La risposta è nel vento
di
Monia 51
genere
etero
Era il 15 giugno del 1969, da cinque giorni avevo compiuto 18 anni. La mia amica Gemma e Walter, il suo ragazzo di allora, mi invitarono ad uscire con loro e con un amico di Walter, Adolfo. Adolfo era un ragazzo che vidi per la prima volta quel pomeriggio: bello, alto, con un sorriso intrigante, mi colpì subito in positivo. Ci recammo prima in un bar frequentato da giovani, bevemmo qualcosa all'aperto e facemmo conoscenza. La giornata era bella ma non faceva granchè caldo poiché era piovuto per i tre giorni antecedenti. Chiacchierammo in allegrìa finchè Walter, che viveva da solo, propose: "Perché non andiamo a casa mia? Ho un registratore con tanti bei pezzi incisi sopra e possiamo ballare un po'". La proposta venne accettata di buon grado e poco dopo le 16 eravamo a casa di Walter. Il tempo di far partire il registratore e subito iniziarono le danze. Al primo slow Adolfo mi abbracciò forte e cominciò a baciarmi. Io risposi molto volentieri e le nostre lingue s'intrecciarono più volte, fino a che io mi sentii praticamente in balìa dei suoi voleri. Cominciò a toccarmi il culetto e io lo lasciai fare. Poi, quando dopo circa tre quarti d'ora Walter e Gemma andarono in camera da letto, lui si fece più audace. Mi mise una mano sotto la gonna e mi fece provare sensazioni mai provate prima, carezzandomi l'interno delle cosce e titillandomi la micia da sopra le mutande. Non mi opposi, anzi... Tutte quelle scosse elettriche mi procurarono un piacere indicibile. Al punto che, quando mi sussurrò all'orecchio "Facciamo l'amore?" io di getto risposi "Si" con grande entusiasmo, incurante del fatto che ero ancora vergine. E lui probabilmente si sorprese un po', visto che ci conoscevamo da poco più di due ore. Di sicuro penso si sia sorpreso del mio si quando gli dissi che ero vergine. Comunque, volevo che la mia prima volta fosse speciale: mi misi completamente nuda e lui fece altrettanto. Addosso avevamo solo l'orologio... Ci mettemmo sul divano. Continuammo a limonare, poi lui si dedicò ai miei seni succhiandomi i capezzoli in un modo che aumentò ancor di più la mia eccitazione. Poi mi palpò per bene il culo, la mia zona erogena più sensibile. Ormai ero pronta. Il suo cazzo era piuttosto grosso e duro come il marmo, davvero bello da vedere. S'infilò il preservativo e, nella posizione classica del missionario, mi penetrò. Provai dolore, com'è naturale e come del resto avevo messo in preventivo. Lui si fermò pur restando dentro, il dolore un po' cessò, ma quando riprese a "cavalcare" fu il bruciore ad avere la meglio in me. Comunque non lo fermai, lui andò avanti fino a che non raggiunse l'orgasmo. Quando tirò fuori il suo bastone il profilattico era pieno e si notavano tracce di sangue dovute alla rottura dell'imene. Il sangue che persi, comunque, non fu granchè, tanto che si rivelò esagerata la precauzione di stendere un fazzoletto e le mie mutande sotto il culetto per evitare di sporcare il divano. Ci ripulimmo con dei fazzolettini di carta e ci rivestimmo con una certa velocità per evitare che Gemma e Walter ci scoprissero nudi. Io avevo la figa in fiamme (beh, forse sto esagerando un po'), ma ero felice. Avevo avuto come primo uomo della mia vita Adolfo, uno che mi piaceva un sacco. Ci rivedemmo il mercoledì sera. Andammo a bere qualcosa e poi ci imboscammo in un luogo molto fuori mano. Ci baciammo, tirai fuori il seno che lui succhiò avidamente, ci toccammo e quando lui mi chiese di far l'amore io gli dissi: "Guarda che Domenica mi hai fatto male". E lui: "Se ti dovevo far male, te l'ho già fatto". Mi convinse. Tirò indietro il mio sedile e abbassò lo schienale, io tirai su la gonna e mi tolsi le mutande, lui si abbassò i pantaloni, s'infilò il preservativo e me lo mise dentro. Stavolta provai un gran piacere già all'atto della penetrazione e io, prima che lui venisse, provai il primo orgasmo della mia vita. Fu davvero molto bello. Così andammo avanti per quattro mesi: ci si vedeva, si andava da qualche parte e si faceva l'amore. In macchina, un po' scomodi, ma tanto contenti di farlo. Imparai a fare i pompini per dargli piacere anche quando ero mestruata. Insomma, tutto filava a gonfie vele... ma il diavolo doveva metterci la coda. Quattro mesi dopo, a metà ottobre, stupidamente m'invaghii di Sarino e, sui due piedi, mollai Adolfo. Che, manco a dirlo, ci rimase di sale. Con Sarino furono fuoco e fiamme per tre settimane e poi mi mollò. Stavolta a restarci di stucco fui io. Pensai più volte alla cretinata che avevo fatto e mi dissi che, sostanzialmente, me l'ero meritata. Siccome sono fortunata, a gennaio del 1970 conobbi Renato, un altro ragazzo d'oro, e con lui le cose sono andate avanti bene tanto che a 24 anni mi sono sposata e tutt'ora con lui ho una vita felice. Anzi, dal punto di vista squisitamente sessuale, Renato si è palesato decisamente il migliore dei tre. Eppure, nonostante queste mie fortune, ogni tanto penso ancora ad Adolfo, col quale da allora ho perso tutti i contatti. Chissà cosa sarebbe stata la mia vita se non avessi fatto quella stupidaggine ad ottobre del 1969. Sono passati quasi 47 anni eppure ancora mi faccio questa domanda. Ma la risposta è nel vento.
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