Una visita a Ilaria - parte 1 (il mio primo racconto)

di
genere
etero

Io e Ilaria ci eravamo ritrovati poche settimane prima grazie a Facebook, che ci aveva consigliato di fare amicizia, come spesso accade avevamo prima cominciato a chiacchierare, aggiornandoci sulle nostre vite (lei viveva da qualche anno in un’altra città), poi a ricordare il passato.
Ai tempi dell’università avevamo avuto una breve e molto divertente storia perlopiù di sesso, di cui ricordavo diversi momenti particolarmente piccanti che erano rimasti indelebili nella mia mente. Rimasi un po’ spiazzato, ma anche piacevolmente incuriosito, quando lei iniziò a farvi riferimento quasi con nostalgia. In particolare, fece cenno a una volta in cui mentre la prendevo da dietro le strinsi i fianchi talmente forte da lasciarle dei lividi che durarono per giorni.
Qualche settimana dopo, le dissi, ormai nemmeno troppo casualmente, che avevo bisogno di prendermi qualche giorno di vacanza e magari avrei potuto andare a trovarla. Si rivelò entusiasta, all’idea, per lei sarebbe stato bello rivederci dopo tanto tempo. Solo giorni dopo, a biglietti fatti e orari stabiliti, mi fece presente che abitava in un monolocale nel centro cittadino: “Tanto non ti formalizzi se dormiamo nello stesso letto”. La prospettiva iniziava a diventare interessante.

Quando scesi dal treno, la trovai ad aspettarmi in testa al binario, e non era affatto cambiata nonostante i 15 anni in più dall’ultima volta che l’avevo vista: un fisico asciutto, che le piaceva esibire, sebbene con discrezione, e quell’aria un po’ furbetta che al tempo mi lasciava completamente indifeso. “Posiamo il bagaglio a casa, così ti rilassi un po’, e poi decidiamo che fare”, mi disse, camminando accanto a me per le strade afose, nel suo vestitino leggero che portava senza reggiseno e le lasciava scoperte le gambe tornite e un po’ abbronzate.
Arrivati a casa sua, tirò fuori una bottiglia di prosecco che sciolse un po’ le chiacchiere. Per tutto il tempo lei mi guardava fisso negli occhi, con quel suo ghigno un po’ beffardo che ricordavo anche troppo bene. Si era legata i capelli castani e ricci per il caldo, scoprendo il collo sottile che diverse volte avevo morso per farla eccitare e si era tolta le scarpe scoprendo i suoi piedini ben fatti, che aveva tirato su per accovacciarsi sul divano dove era seduta accanto a me.
Essendo l’ora di cena, Ilaria mi chiese se preferivo andare a cena fuori o accontentarmi di un boccone a casa. Cogliendo il momento di esitazione, rilanciò: “Non preoccuparti se non ti va, anzi, anche io sono stanca morta. Magari stasera rimaniamo qui a fare due chiacchiere”. Risposi un po’ trepidante che mi sembrava un’ottima idea e le riempii un altro calice.

Presto la conversazione tornò al periodo che avevamo passato insieme: sei mesi di spensieratezza, divertimento… e disinibizione. Dagli aneddoti di conoscenze comuni e cose fatte o viste insieme, gli accenni alle nostre giornate di sesso iniziarono a diventare sempre più chiari e sempre più frequenti. All’inizio pensavo che non significasse nulla, ma, forse complice anche il vino, decisi di stare al gioco e rilanciare. “Ti ricordi quella volta che arrivai a casa tua e mi spogliai nell’ingresso senza nemmeno chiederti se c’era qualcun altro a casa tua? Meno male che i tuoi coinquilini erano persone discrete…” “Ti ricordi quella volta durante la festa di Michela, quando scopammo in camera da letto dei genitori e non ci parlò per due settimane?” “Ti ricordi di quella volta che ti ho tenuto legato alla poltrona per un intero pomeriggio?”
Era sempre più difficile rimanere indifferenti a quei ricordi, e al tono che la nostra conversazione stava prendendo, tanto più che nel corso della chiacchierata ci eravamo fatti sempre più vicini. Fu inevitabile, a un certo punto, sporgermi verso di lei e cercare le sue labbra, ma Ilaria mi spiazzò ricambiandomi con un bacio lento e provocante: la sua bocca e la sua lingua assaporarono le mie con voluttà più che con passione, lasciandomi presagire che quello che ci aspettava era tutt’altro che una sveltina fuori controllo.
Senza smettere di baciarmi, Ilaria sporse il suo petto contro di me, premendo i seni contro di me, e poggiò una mano sulla mia coscia, facendomi fremere perché salisse e si accorgesse dell’erezione che iniziava a reclamare di essere liberata. “Sono contenta che sei venuta a trovarmi”, disse ridacchiando con la sua voce un po’ roca, “finalmente possiamo recuperare un po’ di tempo perduto”. Prima mi aiutò a togliermi la camicia, poi si alzò in piedi e mi strappò via i pantaloni che mi ero già sbottonato, ma mi bloccò prima che mi liberassi dei boxer che contenevano ormai a stento il mio cazzo già gonfio. “Calma, non andiamo mica di fretta…”
Era in piedi di fronte a me, e iniziò a slacciarsi i laccetti del vestitino estivo, senza mai smettere di guardarmi negli occhi: quando ebbe sciolto il nodo, si girò di schiena e lo lasciò cadere, facendomi vedere bene il suo culo, che sembrava non essere invecchiato nemmeno di un anno, avvolto in un paio di slip di pizzo nero. Solo dopo aver riso ancora si girò verso di me, mostrandomi finalmente le sue tette piccole ma sodissime, coronate da due capezzoli piccoli e succulenti, che non vedevo l’ora di mordere. Come leggendo i miei pensieri, Ilaria si sedette a cavalcioni su di me, facendomi succhiare e mordere le sue tette, e poi si chinò a baciarmi, ancora con voluttà e desiderio bruciante ma tenuto ancora a bada. Nel frattempo, strusciava la fica contro il mio cazzo, facendomi sentire il calore e l’umido che iniziava a trasudare attraverso le mutandine. Anche io avevo iniziato a bagnarmi, e già soltanto il suo movimento di bacino mi aveva scappellato del tutto.

Ilaria si alzò in piedi e si accovacciò di fronte a me, gli occhi sempre puntati nei miei: “Vediamo se il mio amico si ricorda di me”. Mi appoggiò le mani sulle cosce e le fece scivolare verso l’alto, facendo sparire le punte delle dita dentro i miei boxer. Il desiderio che toccasse anche solo con un dito la mia cappella durissima mi stava facendo impazzire, ma forse proprio per questo Ilaria, provocandomi, tirò indietro le mani e, raggiungendo un’altra volta il calice, sorseggiò lentamente il vino. Il gesto mi strappò una risata isterica, che suscitò la sua, divertita. Solo in quel momento mi abbassò i boxer liberando finalmente il mio cazzo che si ergeva pulsante, la cappella già rossissima e ansiosa di lei; solo in quel momento Ilaria staccò gli occhi dai miei per ammirarlo. Sorrise e disse, “Ciao, da quanto tempo…”. Mi riguardo dritto in faccia: “Posso dargli un bacio, per salutarlo?” Solo la domanda mi fece mancare il fiato: ricordavo i suoi pompini meticolosi, che erano in grado di andare avanti per decine di minuti, dosando e gestendo il mio piacere. Fui solo capace di annuire, per la fretta di andare incontro a ciò che mi aspettava. Ilaria avvicinò le labbra al mio uccello e baciò la punta della cappella, poi rise contenta. Poi baciò il lato destro, poi la parte inferiore.
Poi si decise a cingerlo con la mano destra, con cui lo tenne fermo mentre lo spennellò con una lunga e caldissima leccata. Mi prese la cappella in bocca e mosse la lingua sulla punta, poi succhiò per farla entrare e uscire, con le labbra serrate perché le sentissi più forte. Guizzi di piacere mi arrivavano dritto al cervello, facendomi perdere il controllo e implorarla di non smettere. Con la mano sinistra, nel frattempo, iniziò a masturbarsi, e il desiderio dovette impossessarsi di lei all’improvviso, perché abbandonò tutte le tattiche di attesa e provocazione e, dopo essersi alzata in piedi e tolta le mutandine, tornò a sedersi a cavalcioni su di me, questa volta però facendo affondare nella sua fica il mio cazzo ormai diventato d’acciaio grazie alla sua bocca e alla sua lingua. Ilaria si abbandonò con tutto il peso sollevando i piedi da terra, al fine di farmi entrare fino in fondo a lei, e quando sentì che ero arrivato al limite, iniziò a muovere il bacino avanti e indietro, aprendo la bocca e chiudendo gli occhi per accogliere l’orgasmo improvviso che arrivò dopo pochissimi secondi.
Per niente soddisfatto, la sdraiai su un fianco e iniziai a penetrarla con forza, oscillando il più possibile per farle sentire tutta la lunghezza del mio cazzo, dalla punta fino alla radice, e spingendo più a fondo possibile per raggiungere e stuzzicare ancora e ancora il punto che le faceva mancare il fiato. Ilaria stringeva un cuscino con una mano e mugolava: il suo orgasmo si era tramutato in un piacere ininterrotto che stava però per trascinarla nuovamente in una nuova ondata. Le tenevo le gambe raccolte per entrare fin dove riuscivo, e cercavo di non interrompere il ritmo nemmeno per un momento, per non ostacolare il suo piacere, che a giudicare dalla sua espressione sembrava immenso. Ilaria venne di nuovo dopo pochi minuti, un orgasmo scomposto e muto, questa volta, che le fece tremare le gambe.
Quando ebbe ripreso fiato, volle girarsi supina per piantare di nuovo gli occhi nei miei, quasi ad autorizzarmi a lasciarmi andare. Non resistetti all’invito e iniziai a fotterla come un ossesso, spinta dopo spinta, concentrandomi sulle sensazioni che la sua fica fradicia di umori, e resa più stretta dalle contrazioni dell’orgasmo, trasmetteva al mio cazzo teso e durissimo. Presto capii che stavo per perdere il controllo, e dissi ansimando che presto sarei venuto.
Ilaria si divincolò dalla mia presa e si accucciò di fronte a me, guardandomi dritto in faccia, aprendo la bocca in un plateale invito. Appena il primo schizzo di sperma la centrò sulla lingua, Ilaria richiuse le labbra sulla mia cappella, succhiando la punta da cui lo sperma sgorgava copiosamente, e amplificando il mio orgasmo al punto tale che pensai di non riuscire a tenermi in piedi. Quando, dopo l’ultimo spasmo, mi abbandonai di nuovo sul divano, Ilaria rimase per terra, a pulire fino all’ultima goccia con la lingua. La soddisfazione aveva preso il posto dello sfinimento del piacere sul suo volto, quando finì il suo calice di prosecco e tornò a sedersi accanto a me.
Mi baciò e sorrise. “Quanto hai deciso di rimanere?”
“Tre giorni”
“Allora domani ti faccio conoscere Alessia. Le ho parlato tanto di te.”

(Continua...)
scritto il
2017-06-18
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