Il ricatto (5) -La famiglia riunita-
di
Elena Anele
genere
incesti
Stringevo lo smartphone e non avevo il coraggio di guardare quel filmato. Non sapevo che fare. Trovai la forza di premere il pollice sull'allegato e lanciare il video. Erano immagini confuse, buie, evidentemente catturate da una videocamera nascosta, di quelle che riprendono anche in assenza di luce. Tutto era scuro e tendente al verdastro. Al centro della scena c'era un letto vuoto. Niente dell'arredamento mi era familiare. Dopo venti sencondi di nulla assoluto entrò in scena una figura femminile. Indossava dei leggins e una canottina ma era impossibile stabilirne il colore visto il night-vision. Iniziò a spogliarsi. Si tolse gli abiti e il reggiseno e li appese con cura al servo muto di fianco al letto. Riconobbi quella chioma bionda. Era mia figlia Giorgia. Ne ebbi la conferma quando si voltò verso la telecamera e potei vederla bene in faccia. Il filmato doveva essere stato registrato mesi prima poiché l'abbigliamento era estivo. Il suo petto nudo era magnifico e indossava un paio di mutandine che le mettevano in risalto il fondoschiena. Quel porco di Lorenzo doveva averle piazzato una microcamera nella stanza per spiarla come aveva fatto con me. Seguì uno stacco temporale del filmato. Giorgia era sdraiata sul letto, senza lenzuola. La prospettiva aveva il suo punto di fuga dall'alto e quasi frontalmente. Ero curiosa e inquietata di vedere il resto. La vidi rovistare in un cassetto ed estrarne un oggetto. Inizialmente non capii bene cosa fosse ma nonostante la mia scarsa esperienza in materia mi resi conto che si trattava di un vibratore o uno di quei falli in lattice reperibili nei pornoshop. Giorgia iniziò ad accarezzarsi sopra gli slip succinti. Ora indossava una maglietta e non era più a seno nudo andava a tastarselo sotto il cotone del pigiamino. Si sfiorava con dolcezza e m'imbarazzava molto assistere a questa scena rubata alla sua intimità ma sentivo anche che fosse il mio dovere di madre capire ciò che Lorenzo voleva comunicarmi. Volevo proteggerla dalla perversione con cui aveva corrotto me, sua madre. Altro salto temporale del video e ora le mutandine erano calate fino a metà coscia e il fallo in lattice entrava e usciva con ritmo sostenuto mentre Giorgia si contorceva nel piacere dell'amplesso simulato. Al termine del video fui presa da una sensazione di solitudine e inadeguatezza. Forse avevo sbagliato tutto con Lorenzo ma la scena che avevo appena visto era quotidianità in molte camere da letto sebbene siano ancora molte le persone che reputino la masturbazione un atto "impuro" o biasimevole. Tuttavia quel filmato poteva senza dubbio essere oggetto di minaccia da parte di mio figlio. Se lo avesse diffuso avrebbe posto Giorgia in una posizione assai imbarazzante. Inoltre, pensai, con questa padronanza della microtecnologia probabilmente aveva raccolto altri video e altre immagini con definizione maggiore o molto più spinti. Non sapevo che fare, ero assai preoccupata. Mi sentivo solissima e d'impulso andai verso la vetrinetta dei liquori e iniziai a versarmi del Martini secco. Ne bevvi tre bicchieri prima di stramazzare sul divano, illusa per qualche ora dall'alcol di avere liberato la mente.
La domenica la trascorsi in uno stato di semi-depressione. Non avevo voglia di alzarmi, di uscire, di chiamare nessuno. Poi tornò Paolo e mi vide fragile e impaurita e (come sempre) seppe confortarmi. Mi parlò a lungo di come ultimamente mi vedesse in "difficoltà" e mi consigliò di parlare con una psicologa visto che io continuavo a dirgli che andava tutto bene ma ero evidentemente poco credibile. Non so come mi convinse ad andare fuori a cena nel mio ristorante preferito e accettai anche se, pur non avendo mangiato quasi nulla, avevo poco appetito. Invece la serata mi fece bene. Parlammo del Natale e dei nostri ragazzi che sarebbero tornati per qualche giorno. Lui sarebbe stato a casa in vacanza in quel periodo e questo alleviò i miei timori dati dalla presenza di Lorenzo. Mi gustai il filetto ai porcini e ci andai piano col vino e ritrovai il mio aspetto migliore e un po' di colore. Paolo sapeva sempre distrarmi e tirarmi su. Quella notte dormii benissimo abbracciata a lui ma nessuno dei due prese iniziative a letto. Nei giorni seguenti Lavorai distrattamente a un progetto che stavo portando avanti da settimane. Nonostante i miei sforzi era impossibile non pensare a mio figlio e a quanto sarebbe stato "impegnativo" averlo in casa.
Giorgia arrivò sabato 22. Le avevo preparato la stanza in maniera accogliente. Abbiamo una casa molto grande con qualche locale poco utilizzato ma le due camere dei miei figli sono rimaste sempre come loro le hanno lasciate. Da brava chioccia mi era sempre piaciuto conservare loro un "nido" sotto il nostro tetto. Quando si presentò nel vialetto le corsi incontro e l'abbracciai. Era bellissima, con la pelle quasi dorata dal sole di montagna e un taglio di capelli un po' più corto dell'ultima volta che ci eravamo viste. Aveva due guance leggermente paffute che impreziosivano il suo viso dolcissimo. Avevo sempre avuto un debole per il suo sorriso con le fossette. Fece qualche battuta sul fatto che in Italia faceva più freddo che in Svizzera e allora le proposi una bella cioccolata calda con un goccio di rum e l'uva sultanina. Nel pomeriggio la portai fino in città, a Milano, per vedere le luci e i mercatini di Natale. Ci divertimmo molto anche se di tanto in tanto, guardandola, avevo un flash-back di lei, sola nella sua stanza, al buio, che si "toccava" e dovetti concentrarmi per allontanare quelle immagini dai miei pensieri.
Il giorno dopo era domenica e aspettavamo Lorenzo. Giorgia aveva impegni per gran parte della giornata con i suoi vecchi amici e sarebbe rientrata per cena. Mio figlio arrivò in tarda mattinata accompagnato (a sorpresa) da una ragazza che ci presentò come la sua girlfriend e si chiamava Matilda. Doveva essere sua coetanea a giudicare dall'aspetto. Non ci aveva avvisati dell'ospite e non avevo preparato una stanza in più. Provai un certo fastidio che mi sforzai di capire da cosa scaturisse. Avrei dovuto sentirmi sollevata. Avendo portato la ragazza, Lorenzo avrebbe certamente avuto meno libertà d'azione. Mi dispiaceva forse? Respinsi energicamente quest'idea. Paolo e io l'accogliemmo affabilmente, le strinsi la mano ed ebbi modo di guardarla negli occhi. Aveva un viso bellissimo. Due occhi ambrati incorniciati da sopracciglia quasi "ricamate". Un piccolo nasino affilatissimo e labbra carnose, in contrasto con un corpo snello, molto magro e un collo asciutto messo in risalto dal corto taglio di capelli castani. Era alta circa come me, sul metro e sessantacinque. Una bambolina. Indossava jeans, stivali e cappotto. Davvero molto bella. Ebbi un tuffo allo stomaco. Gelosia? Voltai le spalle anche a questa ipotesi.
Passarono il pranzo, le chiacchiere, caffè e ammazzacaffè e un'avvincente partita a Scarabeo (il gioco che io e Lorenzo più amavamo) tutti insieme e con lo scorrere delle ore sempre più mi convincevo che sarebbe stato possibile tornare alla normalità, senza imbarazzanti sguardi indietro, e che forse proprio Matilda poteva essere la "distrazione" che serviva a mio figlio per liberarlo dall'ossessione che sembrava avere per me.
A cena si unì a noi anche Giorgia. Li guardavo, allo stesso tavolo, lui ben consapevole di ciò che stavo provando. Lei ignara di avere un perverso "mirino" in fronte. Ma tutto andò liscio e mi rasserenai. Mi sentivo protetta da Paolo e dal fatto che eravamo in tanti.
Arrivò il momento di andare a dormire. Utilizzammo a turno le toilettes della casa e dopo una buona mezz'ora di "traffico" lungo scale e corridoi, l'atmosfera si fece silenziosa e buia (ad eccezione delle lucine blu e bianche dell'albero di Natale). Paolo crollò quasi subito ma io non riuscivo a prendere sonno. Stavo pensando di alzarmi per preparare una tisana quando s'illuminò il display dello smartphone. Non me l'aspettavo. Sussultai leggermente. Era Lorenzo dal suo numero "anonimo": "Vieni in camera mia adesso!"
Seguì un secondo messaggio: "Sbrigati."
Spostai la coperta e andai da lui. Indossavo un pigiama largo con un tema scozzese ed ero scalza. Pensai che avesse bisogno di qualcosa che non trovava ma mentre mi dirigevo verso la sua stanza ero anche preoccupata. Che aveva intenzione di farmi? Notai la luce ancora accesa nel bagno al piano di sopra. A Matilda avevo preparato la camera accanto e forse ora la sua ragazza stava facendo una doccia. Entrai in camera e lui mi fissò per un istante, poi disse:
"Ora ti dirò quel che devi fare."
Tentai una timida protesta sottovoce. Gli dissi che era pazzo. Non era gestibile la situazione in una casa piena di persone. Giorgia dormiva separato soltanto da una parete, poi c'era Matilda di là.
Fu come al solito perentorio e gelido, forte della sua posizione dominante e sfoderò nuovamente il suo sporco ricatto. Quel che mi costrinse a fare però mi sorprese. Mi disse di introdurmi nell'angolo guardaroba e mi ordinò di aspettare lì e non fiatare. Chiuse la porta scorrevole e rimasi sola al buio a pormi domande anche se ormai mi stavo abituando alle sue stranezze e sapevo che qualcosa stava per accadere, solo che non riuscivo mai a capire fin dove volesse spingersi. Una parete in cartongesso del suo guardaroba aveva una serie di feritoie a lisca di pesce attraverso le quali si poteva vedere chiaramente il suo letto. La stanza era illuminata dal monitor del suo laptop e da una lampada a piantana. Era tutto molto nitido. La porta si aprì ed entrò Matilda in accappatoio. Era anche lei a piedi scalzi. Lorenzo era seduto ai piedi del letto a petto nudo. La ragazza si avvicinò a lui dandomi le spalle e lasciò cadere a terra l'accappatoio restando completamente nuda. Vedevo bene il suo corpo magrissimo. Si avvicinò a Lorenzo, s'inginocchiò, gli slacciò la cintura, sbottonò i suoi jeans ed estrasse il pene. Non sembrava al massimo dell'eccitazione. Dopo averlo baciato un paio di volte lo fece sparire in bocca. Vedevo la sua testa alzarsi e abbassarsi. Capii che Lorenzo voleva fare sesso con lei con me presente. Nel mio "nascondiglio" sentivo ogni suono, dai piccoli gemiti al tenue sciabordio della saliva di Matilda con l'asta di mio figlio in bocca. In quei giorni era chiaramente germogliata in me la fantasia di far sesso davanti a Paolo ma non ero attratta dal voyeurismo. Ad ogni modo nessuno in quell'antro poteva obbligarmi a guardare. Io potevo vedere i due corpi ai piedi del letto ma loro non potevano vedere me. Eppure non riuscivo a smettere di guardare attraverso le aperture. Era il mio corpo che esplorava, lentamente si "accendeva" e mi imponeva di guardare. Lui la fece sdraiare sul letto e iniziò a passarle la lingua su tutto il corpo, sulle tettine turgide e bianchissime, sull'ombelico. Poi discese il monte di venere fin dentro il sesso. Strinsi le cosce. Mi stavo eccitando anche così. Sentii il cuore accelerare, cambiare corsia e lasciarsi alle spalle tutto il raziocinio. Lorenzo di tanto in tanto mi guardava e (anche se sapevo di non poter essere vista) istintivamente abbassavo lo sguardo piena d'imbarazzo. Infilai una mano tra due bottoni del pigiama e inziai a strofinarmi i seni. Ero a piedi scalzi ma ero "incandescente". Quel toro di Lorenzo iniziò a martellare Matilda con colpi virili, affondando nel suo "burro caldo" tutti i suoi venti centimetri di cazzo. Lo sentii dentro di me, reminiscenza della più grande goduta sessuale della mia intera vita e contemporaneamente la mia mano scese verso il pube. Tastai le mutande con la mano intera e la mia fica era bollente. Allora esplorando fra le cosce, in piedi, con una mano dentro ai pantaloni, spostai le mutandine e affondai le dita. Era bellissimo. Mi sentivo protetta dalla parete in cartongesso e non riuscivo a distogliere lo sguardo dal cazzo di mio figlio che sfondava quella fica stretta. Provai un pizzico di gelosia. Stuzzicavo, maltrattavo il clitoride, penetravo con tre dita ma è il suo bastone che avrei voluto conficcato nella mia pancia. Estrassi i polpastrelli inzuppati e me li infilai in bocca immaginando di succhiare quel randello meraviglioso. I due corpi avviluppati sul letto cambiavano posizione e lui era sempre lì, instancabile pistone, a stantuffare quella fica che, ne ero certa, aveva già goduto un paio di volte. Senza che me ne rendessi conto, i pantaloni del pigiama scivolarono alle caviglie, sui piedi. Mi spogliai anche della parte sopra e stringendomi una tetta la portai alla bocca per succhiarne il capezzolo. Ero irradiata di vibrazioni. Nella penombra urtai un oggetto col piede. Era un fallo in lattice. Lorenzo sapeva che mi sarei eccitata e aveva pensato a tutto. Stetti al gioco. Mi eccitava sentirmi la sua puttana. Al buio lo studiai al tatto e completamente fuori controllo iniziai a strusciarlo contro le labbra della mia fica che avevano una gran voglia di spalancarsi e accoglierlo fino in fondo. Allargai l'apertura con le dita della mano, lo spinsi verso l'alto e scivolò dentro. Era molto largo e (purtroppo) non era caldo ma entrò dentro di me perfettamente combaciando come l'incastro di un puzzle. Volevo gridare ma dovevo soffocare ogni gemito per paura che mi sentissero. Matilda invece si faceva pochi problemi della nostra presenza in casa o di quella di Giorgia nella stanza accanto, mugolava e ansimava come una cagnetta. Il cazzo di gomma saliva e scendeva dentro di me e io godevo estasiata sbrodolandolo di succhi caldi. Finalmente, Lorenzo estrasse il suo arnese e lei si affrettò a stringerlo nella manina ossuta. Iniziò a masturbarlo a pochi centimetri dalla sua bocca, con occhi da porca, leccandosi le labbra e fissando i suoi occhi. Vidi i glutei di Lorenzo contrarsi e capii che stava per venire. Fu un istante breve ma m'immaginai al posto di quella giovane troietta, pronta a ricevere un'ondata di sperma sul viso, in bocca e a ingoiarlo tutto. Poi, sempre in un flash, ebbi una fantasia perversa: immaginai mio marito Paolo nascosto al posto mio dentro al guardaroba, intento a guardarmi mentre nostro figlio menandomi il cazzo in faccia stava per annaffiarmi. Immaginai Paolo che stringeva il suo manubrio, come adesso io ne stringevo uno in lattice. Fantasticai su tutto questo e venni tremendo e contorcendomi col fallo fittizio dentro di me, stringendo i denti come in preda a una violenta, libidinosa scossa elettrica. Quasi simultaneamente, Lorenzo "deturpò" il viso di quella dolce bambolina con sette, otto copiosi zampilli di sborra mentre lei, la giovane puttanella, ingoiava il possibile leccandosi le labbra e le dita. Era lì, ricoperta del seme di mio figlio, quando venni raggiunta (come sempre dopo aver sfamato le mie voglie) dal solito senso di disagio. Non sapevo sottrarmi a quel gioco delle parti. Non volevo smettere di godere. Ero una troia infedele.
Matilda tornò in doccia (ne aveva bisogno) e Lorenzo aprì l'anta scorrevole e mi fece cenno di uscire. Aveva un sorriso compiaciuto sul viso. Arrossii e mi allontanai in fretta. Quando raggiunsi la camera da letto Paolo dormiva pesantemente e dopo qualche istante s'illuminò nuovamente il display del mio I-phone.
Era mio figlio:
"È bello sapere che non mi sono divertito solo io. Grazie per il delizioso profumo della tua figa sul giocattolino che ti ho comprato. Buonanotte".
Dormii col sorriso. Alleggerita dal suo tono meno aggressivo. Meno inquieta malgrado i contenuti sconci del messaggio.
Il giorno dopo, Paolo aveva in mente un barbecue e alle dieci era già in giardino ad accendere il fuoco con la legna da brace. Noi quattro conversavamo allegramente in salotto. Sorpresi un paio di volte Matilda fissarmi in modo strano con quel suo visino da Lolita che solo dieci ore prima avevo visto "spruzzato" col bianco seme di mio figlio. A pranzo ci sedemmo al tavolo ovale ormai "celebre teatro" in questa vicenda. Io sedevo alla sinistra di Paolo mentre alla mia destra c'era Matilda, poi Lorenzo, poi Giorgia. La grigliata era buonissima e per gran parte del pranzo tutto filò liscio. Continuavo a "studiare" i presenti come se dovessi cercare di prevederne ogni mossa. Poi accadde qualcosa di totalmente inaspettato. Sentii un contatto sulla mia gamba destra. Era la mano di Matilda. Mi stava solleticando le calze sollevando leggermente la longuette rossa. Ero completamente spiazzata. Istintivamente guardai Lorenzo che fissandomi con un ghigno compiaciuto scosse la testa. Dovevo lasciarla fare. Avvicinai la sedia al tavolo perché la curvatura della tavola e la tovaglia mi proteggessero dallo sguardo di Paolo. Matilda continuava a sorridere agli altri commensali, dissimulando bene l'interesse per il mio interno coscia. Mi vergognavo da morire. La mano di quella troietta "levigava" le mie carni insinuandosi sempre più verso l'interno. Non avevo mai provato interesse per una donna. Lo giuro. Mai nemmeno la più piccola fiammella di desiderio saffico era mai avvampata in me. Tuttavia quel triangolo con mio figlio stava portandomi per mano nel nascosto sentiero dell'individuazione sessuale. Al solo pensiero di una mano che mi "stuzzicava" mentre sedevo a fianco di mio marito mi sciolse nuovamente in libidine. Non potevo vedermi in volto ma avvertii le mie gote accalorarsi. I capezzoli pulsavano e premevano contro le coppe del reggiseno. Mi davano l'impressione di poter forare la stoffa. Quel demonio di una brunetta scivolava sulle mie calze e lentamente, senza fretta ma senza sosta, carezzava e s'avvicinava alle mutande. Iniziai ad emettere qualche impercettibile sospiro. Sentii il liquido caldo inondare la mia fica e sentii l'irefrenabile desiderio di ficcarci dentro le dita. Non potevo assolutamente osare tanto. Volevo di più ma non volevo espormi. Volevo che il contatto si facesse più audace e sorprendendo me stessa invitai matilda a spingersi più giù allargando le cosce. La sua sagace mano colse subito il segnale e direzionò i polpastrelli sul mio clitoride. Portai un cucchiaino di dessert alla bocca, così da potermi leccare le labbra. Gli occhi di Lorenzo erano costantemente su di me. Mi domandai se fosse in stato di erezione. Il sesso mi stava portando fuori controllo. Mi stavo scoprendo una donna lussuriosa e quel che era senz'altro peggio era che una volta accesa non sapevo spegnermi. Le mie mutande erano inzuppate mentre la pressione di quei polpastrelli ossuti sulla mia fica mi causava tremori violenti che faticavo a camuffare. Non riuscii a fermarmi nemmeno quando incontrai lo sguardo interrogativo di Giorgia che mi studiava. Mentre lì, davanti a tutti, sbrodolavo di piacere, biasimavo me stessa e mi eccitava anche questo, il vedermi come una nuova Elena, calda e stimolata dalle nuove scoperte. Mi spaventava questa eccitazione provocata da una mano femminile ma non potevo negare il sincero desiderio che stava germogliando nel mio corpo, irradiato dalla fica fino al cuore e al cervello. Improvvisamente, mentre sentivo goccioline di sudore iniziare a imperlarmi la fronte, Matilda ritirò la mano e con gentilezza ed eleganza disse di aver bisogno del bagno. Restai di sasso, sulla sedia della sala da pranzo, a stringermi le cosce per cercare di non perdere la vampa. Matilda si avviò con passo elegante verso la toilette e prima di congedarsi mi rivolse un'occhiata che solo io captai. Era un ammiccamento. Ora eravamo solo noi della famiglia seduti al tavolo ma le fiamme sotto la mia gonna ardevano rendendomi poco lucida e assolutamente disinteressata alla conversazione che stavano portando avanti Lorenzo, Paolo e Giorgia. Mi alzai con la scusa di andare a preparare il caffé e mi diressi verso il bagno. La porta era socchiusa (volutamente) e sbirciai dalla fessura. Matilda era seduta sul WC con la gonna sollevata, il perizoma alle caviglie e le piccole gambette allargate. Mi rivolse uno sguardo sensuale, mordicchiandosi il labbro inferiore. Entrai nel bagno, girai la chiave e m'inginocchiai davanti a lei. Mi sbottonò la camicetta e mi liberò i seni che stavano per esplodere. Li baciò e iniziò a fare dei circoletti con la lingua sulle areole intorno ai capezzoli. Era tutto strano. Era come qualcosa di onirico e indefinito. Sentii il richiamo della sua bocca e arrossendo e sospirando le sollevai il mento e dopo averle poggiato le labbra sulle sue, premetti leggermente la lingua al loro interno. Le nostre bocche si assaporavano. Le lingue scivolavano una sull'altra. Era il bacio più strano della mia vita. Questa ragazzetta poteva essere mia figlia. Era giovane, liscia, profumata e ogni centimetro della sua pelle mi attraeva irresistibilmente. Le scostai la frangetta e la fissai per un attimo nei suoi begli occhi ambrati. Lei mi desiderava. Io desideravo lei. Mi resi conto di averle portato una mano all'altezza del piccolo seno. Le abbassai le spalline del vestito per posarle un bacio sui turgidi capezzoli. Premetti su di loro l'indice come fossero due pulsanti e avvertii, forte il richiamo della sua piccola fichetta. La cercai tra le cosce nel vuoto della tazza del water. Era nuda e già spalancata e fradicia. Con le dita la divaricai e ci giocai un po' finché con decisione perforai quel corpicino magro che m'incoraggiava ansimando e gemendo. Tra le mie gambe stava sciogliendosi tutto. Lingue avviluppate, salive mescolate e profumo di sesso. Quel demonietto era invitante e sentendomi più puttana di quando avevo goduto di due uomini contemporaneamente abbassai la testa e violai quella stretta apertura con la lingua. Era la prima volta che "assaggiavo" una donna ed era un misto di selvatico e miele che m'inebriava. Mentre leccavo, penetravo e assaporavo le stringevo le coscette allargate ai lati della tazza. Lei si appoggiò allo schienale e iniziò a sfregarsi il clitoride con la punta di due dita. Io leccavo dita e fica e lei di tanto in tanto mi ficcava le dita in bocca e poi si penetrava. Allungai una mano sotto le mie mutande e mi si aprì il cielo. Il respiro si fermò. Volevo godere con quella gattina in bocca. Lei allargava con le dita la sua apertura e io tuffavo il viso intero sui suoi umori. Emise una serie di gemiti più forti ed ebbe qualche spasmo. Venne con uno strilletto con due sue dita infilate dentro fino alle nocche mentre le succhiavo il clitoride. La mia eccitazione ebbe un impennata. Sentii il richiamo del mio buchetto del culo. Mi misi a novanta gradi davanti alla sua faccia, lasciai scivolare giù la gonna e le calze. Lei spostò di lato le mie mutandine e si fece spazio con dita e lingua contemporaneamente. Godevo come fossi in calore. Sapevo bene quel che avrei voluto facesse e diressi io le "danze". Le infilai due dita in bocca e lei simulò un pompino. Anche sulle mie mani la sua lingua era come una carezza di seta. Con le dita fradice di saliva iniziai ad allargarmi l'orifizio che stava all'altezza della sua bocca. Capì al volo. Cominciò a darmi colpetti con la lingua sulle piccole increspature, stringendomi le chiappe, allargandole e schioccandomi qualche bacetto sulla pelle liscia. Poi tuffò dentro il mio pertugio tutta quella lingua paradisiaca e mi sentii sulle nuvole. Leggera, sola, lussuriosa e felice. Sapeva bene come portarmi in estasi. Infilò un dito nel mio culetto e due fra le gambe. I miei liquidi misti alla saliva di Matilda colavano giù rigandomi l'interno coscia e come se avessero riempito una stanza di gas e poi scoccato una scintilla, venni violentemente senza preavviso, sgocciolando e vibrando. Allora mi sentii appagata, sazia e mi voltai verso Matilda per rompere il silenzio imbarazzante. Era accaduto tutto in pochi minuti. Mi diedi una sistemata e le rivolsi un sorrisetto. Lei sembrava ancora un po' accaldata. La vidi allungare una mano verso la sua passerina aperta e iniziare a massaggiarsi il clitoride. Contemporaneamente sentii il rumore del liquido che effluiva nel fondo del water. Stava urinando e ne godeva come una vera cagna. Era un'immagine eccitante vederla lì, carezzarsi, col vestito abbassato e le tettine nude ma la mia razionalità mi chiamò all'ordine e uscii per recarmi a preparare i caffè. Richiusi la porta alle mie spalle. Dovevo ancora sistemarmi per bene. Probabilmente avevo il trucco rovinato e di certo la mia pettinatura era scomposta. Mi soffermai davanti allo specchio del corridoio. M'imbarazzava temporeggiare ancora dentro al bagno con Matilda che incurante di me godeva facendosi un ditalino. Dopo un paio di minuti sentii la porta aprirsi e vidi la ragazza, radiosa e rassettata come nulla fosse accaduto, uscire. Mentre stavo per imboccare le scale e scendere di sotto, la voce di mia figlia Giorgia proveniente dalle mie spalle mi paralizzò:
"Mamma???"
La domenica la trascorsi in uno stato di semi-depressione. Non avevo voglia di alzarmi, di uscire, di chiamare nessuno. Poi tornò Paolo e mi vide fragile e impaurita e (come sempre) seppe confortarmi. Mi parlò a lungo di come ultimamente mi vedesse in "difficoltà" e mi consigliò di parlare con una psicologa visto che io continuavo a dirgli che andava tutto bene ma ero evidentemente poco credibile. Non so come mi convinse ad andare fuori a cena nel mio ristorante preferito e accettai anche se, pur non avendo mangiato quasi nulla, avevo poco appetito. Invece la serata mi fece bene. Parlammo del Natale e dei nostri ragazzi che sarebbero tornati per qualche giorno. Lui sarebbe stato a casa in vacanza in quel periodo e questo alleviò i miei timori dati dalla presenza di Lorenzo. Mi gustai il filetto ai porcini e ci andai piano col vino e ritrovai il mio aspetto migliore e un po' di colore. Paolo sapeva sempre distrarmi e tirarmi su. Quella notte dormii benissimo abbracciata a lui ma nessuno dei due prese iniziative a letto. Nei giorni seguenti Lavorai distrattamente a un progetto che stavo portando avanti da settimane. Nonostante i miei sforzi era impossibile non pensare a mio figlio e a quanto sarebbe stato "impegnativo" averlo in casa.
Giorgia arrivò sabato 22. Le avevo preparato la stanza in maniera accogliente. Abbiamo una casa molto grande con qualche locale poco utilizzato ma le due camere dei miei figli sono rimaste sempre come loro le hanno lasciate. Da brava chioccia mi era sempre piaciuto conservare loro un "nido" sotto il nostro tetto. Quando si presentò nel vialetto le corsi incontro e l'abbracciai. Era bellissima, con la pelle quasi dorata dal sole di montagna e un taglio di capelli un po' più corto dell'ultima volta che ci eravamo viste. Aveva due guance leggermente paffute che impreziosivano il suo viso dolcissimo. Avevo sempre avuto un debole per il suo sorriso con le fossette. Fece qualche battuta sul fatto che in Italia faceva più freddo che in Svizzera e allora le proposi una bella cioccolata calda con un goccio di rum e l'uva sultanina. Nel pomeriggio la portai fino in città, a Milano, per vedere le luci e i mercatini di Natale. Ci divertimmo molto anche se di tanto in tanto, guardandola, avevo un flash-back di lei, sola nella sua stanza, al buio, che si "toccava" e dovetti concentrarmi per allontanare quelle immagini dai miei pensieri.
Il giorno dopo era domenica e aspettavamo Lorenzo. Giorgia aveva impegni per gran parte della giornata con i suoi vecchi amici e sarebbe rientrata per cena. Mio figlio arrivò in tarda mattinata accompagnato (a sorpresa) da una ragazza che ci presentò come la sua girlfriend e si chiamava Matilda. Doveva essere sua coetanea a giudicare dall'aspetto. Non ci aveva avvisati dell'ospite e non avevo preparato una stanza in più. Provai un certo fastidio che mi sforzai di capire da cosa scaturisse. Avrei dovuto sentirmi sollevata. Avendo portato la ragazza, Lorenzo avrebbe certamente avuto meno libertà d'azione. Mi dispiaceva forse? Respinsi energicamente quest'idea. Paolo e io l'accogliemmo affabilmente, le strinsi la mano ed ebbi modo di guardarla negli occhi. Aveva un viso bellissimo. Due occhi ambrati incorniciati da sopracciglia quasi "ricamate". Un piccolo nasino affilatissimo e labbra carnose, in contrasto con un corpo snello, molto magro e un collo asciutto messo in risalto dal corto taglio di capelli castani. Era alta circa come me, sul metro e sessantacinque. Una bambolina. Indossava jeans, stivali e cappotto. Davvero molto bella. Ebbi un tuffo allo stomaco. Gelosia? Voltai le spalle anche a questa ipotesi.
Passarono il pranzo, le chiacchiere, caffè e ammazzacaffè e un'avvincente partita a Scarabeo (il gioco che io e Lorenzo più amavamo) tutti insieme e con lo scorrere delle ore sempre più mi convincevo che sarebbe stato possibile tornare alla normalità, senza imbarazzanti sguardi indietro, e che forse proprio Matilda poteva essere la "distrazione" che serviva a mio figlio per liberarlo dall'ossessione che sembrava avere per me.
A cena si unì a noi anche Giorgia. Li guardavo, allo stesso tavolo, lui ben consapevole di ciò che stavo provando. Lei ignara di avere un perverso "mirino" in fronte. Ma tutto andò liscio e mi rasserenai. Mi sentivo protetta da Paolo e dal fatto che eravamo in tanti.
Arrivò il momento di andare a dormire. Utilizzammo a turno le toilettes della casa e dopo una buona mezz'ora di "traffico" lungo scale e corridoi, l'atmosfera si fece silenziosa e buia (ad eccezione delle lucine blu e bianche dell'albero di Natale). Paolo crollò quasi subito ma io non riuscivo a prendere sonno. Stavo pensando di alzarmi per preparare una tisana quando s'illuminò il display dello smartphone. Non me l'aspettavo. Sussultai leggermente. Era Lorenzo dal suo numero "anonimo": "Vieni in camera mia adesso!"
Seguì un secondo messaggio: "Sbrigati."
Spostai la coperta e andai da lui. Indossavo un pigiama largo con un tema scozzese ed ero scalza. Pensai che avesse bisogno di qualcosa che non trovava ma mentre mi dirigevo verso la sua stanza ero anche preoccupata. Che aveva intenzione di farmi? Notai la luce ancora accesa nel bagno al piano di sopra. A Matilda avevo preparato la camera accanto e forse ora la sua ragazza stava facendo una doccia. Entrai in camera e lui mi fissò per un istante, poi disse:
"Ora ti dirò quel che devi fare."
Tentai una timida protesta sottovoce. Gli dissi che era pazzo. Non era gestibile la situazione in una casa piena di persone. Giorgia dormiva separato soltanto da una parete, poi c'era Matilda di là.
Fu come al solito perentorio e gelido, forte della sua posizione dominante e sfoderò nuovamente il suo sporco ricatto. Quel che mi costrinse a fare però mi sorprese. Mi disse di introdurmi nell'angolo guardaroba e mi ordinò di aspettare lì e non fiatare. Chiuse la porta scorrevole e rimasi sola al buio a pormi domande anche se ormai mi stavo abituando alle sue stranezze e sapevo che qualcosa stava per accadere, solo che non riuscivo mai a capire fin dove volesse spingersi. Una parete in cartongesso del suo guardaroba aveva una serie di feritoie a lisca di pesce attraverso le quali si poteva vedere chiaramente il suo letto. La stanza era illuminata dal monitor del suo laptop e da una lampada a piantana. Era tutto molto nitido. La porta si aprì ed entrò Matilda in accappatoio. Era anche lei a piedi scalzi. Lorenzo era seduto ai piedi del letto a petto nudo. La ragazza si avvicinò a lui dandomi le spalle e lasciò cadere a terra l'accappatoio restando completamente nuda. Vedevo bene il suo corpo magrissimo. Si avvicinò a Lorenzo, s'inginocchiò, gli slacciò la cintura, sbottonò i suoi jeans ed estrasse il pene. Non sembrava al massimo dell'eccitazione. Dopo averlo baciato un paio di volte lo fece sparire in bocca. Vedevo la sua testa alzarsi e abbassarsi. Capii che Lorenzo voleva fare sesso con lei con me presente. Nel mio "nascondiglio" sentivo ogni suono, dai piccoli gemiti al tenue sciabordio della saliva di Matilda con l'asta di mio figlio in bocca. In quei giorni era chiaramente germogliata in me la fantasia di far sesso davanti a Paolo ma non ero attratta dal voyeurismo. Ad ogni modo nessuno in quell'antro poteva obbligarmi a guardare. Io potevo vedere i due corpi ai piedi del letto ma loro non potevano vedere me. Eppure non riuscivo a smettere di guardare attraverso le aperture. Era il mio corpo che esplorava, lentamente si "accendeva" e mi imponeva di guardare. Lui la fece sdraiare sul letto e iniziò a passarle la lingua su tutto il corpo, sulle tettine turgide e bianchissime, sull'ombelico. Poi discese il monte di venere fin dentro il sesso. Strinsi le cosce. Mi stavo eccitando anche così. Sentii il cuore accelerare, cambiare corsia e lasciarsi alle spalle tutto il raziocinio. Lorenzo di tanto in tanto mi guardava e (anche se sapevo di non poter essere vista) istintivamente abbassavo lo sguardo piena d'imbarazzo. Infilai una mano tra due bottoni del pigiama e inziai a strofinarmi i seni. Ero a piedi scalzi ma ero "incandescente". Quel toro di Lorenzo iniziò a martellare Matilda con colpi virili, affondando nel suo "burro caldo" tutti i suoi venti centimetri di cazzo. Lo sentii dentro di me, reminiscenza della più grande goduta sessuale della mia intera vita e contemporaneamente la mia mano scese verso il pube. Tastai le mutande con la mano intera e la mia fica era bollente. Allora esplorando fra le cosce, in piedi, con una mano dentro ai pantaloni, spostai le mutandine e affondai le dita. Era bellissimo. Mi sentivo protetta dalla parete in cartongesso e non riuscivo a distogliere lo sguardo dal cazzo di mio figlio che sfondava quella fica stretta. Provai un pizzico di gelosia. Stuzzicavo, maltrattavo il clitoride, penetravo con tre dita ma è il suo bastone che avrei voluto conficcato nella mia pancia. Estrassi i polpastrelli inzuppati e me li infilai in bocca immaginando di succhiare quel randello meraviglioso. I due corpi avviluppati sul letto cambiavano posizione e lui era sempre lì, instancabile pistone, a stantuffare quella fica che, ne ero certa, aveva già goduto un paio di volte. Senza che me ne rendessi conto, i pantaloni del pigiama scivolarono alle caviglie, sui piedi. Mi spogliai anche della parte sopra e stringendomi una tetta la portai alla bocca per succhiarne il capezzolo. Ero irradiata di vibrazioni. Nella penombra urtai un oggetto col piede. Era un fallo in lattice. Lorenzo sapeva che mi sarei eccitata e aveva pensato a tutto. Stetti al gioco. Mi eccitava sentirmi la sua puttana. Al buio lo studiai al tatto e completamente fuori controllo iniziai a strusciarlo contro le labbra della mia fica che avevano una gran voglia di spalancarsi e accoglierlo fino in fondo. Allargai l'apertura con le dita della mano, lo spinsi verso l'alto e scivolò dentro. Era molto largo e (purtroppo) non era caldo ma entrò dentro di me perfettamente combaciando come l'incastro di un puzzle. Volevo gridare ma dovevo soffocare ogni gemito per paura che mi sentissero. Matilda invece si faceva pochi problemi della nostra presenza in casa o di quella di Giorgia nella stanza accanto, mugolava e ansimava come una cagnetta. Il cazzo di gomma saliva e scendeva dentro di me e io godevo estasiata sbrodolandolo di succhi caldi. Finalmente, Lorenzo estrasse il suo arnese e lei si affrettò a stringerlo nella manina ossuta. Iniziò a masturbarlo a pochi centimetri dalla sua bocca, con occhi da porca, leccandosi le labbra e fissando i suoi occhi. Vidi i glutei di Lorenzo contrarsi e capii che stava per venire. Fu un istante breve ma m'immaginai al posto di quella giovane troietta, pronta a ricevere un'ondata di sperma sul viso, in bocca e a ingoiarlo tutto. Poi, sempre in un flash, ebbi una fantasia perversa: immaginai mio marito Paolo nascosto al posto mio dentro al guardaroba, intento a guardarmi mentre nostro figlio menandomi il cazzo in faccia stava per annaffiarmi. Immaginai Paolo che stringeva il suo manubrio, come adesso io ne stringevo uno in lattice. Fantasticai su tutto questo e venni tremendo e contorcendomi col fallo fittizio dentro di me, stringendo i denti come in preda a una violenta, libidinosa scossa elettrica. Quasi simultaneamente, Lorenzo "deturpò" il viso di quella dolce bambolina con sette, otto copiosi zampilli di sborra mentre lei, la giovane puttanella, ingoiava il possibile leccandosi le labbra e le dita. Era lì, ricoperta del seme di mio figlio, quando venni raggiunta (come sempre dopo aver sfamato le mie voglie) dal solito senso di disagio. Non sapevo sottrarmi a quel gioco delle parti. Non volevo smettere di godere. Ero una troia infedele.
Matilda tornò in doccia (ne aveva bisogno) e Lorenzo aprì l'anta scorrevole e mi fece cenno di uscire. Aveva un sorriso compiaciuto sul viso. Arrossii e mi allontanai in fretta. Quando raggiunsi la camera da letto Paolo dormiva pesantemente e dopo qualche istante s'illuminò nuovamente il display del mio I-phone.
Era mio figlio:
"È bello sapere che non mi sono divertito solo io. Grazie per il delizioso profumo della tua figa sul giocattolino che ti ho comprato. Buonanotte".
Dormii col sorriso. Alleggerita dal suo tono meno aggressivo. Meno inquieta malgrado i contenuti sconci del messaggio.
Il giorno dopo, Paolo aveva in mente un barbecue e alle dieci era già in giardino ad accendere il fuoco con la legna da brace. Noi quattro conversavamo allegramente in salotto. Sorpresi un paio di volte Matilda fissarmi in modo strano con quel suo visino da Lolita che solo dieci ore prima avevo visto "spruzzato" col bianco seme di mio figlio. A pranzo ci sedemmo al tavolo ovale ormai "celebre teatro" in questa vicenda. Io sedevo alla sinistra di Paolo mentre alla mia destra c'era Matilda, poi Lorenzo, poi Giorgia. La grigliata era buonissima e per gran parte del pranzo tutto filò liscio. Continuavo a "studiare" i presenti come se dovessi cercare di prevederne ogni mossa. Poi accadde qualcosa di totalmente inaspettato. Sentii un contatto sulla mia gamba destra. Era la mano di Matilda. Mi stava solleticando le calze sollevando leggermente la longuette rossa. Ero completamente spiazzata. Istintivamente guardai Lorenzo che fissandomi con un ghigno compiaciuto scosse la testa. Dovevo lasciarla fare. Avvicinai la sedia al tavolo perché la curvatura della tavola e la tovaglia mi proteggessero dallo sguardo di Paolo. Matilda continuava a sorridere agli altri commensali, dissimulando bene l'interesse per il mio interno coscia. Mi vergognavo da morire. La mano di quella troietta "levigava" le mie carni insinuandosi sempre più verso l'interno. Non avevo mai provato interesse per una donna. Lo giuro. Mai nemmeno la più piccola fiammella di desiderio saffico era mai avvampata in me. Tuttavia quel triangolo con mio figlio stava portandomi per mano nel nascosto sentiero dell'individuazione sessuale. Al solo pensiero di una mano che mi "stuzzicava" mentre sedevo a fianco di mio marito mi sciolse nuovamente in libidine. Non potevo vedermi in volto ma avvertii le mie gote accalorarsi. I capezzoli pulsavano e premevano contro le coppe del reggiseno. Mi davano l'impressione di poter forare la stoffa. Quel demonio di una brunetta scivolava sulle mie calze e lentamente, senza fretta ma senza sosta, carezzava e s'avvicinava alle mutande. Iniziai ad emettere qualche impercettibile sospiro. Sentii il liquido caldo inondare la mia fica e sentii l'irefrenabile desiderio di ficcarci dentro le dita. Non potevo assolutamente osare tanto. Volevo di più ma non volevo espormi. Volevo che il contatto si facesse più audace e sorprendendo me stessa invitai matilda a spingersi più giù allargando le cosce. La sua sagace mano colse subito il segnale e direzionò i polpastrelli sul mio clitoride. Portai un cucchiaino di dessert alla bocca, così da potermi leccare le labbra. Gli occhi di Lorenzo erano costantemente su di me. Mi domandai se fosse in stato di erezione. Il sesso mi stava portando fuori controllo. Mi stavo scoprendo una donna lussuriosa e quel che era senz'altro peggio era che una volta accesa non sapevo spegnermi. Le mie mutande erano inzuppate mentre la pressione di quei polpastrelli ossuti sulla mia fica mi causava tremori violenti che faticavo a camuffare. Non riuscii a fermarmi nemmeno quando incontrai lo sguardo interrogativo di Giorgia che mi studiava. Mentre lì, davanti a tutti, sbrodolavo di piacere, biasimavo me stessa e mi eccitava anche questo, il vedermi come una nuova Elena, calda e stimolata dalle nuove scoperte. Mi spaventava questa eccitazione provocata da una mano femminile ma non potevo negare il sincero desiderio che stava germogliando nel mio corpo, irradiato dalla fica fino al cuore e al cervello. Improvvisamente, mentre sentivo goccioline di sudore iniziare a imperlarmi la fronte, Matilda ritirò la mano e con gentilezza ed eleganza disse di aver bisogno del bagno. Restai di sasso, sulla sedia della sala da pranzo, a stringermi le cosce per cercare di non perdere la vampa. Matilda si avviò con passo elegante verso la toilette e prima di congedarsi mi rivolse un'occhiata che solo io captai. Era un ammiccamento. Ora eravamo solo noi della famiglia seduti al tavolo ma le fiamme sotto la mia gonna ardevano rendendomi poco lucida e assolutamente disinteressata alla conversazione che stavano portando avanti Lorenzo, Paolo e Giorgia. Mi alzai con la scusa di andare a preparare il caffé e mi diressi verso il bagno. La porta era socchiusa (volutamente) e sbirciai dalla fessura. Matilda era seduta sul WC con la gonna sollevata, il perizoma alle caviglie e le piccole gambette allargate. Mi rivolse uno sguardo sensuale, mordicchiandosi il labbro inferiore. Entrai nel bagno, girai la chiave e m'inginocchiai davanti a lei. Mi sbottonò la camicetta e mi liberò i seni che stavano per esplodere. Li baciò e iniziò a fare dei circoletti con la lingua sulle areole intorno ai capezzoli. Era tutto strano. Era come qualcosa di onirico e indefinito. Sentii il richiamo della sua bocca e arrossendo e sospirando le sollevai il mento e dopo averle poggiato le labbra sulle sue, premetti leggermente la lingua al loro interno. Le nostre bocche si assaporavano. Le lingue scivolavano una sull'altra. Era il bacio più strano della mia vita. Questa ragazzetta poteva essere mia figlia. Era giovane, liscia, profumata e ogni centimetro della sua pelle mi attraeva irresistibilmente. Le scostai la frangetta e la fissai per un attimo nei suoi begli occhi ambrati. Lei mi desiderava. Io desideravo lei. Mi resi conto di averle portato una mano all'altezza del piccolo seno. Le abbassai le spalline del vestito per posarle un bacio sui turgidi capezzoli. Premetti su di loro l'indice come fossero due pulsanti e avvertii, forte il richiamo della sua piccola fichetta. La cercai tra le cosce nel vuoto della tazza del water. Era nuda e già spalancata e fradicia. Con le dita la divaricai e ci giocai un po' finché con decisione perforai quel corpicino magro che m'incoraggiava ansimando e gemendo. Tra le mie gambe stava sciogliendosi tutto. Lingue avviluppate, salive mescolate e profumo di sesso. Quel demonietto era invitante e sentendomi più puttana di quando avevo goduto di due uomini contemporaneamente abbassai la testa e violai quella stretta apertura con la lingua. Era la prima volta che "assaggiavo" una donna ed era un misto di selvatico e miele che m'inebriava. Mentre leccavo, penetravo e assaporavo le stringevo le coscette allargate ai lati della tazza. Lei si appoggiò allo schienale e iniziò a sfregarsi il clitoride con la punta di due dita. Io leccavo dita e fica e lei di tanto in tanto mi ficcava le dita in bocca e poi si penetrava. Allungai una mano sotto le mie mutande e mi si aprì il cielo. Il respiro si fermò. Volevo godere con quella gattina in bocca. Lei allargava con le dita la sua apertura e io tuffavo il viso intero sui suoi umori. Emise una serie di gemiti più forti ed ebbe qualche spasmo. Venne con uno strilletto con due sue dita infilate dentro fino alle nocche mentre le succhiavo il clitoride. La mia eccitazione ebbe un impennata. Sentii il richiamo del mio buchetto del culo. Mi misi a novanta gradi davanti alla sua faccia, lasciai scivolare giù la gonna e le calze. Lei spostò di lato le mie mutandine e si fece spazio con dita e lingua contemporaneamente. Godevo come fossi in calore. Sapevo bene quel che avrei voluto facesse e diressi io le "danze". Le infilai due dita in bocca e lei simulò un pompino. Anche sulle mie mani la sua lingua era come una carezza di seta. Con le dita fradice di saliva iniziai ad allargarmi l'orifizio che stava all'altezza della sua bocca. Capì al volo. Cominciò a darmi colpetti con la lingua sulle piccole increspature, stringendomi le chiappe, allargandole e schioccandomi qualche bacetto sulla pelle liscia. Poi tuffò dentro il mio pertugio tutta quella lingua paradisiaca e mi sentii sulle nuvole. Leggera, sola, lussuriosa e felice. Sapeva bene come portarmi in estasi. Infilò un dito nel mio culetto e due fra le gambe. I miei liquidi misti alla saliva di Matilda colavano giù rigandomi l'interno coscia e come se avessero riempito una stanza di gas e poi scoccato una scintilla, venni violentemente senza preavviso, sgocciolando e vibrando. Allora mi sentii appagata, sazia e mi voltai verso Matilda per rompere il silenzio imbarazzante. Era accaduto tutto in pochi minuti. Mi diedi una sistemata e le rivolsi un sorrisetto. Lei sembrava ancora un po' accaldata. La vidi allungare una mano verso la sua passerina aperta e iniziare a massaggiarsi il clitoride. Contemporaneamente sentii il rumore del liquido che effluiva nel fondo del water. Stava urinando e ne godeva come una vera cagna. Era un'immagine eccitante vederla lì, carezzarsi, col vestito abbassato e le tettine nude ma la mia razionalità mi chiamò all'ordine e uscii per recarmi a preparare i caffè. Richiusi la porta alle mie spalle. Dovevo ancora sistemarmi per bene. Probabilmente avevo il trucco rovinato e di certo la mia pettinatura era scomposta. Mi soffermai davanti allo specchio del corridoio. M'imbarazzava temporeggiare ancora dentro al bagno con Matilda che incurante di me godeva facendosi un ditalino. Dopo un paio di minuti sentii la porta aprirsi e vidi la ragazza, radiosa e rassettata come nulla fosse accaduto, uscire. Mentre stavo per imboccare le scale e scendere di sotto, la voce di mia figlia Giorgia proveniente dalle mie spalle mi paralizzò:
"Mamma???"
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