Le avventure di Laura, la moglie cagna (2a Parte)

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Neanche un mese dopo la nostra gita in pedalò ci capitò un’altra occasione per divertirci ma stavolta fu diverso. Non saremmo stati noi i padroni del gioco, non c’erano due ragazzini, neanche ventenni, da coinvolgere nelle nostre perversioni, quella volta forse superammo il limite. Passarono diverse settimane prima che Laura ricominciasse a concedersi a perfetti sconosciuti. Quella notte fu molto intensa, per tutti.

Era fine Settembre e i Muse, il gruppo preferito di Laura, chiudevano il loro tour estivo in due serate a San Siro, a Milano. Avevamo provato a prendere i biglietti per la prima serata, il Sabato ma non avevamo neanche fatto in tempo ad aprire il sito che erano già esauriti. Dovevamo ripiegare sulla Domenica ma il Lunedì seguente avremmo dovuto lavorare entrambi.
Laura non ebbe problemi a prendere un permesso dal lavoro, io invece quel lunedì dovevo esserci per forza. C’era la posa della prima pietra di un grande complesso residenziale e l’azienda per cui lavoravo aveva vinto l’appalto per l’incarico della costruzione. Non dico che era dipeso tutto da me ma avevo avuto un ruolo fondamentale nell’acquisizione di quell’appalto. Provai a chiedere quel Lunedì al capo ma non la prese bene e poi sarebbe stata, anche in ottica futura, un’ottima occasione per mettermi in luce con diversi rappresentanti regionali e comunali. Non potevo mancare.
Le uniche due opzioni possibili erano: Mandare Laura al concerto da sola o andare con lei ma tornare subito dopo la fine dello spettacolo in aereo o in treno.
Non mi andava di mandarla da sola, non per gelosia ovviamente, semplicemente non mi andava di privarla di un bel momento da condividere, e poi i Muse piacevano anche a me.
Neanche lei voleva andare da sola, non ha mai avuto senso dell’orientamento e ad organizzare i viaggi, anche se brevi, era un’autentica frana.
L’aereo costava troppo, 130€ a persona. Neanche a parlarne. Forse avrei fatto carriera ma ero ancora un semplice consulente. In treno ce la saremmo cavata con 66€ in tutto ma avremmo dovuto viaggiare di notte, in letti scomodi e cuccette da quattro persone.
D’altro canto non l’avevamo mai fatto, né da soli né insieme e forse un po’ per risparmiare e un po’ per spirito d’avventura, optammo per il treno.
Era un Intercity notturno da Milano a Roma. Partenza alle 23:45 dalla Stazione Centrale di Milano e arrivo alle 7:10 a Stazione Termini a Roma.
La cerimonia d’inaugurazione iniziava alle 11:00 a Ostia. Sarebbe stata durissima ma potevo farcela.

Arrivammo di Domenica pomeriggio e ci divertimmo un po’ a fare i turisti per Milano.
La portai a fare l’aperitivo sui navigli, vicino ad un pergolato. Eravamo avvolti in un’atmosfera molto romantica, il sole tramontava, c’era un piacevole brusio che contrastava il dolce rumore dell’acqua che scorreva sotto di noi. Bevemmo qualche bicchiere di vino bianco e tutto ci sembrò più bello.
Mia moglie era sconvolgente, riusciva ad essere elegante e seducente anche nella sua mise da concerto rock. Aveva un vestitino leggero, con una discreta scollatura e con la gonna corta, a campana, sandali estivi con una leggera zeppa che la slanciavano quel tanto che bastava e le esaltavano le caviglie sottili, i polpacci armoniosi e il suo fantastico culetto.
Verso le 20:00 raggiungemmo lo stadio con un’ora d’anticipo. Prendemmo posto e Laura iniziò a parlare a ruota libera, rideva in continuazione. Il vino bianco doveva averla portata un po’ troppo su di giri.
Ogni tanto ci baciavamo e tra un bacio e l’altro, a un tratto, mi guardò intensamente negli occhi, si fece seria e mi disse:
“Stanotte mi scopi sul treno? Non l’abbiamo mai fatto in treno.”
“Certo che ti scopo sul treno puttanella mia.” Risposi.
“Avrei voglia di prendertelo in bocca qui, adesso, davanti a tutto lo stadio, ma poi ci butterebbero fuori e mi perderei il concerto.”
“Vorrà dire che la prossima volta prenderemo i biglietti per un concerto che non ci interessa”
Rise di gusto, a bocca spalancata. Era meravigliosa.
Il concerto fu molto bello, durò quasi due ore. Laura era felicissima che l’avessimo visto insieme, ma bisognava correre, avevamo meno di 40 minuti per raggiungere la stazione centrale e avremmo dovuto fronteggiare il traffico del post-concerto.

Decidemmo di prendere un Taxi. Chiedemmo al tassista se secondo lui ce l’avremmo fatta a raggiungere la stazione Centrale in 40 minuti, lui rispose che saremmo arrivati con 10 o 15 minuti d’anticipo. Milano era piena di corsie preferenziali, non era Roma.
Ci tranquillizzammo e cercammo di goderci la corsa. Ci sdraiammo comodi sui sedili e col favore della penombra ci baciammo appassionatamente e molto a lungo.
Ci toccavamo da sopra i vestiti, come quando eravamo al liceo insieme, eravamo eccitatissimi. Anche il tassista sembrava avesse intuito qualcosa, ma non credo che dallo specchietto retrovisore riuscisse a vedere quello che stava succedendo lì dietro.
Mia moglie era fuori di se, sembrava in estasi. Continuava ad accarezzarmi sopra la patta dei jeans. Io le infilai la mano tra le gambe, le spostai le mutandine e con un dito raccolsi il suo nettare.
Era fradicia, dovetti usare due dita per evitare che tutto quel succo gocciolasse via.
Avvicinai le dita intrise del suo sesso alle sue labbra, le spinsi dentro e lei succhiò. Fece per aprire la mia patta ma io la bloccai:
“No! Devi prendermelo in treno, a tempo debito, manca poco. Togliti le mutandine piuttosto.”
“Vuoi Mandarmi in giro per la Stazione Centrale di Milano con la gonna corta e larga e senza mutandine?!”
“Si”
“Vuoi guardare mentre mi violentano?”
“Mi piacerebbe ma… no, voglio solo che tu senta i brividi per il rischio che stai correndo. Toglile.”
“Si amore.”
Laura si sfilò le mutandine e me le porse. Erano zuppe, sembrava si fosse fatta la pipì addosso.
Le sussurrai:
“Queste le lasciamo qui, così quando il tassista le troverà si farà una bella sega sognando di annusare la fica bagnata di mia moglie.”
“Porco!”
“Puttana!”
“Scopami!”
“Tra poco amore.”
Poco dopo arrivammo alla stazione, pagai la corsa al tassista, gli dissi che la mancia l’avrebbe trovata sul sedile posteriore, lui non capì.

Cercammo il binario 12, dove ci attendeva il treno, avevamo ancora quasi 10 minuti. Laura volle fermarsi a prendere una bottiglia d’acqua per la notte. Avevamo tutto il tempo.
Facemmo ancora qualche passo e fummo al binario 12. L’Intercity ci apparve davanti. Da fuori sembrava vecchio e fatiscente. Faceva un costante rumore di ferraglia, per niente rassicurante.
Entrammo, passammo davanti ai bagni e ci mettemmo a cercare la cabina numero 16. La porta era chiusa, bussai delicatamente e la aprii senza aspettare che qualcuno dicesse “avanti”.
Fu una visione orribile. La cabina era scura, fatta quasi interamente di legno marcio e ferro arrugginito. C’erano 4 brandine pensili, 2 in basso e 2 in alto e infondo, oltre i letti, il finestrino. A destra del finestrino c’era un piccolissimo lavabo angolare col rubinetto che sembrava rotto, montato su un piccolo mobiletto con un’anta sola.
I letti di sotto erano già occupati. In quello a destra se ne stava sdraiato con i piedi accavallati un omone sulla sessantina, quasi calvo, con un gran paio di baffi ancora neri malgrado l’età. Indossava una canotta lisa e macchiata e un paio di boxer bianchi. Leggeva un libro ma non riuscii a leggerne il titolo.
Nel letto a sinistra c’era un altro omone, semi-seduto, con la testa appoggiata allo schienale. Sembrava un po’ più giovane dell’altro, tra i 50 e i 55 anni. Aveva ancora tutti i capelli e non si rasava da almeno un paio di giorni. Anche lui indossava solo le mutande e una t-shirt bianca con la stampa del frontale di un camion e la scritta: “Iveco Cavalier Truck of the year 1993”. Giocava col cellulare. Probabilmente erano entrambi camionisti che tornavano a Roma a prendere il mezzo.
Li salutai dicendo “Buonasera” ed entrai. Loro risposero al saluto senza neanche distogliere lo sguardo dal libro e dal cellulare.
Laura entrò dietro di me e capì subito che avremmo dormito poco quella notte. Sul volto le si stagliò un’espressione che era un misto tra eccitazione e preoccupazione e forse sapevo perché.
Sapeva che quella notte l’avrei scopata e che quindi avremmo avuto degli spettatori ma sapeva anche che indossava un vestitino corto e largo e avevamo lasciato le mutandine nel taxi. Avrebbe dovuto salire la scaletta per raggiungere i letti in alto, mettendo inevitabilmente in bella mostra le sue nudità. Questo li avrebbe sicuramente resi molto più che semplici spettatori. Mia moglie non portava le mutande e stava per mostrare la fica ad entrambi, sarebbe stato tutto lecito per loro, era fin troppo evidente.
Le tenni la scaletta e le dissi di salire. Lei si tolse le scarpe e salì sul letto di sinistra, di fronte all’uomo con la canotta lisa e proprio sopra quello con la t-shirt. L’uomo calvo girò la testa di 90 gradi, intento a non perdersi neanche un secondo di quella scena a dir poco inusuale. L’altro fece addirittura di peggio, dato che era proprio sotto di lei si sporse completamente con la testa e con il busto, fece cadere il cellulare nel letto e si mise subito la mano sul cazzo.
Arrivata all’ultimo piolo, per salire sul letto, Laura dovette per forza spalancare la gamba sinistra per raggiungere il letto, fare leva e sollevarsi.
Il vestito, corto e largo, si sollevò a causa del movimento e lasciò la sua meravigliosa fica e il suo culetto perfetto completamente alla portata degli sguardi arrapati dei due uomini.
Raggiunse il letto e sorridendo mi chiese di salire con lei. I letti erano molto stretti ma avremmo potuto dormire abbracciati. Sempre ammesso che avremmo dormito.
Io mi tolsi le scarpe, lasciai lo zaino sul pavimento e la mi sdraiai accanto a lei.
Restammo fermi per un po’ a bisbigliarci cose sporche all’orecchio, a baciarci e a toccarci. Volevamo aspettare per vedere se avessero preso qualche iniziativa.
Non dovemmo aspettare molto, mentre ci baciavamo con la lingua, in silenzio, sentivamo i loro letti cigolare ad un ritmo frenetico. Si stavano masturbando. Erano eccitati almeno quanto noi.
Chiesi a Laura di togliersi il vestitino ed il reggiseno e rimanere nuda. Iniziai a toccarla tra le cosce e a stuzzicarla dentro e fuori la passera. Era un lago, poche volte l’avevo sentita così bagnata, aspettava solo il cazzo, o i cazzi. Più la toccavo e più lei gemeva e più lei gemeva più i letti dei camionisti cigolavano velocemente.
Ad un tratto, quasi ad alta voce disse:
“Vengo…”
Io le sussurrai:
“Brava puttana, vienimi in mano.”
E lei:
“Scopami amore, ti prego!”
“No… Adesso voglio che tu scenda dalla scaletta, completamente nuda e ti vada ad infilare nel letto di quello lì.” Indicando il camionista coi baffi.
“Dovrai fare tutto quello che ti chiederà, devi farlo godere in qualsiasi modo lui voglia godere. Voglio che tu sia sua e quando senti che sta per venire lo lasci lì e ti vai ad infilare nel letto dell’altro e ti concedi completamente. Io sto qui e ti guardo mentre mi sego.”
“Va bene amore, vado a farmi scopare. Ti amo.”
“Anch’io puttana.”
Scese lentamente dalla scaletta. La cuccetta era buia ma le luci che filtravano dal finestrino le sottolineavano delicatamente le forme di quel corpo fantastico.
Il tizio che era sotto di noi quando la vide scendere completamente nuda si mise a sedere sul letto e le toccò sfacciatamente il culo. Laura si voltò verso di lui e gli disse di aspettare il suo turno, poi attraversò il pavimento che separava i due letti e mentre l’altro si masturbava lei si infilò nel suo letto. Anch’io mi misi a sedere sul mio letto. Da dov’ero potevo vedere benissimo quello che succedeva di fronte a me, mi tirai fuori il cazzo e mi preparai a godermi lo spettacolo.
Laura si sdraiò accanto a lui che era supino, gli tolse il cazzo di mano e prese a massaggiarlo lentamente facendo su e giù, poi avvicinò il suo viso a quello del camionista e gli disse:
“Mio marito vuole che io sia tua. Puoi farmi tutto quello che vuoi.” Poi gli infilò la lingua in bocca gemendo mentre accelerava il ritmo con la mano.
Si baciarono a lungo, poi il camionista si staccò e spinse la testa di Laura sul suo cazzo.
Quando Laura lo vide esclamò:
“Oh mio Dio ma è enorme! Amore, questo mi spacca!”
A me spuntò spontaneamente un sorrisino bastardo sul volto.
Si rannicchiò ai piedi della brandina e guardando negli occhi il camionista arricciò le labbra e gli diede un delicato ma intenso bacio sulla cappella, facendo in modo che la punta entrasse appena penetrando le labbra chiuse. Quando allontanò la bocca si vide chiaramente, illuminata dal finestrino, l’eccitazione dell’uomo che era rimasta attaccata da una parte alla sua cappella e dall’altra alle labbra di Laura.
La vide e la sentì anche lei e non resistette oltre. Spalancò la bocca più che poteva e trangugiò il pene eretto di quell’uomo fortunato.
Non arrivò neanche a metà con le labbra, era troppo lungo per lei e sembrava essere anche molto largo.
Se lo sfilò di bocca e guardando verso di me disse in tono molto eccitato:
“Amore questo qui ha un cazzo che sembra una lattina di birra! Questo mi smembra!”
“Non vedo l’ora” Risposi io.
Poi ci interruppe il camionista:
“Si adesso ti smembro ma prima fammi un bocchino, zoccola!” E dicendolo le prese la testa da dietro e la sbatté con forza sul suo cazzo, costringendola a prenderlo quasi fino alle palle.
Andò su e giù succhiando voracemente 5 o 6 volte, gemendo sempre più forte poi se lo sfilò di nuovo di bocca e lo puntò verso la faccia del camionista, affondò la testa in mezzo alle sue gambe e cominciò a dare lunghissime leccate alle palle, lentamente, poi più velocemente. Quando gliele ebbe leccate tutte passò a succhiarle. Prima una, poi l’altra, poi entrambe.
Lui le riprese la testa e le riportò la bocca sul cazzo dicendo:
“Succhiami il cazzo non le palle, troia!”
“Il tuo cazzo sa di piscio e sborra secca, mi viene da vomitare!” Rispose Laura.
“Ecco, un motivo in più per succhiarmelo, così me lo pulisci.” E glielo spinse di nuovo in bocca.
Mia moglie era disgustata ma sapevo bene che quando era costretta a fare qualcosa che non le piaceva si eccitava oltremodo. Adorava essere costretta, umiliata, dominata.
Andarono avanti per quasi 10 minuti nei quali Laura diede il meglio di sé, leccava dalla base alla punta, poi solo con la punta della lingua sulla punta del cazzo, poi tutto in bocca fino in gola. Si sentiva il rumore del cazzo che le dilatava la gola. Il vecchio ciccione stava per urlare. Poi Laura si staccò, portò la sua bocca vicina a quella del camionista con movenze feline, si mise a leccarlo sul collo.
Lui era sudato e affannato e aveva gli occhi sbarrati fissi su di lei. Lei era morbida, completamente asciutta, perfetta. La luce dei lampioni di fuori le sbatteva a intermittenza sulle cosce e sulle chiappe. Che topa che era!
Arrivò con la lingua fino all’orecchio, lo leccò anche dentro e poi gli disse a bassa voce:
“Fottimi…!
Lui la prese con entrambe le mani stringendole le spalle e la sbatté sdraiata accanto a lui a pancia in su, poi la cinse col braccio sinistro e le si fece sopra. Era anche molto alto oltre ad essere grosso. Avrà pesato 100/110 chili. Mia moglie non arrivava alla metà. Me l’avrebbe dilaniata.
Con una mano si prese il cazzo e lo diresse con fermezza nella fica di Laura. Quando entrò, lei cacciò un urlo.
La colpì ripetutamente con una ferocia indescrivibile. Il letto cigolava talmente tanto che sembrava si dovesse staccare dal muro da un momento all’altro e quello dell’uomo sotto di me, cigolava quasi di più.
Ci stava dando veramente dentro, mia moglie ad un certo punto intrecciò le mani dietro la sua testa e i piedi dietro la sua schiena, gli si avvinghiò completamente per prenderlo più infondo che poteva. Urlava:
“Si… Si… Scopami… Fottimi… Sbattimelo fino in fondo… Spaccami la ficaaaa!… VENGOOOOOO!” Fortunatamente gli Intercity sono molto rumorosi e le porte rendono le cabine quasi insonorizzate.
Laura si lasciò cadere, di schianto, sul materassino. Le braccia e le gambe spalancate, aveva il fiatone.
Anche lui fece una pausa, si coricò accanto a lei, girato su un fianco. Lei abbassò di nuovo la testa, glielo prese in bocca per un po’, poi torno su, vicino a lui, lo baciò e gli disse:
“Aspettami cazzone, torno subito, promesso.” e mentre lui riprendeva fiato, colse l’occasione per sgusciare nel letto dell’altro.
L’altro era ancora seduto sul bordo del letto a segarsi e a guardare mia moglie che si faceva sbattere. Laura avanzò carponi sul pavimento verso di lui, gli arrivò sotto, gli poggiò le mani sulle ginocchia e entrò con la testa tra le sue gambe. Gli prese tutto il cazzo in bocca senza usare le mani e succhiò avidamente mentre gemeva dal piacere.
Purtroppo da dov’ero io potevo vedere solo la sua schiena dalle spalle in giù.
Dopo averglielo succhiato per bene lo fece sdraiare sulla brandina a pancia in sù, sparì nel suo letto e a me non restò che immaginare cosa stessero facendo.
“Laura sapeva che non potevo vederla lì sotto ed ebbe l’accortezza di raccontarmi cosa stesse succedendo:
“Amore, gli sto saltando sul cazzo. Mi sto facendo impalare.”
Io risposi:
“Brava troia!”
Poi si rivolse all’uomo che la stava chiavando:
“Sculacciami! Infilami un dito in culo! Prendimi a schiaffi! Fammi male! Violentami!”
Dal letto di sotto iniziarono a sentirsi una serie di sonore pacche. Dal rumore sembravano più sculacciate che schiaffi in faccia. Il fatto di non riuscire a vedere niente e potere solo immaginare mi faceva godere ancora di più. Mia moglie era in balia di uno sconosciuto ed io non sapevo cosa le stesse facendo. Poi sentii di nuovo la sua voce:
“Fammelo succhiare che scivola meglio.”
Credo si stesse facendo mettere un dito in culo, lo adorava quando stava sopra.
Bastarono pochi minuti, il suo respiro si faceva sempre più affannoso finché…
“SI… SI… CONTINUA… VENGOOOO… Amore, gli sto venendo sul cazzo!”
Poi ci fu silenzio, interrotto solo da un flebile rumore di baci. Chissà se erano baci in bocca o sul cazzo…
Laura si trascinò fuori dal suo letto e si mise a carponi sul pavimento, al centro della cuccetta. Sembrava esausta ma non ne aveva ancora avuto abbastanza.
“Venite a scoparmi davanti e dietro.”
Quello in canotta, col cazzo gigante scese subito dalla brandina e si mise davanti a lei a farselo succhiare. L’altro si mise in ginocchio dietro di lei e provò a scoparla a pecora.
Lei obiettò:
“No, mi hai appena scopata, voglio essere inculata. Mettimelo nel culo!”
Lui si sputò in mano e la passò tra le chiappe di Laura per lubrificarla, poi puntò il cazzo sul suo buco e spinse forte ma lentamente. Laura emise un lungo gemito mentre spingeva il culo indietro per farlo entrare meglio. Le entrò completamente dentro e iniziò ad incularla. Mentre la sbatteva la sculacciava, prima su una chiappa e poi sull’altra.
Nel frattempo l’altro l’aveva presa per i capelli e le stava scopando la bocca.
In breve i due si fecero prendere dalla foga e senza alcun ritegno nei confronti di mia moglie, se la sbattevano alternando le loro spinte, uno addosso all’altro, tanto che dopo pochi colpi Laura si strozzò col membro gigante dell’uomo in canottiera. Riuscì in qualche modo a staccarsi da lui e, tossendo affannata, chiese di bere.
Lui, infastidito da quella pretesa le rispose:
“Vuole bere la troia? Adesso ti do io da bere, puttana schifosa!”
Le prese con forza la testa mentre ancora tossiva e annaspava e la sbatté sul piccolo lavabo che faceva angolo, le puntò il cazzo ancora eretto sulle labbra e dicendole “Bevi Troia!” le pisciò irrispettosamente in bocca.
Laura si dimenava e quando lui, vedendole la bocca piena, le dirigeva il getto negli occhi, protestava:
“NOOOO… Mi fa schifo far… …sciare in bo…! Amore, fermali!”
Io mi stavo masturbando e stavo godendo come un matto a vederla così degradata ma non capivo se mi stesse veramente chiedendo di fermarli o se, per darmi ancora più piacere, stesse recitando la parte della brava moglie pudica che non voleva fare le “cose sporche”.
Ci riflettei per qualche frazione di secondo e poi decisi:
“Bevi troia!” Guardandola negli occhi.
Lei d’improvviso cambiò totalmente espressione. Mi guardò a lungo negli occhi, smise di tossire e spalancò la bocca, quasi sorridendo. Lui completò la sua minzione sulla sua lingua.
Come ebbe finito, Laura glielo ripulì prendendoglielo in bocca, poi si girò verso l’uomo che la stava inculando e guardandolo molto intensamente disse:
“Ho ancora sete.”
Gli fece cenno di passare davanti, lui si sfilò da dentro di lei e si scambiò di posto col vecchio ciccione. Era evidente che non l’avesse mai fatto prima. Ci mise tantissimo a farla uscire. Nel tempo in cui ci provava, Laura lo guardava con un ghigno di sfida provocandolo:
“Dai… Ho sete, fammi bere!”
Lui si innervosì e le sbatté di nuovo la testa sul lavabo con forza, lei lo guardò, sorrise di nuovo allargando completamente la bocca e tirando fuori la lingua facendola andare su e giù sulla sua cappella.
Poi il getto partì. Stavolta Laura la prese tutta, senza strozzarsi e senza fare una piega, ne bevve solo un po’ alla fine ma fu una prestazione magnifica.
Il ciccione che con quel cazzo gigante le stava lacerando il culo e aveva assistito da una posizione privilegiata a quella scena, si mise a strillare:
“VENGOOOOOO, VENGO, CAZZO, VENGOOOOO!”
Fece appena in tempo ad uscire che le ricoprì completamente la schiena di sperma.
Laura senti le gocce calde sul suo corpo, si girò verso di lui e lamentandosi gli disse:
“MA NOOOOO! Mio marito vuole che mi faccia sborrare in faccia!”
L’uomo che le aveva appena pisciato in bocca le rigirò la testa verso di lui, prendendola per i capelli e si rivolse a lei:
“Stai calma puttana! Adesso ti ci sborro io in faccia… Apri la bocca!”
Laura inclinò la testa all’indietro per non far cadere gli schizzi, aprì la bocca emettendo quel verso che ti fanno fare i medici quando vai a fare il tampone faringeo.
Lui la inondò, aveva la fronte completamente schizzata, le gocce le colavano sugli occhi e sulle guance. Cercava di raccogliere con la lingua quelle che aveva sulle labbra. Mentre l’uomo ancora stava schizzando, Laura lo riprese in bocca e si fece riempire dagli ultimi 3 o 4 colpi. Poi si staccò e guardandolo ingoiò.
Ci fu qualche secondo di silenzio, tutti ripresero fiato. Poi Laura si tirò sù, si aggiustò i capelli e disse:
“Adesso vado a farmi scopare da mio marito. Buonanotte.”
Salì la scaletta, sembrava sconvolta, tremava vistosamente, non so se per il freddo o per l’eccitazione o semplicemente per le contrazioni muscolari involontarie che vengono dopo lunghe sollecitazioni.
Le alzai la coperta per farla entrare. Aveva i capelli intrisi di piscio e la faccia che ancora gocciolava sperma, e non riuscivo a vedere come fosse ridotta la schiena.
Mi baciò, intensamente e a lungo. Riuscii a sentire tutto quello che le avevano fatto quei 2 selvaggi, mi eccitai ancora di più.
Dopo il bacio, prima di concedersi mi chiese sussurrando:
“Come facevi a saperlo?”
“Cosa?”
“Che mi stava piacendo farmi pisciare in bocca da quello coi baffi”
“Non lo so, forse è stato istinto, o forse ti conosco bene e so cosa ti piace. Sei mia moglie.”
“Voglio farmelo fare da te”
“Cosa?”
“Voglio che mi pisci in bocca pure tu.”
“Adesso? Qui?”
“No. A casa, quando torniamo, stasera. Il sapore mi fa schifo ma mi piace essere costretta a prenderla. Mi fa sentire usata, umiliata. Voglio essere umiliata da te.”
“Va bene amore mio. Stasera a casa ti piscio in bocca”
“Adesso scopami!”
“Prima fatti leccare le ferite…”
Durai pochissimo. Stavo esplodendo. Forse fu la volta che durai meno. Le venni dentro, e lei insieme a me. Fu straordinario.
Che moglie!


Fine.
scritto il
2018-03-10
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