La sua puttanella - seconda parte
di
mave
genere
dominazione
Il dito di lui le si muove dentro.
Poi il tocco veloce e morbido, lo stesso di un pianista virtuoso e i capelli di lei sono nella mano di lui.
La mano rotea, i capelli si intrecciano tra le dita, lei sa ci sarà uno strattone, sa di desiderarlo.
Quando la mano tira i capelli, la testa segue e il dito le affonda dentro ancora di più.
Le cosce sono bagnate, la fica trema.
Poi, ancora, lontana e malinconica, la voce di lui.
- Tu sei il mio strumento, esisti solo per farmi godere.
Strumento. Lui il pianista, lei il pianoforte, i gemiti: la musica.
La voce le inciampa nella gola.
- Padrone, sono il tuo strumento… sono… sono solo tua.
Il suono del parlare al ritmo del dito che le scopa il culo.
- Ti prego, padrone, questa troietta vuole toccarsi.
Le dita le tremano contro il muro, le gambe si stringono, Il cuore nella testa.
Continua ad implorarlo.
- Padrone, per favore, ti prego, non riesco a resistere.
Il dito le lascia li culo, la mano le abbandona i capelli. Lei sente la delusione grattarle lo stomaco e le fa diminuire i battiti. Poi la paura, teme di aver sbagliato qualcosa.
Poi, di nuovo, il rumore dell’accendino. Lei comprende: vuole solo farla impazzire, il gioco continua, sta solo andando più lento.
Ma non ha il tempo di costruire il pensiero: una mano con dita forti le schiaccia la guancia contro il muro, uno schiaffo rapido e potente le fa bruciare il culo.
L’eccitazione diventa estasi: nulla più conta.
Altro schiaffo, poi ancora e ancora. Lei sentirebbe le sue grida bagnate di eccitazione se fosse capace di ascoltare i suoni.
La voce di lui la ancora alla realtà, le impedisce di perdersi.
- La tua troietta.
La voce sputata fuori, come a liberarsi di un peccato.
Uno schiaffo su entrambe le natiche.
Lui.
- Poi?
Lei segue il gioco con l’istinto.
- La tua putanella.
Altro schiaffo, natica destra, sempre più forte.
Lei grida. Poi, in fretta.
- la tua troia.
Natica sinistra.
- la tua schiava.
Natica destra.
- la tua porca.
Natica sinistra.
- la tua puttana.
Natica desta.
- la tua serva.
Natica sinistra.
Esita. Le mancano le parole, se fosse lucida capirebbe che questo è il modo per insegnargliene di più. La mente di lei cerca e non trova. Quanto vorrebbe sapere cosa dire, quanto vorrebbe ancora essere sculacciata.
La concentrazione le fa calare l’estasi, salire la disperazione e qualcosa che potrebbe chiamare senso di colpa se sapesse decifrarlo.
Ma dura solo un secondo.
Una mano di pietra le afferra il collo, la stringe.
La voce di lui.
- Smetti di respirare.
Lei obbedisce. La voce comincia a contare.
- Dieci.
La mano tira e poi spinge, i movimenti sono così veloci e confusi che lei non riesce nemmeno ad assecondarli, sente il suo corpo come se non le appartenesse, è carta nelle mani di lui.
La voce.
- Nove.
La sua schiena ora è contro il muro, la presa della mano è così forte che sembra sollevarla da terra, trattenere il respiro è tremendamente difficile.
- Otto. Tieni le mani in alto, incrocia i polsi sulla tua testa.
Lei obbedisce.
- Sette.
La mano le lascia la gola, non c’è contatto di corpi.
- Sei.
Fumo caldo sulla faccia.
- Cinque.
le mani di lui afferrano l’interno di entrambe le cosce. Stringono. Lei sente i suoi stessi umori tra le mani di lui e la pelle.
- Quattro.
Sente il dolore, vorrebbe gridare, ma deve trattenere il respiro.
- Tre.
Le mani le lasciano le cosce. Una morsa su entrambi i seni, dita che scorrono verso i capezzoli stringendo e solcandole la pelle.
Il conto alla rovescia diventa sempre più lento, lei sente i polmoni esplodere.
- Due.
I capezzoli le fanno male. Lui li sta strizzando, lei non può lamentarsi.
La voce è pacata, come se stesse raccontando una storia ad una bambina.
- Sei la mia troia, una mia proprietà. Sei soltanto mia e decido io quando godi, quando soffri, quando respiri. Sei completamente in mio potere.
- Uno.
Lei sente il cuore gonfiarsi, il respiro le manca, sta per scoppiare.
Lui fa durare quel tempo un’eternità, poi le lascia i capezzoli. Lei non ha il tempo di avvertire sollievo.
Il corpo di lei sta per cedere.
La voce di lui è liberazione.
- Respira.
Quella parola è vita.
Ma appena le viene dato l’ordine, proprio quando il suo corpo sta per soffiare via tutta l’aria, le dita di lui le entrano nella fica.
Il cuore le si accartoccia, i polmoni impazziscono, nessun muscolo del suo corpo sa cosa fare ora.
Non sa se inspirare o espirare, se gemere, godere o guadagnare respiro, sa solo di essere sua.
E lui non le dà il tempo di sapere altro.
FINE SECONDA PARTE
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iosonomave@gmail.com
Poi il tocco veloce e morbido, lo stesso di un pianista virtuoso e i capelli di lei sono nella mano di lui.
La mano rotea, i capelli si intrecciano tra le dita, lei sa ci sarà uno strattone, sa di desiderarlo.
Quando la mano tira i capelli, la testa segue e il dito le affonda dentro ancora di più.
Le cosce sono bagnate, la fica trema.
Poi, ancora, lontana e malinconica, la voce di lui.
- Tu sei il mio strumento, esisti solo per farmi godere.
Strumento. Lui il pianista, lei il pianoforte, i gemiti: la musica.
La voce le inciampa nella gola.
- Padrone, sono il tuo strumento… sono… sono solo tua.
Il suono del parlare al ritmo del dito che le scopa il culo.
- Ti prego, padrone, questa troietta vuole toccarsi.
Le dita le tremano contro il muro, le gambe si stringono, Il cuore nella testa.
Continua ad implorarlo.
- Padrone, per favore, ti prego, non riesco a resistere.
Il dito le lascia li culo, la mano le abbandona i capelli. Lei sente la delusione grattarle lo stomaco e le fa diminuire i battiti. Poi la paura, teme di aver sbagliato qualcosa.
Poi, di nuovo, il rumore dell’accendino. Lei comprende: vuole solo farla impazzire, il gioco continua, sta solo andando più lento.
Ma non ha il tempo di costruire il pensiero: una mano con dita forti le schiaccia la guancia contro il muro, uno schiaffo rapido e potente le fa bruciare il culo.
L’eccitazione diventa estasi: nulla più conta.
Altro schiaffo, poi ancora e ancora. Lei sentirebbe le sue grida bagnate di eccitazione se fosse capace di ascoltare i suoni.
La voce di lui la ancora alla realtà, le impedisce di perdersi.
- La tua troietta.
La voce sputata fuori, come a liberarsi di un peccato.
Uno schiaffo su entrambe le natiche.
Lui.
- Poi?
Lei segue il gioco con l’istinto.
- La tua putanella.
Altro schiaffo, natica destra, sempre più forte.
Lei grida. Poi, in fretta.
- la tua troia.
Natica sinistra.
- la tua schiava.
Natica destra.
- la tua porca.
Natica sinistra.
- la tua puttana.
Natica desta.
- la tua serva.
Natica sinistra.
Esita. Le mancano le parole, se fosse lucida capirebbe che questo è il modo per insegnargliene di più. La mente di lei cerca e non trova. Quanto vorrebbe sapere cosa dire, quanto vorrebbe ancora essere sculacciata.
La concentrazione le fa calare l’estasi, salire la disperazione e qualcosa che potrebbe chiamare senso di colpa se sapesse decifrarlo.
Ma dura solo un secondo.
Una mano di pietra le afferra il collo, la stringe.
La voce di lui.
- Smetti di respirare.
Lei obbedisce. La voce comincia a contare.
- Dieci.
La mano tira e poi spinge, i movimenti sono così veloci e confusi che lei non riesce nemmeno ad assecondarli, sente il suo corpo come se non le appartenesse, è carta nelle mani di lui.
La voce.
- Nove.
La sua schiena ora è contro il muro, la presa della mano è così forte che sembra sollevarla da terra, trattenere il respiro è tremendamente difficile.
- Otto. Tieni le mani in alto, incrocia i polsi sulla tua testa.
Lei obbedisce.
- Sette.
La mano le lascia la gola, non c’è contatto di corpi.
- Sei.
Fumo caldo sulla faccia.
- Cinque.
le mani di lui afferrano l’interno di entrambe le cosce. Stringono. Lei sente i suoi stessi umori tra le mani di lui e la pelle.
- Quattro.
Sente il dolore, vorrebbe gridare, ma deve trattenere il respiro.
- Tre.
Le mani le lasciano le cosce. Una morsa su entrambi i seni, dita che scorrono verso i capezzoli stringendo e solcandole la pelle.
Il conto alla rovescia diventa sempre più lento, lei sente i polmoni esplodere.
- Due.
I capezzoli le fanno male. Lui li sta strizzando, lei non può lamentarsi.
La voce è pacata, come se stesse raccontando una storia ad una bambina.
- Sei la mia troia, una mia proprietà. Sei soltanto mia e decido io quando godi, quando soffri, quando respiri. Sei completamente in mio potere.
- Uno.
Lei sente il cuore gonfiarsi, il respiro le manca, sta per scoppiare.
Lui fa durare quel tempo un’eternità, poi le lascia i capezzoli. Lei non ha il tempo di avvertire sollievo.
Il corpo di lei sta per cedere.
La voce di lui è liberazione.
- Respira.
Quella parola è vita.
Ma appena le viene dato l’ordine, proprio quando il suo corpo sta per soffiare via tutta l’aria, le dita di lui le entrano nella fica.
Il cuore le si accartoccia, i polmoni impazziscono, nessun muscolo del suo corpo sa cosa fare ora.
Non sa se inspirare o espirare, se gemere, godere o guadagnare respiro, sa solo di essere sua.
E lui non le dà il tempo di sapere altro.
FINE SECONDA PARTE
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