Storia minima
di
Metrox
genere
prime esperienze
Il ragazzo, che chiameremo Gianni, sogna la donnona della mensa da un anno buono, la sogna e ci inventa su le storie, che poi usa quando si fa le seghe.
La donnona invece si chiama Marisa e c'ha quarant'anni. Altro non serve sapere, se non che tiene due poppe maestre, che poi sono le vere protagoniste dei pensieri erotici del ragazzo.
Gianni ha diciotto anni, fa l’apprendista in una falegnameria, profila le gambe dei tavoli al tornio. Gambe di legno, naturalmente. E non vede l'ora che arrivi la pausa pranzo per andare in mensa a vedere il suo sogno.
Sceglie sempre il solito tavolo, che divide con un compagno che non parla mai mentre mangia, così lui può adorarsi la Marisa in santa pace. Gli piace guardarla quando serve i piatti: le gote le diventano rosse rosse e un ciuffo di capelli le sfugge dalla cuffietta. Soffre il vapore caldo che sbuffa fuori dai contenitori, e quell’accenno di tetta che si vede dalla scollatura del grembiule è sempre lucido con qualche gocciolina di sudore.
Marisa sorride a tutti mentre dispone i vassoi e risponde con tono scherzoso quando le danno battute sul suo seno prosperoso. Gianni invece non dice nulla, ma la guarda con occhi diversi, e Marisa se n'è accorta, da molto tempo, però fa finta di nulla. Il ragazzo purtroppo è molto giovane, le ispira solamente molta tenerezza e non vuole pensare ad altro.
Un mattino, prima di iniziare il turno, Gianni corre nella sala mensa ancora deserta, apre una grossa busta ed estrae una bellissima rosa bianca che ha rubato di nascosto poco prima in un giardino lungo la strada. Sistema un po' i petali e la infila in un bicchiere di plastica, dopo averlo riempito di acqua. Poi fugge via di corsa.
Qualche ora dopo, seduto al solito tavolo, guarda la sua bella Marisa arrabattarsi sudata tra patatine e bistecche e, proprio vicina a lei, in bella mostra sul vetro del bancone, la sua splendida rosa bianca nel bicchiere. Mangia con soddisfazione, quel giorno, e la pastasciutta gli sembra più buona del solito.
Al termine della pausa tutti se ne vanno, anche Gianni si accinge a tornare giù in falegnameria. Ma proprio in quel momento Marisa lo prende da parte e domanda:
- Sei stato tu, vero? - e lui, rosso in viso e improvvisamente accaldato, fa cenno di sì.
- Sei stato un tesoro, però non dovevi farlo, lo capisci? - e Gianni fa di nuovo cenno di sì.
- Bravo ragazzo. Però ti devo ringraziare, nessuno mi ha mai regalato una rosa bianca così bella e profumata. - Gianni continua ad annuire, con la testa che gli gira un poco.
Marisa se lo mangerebbe, quel ragazzo, e allora le viene in mente improvviso un modo per ringraziarlo. Badando che nessuno veda, lo trascina nel retro della cucina, gli prende le mani e se le appoggia sulle poppe. Gianni è preso alla sprovvista, cerca comunque di stringerle ma purtroppo ha le dita bloccate dall'emozione. Vorrebbe perlomeno sentirne la consistenza da sopra il camice!
- Sssttt..aspetta...stai calmo...- gli sussurra Marisa, poi si sbottona un poco, mette una mano nel reggiseno e fa sfociare prima una tetta e poi l’altra. Gianni-occhi-sbarrati sfiora tutta quella carne dapprima con rispetto, poi la palpa con eccitazione crescente e soprattutto incontrollabile.
Non saprebbe dire quando si sia trovato in bocca un capezzolo e come gli sia venuto l’istinto di ciucciare così rumorosamente. Riesce a malapena a sentire Marisa che lo esorta a smettere mentre cerca di divincolarsi.
- No no, smettila! basta, Gianni, su...- gli dice a voce bassa, e lo allontana un po’ bruscamente cercando di tenere a bada la vergogna, e domandandosi perchè diavolo avesse fatto quella stupidaggine.
Il ragazzo si stacca e la osserva imbambolato mentre lei si sta riabbottonando velocemente il camice. Mentre lo fa, Marisa gli parla piano guardandolo negli occhi - Però adesso me lo devi promettere, Gianni... mai più...ok? e non lo dire a nessuno! - e Gianni annuisce, poi gira sui tacchi e corre via. D’ora in avanti le sue seghe saranno sicuramente più ricche di particolari.
Marisa rientra in fretta dietro il bancone, realizza che deve ancora lavare i contenitori e pulire i vetri annebbiati dal vapore.
Dopo aver messo tutto quanto in ordine si sfila i guanti di lattice, si toglie il camice e lo appende nell’armadietto. Si appresta per uscire quando all’improvviso il suo sguardo cade sulla rosa, un petalo è caduto e lei sente una lontana, piccolissima fitta al cuore. Si appoggia al muro con il giubbotto sul braccio e la borsa in mano e rimane lì per molti minuti, a toccarsi le tette, sorridendo e scuotendo più volte la testa.
La donnona invece si chiama Marisa e c'ha quarant'anni. Altro non serve sapere, se non che tiene due poppe maestre, che poi sono le vere protagoniste dei pensieri erotici del ragazzo.
Gianni ha diciotto anni, fa l’apprendista in una falegnameria, profila le gambe dei tavoli al tornio. Gambe di legno, naturalmente. E non vede l'ora che arrivi la pausa pranzo per andare in mensa a vedere il suo sogno.
Sceglie sempre il solito tavolo, che divide con un compagno che non parla mai mentre mangia, così lui può adorarsi la Marisa in santa pace. Gli piace guardarla quando serve i piatti: le gote le diventano rosse rosse e un ciuffo di capelli le sfugge dalla cuffietta. Soffre il vapore caldo che sbuffa fuori dai contenitori, e quell’accenno di tetta che si vede dalla scollatura del grembiule è sempre lucido con qualche gocciolina di sudore.
Marisa sorride a tutti mentre dispone i vassoi e risponde con tono scherzoso quando le danno battute sul suo seno prosperoso. Gianni invece non dice nulla, ma la guarda con occhi diversi, e Marisa se n'è accorta, da molto tempo, però fa finta di nulla. Il ragazzo purtroppo è molto giovane, le ispira solamente molta tenerezza e non vuole pensare ad altro.
Un mattino, prima di iniziare il turno, Gianni corre nella sala mensa ancora deserta, apre una grossa busta ed estrae una bellissima rosa bianca che ha rubato di nascosto poco prima in un giardino lungo la strada. Sistema un po' i petali e la infila in un bicchiere di plastica, dopo averlo riempito di acqua. Poi fugge via di corsa.
Qualche ora dopo, seduto al solito tavolo, guarda la sua bella Marisa arrabattarsi sudata tra patatine e bistecche e, proprio vicina a lei, in bella mostra sul vetro del bancone, la sua splendida rosa bianca nel bicchiere. Mangia con soddisfazione, quel giorno, e la pastasciutta gli sembra più buona del solito.
Al termine della pausa tutti se ne vanno, anche Gianni si accinge a tornare giù in falegnameria. Ma proprio in quel momento Marisa lo prende da parte e domanda:
- Sei stato tu, vero? - e lui, rosso in viso e improvvisamente accaldato, fa cenno di sì.
- Sei stato un tesoro, però non dovevi farlo, lo capisci? - e Gianni fa di nuovo cenno di sì.
- Bravo ragazzo. Però ti devo ringraziare, nessuno mi ha mai regalato una rosa bianca così bella e profumata. - Gianni continua ad annuire, con la testa che gli gira un poco.
Marisa se lo mangerebbe, quel ragazzo, e allora le viene in mente improvviso un modo per ringraziarlo. Badando che nessuno veda, lo trascina nel retro della cucina, gli prende le mani e se le appoggia sulle poppe. Gianni è preso alla sprovvista, cerca comunque di stringerle ma purtroppo ha le dita bloccate dall'emozione. Vorrebbe perlomeno sentirne la consistenza da sopra il camice!
- Sssttt..aspetta...stai calmo...- gli sussurra Marisa, poi si sbottona un poco, mette una mano nel reggiseno e fa sfociare prima una tetta e poi l’altra. Gianni-occhi-sbarrati sfiora tutta quella carne dapprima con rispetto, poi la palpa con eccitazione crescente e soprattutto incontrollabile.
Non saprebbe dire quando si sia trovato in bocca un capezzolo e come gli sia venuto l’istinto di ciucciare così rumorosamente. Riesce a malapena a sentire Marisa che lo esorta a smettere mentre cerca di divincolarsi.
- No no, smettila! basta, Gianni, su...- gli dice a voce bassa, e lo allontana un po’ bruscamente cercando di tenere a bada la vergogna, e domandandosi perchè diavolo avesse fatto quella stupidaggine.
Il ragazzo si stacca e la osserva imbambolato mentre lei si sta riabbottonando velocemente il camice. Mentre lo fa, Marisa gli parla piano guardandolo negli occhi - Però adesso me lo devi promettere, Gianni... mai più...ok? e non lo dire a nessuno! - e Gianni annuisce, poi gira sui tacchi e corre via. D’ora in avanti le sue seghe saranno sicuramente più ricche di particolari.
Marisa rientra in fretta dietro il bancone, realizza che deve ancora lavare i contenitori e pulire i vetri annebbiati dal vapore.
Dopo aver messo tutto quanto in ordine si sfila i guanti di lattice, si toglie il camice e lo appende nell’armadietto. Si appresta per uscire quando all’improvviso il suo sguardo cade sulla rosa, un petalo è caduto e lei sente una lontana, piccolissima fitta al cuore. Si appoggia al muro con il giubbotto sul braccio e la borsa in mano e rimane lì per molti minuti, a toccarsi le tette, sorridendo e scuotendo più volte la testa.
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