Bed and breakfast
di
nadim
genere
tradimenti
Avevo prenotato il B&B telefonicamente dopo diversi tentativi in altri posti. Un imprevisto ci aveva costretto ad un pernotto non programmato e non fu semplice trovare un luogo disponibile prenotando nel tardo pomeriggio per la stessa notte.
Aveva risposto una donna gentilissima e con una forte cadenza dell'est europa.
L'indirizzo corrispondeva al portale di un bellissimo palazzo del centro storico di quella città di mare. Ci aprì una donna sui 40 anni, bionda e dai tratti molto delicati. Si presentò, Irina, ed il suo nome svelò la sua origine sovietica. Era vestita con una gonna al ginocchio nera ed una camicia bianca appena sbottonata su un seno florido ma non eccessivo. Era molto elegante nei gesti e nelle movenze.
Entrammo in un androne su cui si affacciavano diverse porte ed apriva una scala che conduceva ai due piani superiori. Ci condusse ad una di quelle porte e capimmo che erano dei mini appartamenti dotati di tutti i comfort. Il luogo era molto fascinoso e ben curato, luci soffuse e profumi di incenso.
Svolgemmo in pochi minuti tutte le pratiche di registrazione e prese commiato da me e mia moglie, lasciandoci nella nostra stanza. Eravamo in viaggio per delle incombenze di lavoro della mia lei. Stava lavorando alla chiusura di un importante contratto per la sua azienda ed essendo io in ferie dal mio lavoro mi proposi di accompagnarla e visitare la città. Per tutta la mattinata aveva lavorato con i delegati dell'azienda committente, ma alla fine non erano giunti ad un accordo soddisfacente per entrambe le parti e quindi si erano riaggiornati alla mattina successiva.
Appena soli, mia moglie cominciò a lavorare e subito me la ritrovai persa fra telefonate ai suoi superiori e rifiniture al capitolato. Per non disturbarla e per non annoiarmi decisi di fare un giro nella città. Mi avviai verso il porto turistico e dopo qualche giro per i vicoli decisi di accomodarmi ad un bar fronte mare per un aperitivo.
Sorseggiavo un prosecco e riguardavo delle foto scattate in precedenza, quando fui sorpreso da una voce che mi chiamava per cognome. Era Irina. Incrociai il suo sguardo e accennai una risposta sgranata dalla sorpresa e dall'imbarazzo. Si dimostrò stupita di vedermi solo e chiese se avessi avuto piacere della sua compagnia. Accettai di buon grado. Ordinò anche lei un prosecco e iniziammo a chiacchierare. Mi disse che era sua abitudine inframezzare i suoi impegni con una pausa in quel baretto dalla splendida vista e volle sapere perchè fossi solo. Le spiegai la situazione e ricambiai la sua curiosità con mie domande. Fui sinceramente sorpreso dalla sua storia. Mi disse che era originaria di una città a circa 600km da Mosca. La sua famiglia era di umili origini e, rimasta incinta a 17 anni, sua figlia fu data in adozione, dietro lauto compenso ai genitori di lei, ad una coppia italiana.
Fin da subito cercò di capire dove sua figlia fosse stata condotta ed a 24 anni arrivò in quella città. Per mantenersi, cominciò a lavorare come badante ad un'anziana donna, madre di un ricco imprenditore di origini nobiliari. Ben presto, l'uomo, un 44enne con poca fortuna con le donne si invaghì di lei e dopo qualche tempo si sposarono. Mi raccontò ancora che le aziende di famiglia portavano via il coniuge per molto tempo e che l'idea del B&B era stata sua, perchè le piaceva l'idea di avere un impegno da condurre. Arrivò una ragazza, diversa dalla cameriera che ci aveva servito in precedenza, per chiederci se gradivamo ancora qualcosa. Notai una luce dolce e felice negli occhi di Irina mentre ordinava un'altro prosecco per entrambi. Guardando la ragazza, molto bella, pensai che potesse avere intorno ai 22, 23 anni e ricordando lo sguardo di lei poco prima, nei miei pensieri si fece spazio un'azzardata associazione. Irina, con un sorriso, annuì prima che potessi dire qualcosa e subito dopo aggiunse che la ragazza non sapeva nulla. Mi disse che aveva scoperto che i genitori adottivi erano delle persone stupende e che la figlia era cresciuta in una famiglia armoniosa e felice e non aveva avuto il coraggio di infrangere quel legame. Si accontentava di viverle vicino. Ero sempre più affascinato e sorpreso da quella donna e non trovavo parole per replicare. Fu lei a superare l'impasse chiedendomi qualche cosa in più sugli impegni di mia moglie in quel viaggio e su come avessi impegnato il tempo da solo, che immaginava fosse stato tanto. Ordinammo un terzo prosecco. L'alcool scioglieva le riserve e non ci sorprese ritrovarci accomunati da una storia coniugale abbastanza infelice. Il tempo passò senza che ne avessimo coscienza. Fu una telefonata al suo cellulare che ci riportò alla realtà. Mia moglie invece, nonostante le diverse ore trascorse non aveva manifestato alcun cenno di interesse al mio modo di ingannare il tempo.
Terminata la sua breve chiamate, Irina mi guardò negli occhi per un lungo istante. Ed io annegai nei suoi. Erano dolci e tristi. Grandi. Sentii il desiderio di baciarla, ma non avrei mai avuto il coraggio di osare tanto. Mi disse che doveva andare, un piccolo impegno la reclamava. Alzandosi dal tavolo, frugò velocemente nella borsa e ripose un mazzetto di chiavi sul tavolo. Mi disse che erano di una porta sul retro del palazzo e che era l'ingresso di una dependance. Lei sarebbe tornata entro una mezz'ora. Se non avessi desiderato la sua compagnia, sarebbe stato sufficiente lasciarle le chiavi inella cassetta di raccolta nell'androne. Lei avrebbe comunque compreso.
Non attese risposte. Andò via senza lasciar tempo di repliche. A mia volta, pagai il conto e mi avviai frastornato verso l'appartamento, stringendo nelle mani le chiavi. Anche se con mia moglie non andava al meglio, non l'avevo mai tradita, ma Irina mi affascinava tanto e, onestamente, la desideravo da morire.
Entrai nell'appartamentino in maniera quasi furtiva. Era arredato in maniera molto simile a quello in cui soggiornavo con mia moglie. Mia moglie che ancora era alle prese con i suoi affari e che non aveva neanche inviato un sms per chiedere dove fossi e cosa facessi, nonostante fossi fuori da ormai un paio d'ore. Fu questo pensiero a farmi scivolare di dosso i miei sensi di colpa. Approfittai del tempo che mancava all'arrivo di Irina per fare una doccia. Entrò mentre ancora ero sotto l'acqua. Si affacciò sulla porta del bagno, mentre io cercavo di avvolgermi nel telo per asciugarmi. Mi disse che era felice che io fossi li, con un sorriso radioso. Mi avvicinai alle sue labbra e la baciai con trasporto e passione. Lei ricambiò senza esitare. Le nostre lingue si intrecciavano vorticosamente. Sbottonai la camicetta e scivolai con le mie labbra lungo la sua pelle dirigendomi verso i suoi seni. La sentivo fremere. La sua pelle era liscia, setosa. La sua voce rotta dai sospiri mi eccitava a dismisura. Con un gesto rapido slacciò la gonna, che cadde leggera ai suoi piedi. Indossava un intimo semplice, comodo. Segno che sicuramente non s'aspettava, in quel giorno, un convegno romantico. Constatazione che aumentò il mio piacere per quella situazione. La adagiai sul letto e delicatamente sfilai la mutandina. Era umida. Il suo sesso era rorido e pulsante. Molto curato, quasi totalmente depilato, a parte un piccolo ciuffetto biondo in alto. Cominciai a leccarla con dolcezza. Le piaceva, era evidente. La mia lingua percorreva le sue grandi labbra, sfiorava il clitoride, si infrufolava dentro, con ritmi alterni. Le mie labbra succhiavano ed un dito, lentamente, si era insinuato dentro, affondando in profondità.
Lei si era completamente abbandonata alle mie attenzioni, mugolava e stringeva le lenzuola fra le mani. Il primo orgasmo arrivò dopo pochi minuti. Irruente. prepotente. Mi accomodai accanto a lei e cominciai ad accarezzarle delicatamente i capelli mentre il suo respiro riacquistava una costanza normale.
Poi fu lei a prendere l'iniziativa. Con un lento percorso di baci lungo la traiettoria che dal mio viso conduceva al mio sesso eretto, passando dal collo e dal petto, arrivò a posare le sue labbra sulla mia carne marmorea. Sentii il calore della sua bocca che avvolgeva il glande. La lingua che roteva intorno. Piccoli risucchi. Un ritmo spezzato, dispettoso per qualche minuto. Poi cominciò a muoversi con sapienza, decisa a regalarmi piacere. Succhiava e leccava, strusciava la mia carne sul suo viso, baciava, accarezzava. Era brava. Era dolce. Era appassionata.
Quando sentì che la mia tensione era massima si staccò, mi guardò con occhi vogliosi e dolci e salì su di me. Con una mano guidò il mio cazzo sulla sua fessura. Si lascò scendere dolcemente. Sentivo le pareti della sua vagina avvolgermi. Era un lago. Quando il mio sesso fu tutto dentro guidò le mie mani sulle sue natiche e cominciò lentamente a cavalcare. Si muoveva sinuosa. Sentivo le sue carni stringere e massaggiare il mio cazzo. Il suo volto era trasfigurato dal piacere. Dettavo il ritmo stringendo la consistenza soda delle sue natiche. Succhiavo i suoi seni e la sua lingua quando si chinava su di me. Si muoveva con un gioco di fianchi sapiente e malizioso. Era difficile resisterle. La guardai negli occhi con uno sguardo che non lasciava spazio ad interpretazioni. Rispose con un sorriso ed intensificò il ritmo. Capii che potevo lasciarmi andare ed esplosi dentro lei con una serie di fiotti potenti ed intensi. Al secondo spruzzo anche lei raggiunse l'orgasmo. Si chinò su di me, e le nostre lingue si intrecciarono per un lungo bacio.
Rimanemmo abbracciati a lungo, in silenzio, percorrendoci con le mani e con gli sguardi. Nessuno aveva il coraggio di rompere l'incanto con il suono di una parola. Il ticchettio di un orologio esplodeva prepotente nel silenzio ormai buio di quell'alcova. Ricominciammo a baciarci. Le mie mani percorrevano il suo corpo con delicata curiosità. Avevo ancora voglia, anche se il mio sesso faceva fatica a rispondere all'appello. Lei lo accarezzava dolcemente, fra un bacio e l'altro. il suo corpo era armonico e sensuale, la linea delle sue curva sfiorava la perfezione. La sua pelle, bianca. Raccoglievo i particolari della sua femminilità grazie alla luce calda della lampada sul comodino. Nell'enfasi iniziale la passione non aveva lasciato terreno all'osservazione. Ora invece mi eccitavo della sua sinuosità, della sua consistenza. Volevo averla ancora. E sentivo che lei mi voleva ancora. Le chiesi di girarsi a pancia in giù. Leccai la sua schiena, scendendo lento. Arrivai fra le sue natiche. La punta della mia lingua sfiorava il suo ano. Non oppose resistenza. Sembrava piacerle. Questa scoperta mi galvanizzò, la mia erezione riprese consistenza. Lasciai cadere un po' di saliva e insinuai il mio indice. Emise un sospiro. Entrai con relativa facilità, ma sentivo la carezza stretta e aderente della sua carne. Giocai un po' e sentivo la sua partecipazione. Appoggiai il mio glande. Entrai lentamente. Un piccolo rantolo di dolore mi colpì alla testa aumentando la mia eccitazione e la mia durezza, ma non affondai prima di cogliere il suo ulteriore consenso. Con lentezza fui tutto dentro. Tutto il mio corpo disteso sulla sua schiena. Mi muovevo piano e cercavo la sua bocca, per quanto la posizione fosse scomoda. Scambiavamo baci difficili e furtivi, lei muoveva i fianchi per agevolare il movimento. La possedevo con lentezza. Sentivo stringere le sue pareti sul mio cazzo. Sentivo di poter resistere a lungo. Disse qualcosa nella sua lingua, cercando i miei baci. Esplose in un nuovo orgasmo improvviso, che mi sorprese. La sentii prima contrarsi in una serie di brevi convulsioni e poi abbandonarsi inerte ed appagata. Sorridente.
Uscii da lei. Mi accarezzò il viso con uno sguardo di intensa tenerezza. Poi mi invitò a distendermi supino e mi prese fra le sue labbra. Mi succhiava con maestria. Sentivo e sentiva salire il mio orgasmo inesorabile, ma non si scansò. Accolse tutto il mio seme nella sua bocca.
Eravamo ormai stremati ed il tempo cominciava a diventare tiranno. Il mio cellulare squillò per una chiamata. Sul display vidi il nome di mia moglie.
Entrammo in doccia insieme e ci lavammo scambiando qualche tenera carezza, poi ci rivestimmo in fretta. Aleggiava un'atmosfera di malinconia. Mi chiese di uscire per primo, facendo attenzione. Lei sarebbe rimasta a rassettare.
Ci salutammo con un ultimo bacio. Sapevo che non l'avrei rivista. Negli accordi precedenti per lasciare la stanza, ci aveva già detto che sarebbe stata via al nostro orario di check out e che sarebbe stato sufficiente lasciare la chiave nella cassetta posta nell'androne.
Appena fuori richiamai mia moglie. Pensavo che sarebbe stato necessario trovare qualche scusa per giustificare la mancata risposta alla chiamata precedente, ma non fu necessario. Mi aveva solo chiamato per chiedere, di portare, al mio rientro, una bottiglia d'acqua.
Aveva risposto una donna gentilissima e con una forte cadenza dell'est europa.
L'indirizzo corrispondeva al portale di un bellissimo palazzo del centro storico di quella città di mare. Ci aprì una donna sui 40 anni, bionda e dai tratti molto delicati. Si presentò, Irina, ed il suo nome svelò la sua origine sovietica. Era vestita con una gonna al ginocchio nera ed una camicia bianca appena sbottonata su un seno florido ma non eccessivo. Era molto elegante nei gesti e nelle movenze.
Entrammo in un androne su cui si affacciavano diverse porte ed apriva una scala che conduceva ai due piani superiori. Ci condusse ad una di quelle porte e capimmo che erano dei mini appartamenti dotati di tutti i comfort. Il luogo era molto fascinoso e ben curato, luci soffuse e profumi di incenso.
Svolgemmo in pochi minuti tutte le pratiche di registrazione e prese commiato da me e mia moglie, lasciandoci nella nostra stanza. Eravamo in viaggio per delle incombenze di lavoro della mia lei. Stava lavorando alla chiusura di un importante contratto per la sua azienda ed essendo io in ferie dal mio lavoro mi proposi di accompagnarla e visitare la città. Per tutta la mattinata aveva lavorato con i delegati dell'azienda committente, ma alla fine non erano giunti ad un accordo soddisfacente per entrambe le parti e quindi si erano riaggiornati alla mattina successiva.
Appena soli, mia moglie cominciò a lavorare e subito me la ritrovai persa fra telefonate ai suoi superiori e rifiniture al capitolato. Per non disturbarla e per non annoiarmi decisi di fare un giro nella città. Mi avviai verso il porto turistico e dopo qualche giro per i vicoli decisi di accomodarmi ad un bar fronte mare per un aperitivo.
Sorseggiavo un prosecco e riguardavo delle foto scattate in precedenza, quando fui sorpreso da una voce che mi chiamava per cognome. Era Irina. Incrociai il suo sguardo e accennai una risposta sgranata dalla sorpresa e dall'imbarazzo. Si dimostrò stupita di vedermi solo e chiese se avessi avuto piacere della sua compagnia. Accettai di buon grado. Ordinò anche lei un prosecco e iniziammo a chiacchierare. Mi disse che era sua abitudine inframezzare i suoi impegni con una pausa in quel baretto dalla splendida vista e volle sapere perchè fossi solo. Le spiegai la situazione e ricambiai la sua curiosità con mie domande. Fui sinceramente sorpreso dalla sua storia. Mi disse che era originaria di una città a circa 600km da Mosca. La sua famiglia era di umili origini e, rimasta incinta a 17 anni, sua figlia fu data in adozione, dietro lauto compenso ai genitori di lei, ad una coppia italiana.
Fin da subito cercò di capire dove sua figlia fosse stata condotta ed a 24 anni arrivò in quella città. Per mantenersi, cominciò a lavorare come badante ad un'anziana donna, madre di un ricco imprenditore di origini nobiliari. Ben presto, l'uomo, un 44enne con poca fortuna con le donne si invaghì di lei e dopo qualche tempo si sposarono. Mi raccontò ancora che le aziende di famiglia portavano via il coniuge per molto tempo e che l'idea del B&B era stata sua, perchè le piaceva l'idea di avere un impegno da condurre. Arrivò una ragazza, diversa dalla cameriera che ci aveva servito in precedenza, per chiederci se gradivamo ancora qualcosa. Notai una luce dolce e felice negli occhi di Irina mentre ordinava un'altro prosecco per entrambi. Guardando la ragazza, molto bella, pensai che potesse avere intorno ai 22, 23 anni e ricordando lo sguardo di lei poco prima, nei miei pensieri si fece spazio un'azzardata associazione. Irina, con un sorriso, annuì prima che potessi dire qualcosa e subito dopo aggiunse che la ragazza non sapeva nulla. Mi disse che aveva scoperto che i genitori adottivi erano delle persone stupende e che la figlia era cresciuta in una famiglia armoniosa e felice e non aveva avuto il coraggio di infrangere quel legame. Si accontentava di viverle vicino. Ero sempre più affascinato e sorpreso da quella donna e non trovavo parole per replicare. Fu lei a superare l'impasse chiedendomi qualche cosa in più sugli impegni di mia moglie in quel viaggio e su come avessi impegnato il tempo da solo, che immaginava fosse stato tanto. Ordinammo un terzo prosecco. L'alcool scioglieva le riserve e non ci sorprese ritrovarci accomunati da una storia coniugale abbastanza infelice. Il tempo passò senza che ne avessimo coscienza. Fu una telefonata al suo cellulare che ci riportò alla realtà. Mia moglie invece, nonostante le diverse ore trascorse non aveva manifestato alcun cenno di interesse al mio modo di ingannare il tempo.
Terminata la sua breve chiamate, Irina mi guardò negli occhi per un lungo istante. Ed io annegai nei suoi. Erano dolci e tristi. Grandi. Sentii il desiderio di baciarla, ma non avrei mai avuto il coraggio di osare tanto. Mi disse che doveva andare, un piccolo impegno la reclamava. Alzandosi dal tavolo, frugò velocemente nella borsa e ripose un mazzetto di chiavi sul tavolo. Mi disse che erano di una porta sul retro del palazzo e che era l'ingresso di una dependance. Lei sarebbe tornata entro una mezz'ora. Se non avessi desiderato la sua compagnia, sarebbe stato sufficiente lasciarle le chiavi inella cassetta di raccolta nell'androne. Lei avrebbe comunque compreso.
Non attese risposte. Andò via senza lasciar tempo di repliche. A mia volta, pagai il conto e mi avviai frastornato verso l'appartamento, stringendo nelle mani le chiavi. Anche se con mia moglie non andava al meglio, non l'avevo mai tradita, ma Irina mi affascinava tanto e, onestamente, la desideravo da morire.
Entrai nell'appartamentino in maniera quasi furtiva. Era arredato in maniera molto simile a quello in cui soggiornavo con mia moglie. Mia moglie che ancora era alle prese con i suoi affari e che non aveva neanche inviato un sms per chiedere dove fossi e cosa facessi, nonostante fossi fuori da ormai un paio d'ore. Fu questo pensiero a farmi scivolare di dosso i miei sensi di colpa. Approfittai del tempo che mancava all'arrivo di Irina per fare una doccia. Entrò mentre ancora ero sotto l'acqua. Si affacciò sulla porta del bagno, mentre io cercavo di avvolgermi nel telo per asciugarmi. Mi disse che era felice che io fossi li, con un sorriso radioso. Mi avvicinai alle sue labbra e la baciai con trasporto e passione. Lei ricambiò senza esitare. Le nostre lingue si intrecciavano vorticosamente. Sbottonai la camicetta e scivolai con le mie labbra lungo la sua pelle dirigendomi verso i suoi seni. La sentivo fremere. La sua pelle era liscia, setosa. La sua voce rotta dai sospiri mi eccitava a dismisura. Con un gesto rapido slacciò la gonna, che cadde leggera ai suoi piedi. Indossava un intimo semplice, comodo. Segno che sicuramente non s'aspettava, in quel giorno, un convegno romantico. Constatazione che aumentò il mio piacere per quella situazione. La adagiai sul letto e delicatamente sfilai la mutandina. Era umida. Il suo sesso era rorido e pulsante. Molto curato, quasi totalmente depilato, a parte un piccolo ciuffetto biondo in alto. Cominciai a leccarla con dolcezza. Le piaceva, era evidente. La mia lingua percorreva le sue grandi labbra, sfiorava il clitoride, si infrufolava dentro, con ritmi alterni. Le mie labbra succhiavano ed un dito, lentamente, si era insinuato dentro, affondando in profondità.
Lei si era completamente abbandonata alle mie attenzioni, mugolava e stringeva le lenzuola fra le mani. Il primo orgasmo arrivò dopo pochi minuti. Irruente. prepotente. Mi accomodai accanto a lei e cominciai ad accarezzarle delicatamente i capelli mentre il suo respiro riacquistava una costanza normale.
Poi fu lei a prendere l'iniziativa. Con un lento percorso di baci lungo la traiettoria che dal mio viso conduceva al mio sesso eretto, passando dal collo e dal petto, arrivò a posare le sue labbra sulla mia carne marmorea. Sentii il calore della sua bocca che avvolgeva il glande. La lingua che roteva intorno. Piccoli risucchi. Un ritmo spezzato, dispettoso per qualche minuto. Poi cominciò a muoversi con sapienza, decisa a regalarmi piacere. Succhiava e leccava, strusciava la mia carne sul suo viso, baciava, accarezzava. Era brava. Era dolce. Era appassionata.
Quando sentì che la mia tensione era massima si staccò, mi guardò con occhi vogliosi e dolci e salì su di me. Con una mano guidò il mio cazzo sulla sua fessura. Si lascò scendere dolcemente. Sentivo le pareti della sua vagina avvolgermi. Era un lago. Quando il mio sesso fu tutto dentro guidò le mie mani sulle sue natiche e cominciò lentamente a cavalcare. Si muoveva sinuosa. Sentivo le sue carni stringere e massaggiare il mio cazzo. Il suo volto era trasfigurato dal piacere. Dettavo il ritmo stringendo la consistenza soda delle sue natiche. Succhiavo i suoi seni e la sua lingua quando si chinava su di me. Si muoveva con un gioco di fianchi sapiente e malizioso. Era difficile resisterle. La guardai negli occhi con uno sguardo che non lasciava spazio ad interpretazioni. Rispose con un sorriso ed intensificò il ritmo. Capii che potevo lasciarmi andare ed esplosi dentro lei con una serie di fiotti potenti ed intensi. Al secondo spruzzo anche lei raggiunse l'orgasmo. Si chinò su di me, e le nostre lingue si intrecciarono per un lungo bacio.
Rimanemmo abbracciati a lungo, in silenzio, percorrendoci con le mani e con gli sguardi. Nessuno aveva il coraggio di rompere l'incanto con il suono di una parola. Il ticchettio di un orologio esplodeva prepotente nel silenzio ormai buio di quell'alcova. Ricominciammo a baciarci. Le mie mani percorrevano il suo corpo con delicata curiosità. Avevo ancora voglia, anche se il mio sesso faceva fatica a rispondere all'appello. Lei lo accarezzava dolcemente, fra un bacio e l'altro. il suo corpo era armonico e sensuale, la linea delle sue curva sfiorava la perfezione. La sua pelle, bianca. Raccoglievo i particolari della sua femminilità grazie alla luce calda della lampada sul comodino. Nell'enfasi iniziale la passione non aveva lasciato terreno all'osservazione. Ora invece mi eccitavo della sua sinuosità, della sua consistenza. Volevo averla ancora. E sentivo che lei mi voleva ancora. Le chiesi di girarsi a pancia in giù. Leccai la sua schiena, scendendo lento. Arrivai fra le sue natiche. La punta della mia lingua sfiorava il suo ano. Non oppose resistenza. Sembrava piacerle. Questa scoperta mi galvanizzò, la mia erezione riprese consistenza. Lasciai cadere un po' di saliva e insinuai il mio indice. Emise un sospiro. Entrai con relativa facilità, ma sentivo la carezza stretta e aderente della sua carne. Giocai un po' e sentivo la sua partecipazione. Appoggiai il mio glande. Entrai lentamente. Un piccolo rantolo di dolore mi colpì alla testa aumentando la mia eccitazione e la mia durezza, ma non affondai prima di cogliere il suo ulteriore consenso. Con lentezza fui tutto dentro. Tutto il mio corpo disteso sulla sua schiena. Mi muovevo piano e cercavo la sua bocca, per quanto la posizione fosse scomoda. Scambiavamo baci difficili e furtivi, lei muoveva i fianchi per agevolare il movimento. La possedevo con lentezza. Sentivo stringere le sue pareti sul mio cazzo. Sentivo di poter resistere a lungo. Disse qualcosa nella sua lingua, cercando i miei baci. Esplose in un nuovo orgasmo improvviso, che mi sorprese. La sentii prima contrarsi in una serie di brevi convulsioni e poi abbandonarsi inerte ed appagata. Sorridente.
Uscii da lei. Mi accarezzò il viso con uno sguardo di intensa tenerezza. Poi mi invitò a distendermi supino e mi prese fra le sue labbra. Mi succhiava con maestria. Sentivo e sentiva salire il mio orgasmo inesorabile, ma non si scansò. Accolse tutto il mio seme nella sua bocca.
Eravamo ormai stremati ed il tempo cominciava a diventare tiranno. Il mio cellulare squillò per una chiamata. Sul display vidi il nome di mia moglie.
Entrammo in doccia insieme e ci lavammo scambiando qualche tenera carezza, poi ci rivestimmo in fretta. Aleggiava un'atmosfera di malinconia. Mi chiese di uscire per primo, facendo attenzione. Lei sarebbe rimasta a rassettare.
Ci salutammo con un ultimo bacio. Sapevo che non l'avrei rivista. Negli accordi precedenti per lasciare la stanza, ci aveva già detto che sarebbe stata via al nostro orario di check out e che sarebbe stato sufficiente lasciare la chiave nella cassetta posta nell'androne.
Appena fuori richiamai mia moglie. Pensavo che sarebbe stato necessario trovare qualche scusa per giustificare la mancata risposta alla chiamata precedente, ma non fu necessario. Mi aveva solo chiamato per chiedere, di portare, al mio rientro, una bottiglia d'acqua.
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