Una serata al cinema

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etero

Mi chiamo Elena, ho 40 anni e sono sposata con un uomo che ne ha dieci più di me. Vivo in una grande casa dove spesso mi ritrovo sola per via dei suoi lunghi viaggi di lavoro. I nostri figli (da me partoriti in età adolescenziale) vivono all'estero per via degli studi e le stanze che un tempo erano riempite dalla loro presenza sono ora tristemente vuote. Ho numerosi hobbies come pittura, lettura, il decoupage ma soprattutto amo andare al cinema. Mi piace soprattutto in compagnìa ma, sempre più spesso, mi reco sola alle proiezioni per via degli impegni di mio marito Paolo o delle mie amiche. Poi mi diverto, tornando a casa a ripensare a ciò che ho visto, ai contenuti del film, alle scene suggestive, ai passaggi più coinvolgenti, finché (rilassata) mi addormento (sola) nel grande letto matrimoniale.

La storia che sto per raccontarvi accadde circa un anno fa, periodo durante il quale io e Paolo assumemmo un ragazzo perché si occupasse del nostro giardino alberato e del grande prato fiorito.
In quei giorni, mio marito stava preparando una trasferta a Copenaghen che lo avrebbe allontanato per tutta la settimana. Era sempre molto in apprensione prima della partenza. Ancora oggi non ama lasciarmi sola. Si preoccupa sempre per la mia sicurezza, nonostante i costosi sistemi di allarme che promettono di "proteggere" la nostra casa, e non riesce a nascondere anche un po' di gelosia. Come dicevo, lui ha 50 anni ed è oggettivamente un bell'uomo ma nota sempre molte (troppe a suo dire) attenzioni maschili nei miei confronti. Del resto ho sempre cercato di non trascurare il mio aspetto. Ho lunghi capelli castani e occhi che sfumano da castano a verde chiaro. Non sono alta, ma sono ben proporzionata. Ho fianchi snelli, porto la terza di reggiseno e un fondoschiena oggetto di numerosi apprezzamenti. Tuttavia, da quando esiste la tecnologia, riusciamo a contattarci spesso anche da molto lontano e questa componente ha finito per rasserenarlo.

Ci salutammo un sabato mattina. Lo accompagnai all'aeroporto che stava albeggiando. Avrebbe fatto scalo in Germania e proseguito verso la Danimarca. Tornai a casa spossata e decisi (visto che era iniziato il week-end) di recuperare il sonno interrotto e infilarmi nuovamente nel letto. Stavo dormendo da circa mezz'ora quando il suono del campanello mi destò. Al videocitofono riconobbi il "nostro" giovane giardiniere. Gli ricordai che era sabato e non avevo faccende da sbrigare in giardino. Lui si scusò ripetutamente per il disturbo e disse che era passato per recuperare un orologio che ricordava di aver lasciato nel disimpegno del capanno degli attrezzi.
Mi rivestii in fretta (un po' seccata), aprii il cancello e scesi col mazzo di chiavi. Mi ero infilata un paio di leggins e, senza perder tempo a rimettermi il reggiseno, avevo indossato la giacchetta di una tuta. Lo avevo fatto in tutta fretta, lasciando distrattamente la lampo abbassata fino alla curva del seno. Appena mi trovai di fronte ad Andrea (così si chiama), il suo sguardo mi fece subito notare l'imbarazzante particolare. Quando con gesto deciso e plateale richiusi la cerniera fino al collo, lui arrossì. Dopo averlo ammonito con un'occhiata, lo condussi al capanno dove recuperò il suo orologio. Lo indossò soddisfatto giustificando l'intrusione, spiegandomi che si trattava di un regalo della sua ragazza che avrebbe visto quel pomeriggio. Giunto al cancello, prima di varcarlo e allontanarsi, si voltò per un paio di secondi e mi rivolse uno sguardo "indiscreto", privo di discernimento morale. Per un attimo i nostri occhi si allinearono. Mi specchiai nei suoi. Era un ventiduenne molto bello. Alto circa un metro e ottantacinque, capelli neri e occhi scurissimi, con spalle larghe e vita asciutta. Un fisico da calciatore. Dopo un lunghissimo istante si voltò e il cancello si richiuse dietro i suoi passi. Restai nuovamente sola ma ero turbata. Quel suo sguardo era scivolato lungo il mio corpo dai capelli alla punta dei piedi. Mi ero sentita spogliata dai suoi occhi.
Ormai non avrebbe avuto nessun senso tentare di recuperare il sonno. Feci una doccia e affrontai il resto della giornata. Di tanto in tanto, sentivo la mia fronte imperlarsi al pensiero di Andrea, dei suoi occhi e dei suoi... pettoriali, e cercai di distrarmi e dedicarmi alle mille cose che rimando al sabato.

La giornata passò velocemente. Dopo una rapida videochiamata con Paolo, ormai ben sistemato nella sua stanza d'albergo, mi organizzai per la cena. Non avevo voglia di cucinare solo per me e decisi di impiattarmi qualcosa di freddo per poi andare al cinema e là magari, completare la "sana" dieta comperando qualche caramella gommosa e un bicchiere di pop-corn.
Un paio d'ore dopo mi accomodai in ultima fila in una delle sale del Multicinema. Avevo scelto una commedia italiana. Cercavo qualche risata e un tocco di sentimentalismo che non guasta mai. Pochi istanti prima che calassero le luci "mitragliando" gli spettatori di spot e trailer, maldestramente feci cadere la bottiglietta d'acqua che rotolò sotto il sedile avanti al mio annaffiando la moquette. Mi chinai per raccoglierla. In quel momento abbassarono le luci e dovetti "comicamente" trafficare per recuperare tappo e bottiglia. Nella penombra della sala vidi seduta nella fila davanti a me una coppietta, leggermente accentrata, mentre io mi posiziono sempre defilata, in barba alla numerazione. Probabilmente non si erano accorti di me mentre ero chinata. Questa mia ipotesi venne confermata già allo scorrere dei titoli di testa, quando fra i due ragazzi iniziarono le effusioni. Sicuramente si erano seduti curanti e convinti di non avere nessuno alle spalle per poter fare i loro comodi nel buio della sala, lontani da occhi indiscreti. Tutto questo mi causò un lieve disagio e cercai di concentrarmi sul film anche se di tanto in tanto mi cascava lo sguardo sui loro baci appassionati. Lo schermo irradiò una scena con una forte luce bianca, illuminando per pochi attimi il viso del ragazzo e lo riconobbi: era Andrea, il nostro aiutante giardiniere. Abitiamo in una città non molto grande ma restai sorpresa: era una curiosa coincidenza.
Calò improvvisamente il mio interesse per il film e iniziai furtivamente a osservare i due innamorati che intrecciavano con trasporto le loro lingue, pervasa da una sensazione di calore avvolgente. Le "evoluzioni" dei due ragazzi si fecero audaci. Lui le fece scivolare la mano sui seni e, dalla mia prospettiva, potevo solo immaginare cosa stesse accadendo fra le gambe della ragazza visto che sentivo le mie mutandine bagnate di umori. Persi il controllo. Allargai le cosce e iniziai ad accarezzarmi lì, sulla poltrona del cinema, cercando di non agitarmi troppo per non fare scricchiolare la finta pelle del rivestimento. Con la punta dei piedi feci leva sui talloni e mi tolsi le scarpe. Appoggiai i piedi allo schienale avanti al mio. Ero quasi sdraiata. La mia mano massaggiò per un paio di minuti le mutandine poi le scostò di lato trovando il clitoride. Chiusi gli occhi e pensai ad Andrea, a petto nudo, mentre rasava il nostro prato sotto il caldo sole primaverile. Immagine che non avevo trovato eccitante allora ma che, in quel momento, alimentava il fuoco come paglia gettata in un caminetto acceso. Quel ragazzo aveva l'età di mio figlio ma in quel momento era il mio Dio greco. Era Adone e io Afrodite. La mia mano scavava ormai in profondità dentro di me. Sentivo due dita agitarsi e darmi piacere nel ventre. Le muovevo sempre più velocemente e spingevo sempre più giù. Sollevai la gonna completamente e le mie natiche poggiarono direttamente sulla fodera del cuscino. Con l'altra mano strinsi forte i miei seni, in preda alle fiamme brucianti del desiderio sessuale. Volevo essere posseduta. Sentire un maschio dentro di me. Mentre sentivo i muscoli irrigidirsi e il corpo prepararsi all'orgasmo, vidi la ragazza alzarsi e allontanarsi (probabilmente diretta alla toilette). Ero eccitata da morire e avevo la razionalità completamente "ubriacata" dal piacere. Mi alzai scalza e discreta e scivolai nella fila davanti, al suo fianco. Lui si girò, mi riconobbe e sgranò gli occhi come se avesse visto un fantasma. Misi l'indice sulle sue labbra per farlo tacere. Mi inginocchiai e iniziai a sbottonargli i pantaloni. La sua amichetta lo aveva preparato bene. Era duro come una colonna di marmo. Estrassi il suo notevole attrezzo, lo baciai e lo feci affondare dentro la mia bocca fino all'ugola. Succhiai e ripassai con la lingua ogni millimetro di quel caldissimo palo. Lui non oppose la minima resistenza. Probabilmente non aspettava altro dalla mattina. Pensai che con tutta probabilità si era masturbato pensando alla mia scollatura. Ora lo volevo dentro di me, mi misi a cavalcioni dandogli la schiena e lo "calzai" con foga. Andavo su e giù carezzandomi contemporaneamente il iclitoride. Era stupendo. Il suo "palo" scivolava dentro di me come se avessi le pareti fatte di burro caldo. Mi piaceva da impazzire. Erano anni che mio marito non aveva erezioni così granitiche. Lui prese coraggio e finalmente afferrò da dietro quelle tette che aveva bramato dal mattino. Strinse forte, selvaggiamente, mi fece saltare due bottoni della camicetta, ma non sentivo dolore: ero in estasi. Dopo un paio di minuti il mio corpo sembrava il finale di uno spettacolo di fuochi d'artificio. Un'esplosione di piacere dopo l'altra. Ebbi un violento e appagante orgasmo. Sentii le sue cosce irrigidirsi e capii. Allora "smontai", ormai seminuda, strinsi quel fallo giovane e iniziai a muovere la mano su e giù per farlo venire. Quando il momento arrivò, avvicinai i seni alla sua cappella turgida facendomi schizzare le tette dal suo seme prepotente. Spruzzò una serie di fiotti bollenti. Lo sperma colava rigando il mio corpo e la lucidità mi tornò di colpo. Baciai Andrea sulla fronte e gli sussurrai: "Ci vediamo lunedì allora".
Lui mi seguì con il suo sguardo incredulo, come uno che si fosse appena reso conto di aver scambiato un sogno con la realtà. Uno sguardo assai diverso da quello sfacciato del mattino. Recuperai le scarpe e mi diedi un contegno mentre in lontananza, nell'oscurità, vidi la sagoma della sua ragazza che tornava al suo posto.

Lasciai la sala, abbandonando ogni proposito di riprendere il filo con il film. All'ingresso, incontrai un'amica.
"Che film hai visto?" -mi domandò- "Ti è piaciuto?"
"Uno dei più belli che abbia visto da anni" risposi, ma dentro di me avevo in testa un solo pensiero: che la domenica passasse in fretta.


(È il primo mio racconto con poche componenti reali e quasi interamente di fantasia)

Un bacio.
scritto il
2019-03-14
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