La moglie del mio miglior amico

di
genere
tradimenti

Io ero amico di Giova dal primo anno di università. Eravamo diventati molto amici da subito e rimanemmo tali anche quando io cambiai indirizzo per passare a Economia. A 28 anni, laureato da poco, sposò Enrica. Io ed Enrica eravamo stati per breve tempo, circa un anno, amanti, al punto che avevamo praticamente deciso di rivelare tutto a Giova, solo che alla fine, nel peggior momento possibile, proprio quando avevamo deciso di parlargli, lui le aveva fatto la proposta che lei, indovinate un po', aveva accettato. Decidemmo di terminare lì la relazione, e così fu fino al loro terzo anno di matrimonio, quando ebbero un figlio, lui iniziò a trascurarla e lei si venne a gettare nelle braccia del miglior amico del marito, ovvero io. Enrica è una donna bellissima: bruna, occhi azzuri, viso dagli zigomi alti e nobile, un culo della madonna perennemente puntato all'insù, e una seconda di seno.
Era da un po' che parlavamo della relazione con suo marito, di come non la soddisfacesse più sia a letto che nella vita coniugale, senza però aver ancora fatto nulla tra di noi, quando venne a mancare la madre di Giova. Il giorno del funerale ci recammo tutti nel paese dove aveva residenza la signora. Con tutti intendo io, Giova, Enrico e il bambino, che aveva poco meno di un anno. Giovanni si era offerto di ospitarmi in casa con loro e io avevo accettato. Arrivati a casa ci cambiammo tutti velocemente. Enrica indossava uno splendido vestito blu che le arrivava fino a sopra le ginocchia, mettendole in risalto il suo culo da urlo. Durante tutta la cerimonia non potei fare a meno di osservarla e spogliarla con gli occhi. Mi ricordavo il suo corpo fantastico, il suo seno e i suoi capezzoli violacei e turgidi, il suo culo sodo e rotondo, con il buchetto ragrinzito e più scuro che mai mi aveva voluto concedere, la sua fica perfettamente rasata, bagnata e odorosa per il desiderio. Ogni volta che si chinava sulla culla del bambino non perdevo occasione per guardarle i marmorei glutei o i seni dalla scollatura del vestito. Finì la cerimonia che avevo, come ben immaginate, il cazzo in fiamme ed ero deciso più che mai, anche sapendo dei problemi con il marito di provare a possederla. Dopo pranzo Enrica salì un attimo su a far addormentare, dopo il solito ruttino, il bambino. Giovanni mi disse che doveva riportare il fratello giù in città e che si sarebbe assentato 45 minuti. "Nessun problema, Giova. Ti aspetto qua, do una mano a tua moglie a sparecchiare e lavare i piatti". "Grazie Marco, sei un amico" mi rispose. E che amico, pensai io tra me e me. Quando Enrica tornò giù mi chiese che fine avesse fatto suo marito e io di rimando le spiegai quello che mi aveva detto. Lei era un po' imbarazzata all'idea di stare noi soli in casa e si mise a lavare i piatti. Il suo culo perfetto era avvolto dal vestito di prima, che le metteva in risalto le cosce e le bellissime gambe. Preso dall'eccitazione mi avvicinai da dietro e con il cazzo in tiro mi appoggiai ai suoi glutei.
"Marco ma che fai...!!!" mi disse lei.
"Enrichetta, c'ho voglia di te, sei troppo bella ti prego..." iniziai a tirarmi giù i pantaloni e le mutande.
"Ma no che fai... sono sposata lo sai... non voglio..." protestò lei blandamente.
Io le insinuai una mano sotto il vestito, fin sulle mutandine. Sentii il pelo veluttato... le insinuai un dito nella figa.
"Ah però sei tutta bagnata..."
"Ci credo con Giovanni non faccio più sesso da un sacco..."
"E ora rimediamo" le dissi con un sorriso.
La girai verso di me. Le alzai il vestitino e le tolsi le mutandine. Le annusai sentendone l'odore. Scesi a leccarle la patata, pelosa e grondante di desiderio. Sembrava così stretta, chissà da quanto non conosceva il sapore di un cazzo.
"Però, adesso è pelosa... un tempo era così glabra..." mi alzai e la baciai per farle sentire il sapore della sua figa.
Mi trasse a sé e mi sussurrò all'orecchio: "ti prego penetrami". Io non non mi feci certo pregare, la sollevai poggiandola sul tavolo e pian piano puntai e feci scivolare il mio cazzo tra le labbra della sua figa. Iniziai a muovermi ritmicamente in un vortice di lingue e gemiti. Il suo viso era trasfigurato dal piacere finché non si fece scappare "Oh cazzo si sfondamela, da quanto tempo!! Aaah!". Come in un incubo sentimmo il bambino piangere. Lì per lì lei non ci fece caso, io non glielo dissi di certo, poi però il suo istinto di madre ebbe il sopravvento. "Staccati un attimo dai" mi disse. Io non volevo saperne assolutamente. "Dai due minuti e torno..."
"Ma lascia piangere sto bastardo!" Le gridai. Si staccò definitivamente dal mio cazzo.
"Salgo a cantargli una ninna nanna e torno."
La vidi salire le scale. Decisi di seguirla e di sbirciarla. Era china sulla culla, la gonna a coprirle a malapena il culo.
"Ninna nanna, ninna oh..."cantava al bambino.
Io ero ancora nudo. Mi venne un idea. Pian piano da dietro mi avvicinai. Lei così china sulla culla era in posizione perfetta per essere presa da dietro.
Le alzai la gonna e con un colpo le penetrai la fica.
"Oooh!" La sentii gemere. "Cosa fai??" Mi rimproverò, ma ero io a controllare i movimenti. "Zitta e godi troia"
Mi muovevo dietro di lei, penetrandola con forza. Lei cercava di alternare i gemiti di piacere alla canzone per il bambino. Il piccolo dopo poco si addormentò e lei fu più libera di parlare "dai scopami dai fammi godere cane..." mi sussurrò. Io ero più infoiato che mai, sentivo le pareti vaginali contrari per il piacere. "Vengooo vengoo" gridò Enrichetta, fregandosene del bambino che era nella culla a cui era appoggiata a novanta. Con un grido venni anch'io, riempiendole il ventre di sborra. Uscimmo dalla stanza, in silenzio, ci cambiammo. Non finì lì.

CONTINUA.
scritto il
2015-07-11
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