Bendata e scopata senza limite
di
jo temerario
genere
tradimenti
Non avevo mai fatto caso a lei. Eppure era una donna affascinante. Si copriva spesso. Abiti lunghi, larghi. Quel non so che di anonimo che non ti permette di notare, curiosare, fantasticare.
Alla rimpatriata tra amici arrivò, quella sera, tutta in tiro. Scollatura generosa, il tono muscolare delle braccia definito da mesi di palestra. Soprattutto gambe sode e abbronzate, persino il culo in bella mostra. Mi sembrò un miraggio, una di quelle novità che rianimano una serata che prevedi monotona. Capelli sulle spalle, curati, rossetto che ispirava pensieri sporchi.
“Ma come ti sei conciata?” La battuta la fece trasalire. Di solito non usava trucco, ma quella sera il suo abitino cucito addosso era un messaggio lanciato e non per caso. Scherzammo in comitiva tutta la sera, io non fisso mai le persone, non voglio farmi notare, ma quella sera non le staccai gli occhi da dosso. Immaginavo lei che ansimava, che godeva, che urlava di piacere.
Accadde una cosa strana e non certo messa in preventivo. Al momento dei saluti mi si riaccostò furtiva: “Non ti è piaciuto come mi sono conciata? Allora perché mi hai fissata tutta la sera? Me ne sono accorta”. Rilanciai per nulla intimorito: “Non potevo non guardarti e godermi lo spettacolo”. Cosa c'era di spettacolare, chiese: “Ero troppo ardita, mi sono lanciata eccessivamente?” Risposi sincero: “No, ma finalmente hai lasciato gli abito larghi e ti ho potuto ammirare”. “Fin troppo” protestò lei.
Io per farmi perdonare: “Dai ci beviamo una cosa e poi ti mollo”. Accettò e non speravo potesse farlo. Birra in un pub e risate. La misi a suo agio, le parlai di me, del passato e le feci complimenti sinceri. “Sei sempre così diretto?” chiese. “Sì, perchè adesso non ho paura e dico quello che penso. Fino in fondo”.
Il doppio senso invece di farla arrossire le creò una reazione altrettanto spontanea: “Fino in fondo... ci sai arrivare?” Accettai la sfida: “Ho tutta la notte”. Ok, aveva accettato e me lo fece capire con lo sguardo e soprattutto leccandosi le labbra a mo' di risposta esplicita.
In silenzio e senza dire una parola, l'accompagnai in auto, salii al post di guida percorrendo una decina di km per arrivare in casa. Silenzio assoluto, ma non di impaccio. Di desiderio che cresceva. La guardavo sfiorandola: “Voglio vedere come mi farai impazzire” disse arrivati all'uscio di casa.
Entrammo. La feci accomodare su un divano: “Adesso toccati. Da sola, io ti guardo. Quando verrai comincerò a leccarti la figa fino a farti urlare di piacere”. Sorrise, il gioco era cominciato. Si accomodò, facendo finta di leggere una rivista. Invece sotto la gonna aveva già infilato le mani e si massaggiava il clitoride. Lentamente, con fare indifferente, come se stesse aspettando il turno per entrare dal dottore.
“Guardami, porco, ti eccito vero? Non vedi l'ora di affondare il tuo cazzone tra i miei seni...”
Aveva centrato l'argomento. La osservai completare l'opera. Si toccava sempre più vogliosa. Si passò la mano sulle labbra, la saliva la portò sul seno, umidificandosi i capezzoli. Allargò le gambe sdraiandosi sul tappeto. Afferrò un cuscino e lo usò per sfiorarsi la fica che, intanto, aveva aperto il più possibile. Gemeva, mi cercava...
Feci l'ultimo gesto. Le coprii gli occhi per non darle punti di riferimento. “Toccati, non sai se sono vicino a te o a due metri dalla tua fica splendida. Vieni, vieni e ti fotterò come una cagna”.
La incitavo, lei si eccitava sempre di più. Urlava contro di me e poi di piacere. Mi chiamava a se': “Voglio il tuo cazzo, me lo voglio strisciare sulla fica finchè non lo avrò desiderato dentro”. Il cazzo mi scoppiava, ma non cedetti.
Venne e anche copiosamente scuotendo il capo e sopportando i suoi capelli lunghi davanti al viso. Allargo' le chiappe, aprendo la fica. Era carponi. Da dietro, senza toglierle la benda le infilai due dita nel culo. “Ahhh godo come una troia, mi hai fatto perdere ogni freno inibitorio, sono una puttana e voglio essere scopata violentemente”.
Affondai il mio cazzo nella sua fica senza togliere le dita dal buco del culo che cominciava a bagnarsi abbondantemente: “Godi troia, sei tutta bagnata, vero?”
Lei prese il suo ritmo e cominciò a muoversi velocemente urlando e gemendo in maniera assordante: “Sono tutta eccitata, fammi venire ancora, voglio bagnarmi la fica e leccarmi gli umori, voglio essere fottuta come una troia, non avere pietà”.
Tutta la notte andò avanti così. Venni due volte: la prima in faccia e lei portò la sborra in bocca aiutandosi con lingua e dita. Mi guardava, fulminandomi, con uno sguardo voglioso che mi eccitava. La seconda volta le venni dentro al culo e il liquido scivolò anche lungo le natiche, poi sulle cosce... “Avevo fantasticato una scopata così noir, bendata, con fica e culo occupati dalle tue dita e dal tuo cazzo. Mi eccita fottere così”.
Alla fine, tolsi la benda e la obbligai a toccarsi davanti a uno specchio enorme, in modo che potesse ammirarsi e farsi ammirare. Era una dea del sesso, una troia in calore. Venne ancora e stavolta bevvi io dalla fonte del piacere.
jo temerario
Alla rimpatriata tra amici arrivò, quella sera, tutta in tiro. Scollatura generosa, il tono muscolare delle braccia definito da mesi di palestra. Soprattutto gambe sode e abbronzate, persino il culo in bella mostra. Mi sembrò un miraggio, una di quelle novità che rianimano una serata che prevedi monotona. Capelli sulle spalle, curati, rossetto che ispirava pensieri sporchi.
“Ma come ti sei conciata?” La battuta la fece trasalire. Di solito non usava trucco, ma quella sera il suo abitino cucito addosso era un messaggio lanciato e non per caso. Scherzammo in comitiva tutta la sera, io non fisso mai le persone, non voglio farmi notare, ma quella sera non le staccai gli occhi da dosso. Immaginavo lei che ansimava, che godeva, che urlava di piacere.
Accadde una cosa strana e non certo messa in preventivo. Al momento dei saluti mi si riaccostò furtiva: “Non ti è piaciuto come mi sono conciata? Allora perché mi hai fissata tutta la sera? Me ne sono accorta”. Rilanciai per nulla intimorito: “Non potevo non guardarti e godermi lo spettacolo”. Cosa c'era di spettacolare, chiese: “Ero troppo ardita, mi sono lanciata eccessivamente?” Risposi sincero: “No, ma finalmente hai lasciato gli abito larghi e ti ho potuto ammirare”. “Fin troppo” protestò lei.
Io per farmi perdonare: “Dai ci beviamo una cosa e poi ti mollo”. Accettò e non speravo potesse farlo. Birra in un pub e risate. La misi a suo agio, le parlai di me, del passato e le feci complimenti sinceri. “Sei sempre così diretto?” chiese. “Sì, perchè adesso non ho paura e dico quello che penso. Fino in fondo”.
Il doppio senso invece di farla arrossire le creò una reazione altrettanto spontanea: “Fino in fondo... ci sai arrivare?” Accettai la sfida: “Ho tutta la notte”. Ok, aveva accettato e me lo fece capire con lo sguardo e soprattutto leccandosi le labbra a mo' di risposta esplicita.
In silenzio e senza dire una parola, l'accompagnai in auto, salii al post di guida percorrendo una decina di km per arrivare in casa. Silenzio assoluto, ma non di impaccio. Di desiderio che cresceva. La guardavo sfiorandola: “Voglio vedere come mi farai impazzire” disse arrivati all'uscio di casa.
Entrammo. La feci accomodare su un divano: “Adesso toccati. Da sola, io ti guardo. Quando verrai comincerò a leccarti la figa fino a farti urlare di piacere”. Sorrise, il gioco era cominciato. Si accomodò, facendo finta di leggere una rivista. Invece sotto la gonna aveva già infilato le mani e si massaggiava il clitoride. Lentamente, con fare indifferente, come se stesse aspettando il turno per entrare dal dottore.
“Guardami, porco, ti eccito vero? Non vedi l'ora di affondare il tuo cazzone tra i miei seni...”
Aveva centrato l'argomento. La osservai completare l'opera. Si toccava sempre più vogliosa. Si passò la mano sulle labbra, la saliva la portò sul seno, umidificandosi i capezzoli. Allargò le gambe sdraiandosi sul tappeto. Afferrò un cuscino e lo usò per sfiorarsi la fica che, intanto, aveva aperto il più possibile. Gemeva, mi cercava...
Feci l'ultimo gesto. Le coprii gli occhi per non darle punti di riferimento. “Toccati, non sai se sono vicino a te o a due metri dalla tua fica splendida. Vieni, vieni e ti fotterò come una cagna”.
La incitavo, lei si eccitava sempre di più. Urlava contro di me e poi di piacere. Mi chiamava a se': “Voglio il tuo cazzo, me lo voglio strisciare sulla fica finchè non lo avrò desiderato dentro”. Il cazzo mi scoppiava, ma non cedetti.
Venne e anche copiosamente scuotendo il capo e sopportando i suoi capelli lunghi davanti al viso. Allargo' le chiappe, aprendo la fica. Era carponi. Da dietro, senza toglierle la benda le infilai due dita nel culo. “Ahhh godo come una troia, mi hai fatto perdere ogni freno inibitorio, sono una puttana e voglio essere scopata violentemente”.
Affondai il mio cazzo nella sua fica senza togliere le dita dal buco del culo che cominciava a bagnarsi abbondantemente: “Godi troia, sei tutta bagnata, vero?”
Lei prese il suo ritmo e cominciò a muoversi velocemente urlando e gemendo in maniera assordante: “Sono tutta eccitata, fammi venire ancora, voglio bagnarmi la fica e leccarmi gli umori, voglio essere fottuta come una troia, non avere pietà”.
Tutta la notte andò avanti così. Venni due volte: la prima in faccia e lei portò la sborra in bocca aiutandosi con lingua e dita. Mi guardava, fulminandomi, con uno sguardo voglioso che mi eccitava. La seconda volta le venni dentro al culo e il liquido scivolò anche lungo le natiche, poi sulle cosce... “Avevo fantasticato una scopata così noir, bendata, con fica e culo occupati dalle tue dita e dal tuo cazzo. Mi eccita fottere così”.
Alla fine, tolsi la benda e la obbligai a toccarsi davanti a uno specchio enorme, in modo che potesse ammirarsi e farsi ammirare. Era una dea del sesso, una troia in calore. Venne ancora e stavolta bevvi io dalla fonte del piacere.
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