A casa di mia cugina - 3^ parte

di
genere
etero

Aprii gli occhi pochi minuti prima che la sveglia suonasse. Mi alzai ed andai a fare un’altra doccia, rivivendo mentalmente quello che era successo la notte prima. Era stata una notte fantastica, niente da dire, ma sentivo che c’era qualcosa di sbagliato. Cristina non era una ragazza incontrata in discoteca o in un pub, non era una persona a me indifferente, quello che era successo per quanto splendido era un errore e mi auguravo che la pensasse così anche lei.
Mi vestii in silenzio ed uscii per andare all’università a seguire i corsi. La testa inevitabilmente era sempre a lei, al suo corpo perfetto ed al suo riuscire ad avere un viso angelico ed un atteggiamento da donna navigata. Sentivo il mio pisello destarsi ogni volta che ripensavo a lei ed a quella notte. Per cui cercavo di continuo di pensare ad altro, di seguire le lezioni.
Il momento più duro fu alle 18 quando finii all’università. Uscii e non sapevo davvero cosa fare. Lo ammetto, avevo davvero paura di affrontarla, non sapevo minimamente che cosa avrei trovato al mio ritorno a casa. Tra l’altro avevo dimenticato il cellulare a casa sua, quindi non avevo avuto nessuna interazione nemmeno via messaggi per capire cosa mi aspettasse.
Entrai con le mie vecchie chiavi e non feci nemmeno un passo dentro che subito mi si avventò al collo.
“Finalmente sei arrivato” disse aprendosi in un sorriso tirato. Sembrava mi stesse aspettando da anni. Io cercai di restare più freddo possibile. Ricambiai l’abbraccio ma quando lei cercò di baciarmi mi scansai. Andai in cucina, mi scolai mezza bottiglia d’acqua e lei mi raggiunse.
“Tutto ok?” mi disse preoccupata.
“Diciamo di si”.
Tornò ad abbracciarmi e io mi divincolai. Era arrivato il momento più duro, dovevo in qualche modo placare gli animi, cercare di ricondurre il tutto su binari più sicuri.
“Cristina io non so cosa ci è preso ieri sera, però credo che quello che è successo non sia stata una cosa buona”. Lei mi guardò inorridita.
“Come non è stata una cosa buona? E’ stato fantastico, io ho ancora i brividi in corpo, non ho fatto altro che pensare a stanotte per tutto il giorno”.
“Si è stato bellissimo – la interruppi – però non credo che si debba ripetere, siamo cugini, non complichiamoci la vita”.
“E chi vuole complicarsela – rispose – io voglio godermela la vita e voglio che sia sempre come ieri notte. Io voglio…”
“Ma siamo cugini – la interruppi di nuovo – non possiamo mica farci una storia”.
“A parte che siamo cugini di secondo grado – disse con la solita aria da furbetta – ma se i nostri corpi si attraggono così tanto cosa ci possiamo fare?”
“Si ma non siamo animali, dobbiamo pensare anche alle conseguenze di quello che facciamo. Pensa se tua madre sapesse che abbiamo fatto sesso, credi che sarebbe felice? O che approverebbe una relazione tra di noi? Andiamo sii realista”.
“Io sono realista e non posso più immaginare la mia vita senza di te – rispose quasi con le lacrime agli occhi – stanotte ho goduto come non mi era capitato mai; mi hai sborrato addosso, ho leccato il tuo sperma, credi che siano cose che io faccio abitualmente, credi che lo abbia mai fatto col mio ragazzo? Ti sei approfittato della mia eccitazione per sbattermelo in culo, credi che a 22 anni lo avessi già fatto?”
“Cristina io nemmeno sapevo che avessi un ragazzo, e poi è stata l’eccitazione del momento, non pensavo a niente”.
“E io non ti chiedo altro – mi fermò lei – non pensare a niente. Non farti 1000 seghe mentali su cosa dirà mia madre o cosa diranno in famiglia. Non pensiamo a niente, pensiamo solo a noi, a stare bene”.
Andammo avanti così per ore, lei rimarcava quanto la nostra intesa sessuale fosse stata incredibile, io cercavo di farle capire che le sarebbe sicuramente successo con altri ragazzi e che quello che sentiva era legato al fatto che avesse fantasticato per troppo tempo di fare l’amore con me, che avesse mitizzato troppo la situazione e che tutto sommato fosse anche normale.
“Cristina, tutti crescono con una fantasia, pensano a una persona e la mitizzano ma probabilmente mai quel sogno si avvera, rimane solo una fantasia. Tu l’hai messa in pratica e questa cosa ti sta facendo sembrare tutto più grande di quello che è”.
“Si ma non l’hai mai provata dal vivo, non puoi capire come questo ti sconvolga. Si è vero ho fantasticato di farlo con te tante volte e lo facevo toccandomi con le mie mutande che tu usavi per masturbarti per renderlo più realistico. Ma stanotte io ho fatto l’amore con te, non con una fantasia, eri reale”.
Alla parola “fare l’amore” invece di fare sesso o scopare, capii che si stava mettendo male, urgeva un rimedio, drastico.
“No Cristina non abbiamo fatto l’amore, è stato solo sesso. Io ero carico a palla perché ero arrabbiato con te e ti ho scopata senza alcun trasporto, senza alcun rispetto. Ti ho persino sodomizzata non per l’eccitazione del momento ma perché volevo umiliarti per quello che mi hai fatto, ti ho sborrato addosso per trattarti come una cagna, come un oggetto, non c’era nessuna passione in me”.
Mentivo sapendo di mentire, ma pensai che fosse il modo migliore per uscire da questa situazione.
Si andò a chiudere in camera sua. Io mi andai a cambiare mi distesi sul letto e pensai che forse era il caso di lasciare quell’appartamento al più presto. Mi alzai e cominciai a radunare le mie cose. Era quasi mezzanotte, avevamo parlato davvero per ore ed ore ma più che stanco mi sentivo in colpa per aver detto quelle parole orribili a quella ragazzina anche se probabilmente mi sarei dovuto sentire in colpa più che altro per esserci andato a letto. Eppure quello non mi sembrava un gesto sbagliato, non riuscivo a pentirmene. Mi diressi verso la porta di casa, feci per aprirla ma era chiusa a chiave. Sul tavolinetto vicino alla porta non c’erano chiavi, sicuramente le aveva prese Cristina.
Bussai alla sua porta, mi rispose di entrare.
“Cristina aprimi dai è meglio che non resti ancora in questa casa”.
“Se tu esci da questa casa stasera, sono sicura che non ti rivedrò più”.
“Ma no che dici?”
“Si, scomparirai”.
“Ma no”.
“Ti prego non te ne andare” disse con le lacrime in viso.
“Cristina io posso anche rimanere, ma quello che è successo stanotte non deve ripetersi più”.
“Ok”.
Ci abbracciammo, lei mi invitò ad andare a disfare la valigia e così feci. Mi stavo per infilare a letto quando arrivò e mi precedette.
“Cristina allora parlo al vento”.
“Eddai, voglio solo dormire con te, giuro che non ti tocco nemmeno con un dito se tu non vuoi”.
“Non lo voglio”.
“E non succederà”.
Era tardi, non avevo voglia di discutere ulteriormente. Mi misi a letto a fianco a lei, aveva un sorriso che riconciliava col mondo, si avvicinò e si accucciò accanto a me.
“Cri – dissi con un filo di voce – che mi hai promesso un secondo fa?”
“Ma non ti sto toccando, sto rispettando le regole”.
“Dici?”
“Certo, le mie mani sono qua, non stanno facendo nulla e non faranno nulla”.
“Ok – dissi – allora buonanotte”.
“Buonanotte”.
Spensi la luce restai a pensare qualche istante, poi sentii qualcosa scorrermi sul collo. Era la sua lingua.

scritto il
2018-07-30
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