Una mail alla mia complice di torture
di
FetishJo
genere
masturbazione
Qualche tempo fa frequentavo via web una bella biondina di una decina d’anni minore di me, quindi sulla trentina, con un viso dolce ma dannatamente sexy, almeno a mio avviso, perché la sua passione era la self-tortura erotica (quella effettuata per gioco, come ovvio, escludente la violenza gratuita, che non sopporto). Siccome anche io sono come lei, angelico fuori e porco dentro, e adoro tutti i metodi più creativi, bizzarri e severi che si possono attuare per godere, ci scambiavamo liberamente e gioiosamente dettagliate mail in cui lei mi raccontava le varie torture che, attraverso oggetti, sostanze, piccoli dispositivi anche elettrici, imponeva al suo corpo, in particolare ai suoi capezzoli, alla sua figa e al suo clitoride, e io le illustravo quelle che, pure io sfruttando i mezzi più disparati e impensati, riservavo al mio, di corpo, soprattutto chiaramente al cazzo. Ebbene, ultimamente, per diversi motivi, di lavoro e non, ho poco tempo per scrivere nuove storie hot, sicché mi sono deciso a rendere nota una delle mail che le avevo inviato e che, nonostante lei si fosse dimostrata entusiasta suggerendomi di pubblicarla in rete perché informazioni così appetitose e istruttive vanno condivise, io avevo invece preferito tenere nel cassetto, pardon, nel computer. Non vi nascondo che rileggerla ora mi ha fatto venire una voglia matta di sperimentare ancora questo sistema (di cui non penso comunque di essere l’inventore), cosa che farò appena spedito al sito il tutto (come vedrete poco sotto, questa coazione a ripetere mi affliggeva pure allora). Propongo dunque quella lettera elettronica esattamente così com’era. A voi stabilire se avevo ragione io a tenerla per me o la mia intemerata “complice di torture” a diffonderla pubblicamente.
“Mia inestimabile complice di torture, oggi ti parlo dell’Impiccagione del Cazzo, una tecnica che spesso praticavo sul mio cazzo quando ero single o su quello altrui quando giocavamo tra boy. Ora che sto con una lei mi capita raramente, l’ultima qualche mese fa in uno dei momenti di sano sollazzo personale che giustamente spettano anche agli accoppiati, ma a rievocarla adesso non ho dubbio alcuno che, conoscendomi, finito di scriverti la rimetto in essere in pompa magna. Tieni presente che ci sono tante varianti e integrazioni (ad esempio l’impiego dei piedi al posto delle mani), ma ti descrivo la versione standard.
Come sempre mi distendo nudo sul letto, davanti allo specchio dell’armadio, che rimanda la mia figura alta e asciutta. Mi ungo con essenze varie, o anche olio di oliva, prima i capezzoli (così con le dita torturo pure loro, per non lasciarli disoccupati, cosa da non fare mai per una persona, figuriamoci per una zona erogena), e poi il cazzo e soprattutto la cappella. Quando queste parti tanto belle e preziose sono dure e lucide lego alla base della cappella una cordicella, meglio se lievemente elastica, poi inizio a tirare verso l’alto, in modo che il cazzo venga trascinato in su (altrimenti, essendo rigido, mi sta parallelo al ventre, rivolto verso di me in un testa a testa curioso). Ecco perché, insieme alla lunghezza, che non guasta, ci vuole, perché la corda non si sfili durante uno strappo maldestro, una cappella voluminosa che sporga dall’asta, ed ecco perché è meglio che sia circonciso, insomma simile al mio (io sono fortunato, o meglio ho concepito uno stratagemma di hard-sega che si adatta al mio cazzo lungo e a sbalzo). Prendo a tirare non molto forte, poi la forza aumenta, dosandola in proporzione al piacere sentito. Da soli è più facile, mentre se la manovra mi viene fatta da un altro, o sono io a farla all’altro (o altri, non c’è un limite tecnico ai partecipanti), bisogna porre maggiore attenzione per definire e raggiungere la potenza di tirata giusta, quella al confine tra piacere e dolore. Insomma, a un certo punto il cazzo passa da duro a durissimo, assume la forma di un impiccato, interamente impennato verso l’alto, slungato che sembra appunto appeso a un cappio, con l’enorme cappella, congestionata e paonazza, che pare una di quelle bombe tonde dei fumetti pronta a esplodere... Più si tira e si stringe la cappella, più questa si gonfia, e più si gonfia più il laccio stringe... una goduria sopraffina, tanto è crudele e libidinosa. Se si vuole prolungare il piacere è meglio ogni tanto allentare la presa, in modo poi da poter ricominciare, meglio se più volte. Mi viene in mente un cavaliere che usa le briglie per governare il cavallo, serrandole o sciogliendole con maestria a seconda del temperamento dell’animale, ricorrendo nel caso a qualche colpo di frustino bene assestato (anche qui la similitudine è interessante, credo). Quando si è in due è più difficile, e la foga fa sì che lo spasso non duri tantissimo, specie se non si è esperti, ricordo che sovente molti ragazzi (l’età giovane anticipa ovviamente la tempistica dell’orgasmo) in pochi minuti sborravano come fontane tra ululati e contorcimenti incredibili (più avanti magari chiedevano la replica!). Io, da solo, amo torturarmi molto più a lungo, mi è capitato anche di divertirmi all’impiccato col mio cazzo per più di un’ora, e ti assicuro che per questo artificio sessuale è un record! Di solito, quando il cazzo è bello pronto, a me piace, come sai, far godere il buco in cima, per cui magari, visto che la fessura è allargata perché la cappella è grossa e gonfia, e la mucosa distesa al massimo, introduco con un contagocce un po’ di liquido (può essere acqua tiepida, saliva, latte, yogurt, se proprio voglio urlare aggiungo una crema alla menta o talvolta un liquido stemperato con peperoncino! - proverò lo zenzero che tu usi per il clitoride…), così è come se dessi da bere al condannato prima dell’esecuzione! Ma invece di salvarlo, a quel punto l’esito decretato al principio è inarrestabile, inevitabile. Il cazzo, sempre più tirato, strangolato e pieno (del succo che sale dalle palle e dal liquido introdotto dall’alto) comincia a sussultare, si dilata sempre di più, sento l’orgasmo innescarsi e in un attimo, dove il tempo pare si blocchi, il cazzo mi esplode, la cappellona pulsante e violacea spara getti di sborra e di saliva (o di quello che ci ho messo!) che finiscono dappertutto tanto l’orgasmo è violento, crudo, duro e puro, e io grido (se posso) come un pazzo, esalando insieme al mio cazzo l’ultimo respiro. E infatti il cazzo, poco dopo, se non si scioglie subito il laccio, piega leggermente la testa di lato o verso giù, come appunto un impiccato! È incredibile come questo gioco sia significativo... Però il bello è che poi il ‘deceduto’ resuscita sempre... anzi, con il passare del tempo torna più vigoroso di prima, come si trattasse di un duro allenamento... è il miracolo del sesso, dell’erotismo ben fatto.
So che questa tortura può magari non interessarti direttamente, non so se il clitoride potrebbe rimpiazzare il cazzo, almeno come dinamica generale e con i naturali adattamenti vista la differente anatomia, bisognerebbe provare ma dal vivo non ho mai trovato una volontaria... Mi hanno raccontato in rete che alcune che avevano un piercing a forma di anello sul clitoride, meglio se su un clitoride non piccolo, la applicavano con piena soddisfazione ma non ho una conferma sul campo. Spero però ti abbia incuriosito conoscere un altro dei metodi adoperati da quello che tu chiami il tuo artistico complice di torture! Se poi invece ti sei eccitata... meglio, per ricambiare del piacere mi racconterai, o dovrai inventarti, un’altra tua tortura”.
“Mia inestimabile complice di torture, oggi ti parlo dell’Impiccagione del Cazzo, una tecnica che spesso praticavo sul mio cazzo quando ero single o su quello altrui quando giocavamo tra boy. Ora che sto con una lei mi capita raramente, l’ultima qualche mese fa in uno dei momenti di sano sollazzo personale che giustamente spettano anche agli accoppiati, ma a rievocarla adesso non ho dubbio alcuno che, conoscendomi, finito di scriverti la rimetto in essere in pompa magna. Tieni presente che ci sono tante varianti e integrazioni (ad esempio l’impiego dei piedi al posto delle mani), ma ti descrivo la versione standard.
Come sempre mi distendo nudo sul letto, davanti allo specchio dell’armadio, che rimanda la mia figura alta e asciutta. Mi ungo con essenze varie, o anche olio di oliva, prima i capezzoli (così con le dita torturo pure loro, per non lasciarli disoccupati, cosa da non fare mai per una persona, figuriamoci per una zona erogena), e poi il cazzo e soprattutto la cappella. Quando queste parti tanto belle e preziose sono dure e lucide lego alla base della cappella una cordicella, meglio se lievemente elastica, poi inizio a tirare verso l’alto, in modo che il cazzo venga trascinato in su (altrimenti, essendo rigido, mi sta parallelo al ventre, rivolto verso di me in un testa a testa curioso). Ecco perché, insieme alla lunghezza, che non guasta, ci vuole, perché la corda non si sfili durante uno strappo maldestro, una cappella voluminosa che sporga dall’asta, ed ecco perché è meglio che sia circonciso, insomma simile al mio (io sono fortunato, o meglio ho concepito uno stratagemma di hard-sega che si adatta al mio cazzo lungo e a sbalzo). Prendo a tirare non molto forte, poi la forza aumenta, dosandola in proporzione al piacere sentito. Da soli è più facile, mentre se la manovra mi viene fatta da un altro, o sono io a farla all’altro (o altri, non c’è un limite tecnico ai partecipanti), bisogna porre maggiore attenzione per definire e raggiungere la potenza di tirata giusta, quella al confine tra piacere e dolore. Insomma, a un certo punto il cazzo passa da duro a durissimo, assume la forma di un impiccato, interamente impennato verso l’alto, slungato che sembra appunto appeso a un cappio, con l’enorme cappella, congestionata e paonazza, che pare una di quelle bombe tonde dei fumetti pronta a esplodere... Più si tira e si stringe la cappella, più questa si gonfia, e più si gonfia più il laccio stringe... una goduria sopraffina, tanto è crudele e libidinosa. Se si vuole prolungare il piacere è meglio ogni tanto allentare la presa, in modo poi da poter ricominciare, meglio se più volte. Mi viene in mente un cavaliere che usa le briglie per governare il cavallo, serrandole o sciogliendole con maestria a seconda del temperamento dell’animale, ricorrendo nel caso a qualche colpo di frustino bene assestato (anche qui la similitudine è interessante, credo). Quando si è in due è più difficile, e la foga fa sì che lo spasso non duri tantissimo, specie se non si è esperti, ricordo che sovente molti ragazzi (l’età giovane anticipa ovviamente la tempistica dell’orgasmo) in pochi minuti sborravano come fontane tra ululati e contorcimenti incredibili (più avanti magari chiedevano la replica!). Io, da solo, amo torturarmi molto più a lungo, mi è capitato anche di divertirmi all’impiccato col mio cazzo per più di un’ora, e ti assicuro che per questo artificio sessuale è un record! Di solito, quando il cazzo è bello pronto, a me piace, come sai, far godere il buco in cima, per cui magari, visto che la fessura è allargata perché la cappella è grossa e gonfia, e la mucosa distesa al massimo, introduco con un contagocce un po’ di liquido (può essere acqua tiepida, saliva, latte, yogurt, se proprio voglio urlare aggiungo una crema alla menta o talvolta un liquido stemperato con peperoncino! - proverò lo zenzero che tu usi per il clitoride…), così è come se dessi da bere al condannato prima dell’esecuzione! Ma invece di salvarlo, a quel punto l’esito decretato al principio è inarrestabile, inevitabile. Il cazzo, sempre più tirato, strangolato e pieno (del succo che sale dalle palle e dal liquido introdotto dall’alto) comincia a sussultare, si dilata sempre di più, sento l’orgasmo innescarsi e in un attimo, dove il tempo pare si blocchi, il cazzo mi esplode, la cappellona pulsante e violacea spara getti di sborra e di saliva (o di quello che ci ho messo!) che finiscono dappertutto tanto l’orgasmo è violento, crudo, duro e puro, e io grido (se posso) come un pazzo, esalando insieme al mio cazzo l’ultimo respiro. E infatti il cazzo, poco dopo, se non si scioglie subito il laccio, piega leggermente la testa di lato o verso giù, come appunto un impiccato! È incredibile come questo gioco sia significativo... Però il bello è che poi il ‘deceduto’ resuscita sempre... anzi, con il passare del tempo torna più vigoroso di prima, come si trattasse di un duro allenamento... è il miracolo del sesso, dell’erotismo ben fatto.
So che questa tortura può magari non interessarti direttamente, non so se il clitoride potrebbe rimpiazzare il cazzo, almeno come dinamica generale e con i naturali adattamenti vista la differente anatomia, bisognerebbe provare ma dal vivo non ho mai trovato una volontaria... Mi hanno raccontato in rete che alcune che avevano un piercing a forma di anello sul clitoride, meglio se su un clitoride non piccolo, la applicavano con piena soddisfazione ma non ho una conferma sul campo. Spero però ti abbia incuriosito conoscere un altro dei metodi adoperati da quello che tu chiami il tuo artistico complice di torture! Se poi invece ti sei eccitata... meglio, per ricambiare del piacere mi racconterai, o dovrai inventarti, un’altra tua tortura”.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
I mille usi dei piedi
Commenti dei lettori al racconto erotico