Ti voglio - Capitolo 4

di
genere
incesti

Quindi mio padre faceva pensieri sessuali su di me.

Dopo ciò che era successo, ormai ne ero sicura. Insomma, l'avevo ritrovato a masturbarsi in camera sua sfregandosi le mie mutandine sul pisello, avevo bisogno di altre conferme? Purtroppo, sembrava che le cose si fossero persino complicate con il nostro reciproco venire allo scoperto. Eppure, inizialmente, mi aveva lasciato fare: non aveva mosso un dito quando guardandolo negli occhi gli avevo stretto il suo pacco eccitato con una mano; non aveva detto niente quando mi ero infilata il suo gran cazzo in bocca e fino in gola; non mi aveva respinto quando mi ero chinata più giù, a succhiargli i coglioni. Ma forse era troppo sconvolgente per lui avere un rapporto sessuale con la sua stessa figlia.

Per me non lo era. Ero talmente troia che il pensiero di farmi possedere da mio padre non faceva che eccitarmi ancora più del solito, piuttosto che confondermi come avrebbe fatto con la maggior parte delle persone. E come era successo con mio padre. E ora la situazione poteva diventare imbarazzante, non ci avevo ancora parlato da quando qualche ora prima era successo quel che era successo, si avvicinava l'ora della cena e ci saremmo dovuti affrontare a vicenda, in qualche modo.

Cosa ci saremmo detti, poi? Lui aveva reso chiaro il suo punto di vista quando mi aveva respinta chiudendosi in bagno; voleva che ci dimenticassimo di quello che era successo, eravamo padre e figlia e tutto questo era una perversione, una cosa inaccettabile. Non avevo fatto in tempo a rispondergli, avevo rispettato la sua decisione di prendersi del tempo per stare un po' da solo, ma io sapevo cosa pensavo. Lasciar perdere? Non se ne parlava. Mi conoscevo troppo bene, sapevo che quando volevo una cosa l'avrei ottenuta, avrei fatto qualsiasi cosa per averla, soprattutto se, come in quel caso, sapevo che dall'altra parte c'erano buone possibilità di ottenerla. Ma le ore che passarono prima del secondo confronto mi servirono per decidere che avrei, apparentemente, rispettato qualunque decisione mio padre avesse preso al riguardo. Se voleva che dimenticassimo l'accaduto, benissimo, avrei fatto finta di dimenticare, avrei lasciato passare del tempo perché lui si tranquillizzasse al riguardo e poi sarei ripartita all'attacco.

Quando sentii di avere il coraggio per affrontare mio padre, scesi in cucina, dove lui stava preparando la cena. Lo salutai, e lui ricambiò con un sorriso trattenuto. Decisi di avvicinarmi da lui, e lo abbracciai. Lo colsi probabilmente di sorpresa, ma servì a distendere l'atmosfera, e stringendomi di rimando mi diede un bacio sulla fronte.

"Dobbiamo dimenticare ciò che è successo", mi disse.
"Come vuoi tu, papà", dissi docilmente. Volevo che fosse abbastanza chiaro che dimenticare non era ciò che avrei fatto di mia spontanea volontà, ma che per il bene della famiglia l'avrei fatto.
"Scusami, scusa se involontariamente ti ho spinto a fare cose che non volevi, io no..."
"Papà, tu non hai fatto niente, non devi scusarti. Le colpe sono di entrambi", risposi.
Mi guardò per qualche secondo, poi sorridendo mi abbracciò di nuovo. "Quindi è tutto a posto?", mi chiese. Lo rassicurai, e per far vedere che ormai mi ero lasciata alle spalle l'accaduto chiese allegramente cosa avrebbe preparato per cena. "Pensavo a una pasta con zucchine e zafferano", disse lui, e accolsi la risposta con felicità, era uno dei miei piatti preferiti.

Quella sera tutto andò liscio, cenammo chiacchierando, poi guardammo la TV e verso le 23 io mi ritirai in camera perché ero molto stanca. Dormii sogni tranquilli, ma andai a letto con la consapevolezza che dal giorno dopo sarebbe iniziata la parte difficile, quella cioè dove mi sarei guardata attorno per captare segnali contrastanti nel comportamento di mio padre Gaetano che mi avrebbero fatto capire, speravo, che in realtà lui mi desiderava ancora come lo desideravo io.

Fui svegliata la mattina - ero all'incirca le 8.30, troppo presto considerando che ero in vacanza - dal mio telefono che vibrava sul comodino di fianco al letto. Ancora assonnata lo presi, e constatai che avevo ricevuto un messaggio su Whatsapp da mio padre. Confusa - perché mai mio padre, che stava nella stessa casa in cui stavo io, avrebbe dovuto mandarmi un messaggio? - feci scivolare il dito sulla liscia superficie del touch screen e aprii il messaggio, non senza una punta di ansia data dal fatto che non riuscivo a immaginare il motivo per il quale mi stava scrivendo.

"Sei sveglia?", aveva scritto. E poi, subito dopo: "Continuo a ripensare a ciò che è successo, mi dispiace, ma non riesco ad affrontare la questione veramente dal vivo. Sono troppo imbarazzato, sono tuo padre...".

Ecco di cosa si trattava. Sospirai, ma percepii che forse quella poteva essere un'occasione buona per scavare nelle sue intenzioni. Risposi: "Papà, stai tranquillo. Ho 21 anni, non 11, ciò che è successo non mi ha sconvolto, ed evidentemente lo volevo anche io, altrimenti non sarebbe successo. Mettiti l'anima in pace".
Vidi che lesse subito il messaggio, probabilmente stava aspettando che rispondessi con la schermata aperta sulla nostra conversazione di Whatsapp. Rispose: "Com'è possibile che lo volessi anche tu?"
Sentivo che la conversazione poteva diventare interessante.
"Papà, di nuovo, non sono una bambina. Ti potrà shoccare, ma FACCIO SESSO. E lo sai benissimo che tutte le mie amiche pensano che tu sia un figo, pensi che per me sia diverso? Non ho mai fatto pensieri del genere su di te, ovviamente, ma poi qualche giorno fa ti ho visto mentre guardavi un porno in camera tua e sai che stavi facendo nel mentre...... Insomma, per la prima volta ti ho visto come uomo, oltre che come padre". E poi continuai: "Non volevo dirtelo ovviamente, ma visto che ci siamo..."
Passò qualche minuto prima della sua risposta. "Quindi è per questo che hai cominciato a girare per casa mezza nuda e con il perizoma?"
"eheh, mi hai beccato... vedi che è stata una mia decisione? Tra i due, forse sei tu la vittima :P"
"Ahahah, sto cominciando a pensarlo anche io"
Sembrava si stesse rilassando, era il momento di spingere le cose un po' più in là: "Comunque ho visto che la mia tattica ha funzionato.... :P"
"Ma smettila"
"Andiamo papà, non prendiamoci in giro. Tu mi desideri e io ti desidero. Non facciamo del male a nessuno, sarò pure tua figlia, ma siamo due adulti prima di tutto". Non sapevo se questo discorso avesse veramente un senso, ma speravo di convincerlo, anche se non ero convinta che ci sarei riuscita.
"No dai..."
Sembrava stesse cedendo. "Papà, non c'è niente di male in un po' di divertimento..."
"No. Non parliamone più. Dimentichiamo tutto. Non avrei dovuto scriverti, comunque chiudiamola qua". E poi: "Tra due ore io scendo in spiaggia, se vuoi venire con me ovviamente ne sarò felice". Con questo messaggio smise di scrivermi.

Un po' contrariata riappoggia il telefono sul comodino e mi rigirai nel letto cercando di riaddormentarmi per almeno un'ora prima di andare in spiaggia. Ma non erano passati neanche dieci minuti dall'ultimo messaggio di mio padre che il mio telefono vibrò di nuovo. Era ancora lui.

"Sono confuso. Non riesco a smettere di pensare a te e...ce l'ho durissimo"
Non potevo credere a un tale colpo di fortuna. Immaginare mio padre con un'erezione mentre pensava a me mi fece istantaneamente bagnare le mutandine.
"Perché non mi mandi una foto e me lo fai vedere? :P" mi arrischiai a suggerire.
La risposta fu meglio di quanto mi aspettassi: "Perché non vieni qui a vederlo dal vivo?"

Mi fiondai giù dal letto, lasciando il cellulare sul materasso ancora aperto su quella schermata. Indossavo una canottiera senza reggiseno e un paio di mutandine, che mi cambiai in pochissimo tempo con un perizoma di pizzo. Un rapido sguardo allo specchio per ricompormi e sistemarmi un po' i capelli, e poi uscii sul pianerottolo e andai alla porta della stanza di mio padre. La aprii.

Mio padre stava lì, in piedi al centro della stanza, completamente nudo. La mano sinistra stringeva il cellulare, mentre la mano destra teneva il pisellone. Quando mi vide, tolse la mano, e mi guardò, serio. Potevo vedere che era ancora confuso, ma allo stesso tempo nel suo sguardo leggevo una determinazione che prima non avevo visto. Era più bello di sempre: la fronte leggermente corrugata, gli occhi fissi su di me, la bocca serrata e la barba scura, cresciuta un po', che a tratti rivelava qualche pelo bianco. E bianca era anche gran parte della peluria che gli era cresciuta sul petto gonfio durante gli ultimi giorni in cui non si era depilato come suo solito. Aveva delle braccia forti, che non vedevo l'ora mi stringessero, e degli addominali scolpiti che volevo baciare dolcemente. Ma quello che mi eccitava ancora di più era il suo grande pene.

Non ne avevo mai visto di così grossi. Come ho già raccontato in precedenza, malgrado la mia giovane età avevo già fatto sesso con tantissimi uomini, e di ben dotati ne avevo incontrato decine. Quello di mio padre, però, era il cazzo più spettacolare che avessi mai visto: da due coglioni grossi come due mandarini partiva una verga che sia per lunghezza che per spessore risultava essere stupefacente. Calcolai con lo sguardo che dovevano essere circa 22 o 24 cm, ma non potevo vedere bene perché il cazzo, curvo, virava decisamente verso sinistra. Quell'irregolarità che lo faceva pendere in modo evidente da una parte mi eccitava un casino. Volevo farmi possedere da quel bestione, e l'idea che proprio quell'uomo di fronte a me fosse un padre di famiglia, e in particolare mio padre, mi faceva ribollire il sangue nelle vene.

"Ciao", mi disse semplicemente. Mi avvicinai. Arrivata di fronte a lui, ci guardammo negli occhi; l'eccitazione era palpabile. Decisi di prendere l'iniziativa, e lentamente avvicinai il mio viso al suo petto, e cominciai a baciargli i capezzoli turgidi. Lui fece cadere per terra il cellulare e con entrambe le mani mi prese per i polsi. Mi fermai, e lo guardai un'altra volta. Capii subito cosa dovevo fare.

Slegandomi dalla sua presa, mi inginocchiai, e mi ritrovai faccia a faccia con quel pisellone che bramavo così ardentemente. Lo presi con la mano sinistra; era talmente grosso che le mie dita che lo stringevano non riuscivano a toccare il pollice dal lato opposto. Senza staccargli gli occhi di dosso, avvicinai le labbra alla punta. La cappella era turgida e pulsante, gonfia come un fungo, e potevo sentire il profumo di eccitazione del suo cazzo. Lo presi in bocca, aprendola completamente per farlo entrare con facilità. Dovetti veramente sforzare la mandibola, ma per fortuna avevo dietro di me anni di esperienza. Andavo su e giù sulla sua verga, dentro la mia bocca continuando a muovere la lingua per avvolgere la cappella. Lui ansimava di piacere. Stavo facendo godere mio padre, ed era una delle sensazioni più gratificanti che avessi mai provato.

Glielo succhiavo sempre più veloce, e cominciai anche a infilarmi le dita nelle mutandine, ormai fradicie, per stimolarmi il clitoride. Mio padre cominciò così a sciogliersi un po' e mettendomi una mano sul capo, mi spingeva la testa leggermente seguendo i miei movimenti. Mi staccai, lasciando il suo cazzo grondare saliva, e scesi più giù per succhiare per bene i coglioni gonfi. Mio padre prese il cazzone in mano, e spostandomi dalle palle, con uno sguardo da gran porco, cominciò a dirmi: "Ti piace il cazzo di papà, eh?" e così dicendo me lo sbatteva sul viso, e poi me lo infilava di forza in bocca fino in gola.

Dopo un po' mi fece rimettere in piedi, e togliendomi la canotta buttò la faccia tra i miei grossi seni. Erano sodi, alti, e mio padre come un animale li palpava, li mordeva, li baciava e li leccava. Avevo la sua saliva dappertutto, risalendo cominciò anche a baciare e leccare il collo, per poi prendermi con una mano dietro la nuca e baciarmi. Sentii la sua lingua che mi riempiva la bocca, incontrava la mia lingua, si intrecciavano...

Mi buttò sul letto, e facendomi aprire le gambe si abbassò sulle mie mutandine, che annusò a pieni polmoni. "Guarda quanto sei bagnata", disse guardandomi, prima di strapparmi il perizoma di dosso con un sol colpo. Immerse completamente la sua faccia nel mio inguine, e la mossa fu tanto improvvisa che ebbi un sussulto di eccitazione. Sentivo la sua lingua che veloce mi sgrilletteva il clitoride, e a tratti andava a leccare completamente le grandi labbra, e la sua barba che ruvida raspava contro la mia fighetta. Ero sopraffatta dalle sensazioni che provavo, volevo che non finisse mai. Mentre continuava a lavorarmi la patata, mi infilò due dita dentro la vagina, e non ci volle molto prima che ebbi il mio primo orgasmo, proprio mentre mio padre mi leccava. Non si fermò, continuò per altri dieci minuti, e poi riemerse, guardandomi con la barba umida di saliva e miei umori.

Mi baciò di nuovo, così, e poi mi appoggiò la sua grande verga sulle labbra. Mi guardò: "Sei pronta?", mi disse. Riprendendomi dal cunnilingus, ci misi qualche secondo per annuire, vogliosa, ma prima ancora che potessi farlo mio padre si mise nella posizione del missionario e sentii la sua cappellona che cominciava a penetrarmi. Avvicinò il suo viso al mio, e guardandomi negli occhi mi sussurrò: "Farò molto lentamente, perché voglio che senti ogni singolo centimetro del mio cazzo penetrarti".

Lo sentii eccome. Il suo pisellone, duro come la pietra, si faceva spazio stirando fino al limite le mie labbra. Era una delle poche volte in cui la mia figa era tirata così tanto che sentii dolore durante la penetrazione, ma allo stesso tempo l'idea che mio padre stesse entrando dentro di me mi faceva impazzire e mi provocava un piacere che non avevo mai provato. Dopo avermi infilato tutta la verga dentro la vagina, Gaetano, mio padre, cominciò a scoparmi. Gemendo di piacere senza sosta, gli stringevo le braccia muscolose, mentre mi sbatteva senza fermarsi. Stordita dai suoi colpi di cazzo, mi sembrò di perdere i sensi quando ebbi un secondo orgasmo che bagnò le lenzuola.

Non mi ero ancora ripresa, quando mio padre decise che era ora di cambiare posizione. Mi disse di girarmi, voleva che mi mettessi a pecorina. Rimanendo dietro, mi puntò il cazzo all'imboccatura della vagina, e avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò: "Voglio che mi chiedi di scoparti".
Gemendo, mugolai: "Scopami..."
"Devi dirlo più forte..."
"Scopami!", dissi a voce alta.
"Voglio che mi implori", disse lui, sempre più porco.
Sopraffatta dalla voglia, urlai: "Scopami papà!!!"

Non passò neanche un secondo, che mio padre mi squarciò la figa con un colpo secco e cominciò a sbattermi ancora più forte di prima. Ebbi più di un orgasmo, grazie a quello stallone che mi stava letteralmente aprendo in due con i suoi colpi di minchia.

Arrivato anche lui al limite sfilò il cazzo dalla vagina, e mi disse di girarmi.

Lui era in piedi sul letto, e si menava il cazzo che ormai era violaceo. Guardandomi negli occhi mi disse: "La vuoi in faccia?"
Io non aspettavo altro. "Sì, papà, vienimi in faccia, voglio che mi copri tutta di sborra".
Mi tenne la testa ferma con una mano, e mentre io lo guardavo negli occhi con la bocca aperta in attesa, ecco che arrivarono: con gemiti animaleschi, uno, due, tre, quattro, cinque getti di sperma, sull'occhio destro, sulle labbra, le guance. E poi ancora. Sentivo la sborra calda che mi scivolava sul viso, dalla fronte, agli occhi, dal mento mi colava sui seni. Sentivo l'odore forte del seme ovunque, e continuando a guardare negli occhi mio padre con la faccia imbiancata, ripresi il suo cazzone in bocca e glielo ripulii per bene. Mentre mi leccavo i lati della bocca per assaporare tutto quel ben di dio, pensai che ero proprio una ragazza fortunata... E sapevo che non sarebbe finita lì.

(Continua...)
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scritto il
2016-11-30
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