Normandia 1944 Capitolo 2

di
genere
dominazione

Il sole era sorto da poco quando Gabrielle de Sentier si presentò al corpo di guardia dell’ex municipio le cui cantine erano state trasformate in prigione. Dopo averla frustata e selvaggiamente montata riempendole la vagina con il suo seme “il monco” le aveva comunicato che suo figlio sarebbe partito la mattina stessa per il lavoro coatto. La sua angoscia era diminuita quando le aveva riferito che sarebbe stato utilizzato per costruire sbarramenti sul Merderet al fine di allagare le campagne circostanti. I tedeschi stavano rendendo impraticabile gran parte del terreno alla base della penisola del Cotentin per impedire lanci di paracadutisti e di alianti alleati.
Il lavoro, seppure duro, era certamente meno pericoloso della costruzione di bunker e sbarramenti del vallo atlantico sulle spiagge. Tutti si rendevano conto che in caso di attacco alleato le spiagge sarebbero stato il primo obiettivo ad essere bombardato dal mare e dall’aria e, se i tedeschi potevano contare su rifugi a prova di bomba, i lavoratori coatti e gli abitanti delle spiagge sarebbero stati esposti al terrificante fuoco alleato.
Aveva preparato uno zaino con dei vestiti e degli alimenti, ora avrebbe dovuto convincere suo figlio ad accettare la soluzione che gli veniva proposta. Pensava al carattere ribelle del figlio sedicenne e alle reazioni che potrebbe aver avuto. Non aveva mai fatto valere la sua autorità sul ragazzo, ma ora, se avesse fatto resistenza si sarebbe imposta: non poteva pagare il prezzo altissimo che le veniva richiesto e trovare ostacoli da parte di suo figlio. Non poteva tuttavia rivelare alcunché della propria umiliazione al ragazzo.
Quella mattina, prima di vestirsi si era guardata allo specchio la schiena nuda: pesanti lividi in rilevo, rossi e viola, la segnavano e in alcuni punti la pelle era rotta. Indossare i vestiti sulla pelle frustata le aveva procurato forti dolori e le era stato impossibile allacciare il reggiseno, talchè ora, sotto il vestito, i seni erano liberi senza tale indumento.
Se una lavata alla vagina era stata sufficiente a liberarsi dei residui di sperma i segni sulla schiena sarebbero rimasti molto più a lungo e i graffi alla sua anima non sarebbe mai più scomparsi.
Con questi pensieri si presentò alla sentinella chiedendo di conferire con il capoposto. Venne fatta attendere all’esterno finchè un feldwebel si presentò sulla porta. Gabrielle consegnò la lettera che il monco aveva scritto la sera precedente prima di congedarla. Era una lettera in busta chiusa e non ne conosceva il contenuto.
Il feldwebel scorse rapidamente la lettera, guardò la donna, rilesse la lettera e ghignò.
“Venga con me” le ordinò.
Entrarono nel seminterrato del municipio. Le due stanze vicine all’ingresso erano state attrezzate a corpo di guardia e ad armeria, il grande salone interno era stato attrezzato come camerata con una ventina di brande, sul fondo una porta dava alle scale delle cantine trasformate in prigione. Quattro o cinque soldati reduci dal turno notturno dormivano sulle brandine, un’altra mezza dozzina oziava nella camerata in attesa di svolgere il proprio servizio.
Il Feldwebel accompagnò la signora de Sentier nella prima stanza e si sedette su una sedia lasciando la donna in piedi.
La stanza era poveramente arredata, con due sedie, un tavolo, una branda e un armadio, sulla branda un altro soldato oziava in attesa.
“Così il capitano le ha dato il permesso di visitare un prigioniero..”
Non sapeva se era una domanda o una affermazione
“Mio figlio.. “ rispose. Da parte del militare non pervenne alcun commento “mi ha detto che posso portargli dei vestiti e del cibo per il viaggio” e presentò lo zaino al feldwebel.
Il militare svuotò rapidamente lo zaino sul tavolo, controllò tutte le tasche e poi, un oggetto alla volta rimise nello zaino il contenuto che aveva svuotato.
Gabrielle notò che alcuni alimenti erano stati messi da parte
“ladri e maiali” pensò, ma si era aspettata qualcosa del genere e aveva messo nello zaino un paio di bottiglie di cognac molto buone che, sospettava, non sarebbero mai arrivate a suo figlio.
“bene” disse il militare “lo zaino è a posto… … ora tocca a lei”
“cosa vuole dire?” chiese Gabrielle non capendo.
“Il capitano, nella lettera che mi ha consegnato, mi raccomanda di perquisirla prima di metterla a contatto con i prigionieri..”
“bastardo maledetto..” fu il pensiero non espresso della donna.
“Non penserà di .. toccarmi?” fu l’altera risposta
“molto di più.. deve spogliarsi e passarmi i vestiti”
“Come si permette di chiedere una cosa del genere?..Non sa chi sono io? Non le basta il permesso del capitano?”
Capitavano raramente occasioni del genere. Che una altera francese fosse costretta a chiedere a lui, miserabile soldato, un favore e che dovesse pagare per questo favore era una cosa che risvegliava nel torpido feldwebel l’istinto di sopraffazione.
“Proprio il capitano mi ha dato l’ordine di perquisirla.. .. niente perquisizione, niente ingresso.. vero Otto?” disse rivolgendosi all’altro soldato
“verissimo feldwebel..non sia mai che ci becchiamo una punizione per non aver fatto il nostro dovere”
“e poi, magari, questa qui, sotto le gonne ha una bomba a mano.. forse è opportuno metterla in cella con gli altri e perquisirla là dentro”
Forse inconsciamente il militare aveva toccato un argomento alla quale la donna era molto sensibile: la vergogna verso suo figlio.
“No, vi prego, non umiliatemi davanti a mio figlio”
“Allora fai quello che ti ho detto.. levati e vestiti e passameli”
Rossa di vergogna e con il petto serrato dall’angoscia la signora de Sentier obbedì a quanto le veniva chiesto. Si levò il vestito e lo passò al militare che, distrattamente, lo tastò per verificare se c’era qualcosa. Ebbe una esitazione prima di togliersi la sottoveste: non era tanto l’apparire nuda che la faceva vergognare, quanto il fatto che vedessero la sua pelle segnata dalle frustate.
“Avanti” disse il militare.
Chiudendo gli occhi si sfilò la sottoveste
“Il capitano si è divertito ieri sera” fu il commento del militare vedendo le strisce che la solcavano.
Era in piedi con le mani sui seni nudi
“Via tutto!” fu il brusco ordine
“La prego.. ..per pietà!”
“Via tutto che non abbiamo certo finito”
Si levò anche le mutande rimanendo in piedi, rossa di vergogna, tentando di coprirsi i seni e il pube.
“Nei vestiti non c’è niente.. ..ma potresti avere qualcosa dentro di te..”
“No.. questo No, la prego!”
“Zitta troia, mettiti sul tavolo e apri le gambe o ti butto fuori nella piazza così come sei”
La prospettiva di essere svergognata in pubblico le apparve terrificante, si avvicinò al tavolo e si sedette sull’orlo dello stesso.
Il militare si avvicinò e con un gesto deciso le infilò un braccio sotto le gambe e sollevandola la depositò, sulla schiena, sul tavolo.
“Solleva le gambe e afferrati le caviglie da dentro con le mani”
Angosciata, ad occhi chiusi, obbedì all’ordine. Ora era, di fronte a due uomini che non conosceva, con il sesso completamente esposto. Li sentì fare commenti in tedesco con alcuni termini che non capiva, ma che comprese essere estreme volgarità. Poi il feldwebel si avvicinò, sentì che le sue mani le toccavano il sesso e, infine, delle dita che ferocemente la penetravano.
Gemette, ma si costrinse a rimanere nella posizione in cui era.
“Questa non ha una figa, ma una sporta” fu il commento del feldwebel. Capì che aveva usato il francese perché lo capisse e si sentisse umiliata. “Per me non nasconde niente.. .. ma è meglio che controlli anche tu Otto”
Otto si era alzato dalla branda e sostituì il caporale tra le gambe della donna. Fece entrare un dito in vagina, poi lo estrasse e ne inserì due. Ruotò le dita provocando dei gemiti nella donna.
“Secondo me un cazzo sarebbe il mezzo migliore per tastarla a fondo”
“Non possiamo, questa è carne riservata al capitano. Scendi!” le ordinò infine
Gabrielle si rimise in piedi mentre delle lacrime le scendevano sul viso.
“Di fronte al tavolo, gambe larghe, afferrarsi al bordo e piegarsi a 90 gradi.. ispezione rettale”
“Mio dio, anche questa umiliazione “pensò la donna, ma si rese conto che al punto in cui era non aveva scelta.
Si mise nella posizione ordinata e il feldwebel si collocò dietro di lei, si sputò sulle dita e bagnò con la saliva la corolla dell’ano. Poi appoggiò il medio sul buco che si contrasse, attese il rilassamento e glielo infilò quasi completo. La donna emise un breve grido soffocato mentre il dito le veniva ruotato nel sedere
“Da questa parte è vergine” fu il commento del militare. Estrasse il dito “Rialzati.” le ordinò.
“Ora vediamo se nasconde qualcosa in bocca.. apra la bocca”
Gabrielle ubbidì quasi ipnotizzata e il militare, con il dito appena estratto dal culo, le esplorò l’interno delle guance e sotto la lingua. La donna sentì l’amaro sapore delle proprie secrezioni e, appena le sfilarono il dito dalla bocca sputò per terra.
Contratta dall’angoscia e soprafatta dalla vergogna Gabrielle attendeva coprendosi con le mani i seni e il pube.
“molto bene, abbiamo verificato che non nascondi armi o messaggi per i terroristi arrestati.. ..ora puoi raggiungere tuo figlio” disse il feldwebel porgendole i vestiti e lo zaino.
La donna prese gli indumenti e si apprestò per indossarli.
“Che fai?” fu l’urlo del militare che la fece immobilizzare “Nessuno ti ha detto di rivestirti.. .. avanti, così come sei verso le celle..”
La prospettiva la fece agghiacciare.
“No.. mai. Potete uccidermi, ma non mi farò mai vedere così da mio figlio”
Il militare scoppio in un grassa risata
“Stai tranquilla, potrai rivestirti, ma oltre quella porta in fondo, prima delle celle.. ora avanti, attraversa la camerata che tutti ti devono vedere.. .. i nostri camerati sarebbero invidiosi se lo spettacolo delle tue chiappe fosse mostrato solo a noi” e la spinse verso la porta.
“Aspetta, prendi i vestiti e lo zaino.. .. non, non tenerli così davanti, sopra la testa li devi tenere”
Nuda, con le braccia sollevate, il pacco sopra la testa la signora de Sentier si arrestò sulla porta della camerata dove alcuni militari oziosi si scossero alla visione chiamando gli altri e svegliando chi stava dormendo.
“Avanti vacca!” la spronò il feldwebel colpendole il sedere con una sonora manata. La sculacciata la scosse e si mosse rigida, con lo sguardo fisso alla porta da raggiungere, lungo il percorso in mezzo alle brande.
Furono pochi secondi che restarono indelebili nella sua memoria: si sentiva addosso gli sguardi lubrichi di una dozzina di persone, sentiva le loro voci, le risate e le urla oscene. Sentiva la vulnerabilità non solo della propria nudità, ma dei segni che le marchiavano la schiena. Le pareva che tutte quelle persone sapessero che era stata violata poche ore prima, che i due militari del corpo di guardia l’avevano frugata nella vagina e nell’ano. Si sentiva veramente una pubblica squaldrina svergognata e, dietro di lei, il feldwebel che ridendo la sculacciava incitandola a muoversi lungo il corridoio di uomini che si era formato.
Le sembrò un tempo interminabile e quando, finalmente, potè varcare la porta che dava sulle scale delle cantine si sentì in salvo.
scritto il
2017-08-20
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