Il cabinato di Fiorella
di
Manfredo
genere
sentimentali
Fiorella aspettava da molto tempo di trovarsi in
quella situazione. Fin da quando, appena sposati,
lei e Roberto avevano comprato una piccola barca
cabinata, con la quale andavano a cercare
insenature isolate per poter fare l’amore nella loro
accogliente alcova.
Ricordava il brivido di piacere quando, al salone
nautico di Barcellona, erano entrati per la prima
volta nel lusso caldo e vellutato della cabina della
grande imbarcazione che avevano deciso di
acquistare. Mentre il venditore intratteneva
abilmente Roberto, descrivendo ogni minimo
dettaglio delle attrezzature tecniche della barca,
delle vele, del motore, lei guardava compiaciuta gli
interni, l’arredamento, le finiture ed i tessuti.
Entrava nelle cabine chinando la testa, anche se le
dimensioni generose non lo rendevano necessario,
abituata da anni di contorsioni e di dolorosi urti
contro ogni spigolo del loro vecchio ed amato
cabinato.
Per quanto le tre cabine ed i due bagni
sembrassero in apparenza esagerate per loro due
soli, era consapevole che sia lei che Roberto erano
alla ricerca di qualcosa di speciale. Fin dal primo
momento in cui l’avevano vista sulle fotografie di un
giornale, la disposizione degli interni aveva
suscitato in entrambi, ciascuno all’insaputa
dell’altro, un richiamo erotico, una liberazione delle
fantasie in cui entrambi immaginavano di essere
coinvolti, ma che, pur nell’assoluta confidenza
esistente fra loro, non si erano mai confessati l’un
l’altro.
Già in altre occasioni avevano fatto l’amore nella
nuova barca, ed ogni volta aveva provato
sensazioni nuove, eccitanti. Ma quella sera Fiorella
si sentiva diversa, percepiva un’emozione
particolare. Fantasticava spesso sul suo desiderio
di fare l’amore con Roberto nella barca ormeggiata
in banchina, e di farlo nel “quadrato”, la spaziosa
cabina centrale che esercitava su di lei un fascino
irresistibile. Il pensiero di unirsi al suo uomo in
quell’ambiente rimuoveva la consueta idea di
intimità che l’abitudine collega all’atto amoroso, le
dava la sensazione di fare l’amore in mezzo ad
altre persone che, tutt’intorno a lei, la circondavano
senza vederla.
Si sentiva contemporaneamente eccitata e bloccata
al pensiero che qualcuno la potesse guardare
mentre era priva dei freni inibitori ed in preda
all’estasi del piacere sessuale. Far l’amore in barca
significava, per lei e per Roberto, sottrarsi alle
abitudini ed alla normalità della vita di casa. Salire
sulla passerella e compiere il passo con cui si
staccava dalla banchina e cominciava a galleggiare
sull’acqua, significava lasciarsi alle spalle la routine
e calarsi in una dimensione impalpabile, fatta solo
di fantasia e di tempo immobile. I suoi 45 anni, una
volta scese le scalette che la introducevano in quel
La banchina 7 La banchina 8
nido di piacere, tornavano ad essere l’età
dell’adolescenza, dell’innamoramento. L’abitudine
alla presenza del suo compagno, ai problemi del
lavoro, al suo corpo accanto a lei nel letto di casa,
ai rapporti con gli amici, al suono del telefono,
scompariva, lasciava il posto ad un ambiente
ovattato, tutto loro, una piacevole ed inconsueta,
complice intimità. Stare lì dentro diveniva un gioco,
in cui entrambi si cercavano e si desideravano nel
tentativo di non mostrarlo, come per ritardare il
momento in cui si sarebbero reciprocamente
appagati, ponendo però fine a quello stato d’estasi,
riaprendo la nicchia di spazio e di tempo che lei
aveva desiderato per tutta la settimana.
Era abbastanza frequente che il Venerdi sera
Roberto ritardasse l’arrivo a casa. A Fiorella non
dispiaceva affatto, le dava l’occasione di precederlo
fino al porticciolo e di attendere là il suo arrivo.
Scendeva dalla macchina all’inizio della lunga
passerella in legno, appena illuminata dalle deboli
luci che rendevano visibili gli attacchi dell’acqua e
della corrente elettrica destinati alle barche
ormeggiate. Si incamminava lentamente,
godendosi le leggere ondulazioni dei galleggianti
sotto i suoi piedi. Ad ogni passo percepiva il lieve
sussulto del pontile, un attenuato sciabordio di
acqua provocato dallo spostamento del suo corpo.
Su entrambi i lati, le cime incrociate trattenevano a
poppa i grandi e bellissimi scafi. Li vedeva far bella
mostra di sè, immobili e deserti nel buio del porto.
In lontananza, dove la passerella terminava,
vedeva un grande specchio d’acqua scuro, in cui si
riflettevano le luci tremolanti dei lampioni del molo
foraneo.
Si muoveva piano, come a non voler svegliare
qualcuno, godendosi il piacere di vedere la loro
barca sempre più vicina, apprezzando la
soddisfazione di averla potuta acquistare dopo tanti
anni in cui l’avevano solo sognata. Guardava i
lunghi finestrini delle altre imbarcazioni lì intorno,
cercando di capire se qualcuno lasciasse trasparire
una luce che segnalasse la presenza di persone a
bordo. Nella stagione estiva capitava spesso che i
proprietari trascorressero la notte a bordo, per
essere pronti a salpare la mattina successiva. Ma
adesso, in autunno inoltrato, solo lei e Roberto si
godevano quelle ultime nottate limpide e buie.
La temperatura non era più gradevole come
durante l’estate, ma aumentava il piacere di
scendere sotto coperta, chiudendosi alle spalle il
freddo acuìto dall’umidità.
Aprì il tambuccio scorrevole, calandosi nell’ingresso
protetto da una cappottina che suscitava in lei l’idea
di accedere ad un’alcova. Il tepore di una stufetta
ad olio si impossessò del suo corpo mentre toglieva
i vestiti da città, infilandosi un paio di pantaloni di
tela ed una larga felpa unisex, lo stesso
La banchina 9 La banchina 10
abbigliamento che di lì a poco avrebbe indossato
anche Roberto.
Mentre sistemava la cabina di prua, dove
avrebbero dormito quella notte, china sulle cuccette
dove rimboccava le lenzuola colorate, sentì i suoi
capezzoli divenire turgidi per lo sfregamento contro
la morbida casacca, e soprattutto per il piacere che
provava quando non indossava la biancheria
intima.
Udì il rombo dell’auto di Roberto ed il crepitio delle
ruote sulla ghiaia della strada bianca che
conduceva fino alla banchina, poi, in successione, il
rumore della portiera e del bagagliaio che si
richiudevano. Non era la prima volta che avrebbero
trascorso la notte in barca, eppure provava
un’emozione di cui non comprendeva il vero
motivo. La ragione le ricordava che con quell’uomo
aveva vissuto per tanti anni, che erano trascorse
solo poche ore da quando si erano visti l’ultima
volta, che gli aveva telefonato nell’intervallo di
pranzo per prendere gli ultimi accordi, che avevano
fatto l’amore solo due giorni prima. Ma l’irrazionale
aveva il sopravvento. Era certa che quell’attenderlo
con il cuore in gola dipendesse dalla situazione,
sperava che anche Roberto ne fosse coinvolto.
Sentì i suoi passi avvicinarsi con calma, per poi
arrestarsi prima di giungere davanti alla poppa. Era
una sua abitudine, Fiorella pensava che gli
piacesse restare ad osservare le imbarcazioni
all’ormeggio, forse per godersi la propria con un
autocompiacimento da cui lei stessa non era
immune. Invece Roberto era attratto da quella luce
fioca e calda che filtrava dalla fessura aperta del
tambuccio e che, per quanto debole, nel buio
profondo riusciva ad evidenziare il pozzetto,
luccicando fra le attrezzature in acciaio inox e la
grande ruota del timone.
Gli piaceva stare lì qualche istante, godendosi in un
sol colpo il fascino della sua barca tanto desiderata
e l’idea altrettanto seducente che lì dentro ci fosse
la sua donna ad aspettarlo per passare una notte di
passione travolgente. In quel momento si sentiva
molto orgoglioso della sua compagna, della sua
ambizione di diventare un bravo marinaio, della
consapevolezza che il suo capire ancora poco di
navigazione era largamente compensato
dall’essere una perfetta padrona di casa quando si
trovava a bordo. Sapeva che, quando non era in
navigazione, quella non era la loro barca, era la
barca di Fiorella.
Fece scorrere il tambuccio, accolto dal largo sorriso
della donna che, in piedi e voltando le spalle al
grande tavolo centrale, lo guardava in silenzio, dal
basso in alto dove lui si era affacciato, tenendo le
braccia tese all’indietro ed i palmi delle mani posati
sul bordo rialzato del bel mobile in compensato
marino.
La banchina 11 La banchina 12
La porta del bagno di poppa, leggermente
socchiusa, lasciava filtrare la luce già accesa che
illuminava un morbido accappatoio di spugna color
grigio perla che Fiorella preparava ogni volta ed
appendeva proprio sull’ingresso, quasi a
rammentargli la doccia a bordo appena arrivato.
Per quanto Roberto desiderasse quel corroborante
bagno di piacere, l’abitudine era nata dal desiderio
della sua compagna di fargli cominciare il lungo
preliminare dell’amplesso nel gradevole tepore
dell’acqua bollente e nel suo sguardo mentre,
stemperando con sapienti ed esperti movimenti
l’eccitazione che saliva in lei, studiava attraverso la
porta aperta quel corpo nudo ed ancora
abbronzato.
La violenta erezione che raggiunse ed il sorriso
dolce della sua compagna, gli fecero realizzare
quanto fosse superiore la capacità di autocontrollo
delle donne.
Si asciugò con una calma innaturale nel tentativo di
riportare il suo desiderio sessuale ad un livello
adeguato ai tempi che gli incontri d’amore
richiedevano, poi indossò i pantaloni di tela e la
felpa che erano pronti per lui sul bordo della
cuccetta. Erano identici a quelli della compagna,
notò con soddisfazione che non era previsto alcun
indumento intimo. A lei, per un motivo che non si
sapeva spiegare, piaceva quando vestivano uguali.
Entrambi si muovevano a piedi nudi sulla moquette
soffice che copriva il pavimento un pò
scricchiolante.
Appena entrò in quadrato, fu invitato a sedersi al
tavolo apparecchiato in modo essenziale ma
curato, dove Fiorella servì in due grandi piatti di
plastica colorata dei fumanti spaghetti alle vongole,
accompagnandoli con una bottiglia di torcolato che
tolse dal frigorifero e pose al centro del tavolo
insieme a due flute di cristallo.
Cenarono lentamente ed in silenzio, scambiandosi
ogni tanto qualche sguardo di intesa, quasi a
studiare chi dei due fosse più impaziente di
trasformare in passione quel gioco delle parti.
Contrariamente all’abitudine di andare velocemente
a prepararsi nella cabina di prua, chiudendo la
porta come in un invitante accesso di pudore,
Fiorella sgomberò le stoviglie e pulì con cura ed
asciugò il tavolo.
Roberto aprì un poco il tambuccio e si sporse a
prendere una boccata d’aria. Un brivido di freddo gli
corse lungo il corpo, fondendosi con l’impazienza
che permeava dalla tensione dei suoi muscoli e con
il bisogno di precipitarsi di sotto e di spogliare
Fiorella per dare sfogo all’ormai incontenibile
desiderio di lei.
Vide una serie di piccole onde che venivano da
lontano, mettendo in vibrazione lo scafo. Assaporò
il silenzio della banchina deserta, godendosi per un
La banchina 13 La banchina 14
attimo quella densa nuvola di sensazioni che
anticipavano e gli facevano gustare il brivido dolce
del dopo; si chiese se lo sforzo di rimandare ancora
un pò il momento fosse utile per aumentare il
piacere.
Quando si voltò, la compagna era di spalle, davanti
alla cabina di prua. Vide che si era già sfilata i
pantaloni e pensò che si stesse spogliando per
infilarsi sotto le lenzuola.
Lei non si era accorta che la stava osservando. Era
leggermente china in avanti, i glutei ancora sodi
lasciavano intravedere il contrasto fra
l’abbronzatura non del tutto svanita ed il bianco
della zona che restava coperta dal costume da
bagno. Il solco fra le natiche era per lui un invitante
preludio ai giochi di cui la sapeva capace.
Quando le si avvicinò, Fiorella lo invitò, con un
movimento deciso e senza dir nulla, a sedersi sul
divanetto che girava per tre lati intorno al tavolo,
chiuso nel poco spazio compreso fra la paratia
dietro la schiena ed il piano di appoggio, e si
sedette sul bordo, posando un piede sul sedile
accanto a lui e scavalcando con l’altro le sue
gambe. La sentì stringere le caviglie sulle sue
cosce, mentre lo fissava negli occhi con un sorriso
spontaneo e teneva le braccia tese dietro di sè,
posate sul tavolo.
Quella posizione lo eccitò con un impeto violento,
sentì il membro che premeva contro la tela dei
pantaloni. La schiena inarcata all’indietro di Fiorella
faceva risaltare il seno pronunciato ed i capezzoli
turgidi. Infilò le mani sotto la felpa e le fece salire
lentamente, carezzandole la pelle, fino a richiudersi
a coppa sulle forme morbide. La massaggiò con un
misto di delicatezza e di forza che le fecero
emettere un gemito, mentre reclinava la testa
all’indietro e chiudeva gli occhi.
La compagna era più in alto di lui, in un
atteggiamento di piacere che non mostrava alcun
imbarazzo. Si rese conto che era lei a condurre il
gioco. La spontaneità dei suoi movimenti non
lasciava trasparire quanto a lungo avesse pensato
ed organizzato quell’incontro. Davanti a sè, a pochi
centimetri dal suo volto, gli invitanti riccioli biondi
sul pube sottolineavano la vagina depilata. Notò la
tensione delle cosce mentre si sforzava di tenere
chiuse le grandi labbra.
Con un movimento improvviso, Fiorella si lasciò
cadere all’indietro con i gomiti sul tavolo e posò le
punte di entrambi i piedi sulla spalliera dietro di lui,
accanto alle sue spalle, facendoli scivolare verso
l’esterno. La piccola luce rotonda fissata sulla
parete, appena sopra la testa di Roberto, illuminava
l’interno delle sue cosce ormai completamente
aperte e rilassate. Lui faticava a contenere
l’erezione potente e dolorosa. Si trovava
protagonista di una fantasia sessuale che da
sempre lo attraeva, e che non era mai riuscito a
La banchina 15 La banchina 16
confessarle. Cominciò a pensare che forse la
stessa cosa accadeva anche a lei. Quella
situazione, che stava portando entrambi all’apice
dell’eccitazione, non poteva essere casuale.
L’ondata di piacere che lo pervadeva era dovuto
all’intimo godimento che fosse stata proprio lei a
rendere possibile quel gioco tanto desiderato,
senza che lui dovesse affrontare l’ostacolo di
trovare le parole per chiederlo, timoroso che la
cosa potesse imbarazzarla. Invece la vedeva
muoversi davanti a sè, rilassata dalla spontaneità e
tesa nel piacere. Emetteva piccoli gemiti mentre,
puntando i piedi, protendeva il bacino verso di lui
con un movimento lento ed ondulatorio.
Il bisogno di alzarsi in piedi e di possederla
contrastava con il desiderio che il tempo si
fermasse. Ciò che vedeva davanti a sè non era più
la fonte di piacere che gli uomini non riescono a
dominare, ma l’essenza pura della sessualità di
Fiorella. Lei era lì davanti e gli si offriva con una
intensità priva di imbarazzo.
Passò il polpastrello del pollice sulla vagina ancora
chiusa, accorgendosi subito che era ciò che lei
attendeva e che non riusciva più a trattenere. Il suo
dito scomparve, quasi risucchiato da quel morbido
passaggio che si stava schiudendo. L’umore
cominciava a fuoriuscire dalle piccole labbra che si
erano aperte al suo tocco, quasi fiorendo appena le
aveva sfiorate. Vide il piccolo clitoride tumido e
proteso che si faceva largo in cerca di attenzione,
lo prese fra la punta del pollice e dell’indice,
cominciando a massaggiarlo in un movimento
rotatorio, aumentando via via il ritmo e la pressione
delle dita.
I movimenti del bacino di Fiorella si erano fatti radi
e bruschi, quasi un gesto sincopato e non
controllato, emetteva dei gemiti sempre più
frequenti, era evidente il suo sforzo di ritardare
l’orgasmo che stava per esplodere. I lamenti di
piacere divennero grida soffocate quando la lingua
di Roberto si inserì fra le sue natiche, scivolando
lentamente ed in profondità dentro di lei, scorrendo
verso l’alto, ed i denti si chiusero in una stretta
delicata sul clitoride.
Lui si alzò in piedi di scatto, consapevole che
l’orgasmo di Fiorella era ormai quasi all’apice,
penetrandola con violenza mentre lei stringeva i
piedi in una morsa contro la sua schiena, tirandolo
verso di sè, muovendo il bacino in su ed in giù, fino
a quando lui si fermò, appoggiandosi senza forze
contro di lei, il pene turgido che pulsava contro il
collo dell’utero, inondandola con contrazioni
cadenzate ed emettendo sospiri profondi e quasi
impercettibili.
Restarono alcuni minuti in quella posizione, senza
alcun movimento.
Quando Roberto riuscì a riaprire gli occhi,
riprendendosi dal turbinio di forze che l’avevano
La banchina 17 La banchina 18
posseduto con una intensità che non aveva mai
provato prima, Fiorella lo guardava con un sorriso
carico d’amore. Si sentiva rilassata ed a proprio
agio in quella posizione, realizzando con
soddisfazione che l’imbarazzo, che per anni le
aveva impedito di esaudire quel desiderio, non
lasciava traccia neppure dopo che era stata ormai
soddisfatta l’irruenza del desiderio sessuale.
quella situazione. Fin da quando, appena sposati,
lei e Roberto avevano comprato una piccola barca
cabinata, con la quale andavano a cercare
insenature isolate per poter fare l’amore nella loro
accogliente alcova.
Ricordava il brivido di piacere quando, al salone
nautico di Barcellona, erano entrati per la prima
volta nel lusso caldo e vellutato della cabina della
grande imbarcazione che avevano deciso di
acquistare. Mentre il venditore intratteneva
abilmente Roberto, descrivendo ogni minimo
dettaglio delle attrezzature tecniche della barca,
delle vele, del motore, lei guardava compiaciuta gli
interni, l’arredamento, le finiture ed i tessuti.
Entrava nelle cabine chinando la testa, anche se le
dimensioni generose non lo rendevano necessario,
abituata da anni di contorsioni e di dolorosi urti
contro ogni spigolo del loro vecchio ed amato
cabinato.
Per quanto le tre cabine ed i due bagni
sembrassero in apparenza esagerate per loro due
soli, era consapevole che sia lei che Roberto erano
alla ricerca di qualcosa di speciale. Fin dal primo
momento in cui l’avevano vista sulle fotografie di un
giornale, la disposizione degli interni aveva
suscitato in entrambi, ciascuno all’insaputa
dell’altro, un richiamo erotico, una liberazione delle
fantasie in cui entrambi immaginavano di essere
coinvolti, ma che, pur nell’assoluta confidenza
esistente fra loro, non si erano mai confessati l’un
l’altro.
Già in altre occasioni avevano fatto l’amore nella
nuova barca, ed ogni volta aveva provato
sensazioni nuove, eccitanti. Ma quella sera Fiorella
si sentiva diversa, percepiva un’emozione
particolare. Fantasticava spesso sul suo desiderio
di fare l’amore con Roberto nella barca ormeggiata
in banchina, e di farlo nel “quadrato”, la spaziosa
cabina centrale che esercitava su di lei un fascino
irresistibile. Il pensiero di unirsi al suo uomo in
quell’ambiente rimuoveva la consueta idea di
intimità che l’abitudine collega all’atto amoroso, le
dava la sensazione di fare l’amore in mezzo ad
altre persone che, tutt’intorno a lei, la circondavano
senza vederla.
Si sentiva contemporaneamente eccitata e bloccata
al pensiero che qualcuno la potesse guardare
mentre era priva dei freni inibitori ed in preda
all’estasi del piacere sessuale. Far l’amore in barca
significava, per lei e per Roberto, sottrarsi alle
abitudini ed alla normalità della vita di casa. Salire
sulla passerella e compiere il passo con cui si
staccava dalla banchina e cominciava a galleggiare
sull’acqua, significava lasciarsi alle spalle la routine
e calarsi in una dimensione impalpabile, fatta solo
di fantasia e di tempo immobile. I suoi 45 anni, una
volta scese le scalette che la introducevano in quel
La banchina 7 La banchina 8
nido di piacere, tornavano ad essere l’età
dell’adolescenza, dell’innamoramento. L’abitudine
alla presenza del suo compagno, ai problemi del
lavoro, al suo corpo accanto a lei nel letto di casa,
ai rapporti con gli amici, al suono del telefono,
scompariva, lasciava il posto ad un ambiente
ovattato, tutto loro, una piacevole ed inconsueta,
complice intimità. Stare lì dentro diveniva un gioco,
in cui entrambi si cercavano e si desideravano nel
tentativo di non mostrarlo, come per ritardare il
momento in cui si sarebbero reciprocamente
appagati, ponendo però fine a quello stato d’estasi,
riaprendo la nicchia di spazio e di tempo che lei
aveva desiderato per tutta la settimana.
Era abbastanza frequente che il Venerdi sera
Roberto ritardasse l’arrivo a casa. A Fiorella non
dispiaceva affatto, le dava l’occasione di precederlo
fino al porticciolo e di attendere là il suo arrivo.
Scendeva dalla macchina all’inizio della lunga
passerella in legno, appena illuminata dalle deboli
luci che rendevano visibili gli attacchi dell’acqua e
della corrente elettrica destinati alle barche
ormeggiate. Si incamminava lentamente,
godendosi le leggere ondulazioni dei galleggianti
sotto i suoi piedi. Ad ogni passo percepiva il lieve
sussulto del pontile, un attenuato sciabordio di
acqua provocato dallo spostamento del suo corpo.
Su entrambi i lati, le cime incrociate trattenevano a
poppa i grandi e bellissimi scafi. Li vedeva far bella
mostra di sè, immobili e deserti nel buio del porto.
In lontananza, dove la passerella terminava,
vedeva un grande specchio d’acqua scuro, in cui si
riflettevano le luci tremolanti dei lampioni del molo
foraneo.
Si muoveva piano, come a non voler svegliare
qualcuno, godendosi il piacere di vedere la loro
barca sempre più vicina, apprezzando la
soddisfazione di averla potuta acquistare dopo tanti
anni in cui l’avevano solo sognata. Guardava i
lunghi finestrini delle altre imbarcazioni lì intorno,
cercando di capire se qualcuno lasciasse trasparire
una luce che segnalasse la presenza di persone a
bordo. Nella stagione estiva capitava spesso che i
proprietari trascorressero la notte a bordo, per
essere pronti a salpare la mattina successiva. Ma
adesso, in autunno inoltrato, solo lei e Roberto si
godevano quelle ultime nottate limpide e buie.
La temperatura non era più gradevole come
durante l’estate, ma aumentava il piacere di
scendere sotto coperta, chiudendosi alle spalle il
freddo acuìto dall’umidità.
Aprì il tambuccio scorrevole, calandosi nell’ingresso
protetto da una cappottina che suscitava in lei l’idea
di accedere ad un’alcova. Il tepore di una stufetta
ad olio si impossessò del suo corpo mentre toglieva
i vestiti da città, infilandosi un paio di pantaloni di
tela ed una larga felpa unisex, lo stesso
La banchina 9 La banchina 10
abbigliamento che di lì a poco avrebbe indossato
anche Roberto.
Mentre sistemava la cabina di prua, dove
avrebbero dormito quella notte, china sulle cuccette
dove rimboccava le lenzuola colorate, sentì i suoi
capezzoli divenire turgidi per lo sfregamento contro
la morbida casacca, e soprattutto per il piacere che
provava quando non indossava la biancheria
intima.
Udì il rombo dell’auto di Roberto ed il crepitio delle
ruote sulla ghiaia della strada bianca che
conduceva fino alla banchina, poi, in successione, il
rumore della portiera e del bagagliaio che si
richiudevano. Non era la prima volta che avrebbero
trascorso la notte in barca, eppure provava
un’emozione di cui non comprendeva il vero
motivo. La ragione le ricordava che con quell’uomo
aveva vissuto per tanti anni, che erano trascorse
solo poche ore da quando si erano visti l’ultima
volta, che gli aveva telefonato nell’intervallo di
pranzo per prendere gli ultimi accordi, che avevano
fatto l’amore solo due giorni prima. Ma l’irrazionale
aveva il sopravvento. Era certa che quell’attenderlo
con il cuore in gola dipendesse dalla situazione,
sperava che anche Roberto ne fosse coinvolto.
Sentì i suoi passi avvicinarsi con calma, per poi
arrestarsi prima di giungere davanti alla poppa. Era
una sua abitudine, Fiorella pensava che gli
piacesse restare ad osservare le imbarcazioni
all’ormeggio, forse per godersi la propria con un
autocompiacimento da cui lei stessa non era
immune. Invece Roberto era attratto da quella luce
fioca e calda che filtrava dalla fessura aperta del
tambuccio e che, per quanto debole, nel buio
profondo riusciva ad evidenziare il pozzetto,
luccicando fra le attrezzature in acciaio inox e la
grande ruota del timone.
Gli piaceva stare lì qualche istante, godendosi in un
sol colpo il fascino della sua barca tanto desiderata
e l’idea altrettanto seducente che lì dentro ci fosse
la sua donna ad aspettarlo per passare una notte di
passione travolgente. In quel momento si sentiva
molto orgoglioso della sua compagna, della sua
ambizione di diventare un bravo marinaio, della
consapevolezza che il suo capire ancora poco di
navigazione era largamente compensato
dall’essere una perfetta padrona di casa quando si
trovava a bordo. Sapeva che, quando non era in
navigazione, quella non era la loro barca, era la
barca di Fiorella.
Fece scorrere il tambuccio, accolto dal largo sorriso
della donna che, in piedi e voltando le spalle al
grande tavolo centrale, lo guardava in silenzio, dal
basso in alto dove lui si era affacciato, tenendo le
braccia tese all’indietro ed i palmi delle mani posati
sul bordo rialzato del bel mobile in compensato
marino.
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La porta del bagno di poppa, leggermente
socchiusa, lasciava filtrare la luce già accesa che
illuminava un morbido accappatoio di spugna color
grigio perla che Fiorella preparava ogni volta ed
appendeva proprio sull’ingresso, quasi a
rammentargli la doccia a bordo appena arrivato.
Per quanto Roberto desiderasse quel corroborante
bagno di piacere, l’abitudine era nata dal desiderio
della sua compagna di fargli cominciare il lungo
preliminare dell’amplesso nel gradevole tepore
dell’acqua bollente e nel suo sguardo mentre,
stemperando con sapienti ed esperti movimenti
l’eccitazione che saliva in lei, studiava attraverso la
porta aperta quel corpo nudo ed ancora
abbronzato.
La violenta erezione che raggiunse ed il sorriso
dolce della sua compagna, gli fecero realizzare
quanto fosse superiore la capacità di autocontrollo
delle donne.
Si asciugò con una calma innaturale nel tentativo di
riportare il suo desiderio sessuale ad un livello
adeguato ai tempi che gli incontri d’amore
richiedevano, poi indossò i pantaloni di tela e la
felpa che erano pronti per lui sul bordo della
cuccetta. Erano identici a quelli della compagna,
notò con soddisfazione che non era previsto alcun
indumento intimo. A lei, per un motivo che non si
sapeva spiegare, piaceva quando vestivano uguali.
Entrambi si muovevano a piedi nudi sulla moquette
soffice che copriva il pavimento un pò
scricchiolante.
Appena entrò in quadrato, fu invitato a sedersi al
tavolo apparecchiato in modo essenziale ma
curato, dove Fiorella servì in due grandi piatti di
plastica colorata dei fumanti spaghetti alle vongole,
accompagnandoli con una bottiglia di torcolato che
tolse dal frigorifero e pose al centro del tavolo
insieme a due flute di cristallo.
Cenarono lentamente ed in silenzio, scambiandosi
ogni tanto qualche sguardo di intesa, quasi a
studiare chi dei due fosse più impaziente di
trasformare in passione quel gioco delle parti.
Contrariamente all’abitudine di andare velocemente
a prepararsi nella cabina di prua, chiudendo la
porta come in un invitante accesso di pudore,
Fiorella sgomberò le stoviglie e pulì con cura ed
asciugò il tavolo.
Roberto aprì un poco il tambuccio e si sporse a
prendere una boccata d’aria. Un brivido di freddo gli
corse lungo il corpo, fondendosi con l’impazienza
che permeava dalla tensione dei suoi muscoli e con
il bisogno di precipitarsi di sotto e di spogliare
Fiorella per dare sfogo all’ormai incontenibile
desiderio di lei.
Vide una serie di piccole onde che venivano da
lontano, mettendo in vibrazione lo scafo. Assaporò
il silenzio della banchina deserta, godendosi per un
La banchina 13 La banchina 14
attimo quella densa nuvola di sensazioni che
anticipavano e gli facevano gustare il brivido dolce
del dopo; si chiese se lo sforzo di rimandare ancora
un pò il momento fosse utile per aumentare il
piacere.
Quando si voltò, la compagna era di spalle, davanti
alla cabina di prua. Vide che si era già sfilata i
pantaloni e pensò che si stesse spogliando per
infilarsi sotto le lenzuola.
Lei non si era accorta che la stava osservando. Era
leggermente china in avanti, i glutei ancora sodi
lasciavano intravedere il contrasto fra
l’abbronzatura non del tutto svanita ed il bianco
della zona che restava coperta dal costume da
bagno. Il solco fra le natiche era per lui un invitante
preludio ai giochi di cui la sapeva capace.
Quando le si avvicinò, Fiorella lo invitò, con un
movimento deciso e senza dir nulla, a sedersi sul
divanetto che girava per tre lati intorno al tavolo,
chiuso nel poco spazio compreso fra la paratia
dietro la schiena ed il piano di appoggio, e si
sedette sul bordo, posando un piede sul sedile
accanto a lui e scavalcando con l’altro le sue
gambe. La sentì stringere le caviglie sulle sue
cosce, mentre lo fissava negli occhi con un sorriso
spontaneo e teneva le braccia tese dietro di sè,
posate sul tavolo.
Quella posizione lo eccitò con un impeto violento,
sentì il membro che premeva contro la tela dei
pantaloni. La schiena inarcata all’indietro di Fiorella
faceva risaltare il seno pronunciato ed i capezzoli
turgidi. Infilò le mani sotto la felpa e le fece salire
lentamente, carezzandole la pelle, fino a richiudersi
a coppa sulle forme morbide. La massaggiò con un
misto di delicatezza e di forza che le fecero
emettere un gemito, mentre reclinava la testa
all’indietro e chiudeva gli occhi.
La compagna era più in alto di lui, in un
atteggiamento di piacere che non mostrava alcun
imbarazzo. Si rese conto che era lei a condurre il
gioco. La spontaneità dei suoi movimenti non
lasciava trasparire quanto a lungo avesse pensato
ed organizzato quell’incontro. Davanti a sè, a pochi
centimetri dal suo volto, gli invitanti riccioli biondi
sul pube sottolineavano la vagina depilata. Notò la
tensione delle cosce mentre si sforzava di tenere
chiuse le grandi labbra.
Con un movimento improvviso, Fiorella si lasciò
cadere all’indietro con i gomiti sul tavolo e posò le
punte di entrambi i piedi sulla spalliera dietro di lui,
accanto alle sue spalle, facendoli scivolare verso
l’esterno. La piccola luce rotonda fissata sulla
parete, appena sopra la testa di Roberto, illuminava
l’interno delle sue cosce ormai completamente
aperte e rilassate. Lui faticava a contenere
l’erezione potente e dolorosa. Si trovava
protagonista di una fantasia sessuale che da
sempre lo attraeva, e che non era mai riuscito a
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confessarle. Cominciò a pensare che forse la
stessa cosa accadeva anche a lei. Quella
situazione, che stava portando entrambi all’apice
dell’eccitazione, non poteva essere casuale.
L’ondata di piacere che lo pervadeva era dovuto
all’intimo godimento che fosse stata proprio lei a
rendere possibile quel gioco tanto desiderato,
senza che lui dovesse affrontare l’ostacolo di
trovare le parole per chiederlo, timoroso che la
cosa potesse imbarazzarla. Invece la vedeva
muoversi davanti a sè, rilassata dalla spontaneità e
tesa nel piacere. Emetteva piccoli gemiti mentre,
puntando i piedi, protendeva il bacino verso di lui
con un movimento lento ed ondulatorio.
Il bisogno di alzarsi in piedi e di possederla
contrastava con il desiderio che il tempo si
fermasse. Ciò che vedeva davanti a sè non era più
la fonte di piacere che gli uomini non riescono a
dominare, ma l’essenza pura della sessualità di
Fiorella. Lei era lì davanti e gli si offriva con una
intensità priva di imbarazzo.
Passò il polpastrello del pollice sulla vagina ancora
chiusa, accorgendosi subito che era ciò che lei
attendeva e che non riusciva più a trattenere. Il suo
dito scomparve, quasi risucchiato da quel morbido
passaggio che si stava schiudendo. L’umore
cominciava a fuoriuscire dalle piccole labbra che si
erano aperte al suo tocco, quasi fiorendo appena le
aveva sfiorate. Vide il piccolo clitoride tumido e
proteso che si faceva largo in cerca di attenzione,
lo prese fra la punta del pollice e dell’indice,
cominciando a massaggiarlo in un movimento
rotatorio, aumentando via via il ritmo e la pressione
delle dita.
I movimenti del bacino di Fiorella si erano fatti radi
e bruschi, quasi un gesto sincopato e non
controllato, emetteva dei gemiti sempre più
frequenti, era evidente il suo sforzo di ritardare
l’orgasmo che stava per esplodere. I lamenti di
piacere divennero grida soffocate quando la lingua
di Roberto si inserì fra le sue natiche, scivolando
lentamente ed in profondità dentro di lei, scorrendo
verso l’alto, ed i denti si chiusero in una stretta
delicata sul clitoride.
Lui si alzò in piedi di scatto, consapevole che
l’orgasmo di Fiorella era ormai quasi all’apice,
penetrandola con violenza mentre lei stringeva i
piedi in una morsa contro la sua schiena, tirandolo
verso di sè, muovendo il bacino in su ed in giù, fino
a quando lui si fermò, appoggiandosi senza forze
contro di lei, il pene turgido che pulsava contro il
collo dell’utero, inondandola con contrazioni
cadenzate ed emettendo sospiri profondi e quasi
impercettibili.
Restarono alcuni minuti in quella posizione, senza
alcun movimento.
Quando Roberto riuscì a riaprire gli occhi,
riprendendosi dal turbinio di forze che l’avevano
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posseduto con una intensità che non aveva mai
provato prima, Fiorella lo guardava con un sorriso
carico d’amore. Si sentiva rilassata ed a proprio
agio in quella posizione, realizzando con
soddisfazione che l’imbarazzo, che per anni le
aveva impedito di esaudire quel desiderio, non
lasciava traccia neppure dopo che era stata ormai
soddisfatta l’irruenza del desiderio sessuale.
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