Il primo vero amore

di
genere
incesti

La prima volta che barattai il mio sesso per ottenere del denaro, ero giovanissima, una sorellina dalla quale mio fratello Adamo, si era fatto segare per la modica cifra di dieci euro, l’equivalente per ottenere una ben misera ricarica telefonica. Non nego comunque che, l’esperienza facile, oltre ad avermi eccitata in modo più che straordinario, mi aveva indirizzata verso una strada assai pericolosa, poiché poteva condurmi verso una meta oltre la quale esiste un burrone interminabile. Mi ero ripromessa che quella sarebbe stata la prima ed unica volta che mi sarei venduta, ma poiché, c’era un concerto di un cantante famoso, e le mie compagne di classe non sarebbero certo mancate, la sottomissione sessuale si trasformò nel classico succhio, al quale però imposi un limite invalicabile: “ niente ingoio …! ” che si avverò ma solo in parte, visto che le primissime gocce mi raggiunsero la gola inavvertitamente e con una velocità tale da essere costretta a deglutirle se non volevo soffocare. Azione che gli costò un deca in più e la promessa che quella sarebbe stata l’ultima volta. Ed in effetti era stata l’ultima volta che l’avevamo fatto nascosti nella baracca per gli attrezzi, nel giardino della nostra villetta, alla periferia di Rimini, dove nostro padre ci aveva scoperti per una tragica evenienza: era venuto a prendere un attrezzo da giardino per imprestarlo al vicino che doveva fare dei lavori nel suo giardino. Quando aveva aperto la porticina, ero inginocchiata di fronte a mio fratello, che ancora gocciolava dal membro. La sorpresa era stata così tremenda che non era stato capace di dire una sola parola. Aveva preso l’attrezzo e se n’era andato frettolosamente, lasciando la porta che si era richiusa da sola lasciandoci senza fiato, fermi a considerare quale sarebbe stato il comportamento da assumere se avessimo avuto la sfacciataggine di rientrare in casa. Contrariamente a ciò che avevamo fantasticato noi, il babbo, non disse nulla nemmeno alla mamma e si comportò con noi come se nulla fosse successo. Mio fratello, dopo un paio di mesi, se ne andò a vivere per conto suo, ed io, ritornai a sdraiarmi sul divano, appoggiando il capo sulle gambe di mio padre quando guardavamo lo sport o qualche film sulle reti private. Una sera, che la mamma era andata a trovare mia sorella perché non stava bene, dopo una telenovela, sulla stessa rete ebbe iniziò un’ altro film, “ Histoire d’O ”, programma con il bollino rosso, non indicato per i minori. Ero così comoda e non interessata che quasi mi stavo addormentando quando avverti qualcosa muoversi sotto la mia guancia destra. Non mi ci volle molto a capire la ragione di tale movimento quando guardai la scena che scorreva sul monitor del televisore. Delle bellissime donne, vestite con strani abiti che lasciavano scoperti glutei e la vagina, si sottoponevano ai loro padroni senza possibilità di guardarli negli occhi o sul viso, e pronte a farsi profanare davanti o dietro da chiunque avesse voluto prenderle. Una scena, che aveva agitato tantissimo mio padre, ed anche me che, per riflesso incondizionato, adagiai meglio il capo sul suo virgulto che si stava svolgendo in tutta la sua ampiezza e durezza. Non sono certa se mio padre rimase fermo per fingere che non stesse accadendo nulla oppure se gradisse il peso del mio capo sul suo glande, ma so soltanto che io incominciai a muovermi sul suo perno con sempre più lena, talvolta sospirando, lanciando fiato caldo sulla patta leggera del suo pigiama, fino a quando, la mia guancia, si adattò ad un liquido caldo e piacevolmente odoroso, evaso dalla stoffa copiosamente. “ Scusami tesoro. Mi scappa . Devo andare subito in bagno …! ”, mi disse, tentando di confondere l’accaduto con un’incontinente realtà. Conoscendo la sua integerrima ed anche severa personalità, temevo di avere frainteso la sua reazione erettile con una patologia comune agli uomini adulti. Un tantino delusa dall’esaltazione che mi aveva spinta a credere d’essere un’abile femmina irresistibile, benché l’innaturale fonte dalla quale l’avevo pretesa, mi ero ritirata in camera mia per scrivere sul mio diario l’amarezza di quella serata. “ Non nego ”, avevo scritto, “ che la creduta possibilità di avere eccitato persino quel manifesto emblema di rettitudine e moralità, mi aveva esaltata molto e fatta evadere dalla concezione di famiglia normale. Chissà quale opinione si è fatto di me ? ”, mi ero chiesta, un po’ prima di addormentarmi. Gli incubi vissuti nei miei sogni, quella notte, mi avevano posta su un carro trainato dai buoi, legata ad un palo e condotta come se fossi stata una strega verso una catasta di legno dove sarei poi stata bruciata viva per colpa degli incesti subiti dai miei familiari. Poco prima che attizzassero il falò, mi ero svegliata di soprassalto, madida di sudore, obbligata a recarmi ai servizi per farmi una doccia. Avevo appena iniziato ad insaponarmi quando mi accorsi di aver lasciato la porta del bagno appena socchiusa, al di là della quale, due occhi luccicanti mi stavano osservando con interesse. Non avevo dubbi, soltanto mio padre c’era in casa, pertanto quegli occhi soltanto suoi potevano essere. Con noncuranza iniziai ad insaponarmi i glutei piegandomi in avanti per detergere bene anche il mio buchino posteriore, per poi girarmi e passare alla mia passera, alla quale concessi anche l’intrusione di tutto il tappo del flacone dello shampoo, di misura simile a una tazzina da caffè, voltata al contrario, lamentandomi falsamente, come se stessi per avere un orgasmo. Volevo mostrargli che ero eccitata e pronta a ricevere un maschio, chiunque esso fosse; perfino lui in quel momento, benché l’incesto non fosse il migliore modo per sfogare la propria sessualità emergente. Quando risollevai lo sguardo intenzionata ad invitarlo ad entrare, gli occhi erano spariti, devastando per la seconda volta le mie fantasie sessuali. Per confidarmi, ero andata a trovare mio fratello Adamo. Lui era l’unico a cui potevo raccontare i miei pruriti, visto che ne aveva usufruito un paio di volte. Quando arrivai a casa sua era in compagnia di altri tre amici, intento a giocare a Poker. “ Beh, non importa, torno un’altra volta ”, avevo detto senza nemmeno entrare in casa. “ Ma no, vieni, tanto abbiamo quasi finito …! ”, mi aveva informata rivolgendosi agli altri del tavolo che assentirono solo abbassando il capo. Infatti, poco dopo, fecero i conti e risultò che mio fratello aveva perduto circa mille euro. “ Ora dispongo di settecento euro, amici, ma domani vi salderò il debito, promesso ”, assicurò loro. “ E no, mio caro ... Gli accordi presi prima di iniziare a giocare, erano ben chiari. Nessun sospeso ”, gli avevano risposto con un’aria minacciosa sul viso. “ Tu, hai dei soldi, Tara? ”. “ Soltanto cinquanta euro, fra … ”, gli avevo offerto, proprio perché non avevo altro denaro oltre al poco che mi aveva dato la mamma come paghetta settimanale. “ Un modo ci sarebbe per saldare il debito, amico: prestaci tua sorella un paio di orette …,e dopo saremo pari ”, aveva proposto uno di loro, sbavando di lussuria. Adamo mi aveva osservata senza dire nulla, ma con lo sguardo di un condannato a morte. “ Per acconsentire devono promettermi che nessuno di loro tenterà di impalarmi. Soltanto davanti in bocca e sul seno … ”, avevo proposto, ricordando il dolore lancinante provato l’unica volta che il mio ex ragazzo aveva tentato di profanarmi l’ano. “ Inoltre, tu non puoi assolutamente partecipare …, Adamo. Sei in castigo per esserti venduto tua sorella, carne della tua carne ”, le imposi, più per una forma di rivalsa che per punirlo. Il materasso nel letto di mio fratello, non era affatto morbido come quello in camera mia, ma l’impegno che mi ero presa, non lasciava spazio a contestazioni di quella caratteristica. I tre mi avevano sollevata, posata sul letto, spogliata completamente e sottoposta ad ogni ignominia sessuale inconfessabile, spassandosela soprattutto con la mia vagina, o con lo spacco fra i miei glutei, senza però mai affondare in me come dagli accordi presi in precedenza. Ad infrangere il patto fu mio fratello il quale, mentre ero adagiata sul membro di uno dei suoi amici, mi era giunto alle spalle, mi aveva leccata a lungo il solco ed il buchino roseo del mio culetto, e poi, con un colpo violento, mi aveva sodomizzata in un modo forsennato facendomi urlare per il dolore. Il peggio però avvenne in un secondo momento, quando anche i suoi creditori vollero approfittare dell’occasione venutasi a creare, ed offrirono persino del denaro a mio fratello per allargarmi con cura la parte che ormai ricordava lontanamente la verginità. L’unico piacere di quel momento fu la consapevolezza che quando tutto sarebbe finito, avrei posseduto centocinquanta euro, cinquanta euro per marchetta, e la possibilità, da quel momento in poi, di non soffrire le pene dell’inferno quando lo avrei nuovamente dato a altri estimatori di quel lato femminile innaturale. Quando rimasi sola con mio fratello, affrontai il discorso sulla questione che riguardava mio padre. “ Penso che tu ti sia sbagliata, Tara. Lui è antico anche nei sensi, oltre che nel modo di concepire la sessualità. Secondo me non scopa nemmeno più la mamma. Figurati se ha voglia di stuprare sua figlia …! ”, obiettò, sorridendo ironico. “ E per quanto riguarda la patta del pigiama bagnata, secondo me, gli è scappata un po’ di orina. La prostata a una certa età non funziona normalmente come quando si è giovani ”. Probabilmente aveva ragione riguardo l’umidità che aveva raggiunto la guancia, ma c’era sempre la questione che mi aveva spiata mentre facevo la doccia, a meno che fosse solo una mia fantasia anche questo. Per circa un mese non era accaduto nulla, anche perché, essendo presente sempre mia madre, nulla potevo fare per sincerarmi se effettivamente mio padre fosse un guardone. Poi, una sera particolarmente afosa, mentre mi stavo preparando per andare a cena con un amico, mio padre era entrato nel bagno per un bisogno urgente, sorprendendomi con appena un asciugamano intorno alle reni mentre mi asciugavo i capelli. Dopo un lungo silenzio dove non aveva perso una sola linea del mio corpo non celato da indumenti: “ Oh, scusami tesoro! Ma pensavo che tu fossi già uscita dimenticando di spegnere la luce ”, mi aveva detto arrossendo come un gambero, restando comunque lì, fermo a guardarmi le tette, indurite come due pezzetti di liquirizia. Istintivamente, senza mostrare l’intenzionalità del gesto, lasciai cadere il telo che mi copriva il bacino restando completamente nuda di fronte a lui, la cui unica reazione, dopo avermi osservata con evidente libidine fra le gambe, leggermente divaricate, aveva fatto letteralmente dietrofront e se n’era andato confuso, spegnendomi addirittura la luce, che subito dopo riaccese chiedendomi di nuovo di scusarlo. Forse aveva ragione mio fratello a definirlo inabile dal lato sessuale. Chiunque in quel frangente avrebbe approfittato della mia evidente offerta. Invece lui era fuggito di corsa. Mortificata, finii di vestirmi e poi mi recai all’appuntamento con l’amico, un mio ex compagno di scuola, di letto, di tutto ciò che viene contemplato insano dalla gente comune, come il gioco alle macchinette, passatempo dispendioso al quale ci saremmo dedicati entrambi, quella sera, in una sala giochi sul lungo mare. Due ore più tardi, eravamo al verde, seduti su di una panchina del giardinetto di fronte, a recriminare contro la sfortuna nera che ci aveva abbracciato. “ Eppure io sento che se avessimo continuato la fortuna ci avrebbe baciato in fronte, stasera ”, disse rammaricato lui. “ Già, ma purtroppo, i soldi sono finiti ancor prima che lei si dichiarasse, mio caro! ”, risposi, scoraggiata, “ E non c’è modo di recuperare, visto che non abbiamo nemmeno un euro in due …! ”. “ A dire il vero, ci sarebbe un modo per recuperare un po’ di grana facile, se tu volessi ”, mi suggerì Marco, toccandosi fra le gambe e fingendo di impugnare una mazza. “ Con due sole marchette, bella come tu sei, faresti certo dei bei soldini …! ”, mi propose, serio e …, speranzoso. In un primo momento scartai l’idea, ma poi, pensandoci su, stabilii che era l’unica strada percorribile. D’altronde, si trattava soltanto di prostituirmi due o tre volte e, non sarebbe stata certo la fine del mondo. “ Allora, tu aspettami qui, io mi sposto al lato della strada dove passano le auto. Poi quando ho recuperato i soldi, torniamo a giocare … ”, le dissi decisa, avviandomi sculettando verso il marciapiede di fronte. Il primo cliente che mi caricò in macchina, era un vecchietto sui settanta a cui mi bastò prenderglielo in mano, sbatterlo un pochino che subito, questo venne fruttandomi un gradito cinquantino. Mentre, per il secondo, mi dovetti impegnare a lungo, sia con la bocca che con la vagina, per la stessa cifra. Il terzo, un nord africano, non di colore, pretese di prendermi il dietro; atto che mi procurò anche del piacere fisico, oltre il centone richiesto anticipatamente. In meno di un’ora, eravamo nuovamente nella sala giochi, e dopo meno di un’altra ora, io, in strada, a recuperare altri denari. Un andazzo che durò tutta la notte per consegnarci al mattino dopo senza un centesimo in tasca, e per me, l’incombenza di trovare una scusa plausibile da spacciare a mia madre che mi attendeva sull’uscio di casa, arrabbiatissima. “ Eppure, sapevi bene che stamane devo andare a Bologna da tua sorella, per guardargli i bambini …! ”, mi aveva poi rimproverata. “ Certo, ma visto che era tardi, mi sono fermata a dormire a casa di Marisa: scusa mamma ! ”. Stanca morta, dopo essermi fatta una doccia veloce, mi ero sdraiata sul letto con l’accappatoio ancora ben bagnato e mi ero addormentata profondamente. Probabilmente, durante il sonno, accaldata dall’afa di quel giorno veramente caldo, mi ero tolta l’indumento di spugna ed ero rimasta nuda completamente, poiché, quando mi sono svegliata, l’avevo ritrovato in terra accanto al letto. Per la stanchezza accumulata durante la faticosa notte precedente, rinunciai a raccoglierlo e decisi di andare a far l’ennesima doccia, se non altro, per svegliarmi meglio. Confidando nell’assenza di mia madre, mi diressi in bagno così com’ero, rischiando volutamente di incrociare mio padre nel lungo corridoio che conduceva li, ma anche nelle altre stanze della casa. Purtroppo, ciò non accadde. Magari era fuori in giardino, o forse, in cantina a controllare la sua collezione di vini d’annata. Comunque, per ogni evenienza, lasciai socchiusa la porta esterna ma anche lo scorrevole in vetro della doccia, gettando l’esca a cui speravo ardentemente che mio padre abboccasse. Non saprei spiegare il perché di questa libidine improvvisa, ma solo che il pensiero di essere spiata da lui, mi faceva sballare come se avessi fumato dell’erba. Quando già non ci speravo più, notai un lesto movimento fra lo stipite e la porta e la conseguente leggera apertura di questa, assai di più di quanto l’avevo lasciata io precedentemente. Benché avessi appena finito d’insaponarmi ricominciai da capo soffermandomi il più a lungo possibile fra le gambe, mugolando come stessi masturbandomi. Per la verità, è quello accadde dopo intime carezze. Il piacere mi invase dalla testa ai piedi fino a quando un incontenibile orgasmo mi piego letteralmente le ginocchia, lasciandomi scivolare sul piatto della doccia, senza più forze. Tutto inutile perché, la mia esibizione non era stata sufficiente a convincerlo ad entrare nel bagno e venire ad appagare le mie voglie. Dopo essermi asciugata, mi sono messa un asciugamano attorno al corpo e sono andata alla ricerca di mio padre. Era seduto come al solito sul divano intento a cercare un programma di suo gradimento. Senza dire nulla l’ho raggiunto e mi sono sdraiata appoggiando, come sempre, il capo sul suo grembo, coperto dal solito pigiama celestino chiaro, e questa volta, adagiandomi comodamente sul suo virgulto, e non sui femori come facevo quando non mi interessava ancora dal lato sessuale. Mio fratello non aveva affatto ragione su quanto aveva affermato. Il mio vecchio era avanti con gli anni certo, ma il suo vispo attrezzo rispondeva tenacemente alle sollecitazioni improvvise, anche se derivavano da contatti epidermici da parte di sua figlia. Per evitare che mi sfuggisse nuovamente, gli sbottonai la patta del pigiama dove il suo bel pitone vagava senza nemmeno il supporto dello slip, glielo tirai fuori e prima che potesse aver qualcosa da ridire, iniziai a leccarglielo con tutta la maestria accumulata nel fare la puttanella in giro. L’aggressione fu così veloce ed incisiva che non riuscì nemmeno a muoversi,se escludiamo il distendersi meraviglioso del suo pene che in un batti baleno raggiunse una misura così abbondante che non ricordo di avere mai visto prima nelle mie varie misurazioni corporali o visive. “ Fermati, ti prego, non voglio …! ”, si lamentò in tono flebile, con voce confusa dall’eccitazione. “ Sei la mia bambina, non devi …! ”, mormorò a mezza voce, tentando di allontanarmi con una mano, mentre il suo membro vibrante affermava tutt’altro. “ Si, papi. Ora smetto … ”, bofonchiai, impedita nella chiarezza dal suo glande, che sobbalzava impazzito fra le labbra e la mia lingua. “ Me ne vado, ma soltanto quando tu, sarai venuto ”, dichiarai, decisa ad assaggiare il liquido che un tempo mi aveva procreata. Forse le mie parole, o forse la mia bocca, ma subito dopo ottenni il mio premio a forma di sperma: calda, leggermente acre, ma di una piacevolezza unica, mai gustata prima. Fiotti che raggiunsero la mia gola dopo avermi deliziato il palato impossibili da trattenere in quel tratto per continuare a gustarli in tutte le loro sfumature naturali, e che scivolarono nello stomaco rafforzando ancora di più l’eccitazione che mi faceva impazzire di piacere. “ Ora, scopami …! ”, lo esortai, slacciando l’asciugamano, offrendomi a lui, sdraiata sul divano a gambe aperte. “ Questo non posso proprio farlo. Già mi hai traviato con la bocca, e non avrei dovuto cedere, visto che sei mia figlia, ma non voglio assolutamente che succeda l’irreparabile … ; non me lo perdonerei mai! ”, rispose deciso, alzandosi di scatto, fuggendo subito dopo verso la sua camera da letto dove, rumorosamente, chiuse a chiave. Ero imbestialita, oltre che arrapata in modo doloroso. Ero stata lasciata da sola a rodermi insoddisfatta, inappagata, proprio nel momento più speciale della mia vita, nel momento che avevo raggiunto l’apice del piacere, quello che ogni figlia, credo, fantastichi di provare col proprio padre almeno una volta nella sua esistenza. Dovevo sfogarmi, e come al solito, a chi mi sarei potuta rivolgere se non ad Adamo, mio fratello, il quale, dopo avermi ascoltata attentamente, si era recato in sala a prendere da bere nel mobile bar. “ Tieni, bevi …, per dimenticare …! ”, aveva ironizzato, passandomi del te freddo, molto zuccherato. “ Comunque, la colpa è tua, sorellina! Dovevi tenerlo in fregola a lungo e poi offrirgliela quando era al settimo cielo, e non dopo averlo ciucciato con le tue labbra così carnose da fare rinascere un infartuato ”, mi aveva spiegato, con aria da professore. In effetti , aveva ragione lui. Non avrei dovuto farlo godere così in fretta ma solo adoperare la bocca per indurirlo e tenerlo sulle spine, e poi dopo offrirgli la mia passera. Quel ripensare all’accaduto, mi stava nuovamente eccitando. E non soltanto quello, ma probabilmente anche il te che stavo bevendo stava agendo sui miei sensi. Quel porco di mio fratello mi aveva incistata con qualche schifezza di sua conoscenza, ed ora, ero li, fra le sue braccia che mi contorcevo dalla voglia, pronta a concedermi a lui come se fossi stata una troia, e non sua sorella. “ Adesso ti soddisfo io, sorellina, non temere ”, mi sussurrò, mentre mi levava gli indumenti. In quel momento, anche se fosse stato un cavallo o un mulo, mi sarei adattata ad ogni genere di penetrazione, tanto ero infiammata fra le gambe. Cosa che successe di lì a pochi secondi. Adamo si inserì in me con un colpo solo ben assestato, poi continuò a montarmi con prepotenza, quasi come se intendesse spaccarmi in due. “ Si, così, rompimi tutta, ma fammi godere, ti prego. Ho tanta voglia di sciogliermi, di annegare nel tuo sperma, di godere, godere e poi ancora godere, fino a morire di piacere …! ”, mi sentii mormorare, poco prima che in me esplodesse il più devastante degli orgasmi. Mentre ero a farmi la doccia, avvertii il campanello di casa suonare. Mentre nuda, mi stavo asciugando i capelli col fon, sentii aprire la porta del bagno, e dallo specchio vidi Adamo ed anche i tre pokeristi che mi avevano posseduta per rivalersi del debito contratto da mio fratello. “ Devi di nuovo farmi una cortesia, piccola. Ho nuovamente perso a carte, e loro pretendono di riscuotere, altrimenti mi … ”, accennò, Adamo, senza finire la frase. In un primo momento feci la ritrosa tanto per non dimostrare che il sentirmi sfruttata mi piaceva infinitamente, poi, prima che mi saltassero addosso, misi nuovamente dei limiti invalicabili, anche se speravo che li sorpassassero con prepotenza assoluta. Il che successe come io avevo previsto. Dopo avermi invasa davanti con due dei loro augelli contemporaneamente, in seguito, pur se io fingevo di lamentarmi, erano entrati nel mio dietro allo stesso modo dilatandomi quella mia parte che, fortunatamente, era molto malleabile di natura. Anche questa volta, i due che mi sodomizzarono lasciarono cento euro cadauno sul tavolo dalla sala prima d’andarsene, la metà dei quali la lasciai a mio fratello perché era senza un centesimo. “ Se vuoi, io ti trovo i clienti, sorellina, e tu te li fai, così guadagniamo un bel po’ di grana facile …! ”, mi suggerì, con la più bella faccia tosta del mondo. “ Già, facile per te, che non devi farti sbattere da chiunque ”, risposi ironica. “ Comunque, per il momento è no, poi in seguito vedremo ”, risposi innervosita dalla sua proposta indecente. Fare il mestiere non mi dispiaceva affatto, poiché, oltre il denaro ne ricevevo anche piacere. Godevo con tutti i clienti che mi scopavano, anche se credevano che io fingessi. Ma essere sfruttata da mio fratello anche in quel modo, oltre che per pagare i suoi debiti di gioco, non mi piaceva assolutamente. Tornata a casa ero subito andata a cercare mio padre, ma non l’avevo trovato sia a vedere la tv che nella sua camera da letto, e tantomeno in cucina dove di solito si cimentava a cucinare dei piatti favolosi. Molto probabilmente era uscito e non ancora rientrato, perciò, escogitai di sorprenderlo nel suo letto. Quando lo sentii rientrare, verso mezzanotte, e mettere la macchina nel garage, mi denudai e poi corsi veloce nella sua camera e andai a nascondermi dietro il tendone della porta finestra. Anche lui come me aveva l’abitudine di dormire nudo, così attesi che si spogliasse e poi, quatta, quatta, spaventandolo a morte, m’infilai sotto le lenzuola adagiandomi vicinissima al suo corpo, tremante, forse ancora per la paura presa ma anche per il contatto col mio corpo, caldo, già umido degli umori che scendevano lungo le mie e le sue gambe, troppo unite a me per non assumere su di se quelle gocce afrodisiache. Per non fare di nuovo lo stesso sbaglio, gli afferrai il membro con entrambe le mani, e nonostante non avesse ancora raggiunto la consistenza adatta, lo infilai per quanto era possibile nella mia vagina, poi mi coricai completamente su di lui e cominciai a cavalcarlo da provetta cavallerizza, stuzzicandole i testicoli con la mano che avevo infilato fra di noi. “ Fermati, Tara, non voglio farti questo, non è giusto. Sei mia figlia, la mia bambina …”. “ No, non sono più una bambina, papà. Ho diciotto anni ormai. Sono una donna che ti ama e che vuole fare l’amore con te. L’ho sempre desiderato, ed ora che il fisico me lo permette, voglio concederti il mio corpo in modo completo. Fai di me quello che preferisci. Prendimi in ogni dove e, se vuoi, sculacciami, frustami, trattami da schiava …! E se ti aggrada, fammi soffrire, puniscimi, ma, ti scongiuro, fammi tua imprimendo su di me un marchio di possesso. Io lo subirò senza fiatare, anche se sarà dolorosissimo …! ”, lo supplicai, già in volo verso il più sublime dei piaceri. Il mio ondeggiare su di lui, le parole ma soprattutto la lingua che avevo ben affondato nella sua bocca aperta in sospiri estasiati, produssero un indurimento del suo membro fuori dalle regole, tanto da costringermi ad arretrare un po’ dalla sua arma giunta troppo in fondo alla mia vagina. Con mio immenso disagio e stupore, vidi una lacrima scendere sulla sua guancia e finirle sulle labbra. La raccolsi e la assaporai traendone un ulteriore piacere, di altra natura, è vero, che però contribuì ulteriormente a farmi dispiegare nuovamente le ali e spiccare l’ennesimo volo. Finalmente, ero riuscita a farmi possedere, anzi, a possederlo nel modo in cui avevo progettato di fare nelle mie animalesche e perverse fantasie di adolescente, ogni qualvolta lo spiavo, mentre si cambiava gli slip, oppure quando faceva sesso con la mia mamma ed io andavo ad osservarli dal buco della serratura, fantasticando di esserci io sotto di lui invece di lei, il cui corpo ormai non era più integro come invece lo era il mio. Spiando il loro rapporto, avevo imparato le prime tecniche sessuali che poi sperimentavo con i diversi fidanzatini, molto complimentosi per come io adoperavo la bocca o glielo sbattevo velocemente con le mani, senza però donargli la mia patatina, poiché era adoperata esclusivamente da quello che io ritenevo il fidanzato ufficiale del momento, che poi non era molto lungo …, giusto in attesa che giungesse il momento che stavo gustando infilzata dal pene del primo e vero amore della mia vita: mio padre. Quando lui raggiunse il piacere riversandolo completamente dentro la mia vagina, ebbi la certezza che, da quel momento in poi, sarei stata soltanto sua, la sua amante, la sua schiava, la sua donna, oltre che eternamente la sua bambina. Ed un’ulteriore conferma mi giunse quando, dopo una breve sosta, mi rivoltò a pancia sotto e, tanto per stabilire qual era una delle sue preferenze, mi prese con la stessa bestialità usata da tutti gli altri uomini che mi avevano sodomizzata prima di lui, al quale però avevo fatto credere d’essere ancora vergine, da quel lato, in modo da lasciargli la soddisfazione che piace tanto al maschio, e cioè, di essere stato il primo ad aver usufruito dell’ano di una donna.
scritto il
2017-08-03
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