Piaceri in cabina

di
genere
gay

Eravamo entrambi in acqua, in una spiaggia isolata agli inizi di settembre. Il cielo non prometteva bene e lo avevo avvertito, ma Giovanni non aveva voluto ascoltarmi. Amava troppo il mare e qualche goccia non l'avrebbe senz'altro fermato. Lo specchio d'acqua cominciò a incresparsi e a bucarsi a causa di sottili ma taglienti gocce di pioggia. Gli chiesi di uscire perché con quel tempo poteva diventare pericoloso. Mi seguì e, appena sul bagnasciuga, dei grigi nuvoloni cominciarono a scaricare tutta la propria rabbia su di noi. Corremmo con le nostre cose verso una vecchia cabina. Non il miglior riparo ma almeno avremmo evitato di prenderci un malanno. Mi voltai verso di lui tremante e con le braccia incrociate sul petto; tirò fuori una leggera giacca dallo zaino e me la poggiò sulle spalle. "Fa un freddo cane", dissi. Mi si avvicinò e mi abbracciò, riscaldandomi col suo alito tra la giacca e il collo. Il suo calore mi pervase la schiena e mi strinsi a lui ancora. I suoi soffi caldi cominciarono a risalire: la parte alta del collo, le orecchie, la mascella e sulla bocca mi baciò in maniera decisa e travolgente. Il freddo mi aveva abbandonato per lasciare spazio al fuoco della passione. Gli carezzai il ventre con le dita della mano e salii fino al petto, aprendola e stringedogli delicatamente i peli. Mi baciava tutto e mi leccava vogliosamente; mise una mano nel mio costume e mi strizzò un gluteo, mentre sulla sua faccia appariva una espressione di profonda eccitazione. Sopraffatto dai suoi occhi e dal battito del suo cuore, chiaramente udibile, lo implorai: "Ti prego, scopami. Fammi tuo!". Prima che potessi accorgermene, mi sollevò e mi fece voltare con la pancia contro le assi di legno della cabina. Tirò giù tutto e mi diede piccoli morsi sulla schiena, fino ad arrivare al sedere e ad aprirmelo con le mani, per lasciare l'ano in bella vista. Infilò dentro la sua lingua e mi leccava con foga e brama, tanto da sentire dei fili di saliva colare giù. Si tolse il costume e strusciò il suo glande contro il mio buchino, spingendo senza forza. Lo sentivo allargarsi sempre di più e sentivo anche il rumore del suo pene contro la sua saliva farsi più insistente. Fu un attimo e me lo ritrovai dentro le viscere. Con la mano sinistra mi teneva sollevata una gamba e con l'altra mi teneva avvinghiato a sé, per evitare che tentassi di divincolarmi per il dolore. Entrava e usciva con sussulti costanti. Sentivo che il suo membro mi scivolava dentro e la sensazione mi dava i brividi. Mi eccitava da impazzire l'idea di essere l'oggetto di piacere di un uomo e, perciò, lo incitavo a 'scoparmi' più forte, per farlo godere e continuare senza mai fermarsi. Sentivo la cappella ingrossarsi e la pelle del mio ano strusciare contro vene sempre più accentuate. Gli sussurrai, immaginandolo penetrarmi: "Ti sei arrapato per bene, vero? Ora mi vuoi sborrare dentro?". Lo sentii ansimare e non resistere più a queste continue provocazioni verbali. Sentii il pene esplodere letteralmente e uno schizzo caldo inondarmi tutto. Potevo percepire il suo respiro secco e affannoso sul mio collo; tirò via l'arnese con una smorfia di fastidio ed ecco che linee di sperma colavano giù per le gambe sulla sabbia. Si accasciò contro il legno e gli si afflosciò piano piano. Osservare mi inebriava. Anche da flaccido il suo pene era grosso e la cappella ancora lucida. Attesi qualche minuto e mi guardò dritto negli occhi. Mi avvicinai a lui col mio membro e glielo appoggiai sul viso. Aprì la bocca e cominciò a leccarmelo lentamente, per poi prenderlo e succhiare, alternando a cerchi con la lingua sul mio glande. Gli tenevo i capelli e spingevo affinché arrivasse alla base, volevo che infilarglielo fino alla gola. Fu preso da un conato di vomito e si fermò per un secondo, ma subito ricominciò. "Tra poco vengo", gli dissi. Allora si spostò sulle palle e diede qualche leccata, per fiondarsi poi sui piedi sporchi di sabbia. Usò la lingua avidamente per ripulirmi tutto e sputare via. Continuai segandomi, aumentando il ritmo, sentendo la sborra risalire lo scroto e voler uscire. In meno di cinque secondi la parete fu ricoperta dal mio seme, denso e bianco. Tutto quel ben di dio sprecato. Giovanni mi guardò e mi capì immediatamente. Si mise in ginocchio e leccò via tutto lo sperma dal legno. Scoppiai in una risata compiaciuta.
È ispirato a un evento della mai vita vero ma per una questione di privacy il nome è casuale.
scritto il
2017-08-19
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