Grazia

di
genere
sentimentali

Ero alla presentazione di un libro scritto da un mio Professore, la conferenza si tenne nel caffè più bello della mia città. Per l'occasione tutti erano vestiti eleganti, lo feci anch'io. Indossavo un vestito nero, con una camicia bianca e una cravatta bordeaux; ero arrivato presto, ma c'erano già diverse persone, soprattutto ragazze del mio corso e anziani personaggi legati all'università. Non conoscevo nessuno e cominciai ad andare avanti e indietro, prima verso il bagno, poi verso il bar, giusto per passare il tempo. Ordinai un liquore alle erbe molto particolare che viene prodotto solo in quel caffè secondo una ricetta segreta, ma camminando nel corridoietto creato dalle sedie disposte in file per il discorso del Professore avevo già visto due occhi che mi guardavano e continuavo ad osservarla, anche lei guardava me, non sapevo che fare. Finii di bere e le passai davanti di nuovo, deciso a iniziare una conversazione con un pretesto del tipo “Ci siamo già visti da qualche parte?”, ma successo quel che mai avrei potuto prevedere “Ciao, hai visto che ti guardavo? Perché non ti siedi qui?” la voce che mi parlava da dietro i paramenti ottocenteschi era molto sicura di se, apparteneva ad una ragazza di vent'anni, con degli occhiali con la montatura nera, che stava seduta sul divano a muro sotto ad una delle grandi finestre dell'edificio. “Mi siedo volentieri con te, qui non conosco nessuno.” le dissi, lo spazio era abbastanza appartato, stavamo fra due tende, quasi non ci si vedeva.
Lei indossava un completo color panna, con la gonna corta e aderente e una giacca, sotto aveva una camicia bianca, appoggiandosi ad uno dei braccioli la giacca le si discostò dalla spalla e vidi sulla sua pelle scoperta un bizzarro tatuaggio. Erano tre citazioni, tre scritte una sopra l'altra. “Il mulino del Po. E' un bel libro, piace molto anche a me.” le dissi “Oh ora starai pensando che sono strana” “Assolutamente no, anzi, non so il greco, ma vedo che hai anche una frase di Epicuro.” “Tu vivi in questa città?” “Sì e tu?” “Anch'io, da un paesetto però.” “Ah lo conosco!” le feci una carezza sulla gamba scoperta e continuammo a parlare. A un certo punto disse “Che lessico ricco ed elegante che hai, io sono qui per impoverirlo...” “Non dire così, sono un ignorante, spero che tu non pensi che io parli così per mettermi in mostra, fa solo parte della mia natura. Se preferisci posso parlarti in dialetto, è la mia lingua madre, sono stato cresciuto così.”, come era bella, sembrava un piccola segretaria sexy, aveva i capelli neri, lisci e lunghi, le cadevano sul seno, una buona terza misura. Avevamo molto in comune, a un tratto le dissi “Cosa ti ha spinto a parlarmi?” eravamo entrati in confidenza, “Sono sempre stata curiosa di conoscerti e non ne ho mai avuto l'occasione. Poi quando hai riconosciuto Epicuro senza sapere il greco, ho capito quante volte devi aver riletto il testo per aver imparato a riconoscere dei segni di cui non sai il significato.” disse lei “Sì l'ho letto in italiano col testo a fronte.”, non mi era mai capitato di aprirmi così con una persona al primo incontro, le chiesi se le dava fastidio il fatto che io avessi i capelli lunghi e che solitamente mi vestissi di nero “Come Vittorio Alfieri.” disse lei, ma aggiunse anche che avendomi già visto in giro lo sapeva già e non era un problema. “Non mi hai ancora detto come ti chiami.” fui costretto a dirle a un certo punto “Grazia” rispose lei e continuammo a parlare, qualcuno mi aveva davvero fatto una grazia. Inaspettatamente mi baciò, stavamo fra le tende e nessuno poteva vederci, eravamo isolati nella nostra alcova. Mai in vita mia mi era successo di amare così, lei stava davanti a me, la gonna le si era un po' sollevata e vedevo le sue mutande bianche, il mio pensiero però era rivolta a quello che aveva sotto. La mie mani correvano sulla sua schiena, sulle sue gambe, sul suo culo tondo e bello, la sua lingua roteava nella mia bocca insieme alla mia, le morsicchiai il labbro inferiore. La conferenza era già iniziata, noi ci conoscevamo da solo due ore, eppure mi sembrava di conoscerla da sempre, ero inebriato dal suo profumo e dai suoi capelli. Il mio pacco stava appoggiato sulla sua gamba e non me ne ero nemmeno accorto “Se ce l'hai così da moscio, chissà da durò.” mi sussurrò nell'orecchio destro baciandomelo e mordendomi il lobo, bastarono quelle parole a far partire l'erezione. Avevo un paio di pantaloni eleganti, in tessuto sottile, se almeno avessi usato i boxer invece delle mutande avrei potuto contenermi di più, ma ormai non ce la facevo a trattenermi. “Forse è il caso che andiamo in bagno a parlare, baciarsi davanti a tutti...così...poi ci scoprono...staremo più tranquilli...” bisbigliai, lei mi sorrise e presomi per mano mi portò verso la toilette. Andammo nel bagno degli uomini e chiudemmo la porta, era una stanza pulita e grande, con una tazza e un lavandino, li potemmo limonare senza problemi e limiti di tempo. Lei cominciò a toccarmi il pacco sopra i pantaloni “Ne sei sicura? Ci conosciamo da poco.” le dissi “Lo so che lo desideri e lo voglio anch'io, poi così, di certo non puoi uscire” rispose, effettivamente avevo un'erezione abbastanza evidente. Era il momento più erotico di tutta la mia vita, una ragazza appena incontrata stava per farmi una sega nel cesso di un locale di lusso. Mi tirò per la cravatta e mi baciò di nuovo, le sue mani intanto mi slacciarono la cintura e i pantaloni che caddero alle mie caviglie, il cazzo mi era già uscito dalla mutante, in breve tempo m'abbassò anche quella e la sua mano piccola e morbida si posò su di me. Sono solito radermi completamente il pene e lo scroto e curare molto il pelo su pube, mi disse che stavo bene così ed iniziò a menarmi il cazzo. Sospirai appoggiato al lavandino. La sua mano si muoveva veloce, non avevamo molto tempo, trovò il giusto ritmo dopo un po', socchiusi gli occhi per il piacere che mi stava procurando con le sue carezze. Passarono circa dieci minuti, resistere non aveva senso, avevo perso la cognizione del tempo e temevo che venissero a bussarci alla porta. “Grazia sto per venire, cosa facciamo...”le dissi, lei era imbarazzata, rimase un po' titubante, poi si piegò e si mise in ginocchio sul pavimento lindo e ancora profumato di detersivo. “Non possiamo sporcare.” disse lei, si era messa davanti a me, mi prese il cazzo in mano e mi baciò lo scroto. Io mi sentivo pronto al rapporto orale, mi ero lavato con una salvietta igenizzante dopo aver urinato, come sono solito fare, proprio nello stesso bagno in cui ci trovavamo in quel momento. Sapevo di essere pulito e profumato. Lei mi passò la lingua sull'asta e sulla cappella, poi lo prese in bocca e cominciò a succhiarlo con foga perché sapeva che stavo per venire. Mi vergognavo un po' a venirle in bocca così, ci conoscevamo da talmente poco. La interruppi un attimo, anche per prolungare il mio piacere, sentivo delle scosse che attraversavano la mia schiena “Sei sicura? Non ti da fastidio?” “No” “Davvero?” “Voglio il tuo seme” “Spero che ti piaccia il rock'n'roll allora, perchè ne ho un bel po' in serbo per te.” ormai non resistevo più, fremiti simili a refrigerio risalivano la mia colonna vertebrale fino al collo. La guardai negli occhi, vidi il mio cazzo nella sua bocca, lei si muoveva su e giù, contrassi i muscoli del pube per spingere dentro di lei il mio sboro con tutta la forza che avevo. Sentivo la sua lingua sul mio frenulo e il mio cazzo che schizzava contro la sua gola. Mi sembrava non finisse mai; quando non ne ebbi più lei continuò a ciucciarmi il pene per ripulirlo. “Ne avevi proprio tanto” mi disse sorridendo, aveva già deglutito tutto. La feci alzare e le palpai il culo stringendola ancora verso di me, mi rimisi apposto mutande e pantaloni “Dobbiamo andare ora, la conferenza sarà già quasi a metà!” disse lei “Aspetta, ora è il tuo turno” le dissi e la misi a sedere sul lavandino di marmo, le misi una mano in mezzo alle gambe e iniziai a toccarla sopra le mutande, poi le spostai da una parte e iniziai a massaggiarla, avevo paura d'essere maldestro, lei con me era stata molto brava, mi sentivo emozionato. Non potei vedere la sua espressione perchè ci baciammo quasi subito, mentre le infilavo dentro l'indice e lo spingevo verso di me. Scesi subito con la testa e le calai le mutande, sentivo la sua figa già bagnata e ne assaporavo l'odore, mi ci gettai a capofitto come fosse il dolce più squisito sulla faccia della terra e iniziai a leccarle il clitoride. Era coperta di riccioli neri. Non trascurai un centimetro del suo altare del piacere, la sentivo fremere, era contenta di me. Mi fermai, le presi la mano destra e la misi sulla mia testa, le feci il gesto di spingermi verso la sua figa “Fammi sentire un po' tuo servo, dei importi, guidami verso il tuo piacere, cerca il tuo godimento.” le dissi e mi spinse davvero contro le sua labbra. Aveva davvero una bella forma, mi piaceva tanto, l'avrei leccata fino a consumarla. “Finalmente una ragazza che si tiene il pelo e non sembra una bambina o una statua!” le dissi, “Oh sì sono contenta che ti piaccia” replicò lei, ma eravamo troppo concentrati e continuai subito il mio lavoro, mi sentivo come ubriaco, ero ancora un po' brillo per la sborata di prima. La sua figa era la perfezione: una collinetta perfetta, tagliata a metà come se l'avessero fatto col filo della polenta, e quelle due metà perfette, simili a quelle d'un chicco di caffè, nascondono il suo piccolo clitoride. Per un momento nella mia vita erano scomparsi la plastica e il cemento, il senso di vuoto edilizio e di vuoto umano, l'oppressione, la landa desolata dei sentimenti non erano più fra i miei pensieri. “Se avessi avuto un preservativo, l'avremmo fatto subito. La prossima volta...” mi diceva lei “Lo faremo quando vorrai tu” risposi io, era venuta e io avevo la bocca piena del suo sapore. La abbracciai e restammo a lungo così, o forse per poco, il tempo di dilatava e vedere la realtà in modo nitido diventava complesso. Dopo la fine di quel sogno di calore e di immagini tremanti mi alzai in piedi e la baciai, ci sistemammo “Questa è una fantasia? Mi sveglierò e tu non ci sarai?” le chiesi “No, io starò con te. Sentirai il mio calore, ci libereremo di questi abiti ci daremo ancora piacere. Ti conoscerò, tu mi amerai ancora?” rispose “Non come oggi.” “No?” “No, molto di più. Di più ogni giorno che passa”. Ci risistemammo, la cerimonia forse stava per finire, uscimmo dal bagno mano nella mano e andammo verso il buffet. Il sogno più bello. Nel vecchio caffè ottocentesco ora si sentivano le note di Avalon dei Roxy Music, un momento perfetto e ancora oggi, che lei è qui, mi chiedo perchè.
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scritto il
2015-06-05
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