La scoperta del piacere
di
Elena Anele
genere
prime esperienze
Ero una ragazza come tante, impegnata negli studi e piena di passioni, in perenne conflitto coi miei genitori, timidissima ma con una gran voglia di emergere.
Qualche anno prima ero entrata a far parte di una squadra di pallavolo giovanile e, nonostante il mio metro e sessantaquattro non fosse un'altezza invidiabile per il ruolo di palleggiatrice in questo sport, il mio talento era riconosciuto da molti addetti ai lavori. Cercavo di migliorarmi con grande solerzia. Avevo compagne di squadra simpatiche, affiatate e un'allenatrice, Sofia (che giocava in prima squadra), per la quale nutrivo grande affetto e stima. Sono sempre stata una di quelle persone convinte che il lavoro duro ripaghi e perciò ho sempre svolto ogni consegna senza la minima obiezione. Il mio sogno era far parte della prima squadra in pianta stabile e non mi accontentavo più di giocare titolare nella squadra giovanile con soltanto qualche convocazione "premio" o sporadiche apparizioni in serie A2.
Gli allenamenti finivano sempre tardi ed erano davvero durissimi. A volte capitava (se eravamo particolarmente chiassose o meno concentrate e disciplinate del solito) di rimanere a fare qualche seduta di "pesi" in più (come una sorta di piccola punizione) o a sistemare palloni, cinesini o tappetini in magazzino e anche a srotolare e riporre la rete per "liberare" la palestra per le lezioni delle scuole medie e superiori del mattino seguente.
Venne il giorno in cui era in programma un'amichevole e all'ultimo momento, Sofia ebbe un imprevisto che le impedì di essere presente. Si fece sostituire alla nostra guida tecnica dal suo ragazzo, anche lui pallavolista (ovviamente) della prima squadra maschile. Era molto più grande di noi, altissimo, coi capelli rasati e due occhi dal taglio leggermente orientale, nerissimi. Un bellissimo ragazzo, a proposito del quale civettammo e scherzammo un po' quando fummo solo noi giocatrici nello spogliatoio. Solitamente agli allenamenti ci si presentava senza curare troppo il nostro aspetto con capelli raccolti in modo pratico più che estetico, gambe non sempre depilate e lisce come seta, ma alle amichevoli eravamo sempre in perfetto ordine, sapendo bene che molte persone sarebbero venute a vederci giocare. Luca, così si chiamava il nostro coach "improvvisato", tenne un discorsetto ed espose alcune sue idee sulla squadra. Scendemmo in campo molto determinate e vincemmo una partita molto equilibrata. Ero soddisfatta del livello del mio gioco anche se un mio banale errore di palleggio nel quarto set avrebbe potuto costarci caro. Al termine della partita, eseguimmo i soliti esercizi di stretching e defaticamento mentre Luca condivideva con noi quanto di positivo aveva visto e ciò sul quale dovevamo lavorare per migliorare.
Quella sera, in camera mia, ripensai a Luca e al suo sguardo, al suo corpo atletico e allenato, alla sua voce così adulta e sicura di sé. Non riuscivo a dormire. Stavo vivendo un'età complicata e prepotentemente il mio corpo palesava le proprie esigenze. Ero immersa nel buio e avvolta nelle coperte ma i miei occhi erano sbarrati. Il cuore accelerò i suoi battiti. La mia mano si spostò sul petto, come per calmarlo. I seni erano a tre atmosfere, durissimi sotto la maglietta del pigiama. Iniziai a sfiorare i capezzoli coi polpastrelli e notai una sensibilità amplificata. Uno strano misto di fastidio e piacere. Fu allora che il pube richiamò la mia attenzione. Strisciai la mano sull'ombelico, verso il basso ventre, più giù, fino al solco del sesso. Mi feci strada nelle mutandine e provai sensazioni mai immaginate. Ero umida e calda. Con l'indice inzuppato strofinai il clitoride e istintivamente chiusi gli occhi al buio. Avvertii scariche di piacere lungo tutto il corpo. Accartocciai le dita dei piedi e mi rannicchiai lateralmente in posizione fetale stringendo con le cosce la mano che si "accaniva" fra le grandi labbra. Le sentii schiudersi e percepii il loro invito ad entrare con decisione con un dito, fino in fondo. Tutto questo fu breve ma parve un istante eterno, come se il tempo si fosse fermato. Sentivo il cuore impazzito come quando il medico sportivo mi sottoponeva alla prova da sforzo per l'idoneità agonistica. Un capezzolo schizzò fuori dalla canottiera premendo contro il lenzuolo. Mi dava piacere anche quel ruvido contatto. Sentivo le labbra incandescenti. Pensai a Luca e alle sue mani da "maschio" e ai muscoli levigati e sinuosi. Immaginai ci fosse lui avviluppato a me a "violare" la mia stretta fessura con quelle lunghe dita. La conseguenza di queste fantasie fu un'impennata del mio piacere e della mia audacia da "principiante" dell'autoerotismo. Affondai il dito medio nella fica e mi sentii vibrare. Ripetei il gesto, incapace di smettere, completamente madida di umori e in preda al piacere. Ansimai rumorosamente ma mi zittii subito per paura di farmi scoprire dai miei genitori o da una delle mie sorelline. Mi morsi le labbra per evitare di emettere suoni mentre il respiro era affannato e il petto stava per esplodere. Provai a infilare il secondo dito ma avvertii un leggero dolore e continuai a "martellare" con il solo medio. Scivolava dentro con facilità. Sentii un paio di scariche di piacere salirmi dalla pancia. Facevo leva sull'elastico degli slip che, tirando e spostandosi, mi erano finiti in mezzo alle natiche. Si avvicinava una sensazione sconosciuta di cui avevo sentito parlare solo vagamente. Sapevo che stava sopraggiungendo il mio primo orgasmo. Non so perché ma il cervello mi portò a fare strani collegamenti. Immaginai di baciare Luca con passione. Mi tornò in mente quando il mio primo ragazzo me lo aveva fatto prendere in mano e io avevo iniziato a "stringerlo" delicatamente finché, con spasmi di piacere, si era schizzato sui pantaloni facendomi colare un po' di sperma anche lungo la mano. Ora riuscivo a capire quel piacere. Tutta quella voglia di sesso che sembravano avere i maschi a scuola, ora era riassunta tutta nelle contrazioni del mio ventre. Improvvisamente sentii il viso contrarsi, le spalle irrigidirsi. Smisi di estrarre il dito e lo spinsi in profondità, quasi sentendo male, e iniziai a muoverlo rapidamente in circolo. Con l'altro avambraccio cinsi i miei seni stringendo forte. Spalancai le labbra e trattenni il fiato. Immaginai che Luca afferrasse i miei seni da dietro, che mi baciasse sul collo e poi sulle labbra. Riuscii quasi a sentire la sua lingua fondersi con la mia e con due scatti violenti, venni stringendo con forza le cosce.
Avevo le guance accaldate e la fronte lievemente imperlata di sudore. Rimisi "a posto" la mano profumata dal mio succo e mantenni sul petto l'altra, quasi a far da diga ai battiti prepotenti che sembravano voler perforare la gabbia toracica.
Avevo fatto una scoperta meravigliosa ed emozionata ci misi un po' a riprendere sonno.
Al risveglio provai una bellissima sensazione di appagamento e rilassatezza.
Preparai lo zaino e mi recai al liceo con il sorriso. Anche quella sera avrei avuto allenamento...
(continua)
Qualche anno prima ero entrata a far parte di una squadra di pallavolo giovanile e, nonostante il mio metro e sessantaquattro non fosse un'altezza invidiabile per il ruolo di palleggiatrice in questo sport, il mio talento era riconosciuto da molti addetti ai lavori. Cercavo di migliorarmi con grande solerzia. Avevo compagne di squadra simpatiche, affiatate e un'allenatrice, Sofia (che giocava in prima squadra), per la quale nutrivo grande affetto e stima. Sono sempre stata una di quelle persone convinte che il lavoro duro ripaghi e perciò ho sempre svolto ogni consegna senza la minima obiezione. Il mio sogno era far parte della prima squadra in pianta stabile e non mi accontentavo più di giocare titolare nella squadra giovanile con soltanto qualche convocazione "premio" o sporadiche apparizioni in serie A2.
Gli allenamenti finivano sempre tardi ed erano davvero durissimi. A volte capitava (se eravamo particolarmente chiassose o meno concentrate e disciplinate del solito) di rimanere a fare qualche seduta di "pesi" in più (come una sorta di piccola punizione) o a sistemare palloni, cinesini o tappetini in magazzino e anche a srotolare e riporre la rete per "liberare" la palestra per le lezioni delle scuole medie e superiori del mattino seguente.
Venne il giorno in cui era in programma un'amichevole e all'ultimo momento, Sofia ebbe un imprevisto che le impedì di essere presente. Si fece sostituire alla nostra guida tecnica dal suo ragazzo, anche lui pallavolista (ovviamente) della prima squadra maschile. Era molto più grande di noi, altissimo, coi capelli rasati e due occhi dal taglio leggermente orientale, nerissimi. Un bellissimo ragazzo, a proposito del quale civettammo e scherzammo un po' quando fummo solo noi giocatrici nello spogliatoio. Solitamente agli allenamenti ci si presentava senza curare troppo il nostro aspetto con capelli raccolti in modo pratico più che estetico, gambe non sempre depilate e lisce come seta, ma alle amichevoli eravamo sempre in perfetto ordine, sapendo bene che molte persone sarebbero venute a vederci giocare. Luca, così si chiamava il nostro coach "improvvisato", tenne un discorsetto ed espose alcune sue idee sulla squadra. Scendemmo in campo molto determinate e vincemmo una partita molto equilibrata. Ero soddisfatta del livello del mio gioco anche se un mio banale errore di palleggio nel quarto set avrebbe potuto costarci caro. Al termine della partita, eseguimmo i soliti esercizi di stretching e defaticamento mentre Luca condivideva con noi quanto di positivo aveva visto e ciò sul quale dovevamo lavorare per migliorare.
Quella sera, in camera mia, ripensai a Luca e al suo sguardo, al suo corpo atletico e allenato, alla sua voce così adulta e sicura di sé. Non riuscivo a dormire. Stavo vivendo un'età complicata e prepotentemente il mio corpo palesava le proprie esigenze. Ero immersa nel buio e avvolta nelle coperte ma i miei occhi erano sbarrati. Il cuore accelerò i suoi battiti. La mia mano si spostò sul petto, come per calmarlo. I seni erano a tre atmosfere, durissimi sotto la maglietta del pigiama. Iniziai a sfiorare i capezzoli coi polpastrelli e notai una sensibilità amplificata. Uno strano misto di fastidio e piacere. Fu allora che il pube richiamò la mia attenzione. Strisciai la mano sull'ombelico, verso il basso ventre, più giù, fino al solco del sesso. Mi feci strada nelle mutandine e provai sensazioni mai immaginate. Ero umida e calda. Con l'indice inzuppato strofinai il clitoride e istintivamente chiusi gli occhi al buio. Avvertii scariche di piacere lungo tutto il corpo. Accartocciai le dita dei piedi e mi rannicchiai lateralmente in posizione fetale stringendo con le cosce la mano che si "accaniva" fra le grandi labbra. Le sentii schiudersi e percepii il loro invito ad entrare con decisione con un dito, fino in fondo. Tutto questo fu breve ma parve un istante eterno, come se il tempo si fosse fermato. Sentivo il cuore impazzito come quando il medico sportivo mi sottoponeva alla prova da sforzo per l'idoneità agonistica. Un capezzolo schizzò fuori dalla canottiera premendo contro il lenzuolo. Mi dava piacere anche quel ruvido contatto. Sentivo le labbra incandescenti. Pensai a Luca e alle sue mani da "maschio" e ai muscoli levigati e sinuosi. Immaginai ci fosse lui avviluppato a me a "violare" la mia stretta fessura con quelle lunghe dita. La conseguenza di queste fantasie fu un'impennata del mio piacere e della mia audacia da "principiante" dell'autoerotismo. Affondai il dito medio nella fica e mi sentii vibrare. Ripetei il gesto, incapace di smettere, completamente madida di umori e in preda al piacere. Ansimai rumorosamente ma mi zittii subito per paura di farmi scoprire dai miei genitori o da una delle mie sorelline. Mi morsi le labbra per evitare di emettere suoni mentre il respiro era affannato e il petto stava per esplodere. Provai a infilare il secondo dito ma avvertii un leggero dolore e continuai a "martellare" con il solo medio. Scivolava dentro con facilità. Sentii un paio di scariche di piacere salirmi dalla pancia. Facevo leva sull'elastico degli slip che, tirando e spostandosi, mi erano finiti in mezzo alle natiche. Si avvicinava una sensazione sconosciuta di cui avevo sentito parlare solo vagamente. Sapevo che stava sopraggiungendo il mio primo orgasmo. Non so perché ma il cervello mi portò a fare strani collegamenti. Immaginai di baciare Luca con passione. Mi tornò in mente quando il mio primo ragazzo me lo aveva fatto prendere in mano e io avevo iniziato a "stringerlo" delicatamente finché, con spasmi di piacere, si era schizzato sui pantaloni facendomi colare un po' di sperma anche lungo la mano. Ora riuscivo a capire quel piacere. Tutta quella voglia di sesso che sembravano avere i maschi a scuola, ora era riassunta tutta nelle contrazioni del mio ventre. Improvvisamente sentii il viso contrarsi, le spalle irrigidirsi. Smisi di estrarre il dito e lo spinsi in profondità, quasi sentendo male, e iniziai a muoverlo rapidamente in circolo. Con l'altro avambraccio cinsi i miei seni stringendo forte. Spalancai le labbra e trattenni il fiato. Immaginai che Luca afferrasse i miei seni da dietro, che mi baciasse sul collo e poi sulle labbra. Riuscii quasi a sentire la sua lingua fondersi con la mia e con due scatti violenti, venni stringendo con forza le cosce.
Avevo le guance accaldate e la fronte lievemente imperlata di sudore. Rimisi "a posto" la mano profumata dal mio succo e mantenni sul petto l'altra, quasi a far da diga ai battiti prepotenti che sembravano voler perforare la gabbia toracica.
Avevo fatto una scoperta meravigliosa ed emozionata ci misi un po' a riprendere sonno.
Al risveglio provai una bellissima sensazione di appagamento e rilassatezza.
Preparai lo zaino e mi recai al liceo con il sorriso. Anche quella sera avrei avuto allenamento...
(continua)
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