padrone mi ordinò di nitrire ancora. Obbedii, come sempre. "Sei perfetta adesso, mia bella cavalla da monta.. iniziamo a giocare". Mi portò nella stanza del sesso, dove teneva tutti i suoi utensili. Mi fece salire a quattro zampe sopra il tavolaccio di legno che stava al centro della stanza e mi legò polsi e caviglie con delle pesanti catene. La verga mi premeva sempre più in profondità e mi faceva impazzire di piacere. Il padrone si spogliò completamente nudo, con il cazzo già completamente eretto. Armeggiò tra i sacchetti che aveva portato e ne estrasse un frustino da cavallo. Me lo appoggiò in faccia, e iniziò a strofinarmelo sugli occhi, sul naso, sulla bocca, aveva un penetrante odore di cuoio. "Leccalo", mi ordinò. Così feci, leccai il frustino, sbavando a più non posso. Il padrone lo fece schioccare in un nanosecondo, colpendomi forte la guancia. Nitrii per il dolore. Poi lo fece scivolare in basso, sul collo, per poi arrivare i mezzo alle tette che mi penzolavano verso il basso. Iniziò a frustarmele con violenza, a colpi secchi e precisi, concentrandosi soprattutto sui capezzoli. Fu molto doloroso, le mammelle ancora mi facevano male per i miei trascorsi da vacca. Ma più lui mi picchiava duro più io godevo, il padrone se ne accorgeva e quando mi vedeva al limite abbassava il frustino, senza permettermi di raggiungere il culmine, mentre la fica mi colava in maniera indecente e la verga di gomma continuava a trapanarmi il culo. Mi frustò la schiena, le gambe, le cosce, i piedi, e finalmente si indirizzò dovevo volevo.. sulla fica. Iniziò a sferzarmi la passera gocciolante, mi dava una frustata sola e poi si fermava, faceva una pausa che mi sembrava interminabile e poi me la frustava di nuovo, impedendomi ancora di raggiungere l'ogasmo. Iniziai a nitrire e a piagnucolare, bramosa di raggiungere l'orgasmo. Il padrone acconsentì al mio godimento, iniziando a colpirmi ripetutamente con il frustino sul clitoride finchè non spruzzai fuori dalla fica tutto il mio miele, godendo e nitrendo come una pazza, se non fossi stata legata probabilmente avrei anche scalciato come una cavalla. Mi infilò tutto il frustino in fica e inizio a scoparmela senza tanto riguardo, mentre mi sculacciava le natiche con cattiveria inaudita."Che cavallona, guarda come muovi le chiappe, ti faresti scopare da chiunque e da qualunque cosa pur di avere la fregna e il culo pieni!!" mi insultò lui. Raggiunsi di nuovo l'orgasmo e il padrone mi sfilò il frustino dalla fica e me lo portò alla bocca, per farmelo ripulire dagli umori. Tolto il frustino si menò per pochi secondo il cazzo e mi sborrò una grande quantità di seme dritto in gola.
Il giorno seguente mi ritrovai di nuovo su quel tavolino legata. Il padrone mi lasciò li per non so quanto, sempre con la verga con criniera in culo e le briglie in bocca. Solo che stavolta mi aveva legato al bacino un altro enorme fallo che mi penetrava la fica. Prima di andarsene mi aveva detto che dovevo essere pronta e completamente aperta per quello che mi aspettava. Dopo ore il padrone tornò ed era in compagnia di due africani dalla pelle scurissima, erano degli omoni alti e muscolosi, due armadi, uno pelato uno con dei lunghi rasta."Ecco i tuoi stalloni cavalla, sei pronta a farti montare?" disse il mio padrone "fagli sentire quanta voglia hai di essere sfondata, nitrisci!". Ubbidii al mio padrone, come sempre, mentre i due africani iniziarono a spogliarsi, per rimanere nudi. Avevano due proboscidi scure in mezzo alle gambe, i cazzi più grossi che avessi mai visto.. equini, oserei dire. Svettavano eretti di fronte a me, li guardavo in un misto di timore e adorazione, bramosa di sentirli invadermi le viscere, ma sapevo che mi avrebbero fatto male. Tremavo dall'eccitazione quando mi si avvicinarono e iniziarono a toccarmi ogni centimetro del corpo, mi palpavano e mi schiaffeggiavano, avevano delle mani grandi e forti, la loro pelle d'ebano in contrasto con la mia quasi diafana. A ogni loro tocco rabbrividivo, eccitata. Il mio padrone si era accomodato in un angolo, regista della scena, iniziò a impartire ordini ai due uomini: "fate di lei ciò che volete, non abbiate remore, è una cavalla sporca sempre pronta a farsi montare, una troia pronta a farsi trombare da chiunque, non è vero cavalla?", disse lui, mentre io annuivo a confermare la sua descrizione di me. E come dargli torto, ero su quel tavolo legata a quattro zampe, le briglie mi costringevano a stare a bocca aperta e mi facevano sbavare, avevo due verghe enormi nel corpo, una in culo e una nella figa, che mi aprivano i buchi in maniera innaturale, le grosse tette mi penzolavano verso il basso, i capezzoli scuri erano turgidi come non mai. Il primo nero prese il frustino e iniziò a sferzarmi colpi, ora sulle natiche, ora in faccia, ora sui seni e sul ventre. Ogni colpo era un nitrito di dolore e godimento, bramosia di averne ancora e allo stesso tempo supplica che quel dolore finisse, voglia e desiderio impellente di essere scopata. L'altro era salito sul tavolo di fronte a me, e mi aveva offerto alla bocca il suo serpente nero, il glande enorme e più chiaro rispetto al resto. Me lo infilò in bocca e iniziò scoparmela, per quanto potessi accoglierlo, cercava di spingermelo in gola, gli angoli della bocca mi facevano male da quanto erano tesi. Soffocavo con quel bel cazzo maschio nella gola, lo slinguavo avida, mentre l'altro continuava a frustarmi. Il padrone si alzò, mi slacciò le imbragature e sfilò le due verghe dal mio corpo. Il secondo nero si sostituì immediatamente a quella che avevo nella figa, e senza tanti complimenti iniziò a sfondarmela, non mi ero mai sentita così piena, urlavo mentre l'altro mi soffocava con il suo enorme cazzo. Il nero che avevo dietro mi spremeva le mammelle e mi stantuffava per bene la sua proboscide nella figa, godevo e urlavo come un'ossessa quando finalmente la mia bocca fu liberata dal cazzo dell'altro. Me lo sentivo sempre più in fondo, mi scavava dentro procurandomi orgasmi multipli, finchè non sentii i coglioni dell'uomo sbattermi sulla figa. Mi aveva completamente penetrata, mi scopava a un ritmo forsennato e incessante, il corpo non mi reggeva più, finchè non si sfilò da me, lasciandomi una sensazione di vuoto assurda. "Sei riuscita a prenderlo tutto, sei talmente larga che sei riuscita a fartelo infilare fino alle palle, lercia cavalla che non sei altro!" mi sbeffeggiava intanto il padrone, non mi ero accorta che stava riprendendo tutta la scena con una videocamera. Mi slegarno finalmente e mi tolsero le briglie, era forse tutto finito? Neanche per idea, uno dei due africani si sdraiò sul tavolo e mi invitò a sdraiarmi sopra di lui dandogli le spalle. Non appena fui in quella posizione indirizzò il suo serpente nero all'ingresso del mio culetto, sfregandoci sopra la cappella. Il mio buco era talmente largo che non ebbe problemi ad accoglierla tutta, ma quando egli iniziò a spingerci dentro tutta la lunghezza iniziai a sentire un bruciore lancinante, era fisicamente impossibile che io potessi prenderlo tutto. Con le mani mi allargava le natiche e spingeva sempre più a fondo, mentre eseguiva questa operazione l'altro mi montò sopra, mi puntò il cazzo sulla fighetta grondante e completamente aperta, pronta ad accoglierlo. Affondò dentro di me e iniziò a fottermi senza alcuna pietà nè riguardo per l'altro cazzo che intanto mi sfondava il culetto. Mi sentivo lacerata, aperta, sfondata, avevo due cazzi enormi che mi scopavano contemporaneamente, ero in balia di quei due stalloni neri, ero la loro cavalla da monta, i loro bastoni mi stavano facendo godere come non mai, nitrivo e urlavo in preda a orgasmi mai provati prima. Loro mi grugnivano e sudavano addosso, erano delle macchine da guerra, mi scopavano a un ritmo incessante e animalesco, mi sentivo il culetto trivellato e la figa sfondata. I loro bacini possenti mi colpivano, le tette mi ondeggiavano al ritmo da loro dettato, mi sentivo piena di quei meravigliosi cazzi neri ed enormi. Il padrone nel frattempo mi colpiva con il frustino con violenza e precisione. Persi la nozione del tempo, tanta era l'euforia di quell'amplesso, finchè non mi sborrarono entrambi dentro, per poi svuotarmi dei loro arnesi, lasciandomi lì accasciata sul tavolo, spossata e distrutta. Ero sudata e sconvolta quando il padrone mi tirò a sè di modo che la mia testa cadesse dal bordo del tavolo e iniziò a scoparmi la bocca. Mi riversò tutto il suo seme in gola, sentivo i caldi fiotti riempirmi la bocca di quel sapore che oramai mi nutriva e mi rendeva schiava. E se ne andò anche lui senza dire una parola. Ero lì sul tavolo incapace di muovermi, il petto che si alzava e abbassava affannoso. Mi portai una mano tra le gambe, avevo la figa allargata e aperta, dalla quale grondavano copiosi sborra e umori. Ma lo shock fu toccarmi l'ano. Era dilaniato e talmente aperto che la mia mano ci entrava senza fatica tutta intera, la quale mi rimase impregnata del seme copioso del nero che mi aveva sfondata.. e del mio sangue.
scritto il
2015-04-27
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