La sottomissione di Chiara - 3
di
elegant_master@protonmail.com
genere
dominazione
CAPITOLO 3: L’ospite
Carlo aveva ordinato all’ospite di arrivare alle 19:30 in punto. Il cancello si sarebbe aperto a quell’ora e si sarebbe richiuso subito dopo. Alessia arrivò dieci minuti prima e aspettò trepidante davanti al cancello, senza suonare e con la macchina accesa.
Alessia, una bella donna di trentuno anni con un fisico da modella, era stata l’ultima schiava di Carlo prima che questi iniziasse il suo rapporto con Elisabetta. I due continuavano a incontrarsi saltuariamente ma solo al ristorante o in qualche bar per prendere un drink. A Carlo piaceva mantenere buoni rapporti con le sue schiave anche dopo la fine del rapporto: le aveva selezionate con cura, non solo per il loro aspetto fisico ma anche per la loro sensibilità, intelligenza e altre qualità. Con ciascuna di esse aveva trovato un’affinità, anche se questa rimaneva limitata al piano della dominazione erotica.
Dopo Carlo, Alessia non era mai più riuscita a trovare un Padrone che avesse la sua autorevolezza. Attraverso internet incontrava master improvvisati, oppure esperti ma rozzi e volgari. Di Carlo le mancava, oltre che la naturale autorevolezza, l’originalità del pensiero, il gusto estetico, la capacità di sorprenderla. Soprattutto, quello che le mancava di Carlo era la fiducia. Di Carlo si fidava ciecamente. Fu grazie a questa fiducia assoluta che aveva in lui che riusciva ad abbandonarsi e a raggiungere picchi di piacere prima sconosciuti.
I suoi tentativi di cercare un nuovo Padrone si arenarono tutti entro i primi incontri. Spesso addirittura alla prima vista. Senza Padrone, con una mancanza di Carlo che le corrodeva il cuore, Alessia era entrata in depressione. I saltuari incontri con Carlo erano l’unica cosa a cui si aggrappava. Prendeva tutto quello che Carlo poteva darle, anche se erano pochi minuti di conversazione in un caffè del centro.
Il cancello si aprì alle 19:30 in punto. Ad Alessia saltò il cuore in gola. Per la prima volta da tre anni avrebbe avuto quello che in questo periodo aveva bramato ogni singolo giorno: essere dominata ancora una volta da Carlo.
Arrivando in macchina nell’ampio piazzale Alessia vide Chiara nuda in piedi sullo stipite del portone d’ingresso. Chiara indossava delle eleganti scarpe nere con tacco dodici; delle autoreggenti nere trasparenti con la balza in pizzo particolarmente alta e finemente ricamata con alcuni dettagli color argento. Il suo collare era girato all’indietro: con l’anello non sulla gola ma dietro la nuca. Anche senza vederle la schiena, Alessia sapeva quello che questo voleva dire: un gancio anale, probabilmente di acciaio cromato, era inserito nell’ano della ragazza. Dall’estremità del gancio partiva un guinzaglio a catena che passava all’interno dell’anello del collare e ridiscendeva sulla schiena per finire con un manico di pelle nera che ciondolava all’altezza dell’ano.
Alessia uscì dall’auto e, salendo i gradini di pietra che portavano al portone d’ingresso, scrutò quella che evidentemente doveva essere la nuova schiava di Carlo, di cui lui le aveva parlato brevemente durante il loro ultimo incontro.
Guardandola, Alessia accennò un sorriso amaro: fu una reazione spontanea, non controllata, di gelosia. La ragazza era davvero bellissima. Ed era più giovane di quando lei, a ventotto anni, iniziò il suo rapporto di sottomissione a Carlo.
Le due donne non dissero una parola. Chiara fece entrare l’ospite e le richiuse il piano portone alle spalle. Alessia si fece fare strada da Chiara, che camminava davanti a lei nuda con una grazia che la umiliava.
Entrata nel salone, Alessia vide Carlo seduto su una poltrona che l’aspettava.
“Signore…” disse la giovane donna con il cuore in gola.
“Ciao Alessia. Ti trovo in forma” Il tono di Carlo era come sempre fermo e calmo.
“Grazie Signore. Ho cercato di prepararmi al meglio…” disse con un tono della voce emozionato. Tirò fuori dalla borsetta una busta di carta e la porse a Carlo. Era il test HIV, che Carlo le ordinò di fare il giorno prima. In realtà non ne aveva bisogno. Si era informato da Alessia sulla protezione dei suoi rapporti precedenti e di lei si fidava. L’ultima persona con cui aveva fatto sesso non protetto era stato lui.
Era vestita con un abito lungo nero che si era comprata per l’occasione. Il vestito aveva un’ampia scollatura sul petto e degli spacchi vertiginosi fino all’inguine che a ogni passo mostravano la balza di pizzo delle autoreggenti per intero e le sue bellissime gambe da modella. La depressione l’aveva fatta dimagrire e il suo seno era leggermente diminuito, ma il suo corpo era bello come Carlo se lo ricordava.
Chiara era in piedi alla destra di Carlo, con le gambe unite e le mani dietro la schiena.
“Siediti” Disse Carlo accennando con un dito alla poltroncina davanti alla sua “Posso offrirti qualcosa da bere?”.
Prima ancora di aspettare una risposta le versò dello Champagne in due calici di cristallo.
“Grazie Signore”.
Alessia riconobbe la marca di quella piccola produzione di Champagne che Carlo si faceva spedire apposta da Reims, in Francia. Diverse immagini le tornarono alla mente. Riusciva a stento a contenere la sua emozione.
Carlo prese dal tavolino accanto alla poltrona una candela. Con l’altra mano tirò verso il basso il guinzaglio. Essendo questo collegato al gancio anale infilato nel culetto della ragazza, la sua schiena si inarcò subito mentre lei si inginocchiava. Chiara sapeva cosa voleva dire la candela. Poggiò la sua guancia sul pavimento rivolgendo il viso a Carlo con le mani sul pavimento allineate al suo viso e tirò insù il culetto, fino a formare una piramide di cui il suo ano doveva essere il vertice. La piramide non era perfetta: la schiena non era sufficientemente inarcata e il buchetto era leggermente fuori asse rispetto alla verticale. Carlo si alzò in piedi, prese una frusta dal tavolino e le sferrò un unico, duro colpo sul sedere, senza alcuna rabbia ma anzi con estrema calma:
“La posizione non è corretta, Chiara”
“Chiedo perdono Signore” disse Chiara inarcando ulteriormente la schiena e tirando ancora più in su’ il suo culetto.
“Così va meglio” Disse Carlo rimettendosi a sedere.
Alessia era estasiata, e completamente fradicia. Rivedere l’autorevolezza di quello che non aveva mai smesso di considerare il suo Padrone e assistere di nuovo al suo stile calmo e sicuro di dominazione l’aveva eccitata come non le accadeva da anni.
Carlo lubrificò il culetto di Chiara con una goccia di gel e vi infilò la candela accesa. Chiara sapeva che avrebbe dovuto mantenere la sua posizione come se fosse un oggetto, indipendentemente dal fatto che dopo poco la cera bollente avrebbe iniziato a colargli sulla delicata pelle rosa, attorno all’ano, lungo le delicate labbra della vagina, fra le cosce.
Carlo iniziò una conversazione del più e del meno con Alessia. Questa tuttavia era talmente eccitata che non riusciva ad ascoltare le parole di Carlo. I suoi umori avevano attraversato il vestito e bagnato la stoffa della poltrona. Ebbe l’istinto di allargare le gambe per anticipare il momento in cui Carlo l’avrebbe usata per il suo piacere. Tuttavia sapeva che sarebbe stato uno sforzo inutile e anzi controproducente. I tempi e i modi li decideva sempre Carlo. Cercò con tutte le sue forze di concentrarsi, di rispondere a Carlo, di continuare la conversazione, aspettando con trepidazione il momento che aspettava da tre anni.
La cera aveva iniziato a colare sul culetto e sulle cosce di Chiara, che era restata talmente immobile e muta da far dimenticare ad Alessia della sua presenza.
Dopo circa mezz’ora, Carlo spense la candela e la estrasse dal culo di Chiara.
“Ho bisogno di usare la mia ospite. Preparala”
“Si Signore”.
Alessia respirò profondamente. Il momento era arrivato. Non aveva certo bisogno di essere lubrificata: la sua figa era burro fuso. Tuttavia sapeva quanto al suo Padrone piacesse vedere due donne che facevano sesso. Così aprì le gambe e scostò il lungo vestito. La sua figa era depilata nel modo preferito da Carlo, con una sottile striscia di peli corti. I peli della figa erano neri, come i capelli. E la fighetta non era rosa come quella di Chiara ma più scura intorno al clitoride e più slabbrata.
Chiara cominciò a leccare il clitoride. Era la prima volta in vita sua che leccava la figa di una donna. Non era mai stata attratta dalle donne ma il suo piacere adesso derivava solo dal soddisfare Carlo. Sapeva anche lei che questo lo eccitava e questo la faceva bagnare.
“Entra dentro”
Chiara fece scivolare la lingua dentro la vagina di Alessia che era talmente fradicia che le bagnò le labbra e il naso.
Ricevette una frustata senza accorgersene. Le scappò un urlo.
“Più in profondità”
Chiara si spinse ancora più in profondità nella vagina di Alessia. Le faceva male la lingua
Alessia godeva. Godeva per la giovane ragazzina che le stava leccando la figa. Godeva nel vedere il suo Padrone eccitato. Godeva nel vederlo frustare la ragazzina. Voleva pregarlo di continuare a frustarla ma sapeva che non aveva il permesso di fare richieste. Non poteva nemmeno prendere la ragazzina per i capelli e spingerla più a fondo nella sua figa. Conosceva le regole: era Carlo che stabiliva la misura e che dava gli ordini. Venne in bocca a Chiara urlando di piacere. Fu un urlo liberatorio. L’orgasmo fu lunghissimo, sembrava non finire.
“Ora Alessia girati. Fatti preparare il secondo buco.”
“Si Signore!” rispose Alessia quasi con impeto.
Senza farselo dire, Chiara iniziò a leccarle l’ano.
Ricevette un’altra frustata, ancora più forte della precedente.
“Dentro. Nono fuori”
“Si Signore. Mi scusi Signore” rispose la ragazza interrompendo per un istante la sua attività.
Carlo si alzò in piedi e fece una telefonata di lavoro. Chiara sapeva che non poteva interrompersi. La sua lingua era allo stremo.
La telefonata durò a lungo. Durante la telefonata, Carlo non distoglieva lo sguardo dalle due ragazze. Chiara non sentiva più la lingua. Alessia era un lago. I suoi umori le colavano lungo le cosce e faceva sempre più fatica a controllare i suoi gemiti.
Finalmente Carlo finì la telefonata e camminò con calma verso le due ragazze.
“Va bene” disse a Chiara “adesso prepara me”
Chiara fu enormemente sollevata. La sua lingua le faceva male. Sempre in ginocchio si girò e, tenendo le mani dietro la schiena, aprì i pantaloni del suo padrone con la bocca. Gli abbassò i boxers e gli prese in bocca il pene. Andò il più in profondità che poteva, accogliendolo in gola.
Dopo poco, Carlo dette istruzioni alle ragazze. Chiara doveva sdraiarsi sulla schiena. Alessia doveva mettersi a pecorina sopra Chiara, con la sua figa all’altezza della bocca di Chiara. Una volta assunta la posizione, Carlo scopò selvaggiamente Alessia, mentre Chiara le stimolava il clitoride con la lingua. Alessia urlava dal piacere ed ebbe subito un altro orgasmo. Dopo il terzo orgasmo di Alessia, Carlo la sodomizzò violentemente. Le venne dentro l’ano.
Prima di uscire dal culo di Alessia, ordinò a Chiara di essere pronta ad accogliere lo sperma che sarebbe fuoriuscito. Chiara entrò nuovamente con la lingua nel buco di Alessia per raccogliere lo sperma di Carlo, e lo deglutì.
Carlo aveva ordinato all’ospite di arrivare alle 19:30 in punto. Il cancello si sarebbe aperto a quell’ora e si sarebbe richiuso subito dopo. Alessia arrivò dieci minuti prima e aspettò trepidante davanti al cancello, senza suonare e con la macchina accesa.
Alessia, una bella donna di trentuno anni con un fisico da modella, era stata l’ultima schiava di Carlo prima che questi iniziasse il suo rapporto con Elisabetta. I due continuavano a incontrarsi saltuariamente ma solo al ristorante o in qualche bar per prendere un drink. A Carlo piaceva mantenere buoni rapporti con le sue schiave anche dopo la fine del rapporto: le aveva selezionate con cura, non solo per il loro aspetto fisico ma anche per la loro sensibilità, intelligenza e altre qualità. Con ciascuna di esse aveva trovato un’affinità, anche se questa rimaneva limitata al piano della dominazione erotica.
Dopo Carlo, Alessia non era mai più riuscita a trovare un Padrone che avesse la sua autorevolezza. Attraverso internet incontrava master improvvisati, oppure esperti ma rozzi e volgari. Di Carlo le mancava, oltre che la naturale autorevolezza, l’originalità del pensiero, il gusto estetico, la capacità di sorprenderla. Soprattutto, quello che le mancava di Carlo era la fiducia. Di Carlo si fidava ciecamente. Fu grazie a questa fiducia assoluta che aveva in lui che riusciva ad abbandonarsi e a raggiungere picchi di piacere prima sconosciuti.
I suoi tentativi di cercare un nuovo Padrone si arenarono tutti entro i primi incontri. Spesso addirittura alla prima vista. Senza Padrone, con una mancanza di Carlo che le corrodeva il cuore, Alessia era entrata in depressione. I saltuari incontri con Carlo erano l’unica cosa a cui si aggrappava. Prendeva tutto quello che Carlo poteva darle, anche se erano pochi minuti di conversazione in un caffè del centro.
Il cancello si aprì alle 19:30 in punto. Ad Alessia saltò il cuore in gola. Per la prima volta da tre anni avrebbe avuto quello che in questo periodo aveva bramato ogni singolo giorno: essere dominata ancora una volta da Carlo.
Arrivando in macchina nell’ampio piazzale Alessia vide Chiara nuda in piedi sullo stipite del portone d’ingresso. Chiara indossava delle eleganti scarpe nere con tacco dodici; delle autoreggenti nere trasparenti con la balza in pizzo particolarmente alta e finemente ricamata con alcuni dettagli color argento. Il suo collare era girato all’indietro: con l’anello non sulla gola ma dietro la nuca. Anche senza vederle la schiena, Alessia sapeva quello che questo voleva dire: un gancio anale, probabilmente di acciaio cromato, era inserito nell’ano della ragazza. Dall’estremità del gancio partiva un guinzaglio a catena che passava all’interno dell’anello del collare e ridiscendeva sulla schiena per finire con un manico di pelle nera che ciondolava all’altezza dell’ano.
Alessia uscì dall’auto e, salendo i gradini di pietra che portavano al portone d’ingresso, scrutò quella che evidentemente doveva essere la nuova schiava di Carlo, di cui lui le aveva parlato brevemente durante il loro ultimo incontro.
Guardandola, Alessia accennò un sorriso amaro: fu una reazione spontanea, non controllata, di gelosia. La ragazza era davvero bellissima. Ed era più giovane di quando lei, a ventotto anni, iniziò il suo rapporto di sottomissione a Carlo.
Le due donne non dissero una parola. Chiara fece entrare l’ospite e le richiuse il piano portone alle spalle. Alessia si fece fare strada da Chiara, che camminava davanti a lei nuda con una grazia che la umiliava.
Entrata nel salone, Alessia vide Carlo seduto su una poltrona che l’aspettava.
“Signore…” disse la giovane donna con il cuore in gola.
“Ciao Alessia. Ti trovo in forma” Il tono di Carlo era come sempre fermo e calmo.
“Grazie Signore. Ho cercato di prepararmi al meglio…” disse con un tono della voce emozionato. Tirò fuori dalla borsetta una busta di carta e la porse a Carlo. Era il test HIV, che Carlo le ordinò di fare il giorno prima. In realtà non ne aveva bisogno. Si era informato da Alessia sulla protezione dei suoi rapporti precedenti e di lei si fidava. L’ultima persona con cui aveva fatto sesso non protetto era stato lui.
Era vestita con un abito lungo nero che si era comprata per l’occasione. Il vestito aveva un’ampia scollatura sul petto e degli spacchi vertiginosi fino all’inguine che a ogni passo mostravano la balza di pizzo delle autoreggenti per intero e le sue bellissime gambe da modella. La depressione l’aveva fatta dimagrire e il suo seno era leggermente diminuito, ma il suo corpo era bello come Carlo se lo ricordava.
Chiara era in piedi alla destra di Carlo, con le gambe unite e le mani dietro la schiena.
“Siediti” Disse Carlo accennando con un dito alla poltroncina davanti alla sua “Posso offrirti qualcosa da bere?”.
Prima ancora di aspettare una risposta le versò dello Champagne in due calici di cristallo.
“Grazie Signore”.
Alessia riconobbe la marca di quella piccola produzione di Champagne che Carlo si faceva spedire apposta da Reims, in Francia. Diverse immagini le tornarono alla mente. Riusciva a stento a contenere la sua emozione.
Carlo prese dal tavolino accanto alla poltrona una candela. Con l’altra mano tirò verso il basso il guinzaglio. Essendo questo collegato al gancio anale infilato nel culetto della ragazza, la sua schiena si inarcò subito mentre lei si inginocchiava. Chiara sapeva cosa voleva dire la candela. Poggiò la sua guancia sul pavimento rivolgendo il viso a Carlo con le mani sul pavimento allineate al suo viso e tirò insù il culetto, fino a formare una piramide di cui il suo ano doveva essere il vertice. La piramide non era perfetta: la schiena non era sufficientemente inarcata e il buchetto era leggermente fuori asse rispetto alla verticale. Carlo si alzò in piedi, prese una frusta dal tavolino e le sferrò un unico, duro colpo sul sedere, senza alcuna rabbia ma anzi con estrema calma:
“La posizione non è corretta, Chiara”
“Chiedo perdono Signore” disse Chiara inarcando ulteriormente la schiena e tirando ancora più in su’ il suo culetto.
“Così va meglio” Disse Carlo rimettendosi a sedere.
Alessia era estasiata, e completamente fradicia. Rivedere l’autorevolezza di quello che non aveva mai smesso di considerare il suo Padrone e assistere di nuovo al suo stile calmo e sicuro di dominazione l’aveva eccitata come non le accadeva da anni.
Carlo lubrificò il culetto di Chiara con una goccia di gel e vi infilò la candela accesa. Chiara sapeva che avrebbe dovuto mantenere la sua posizione come se fosse un oggetto, indipendentemente dal fatto che dopo poco la cera bollente avrebbe iniziato a colargli sulla delicata pelle rosa, attorno all’ano, lungo le delicate labbra della vagina, fra le cosce.
Carlo iniziò una conversazione del più e del meno con Alessia. Questa tuttavia era talmente eccitata che non riusciva ad ascoltare le parole di Carlo. I suoi umori avevano attraversato il vestito e bagnato la stoffa della poltrona. Ebbe l’istinto di allargare le gambe per anticipare il momento in cui Carlo l’avrebbe usata per il suo piacere. Tuttavia sapeva che sarebbe stato uno sforzo inutile e anzi controproducente. I tempi e i modi li decideva sempre Carlo. Cercò con tutte le sue forze di concentrarsi, di rispondere a Carlo, di continuare la conversazione, aspettando con trepidazione il momento che aspettava da tre anni.
La cera aveva iniziato a colare sul culetto e sulle cosce di Chiara, che era restata talmente immobile e muta da far dimenticare ad Alessia della sua presenza.
Dopo circa mezz’ora, Carlo spense la candela e la estrasse dal culo di Chiara.
“Ho bisogno di usare la mia ospite. Preparala”
“Si Signore”.
Alessia respirò profondamente. Il momento era arrivato. Non aveva certo bisogno di essere lubrificata: la sua figa era burro fuso. Tuttavia sapeva quanto al suo Padrone piacesse vedere due donne che facevano sesso. Così aprì le gambe e scostò il lungo vestito. La sua figa era depilata nel modo preferito da Carlo, con una sottile striscia di peli corti. I peli della figa erano neri, come i capelli. E la fighetta non era rosa come quella di Chiara ma più scura intorno al clitoride e più slabbrata.
Chiara cominciò a leccare il clitoride. Era la prima volta in vita sua che leccava la figa di una donna. Non era mai stata attratta dalle donne ma il suo piacere adesso derivava solo dal soddisfare Carlo. Sapeva anche lei che questo lo eccitava e questo la faceva bagnare.
“Entra dentro”
Chiara fece scivolare la lingua dentro la vagina di Alessia che era talmente fradicia che le bagnò le labbra e il naso.
Ricevette una frustata senza accorgersene. Le scappò un urlo.
“Più in profondità”
Chiara si spinse ancora più in profondità nella vagina di Alessia. Le faceva male la lingua
Alessia godeva. Godeva per la giovane ragazzina che le stava leccando la figa. Godeva nel vedere il suo Padrone eccitato. Godeva nel vederlo frustare la ragazzina. Voleva pregarlo di continuare a frustarla ma sapeva che non aveva il permesso di fare richieste. Non poteva nemmeno prendere la ragazzina per i capelli e spingerla più a fondo nella sua figa. Conosceva le regole: era Carlo che stabiliva la misura e che dava gli ordini. Venne in bocca a Chiara urlando di piacere. Fu un urlo liberatorio. L’orgasmo fu lunghissimo, sembrava non finire.
“Ora Alessia girati. Fatti preparare il secondo buco.”
“Si Signore!” rispose Alessia quasi con impeto.
Senza farselo dire, Chiara iniziò a leccarle l’ano.
Ricevette un’altra frustata, ancora più forte della precedente.
“Dentro. Nono fuori”
“Si Signore. Mi scusi Signore” rispose la ragazza interrompendo per un istante la sua attività.
Carlo si alzò in piedi e fece una telefonata di lavoro. Chiara sapeva che non poteva interrompersi. La sua lingua era allo stremo.
La telefonata durò a lungo. Durante la telefonata, Carlo non distoglieva lo sguardo dalle due ragazze. Chiara non sentiva più la lingua. Alessia era un lago. I suoi umori le colavano lungo le cosce e faceva sempre più fatica a controllare i suoi gemiti.
Finalmente Carlo finì la telefonata e camminò con calma verso le due ragazze.
“Va bene” disse a Chiara “adesso prepara me”
Chiara fu enormemente sollevata. La sua lingua le faceva male. Sempre in ginocchio si girò e, tenendo le mani dietro la schiena, aprì i pantaloni del suo padrone con la bocca. Gli abbassò i boxers e gli prese in bocca il pene. Andò il più in profondità che poteva, accogliendolo in gola.
Dopo poco, Carlo dette istruzioni alle ragazze. Chiara doveva sdraiarsi sulla schiena. Alessia doveva mettersi a pecorina sopra Chiara, con la sua figa all’altezza della bocca di Chiara. Una volta assunta la posizione, Carlo scopò selvaggiamente Alessia, mentre Chiara le stimolava il clitoride con la lingua. Alessia urlava dal piacere ed ebbe subito un altro orgasmo. Dopo il terzo orgasmo di Alessia, Carlo la sodomizzò violentemente. Le venne dentro l’ano.
Prima di uscire dal culo di Alessia, ordinò a Chiara di essere pronta ad accogliere lo sperma che sarebbe fuoriuscito. Chiara entrò nuovamente con la lingua nel buco di Alessia per raccogliere lo sperma di Carlo, e lo deglutì.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La sottomissione di Chiara - 2racconto sucessivo
La sottomissione di Chiara - 4
Commenti dei lettori al racconto erotico