Primo incontro sacro
di
LIMI
genere
saffico
Il viaggio continuava verso Roma con insolita lentezza:lavori continui sul tratto ferroviario avevano consentito di accumulare tanto ritardo da mettermi nelle condizioni una volta giunto a Roma di perdere la coincidenza per la città felsinea ove il giorno dopo avrei dovuto incontrare un esperto di storia medievale. Più volte lasciai lo scompartimento affollato da suore salmodianti e sudaticce per fumare l’ennesima sigaretta nel corridoio ove sempre più gente si accalcava nell’afrore del caldo agostano. Una delle sorelle non tanto vecchia seguì il mio esempio e si dispose nel corridoio per ingannare il tempo e allontanarsi dalle consorelle sempre più stanche e debilitate dal lungo viaggio che non finiva mai. Erano infatti provenienti dalla visita alla congregazione delle Carmelitane scalze di Reggio Calabria e si accingevano a raggiungere i loro rispettivi monasteri nel centro e alta Italia. Nei pressi di Formia lo sguardo cominciò a spaziare sulla meraviglia dell’ansa del mare azzurro sottostante e sulle innumerevoli spiagge piene di bagnanti che si crogiolavano nelll acque sollevando schizzi bianchicci con i loro giochi. Forse la strana vicinanza della monachella mi spinse a sospirare e pronunciare la frase fatidica: che bello|! Cosa non darei per trovarmi insieme a tutta quella gente che si diverte in questo momento… La monachella si girò dolcemente verso di me dicendo :perché non scende alla prossima fermata e va a tuffarsi nella acque fresche del mare? Un po’ sorpreso dalla conversazione avviata e non cercata, mi affrettai a dire che in quel momento il desiderio era forte,ma impegni improrogabili mi obbligavano a tentare di raggiungere la grassa prima possibile. Comunque da bravo ragazzo educato mi presentai e lei fece altrettanto .Continuammo a chiacchierare sulle nostre mete da raggiungere prima possibile e che sicuramente Roma sarebbe stata la sede ove attendere il nuovo treno in partenza alle prime luci dell’alba per il nord Italia. Era molto dolce e carina anche se non più giovane e parlava con un accento che lasciava trasparire ,almeno così malignai,un desiderio infinito di svestire quell’abito prigione in cui era confinata,raccontando delle sue frustrazioni e del profondo desiderio di frequentare persone che erano mentalmente lontane dal claustro solitario. Stranamente il suo dolce ammiccare mi suggerì l’impressione che fosse per esplodere e buttare all’aria il salterio e tutta il nero vestito che la ricopriva; la pellicola del mio film continuava ,così mi avvicinai improvvidamente a lei mentre che il treno ripartiva dando uno scossone ai vagoni. Ci ritrovammo faccia a faccia e provai una strana voglia di baciare le sue labbra semiaperte di Santa Teresa berniniana.Lei si accorse che qualcosa stava per cambiare tra noi e pensò bene di ritirarsi nello scompartimento tra le consorelle addormentate. La seguii e insistentemente continuai a fissarla mentre provavo una strana eccitazione nel guardarla. Un certo gonfiore nei pantaloni cominciò a manifestarsi inarrestabile per cui dovetti guadagnare la toilette in capo al vagone per tentare nei limiti del possibile di arrestare la sconveniente eccitazione. Non ci riuscii e con le pive nel sacco e un forte mal di testa ritornai verso il mio scompartimento. Avevano già accceso le luci della sera,ma la velocità del treno era sempre la stessa. Gli sguardi tra noi continuarono ad incrociarsi fino a quando non ci ritrovammo nel corridoio come prima a parlare di cose inutili,del tempo e dei treni in ritardo,quando…”stasera cercherò una piccola pensione nei pressi della stazione e domani presto proseguiro’ il viaggio per Firenze”. Travolto da quelle insperate parole riusciì solo a chiedere delle altre consorelle cosa avrebbero fatto: mi rassicurò dicendo che il loro viaggio giungeva al termine nella città eterna.Quindi? La mia immagimazione cominciò a galoppare irrefrenabile e sperare in una situazione più unica che rara:un’avventura con una suora. Le comunicai che una volta in stazione l’avrei attesa all’uscita sinistra della stessa ove facilmente l’avrei potuta aiutare a trovare una pensione per la notte. Finalmente le ombre della sera avvolgevano in un caldo soffocante i nostri scompartimenti che puzzavano di sporco e di sudori ascellari mentre il treno lentamente si avvicinava al tronco stabilito. Come tutti i passeggeri raccolsi le mie poche cose,salutai educatamente le mie compagne di viaggio ricevendo da loro tante benedizioni e mi avviai con il cuore in gola all’uscita. Con passo felpato guadagnai l’uscita convenuta ove attesi con molto scetticismo la mia suorina. Era stato un bel film creato dalla mia fervida immaginazione che aveva travalicato i confini della realtà. Attesi un bel po’ , della bella suorina nemmeno l’ombra. Mi aveva gabbato certamente e si era presa gioco di me facendomi costruire immani castelli in aria. Anche una segreta speranza ormai stava sparendo del tutto nel profluvio di maledizioni all’insegna delle monache e suore di clausura e maledicendo i loro atteggiamenti e denigrandole sempre più quando sentii alle mie spalle una voce di donna che si scusava per il ritardo. Era lei! Si era cambiata d’abito e indossava dozzinali indumenti civili che non riuscivano a nascondere le bellezze del suo splendido corpo e la luce dei suoi occhi meravigliosi di donna libera. Non riuscivo a capacitarmi e come interdetto le tesi la mano per un obbligato e cortese saluto,poi l’abbracciai e la baciai con trasporto ampiamente ricambiato. Abbracciati raggiungemmo la pensioncina che già molte volte mi aveva accolto,guadammo in fretta la stanza e in un attimo i nostri abiti leggeri volarono in alto concedendo ad ognuno la vista delle nudità tanto desiderate. Non riuscimmo a reprimere la voglia di unirci in un amplesso furioso e al contempo appagante che dopo poco ci lasciò tramortiti. Era bello vederla in tutto il suo splendore,i seni sodi con i capezzoli duri come chiodi appuntuti che svettavano trionfanti dalle bianche cupolette,l’eburneo collo e i corti capelli neri che le facevano corona, la pancia piatta e una leggera peluria che ricopriva il suo delicato monte di Venere. Le cosce poi ,due colonne ben tornite. Per non parlare del suo culo bello e armonioso sovrastato da due piccole deliziose fossette che rimandavano alla cara immagine della Venere Callipigia. Che spettacolo vederla muoversi nell’angusta stanza e silenziosamente avvicinarsi con trasporto alla fonte del desiderio: baciava deliziosamente e poi con lentezza mista a dolcezza con la sua incredibile lingua sembrava impossessarsi più del naturale bisogno del mio corpo. Lentamente scendeva verso l’inguine per ravvivare la passione che temporaneamente mi aveva abbandonato. Il turgore del mio sesso ravvivato e il profumo della sua dolce figa unirono di nuovo i nostri corpi vogliosi di carezze e di baci lascivi. Non indietreggiava dinanzi a qualsiasi cosa le proponessi senza parlare e si lasciava trascinare nel vortice della passione con una inaspettata partecipazione. A quel punto sempre coprendola di baci mi avventurai con la lingua sul garofano fresco ben chiuso che pian piano cominciò a dare segni di cedimento:infilai nell’orifizio un dito per allargarne l’ingresso e poi dolcemente vi introdussi la mia verga sempre più dura. Emise dei suoni gutturali che ascrissi al piacere che provava,così assecondandomi muoveva all’unisono il suo culo in preda ad un piacere incontenibile. Aveva voglia di urlare la gioia del suo godimento,ma si trattenne nel limite del possibile pronunciando frasi sempre più sconnesse e volgari all’insegna del godimento che le procurava il mio arnese nel suo culo caldo. Non volle che le venissi dentro,infatti mi fece a fatica uscire e voluttuosamente impossessatosi del cazzo prima lo baciò con trasporto in tutta la sua lunghezza poi cominciò succhiarlo con ritmo cadenzato e deciso fino a farmi esplodere di piacere. Lo sperma uscì con forza e schizzò sul suo bel viso, sulle labbra tumide e sui candidi seni. Lentamente si riprese e mi invitò a fare una bella doccia ristoratrice perché la notte era ancora lunga e i nostri corpi avevano ancora molto da donare a entrambi. Non ero del tutto consapevole della mia insperata avventura ,ma stavo al gioco senza chiedermi troppi perché e quando sarebbe irrimediabilmente tutto finito,perché comunque doveva finire. Visto che non avevamo consumato pranzo durante l’interminabile viaggio le proposi di assentarmi per poco onde acquistare dei tramezzini e qualche bottiglia di acqua minerale. Mi disse che volentieri mi avrebbe accompagnato per godere pienamente quella strana e meravigliosa esperienza che insieme stavamo vivendo. Scendemmo in strada e ci confondemmo tra la folla sempre più rada piena di puttane e ricchioni in cerca di un cliente da adescare. Abbracciati ci infilammo nella prima pizzeria in cui mangiammo con gusto dei tranci caldi di pizza e delle ottime patatine fritte annacquando il tutto con del freschissimo vino dei castelli romani che ci fece un po’ girare la testa,ma tutto era ben accetto e gradito oltremisura. Canzonammo all’uscita una vecchia puttana truccata sconvenientemente e un ricchione che con la sua voce in falsetto tentava di offrire le sue grazie a passanti poco interessati. Mi accorsi che nel breve tragitto i nostri corpi erano sempre legati e i nostri volti si incrociavano continuamente come se non avessero altro da guardare intorno a sè. In preda ad un furore erotico ritornato prepotentemente ,salimmo rapidamente le poche scale che ci di nuovo aprirono le porte del nostro paradiso e privati degli abiti ci riconsegnammo ai piaceri dell’amore fino a quando sfiniti e felici ci abbandonammo nelle braccia di Morfeo.Mi sveglia di soprassalto e mi accorsi che estasiata guardava il mio corpo con trasporto; prese a carezzarlo con una dolcezza infinita,poi sapientemente si attrezzò per risvegliare la mia verga che come in debito d’amore subito rispose alla bisogna e fu pronta per poderosi assalti nelle zone più recondite del suo corpo sempre più docile arrendevole. Non credo abbiamo parlato molto,ma le sole cose che riuscimmo a dire durante i furiosi amplessi riguardavano la contemplazione dei nostri corpi pieni di vita e voglia di suggere tutto l’amore possibile da quella stana avventura. Non credo sognai,ma il sogno fu lungo e appagante delle tante fatiche dolcemente sopportate con la mia unica suorina. Mi svegliai di soprassalto con la stessa sensazione che un bambino prova quando crede di avere perso il giocattolo più bello appena regalato. La stanza era vuota e di lei nessuna traccia. Infatti, non potei fare altro che constatare l’assenza della mia donna speciale e della sua grande unica passione. Mi ricordai che avrei dovuto prendere il treno prima possibile,così velocemente raccolsi le mie cose e corsi alla reception per espletare le ultime formalità. Mi attendeva l’amico di sempre che mi consegnò una bella lettera chiusa sorridendomi. Non l’aprii subito ,ma mi riservai di farlo in un luogo molto solitario da non dividere con alcuna presenza indiscreta. Salii sul primo treno per Bologna e dopo aver deposto il piccolo bagaglio nella custodia con calma aprii la busta e ne estrassi un piccolo foglietto su cui era scritto: --E’ stato tutto molto bello. Ti ringrazio per i momenti di felicità che solo una persona speciale come te ha saputo donarmi- Te ne sarò grata per sempre. E’ inutile cercarmi. Ricordami sempre come farò io di te fino a quando avrò la possibilità di guardare la luce del sole e della luna di Roma nostra dolcissima confidente. Addio. La tua Santa Teresa in estasi.
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