Il ricatto 4 -Il viaggio a Ginevra-

di
genere
incesti

Quel giorno, in ufficio, fui completamente improduttiva intenta com'ero a organizzare la mia trasferta in Svizzera. Mancavano solo dieci giorni alla settimana di Natale e incastrare i treni fu un'operazione complicata. Dovevo partire da Milano Centrale nella prima mattina del giorno stesso ma potevo rientrare con tutta calma dal momento che Paolo (la fortuna in questo mi aveva assistito) era in trasferta di lavoro fino al lunedì successivo e di sabato il mio ufficio è chiuso. Una volta ottenuto il giorno di permesso (non mi fu difficile vista la posizione di "peso" che rivesto) e prenotati e pagati i biglietti (usai il mio conto paypal perché non risultasse dagli estratti delle carte) mi sentii sollevata. Non restava che affrontare mio figlio di persona. La sera prima del viaggio ero una giostra di stati d'animo. Passavo dalla paura all'ansia, dai tremori a una strana perversa eccitazione. Siccome Paolo era partito per la sua trasferta olandese cenai tutta sola cercando di distrarmi scrivendo un altro pezzo di questo racconto col televisore acceso su un vecchio film. Per la verità non avevo quasi appetito. Non riuscii a terminare una piccola omelette e come dessert mi furono sufficienti due cucchiaini di jogurt. Ero dimagrita due chili nelle ultime settimane. Il caffè, che prima amavo tanto, ora era sconsigliato. Rischiavo la notte in bianco nonostante i farmaci. Mi stavo quasi addormentando col Mac sulle gambe quando partì la suoneria dello smartphone. Ero così tesa che cacciai uno strillo. Era la mia figlia maggiore Giorgia. Avevo voglia di sentire la sua voce. Mi parlò dei suoi studi, delle sue giornate e mi assicurò che a Natale si sarebbe fermata da noi per qualche giorno. Ero felicissima di sapere che stava bene anche se mi inquietava il fatto che vivesse a Ginevra insieme a Lorenzo dopo avere scoperto delle "attenzioni" che lui nutriva per lei. Senza troppo sottolineare il mio "interesse" le domandai se vedesse spesso suo fratello ultimamente e se avesse notato niente di diverso in lui. Aveva una fidanzata? Qualche interesse nuovo? Curiosai, forte della scusa che lui, a noi, racconta ben poco ma la mia vera intenzione era capire se anche lei si sentiva "minacciata". Lorenzo aveva detto di avere materiale compromettente su di lei e speravo che fosse soltanto un bluff per disarmarmi ulteriormente. La chiacchierata con mia figlia mi fece bene. Mi diede le rassicurazioni che cercavo. Dormii profondamente fino al suono della sveglia. Ebbe inizio una giornata faticosa. I viaggi solitari non erano mai stati la mia passione. Dopo oltre cinque ore, verso mezzogiorno, giunsi alla stazione di Ginevra. Io e Paolo ci eravamo stati spesso a trovare i nostri ragazzi e sapevo destreggiarmi piuttosto bene. Raggiunsi in taxi Le Richemond Hotel. Lungo la strada costeggiammo il lago ed era meraviglioso col suo getto altissimo d'acqua dolce. C'era un luminoso sole invernale ma più si avvicinava l'ora dell'appuntamento, più l'inquietudine che saliva progressivamente in me m'impediva di godermi le piccole cose che stavano riempiendo quella giornata. Attendevo con ansia e timore il "dopo". La stanza era bellissima. Elegante. Eccessiva. Dal terrazzo si vedeva uno scorcio del grande lago. Mancavano tre quarti d'ora all'appuntamento e decisi di prepararmi. Estrassi dal trolley il mio abitino nero e lo stesi sul letto. Poi mi scrutai nel grande specchio che dominava la parete. Raccolsi i capelli, poi li sciolsi indecisa. Mi sfilai gli abiti comodi indossati durante il viaggio. Rimirai il mio corpo in mutandine e reggiseno. Era biancheria da poco. Non valorizzava seno e fianchi. Le mie gambe sono davvero ben fatte, senza i segni impietosi dell'età. Fianchi e spalle davvero molto femminili. Il mio seno è una terza giusta con un'areola che ne sembra la perfetta decorazione. Sono sempre stata autocritica ma senza ipocrisie: ero ancora attraente. Mi fissai per un minuto, una giovane mamma quarantenne (spaventata o eccitata?) non molto alta ma sicuramente ancora degna di attenzione maschile. La stanza era dotata di un bagno con vasca idromassaggio ma ce n'era anche un altro più piccolo con doccia. Mi spogliai completamente nuda e mi posizionai sotto il getto d'acqua calda. Insieme alla paura saliva anche un po' di eccitazione. Lorenzo aveva intenzione di penetrarmi? Aveva esplicitamente chiesto l'abitino nero. Mi desiderava con quel vestito da quando me lo aveva visto addosso? Non posso negare che tutte quelle supposizioni mi facevano fremere e man mano che i minuti trascorrevano "spegnere" il fuoco che stava salendo dentro me sarebbe stato come pensare di domare un incendio nei boschi con un bicchiere d'acqua. Come una sorta di Mrs Hyde, la lussuria s'impadronì di me mentre nuda mi rimiravo. Depilai con cura il mio inguine lasciando solo una sottile e stretta nuvoletta scura. Le unghie di piedi e mani erano smaltate dal giorno precedente con il nero. Le mie gambe erano lisce e le passai con un filo d'olio per il corpo. Indossai un completino Grigio Perla che mi era costato una fortuna, calze autoreggenti nere. Cercavo di concentrare tutte le attenzioni alla cura del mio aspetto per distrarmi dalle ansie. Mancavano pochi minuti all'ora stabilita quando una vibrazione dello smartphone mi causò un sussulto. Il numero era quello che Lorenzo aveva utilizzato da quando la storia che sto raccontando è cominciata. Mi diceva di guardare dentro il cassetto del comodino. Incuriosita lo aprii subito e ne estrassi una benda scura, di quelle che riparano gli occhi dalla luce durante il sonno. Ricevetti poi un altro messaggio nel quale mi ordinava di togliere la sicura dalla porta e indossare la benda legata bene stretta. Non dovevo parlare, muovermi, vedere. Ubbidii mentre il cuore saliva alto e impetuoso nel petto. Mi scostai i capelli e annodai quella stoffa morbida sugli occhi. Ero immersa nell'oscurità. Iniziai a preoccuparmi di ciò che stava per avvenire, spaventata dall'incertezza. Sentii chiaramente la porta aprirsi e dei passi avvicinarsi a me. Ero immobile, di fronte allo specchio (che non vedevo più) mentre qualcuno si stava avvicinando a me. Sentivo il suo respiro. Mi passeggiava intorno. Ebbi l'impressione che stesse annusando i miei capelli. Poi, accostò le labbra al mio orecchio e sussurrò: "Non dire una parola. Non parlare. Non dire niente". La voce era quella di Lorenzo. Per un attimo ne fui sollevata.
"Farai tutto quello che ti dico?" domandò con voce dolce ma autoritaria.
Feci di sì con la testa.
"Lo sai che succederà se non ubbidirai?"
Annuii ancora.
"Brava".
Seguì un lungo istante di silenzio. Ero "cieca". Non sentivo alcun rumore. Probabilmente stava fermo davanti a me a guardarmi e iniziai lentamente a lasciarmi trascinare in quell'inesorabile vortice di piacere, desiderio e senso di colpa. Le guance si accalorarono. Mi stavo eccitando nuovamente al pensiero di essere guardata. Ora mio figlio era dietro di me, in piedi. Abbassò una mano sul mio fondoschiena e iniziò a massaggiare sopra la stoffa dell'abitino nero che lui aveva scelto. Quella semplice carezza era ubriacante. Sollevò un poco la gonna tanto da scoprirmi una natica e rivelando le autoreggenti. Con la mano si posò sul confine fra la mia pelle e il nylon della calza poi passò all'interno coscia. Faticavo a restare ferma. Lorenzo mi stava facendo esplorare gli angoli più nascosti del mio desiderio sessuale. Sentivo la fica umida nelle mutandine. Lui si avvicinava, mi stuzzicava appena tra le gambe, poi tornava alle natiche. Ebbi un fremito. Lorenzo si posizionò davanti a me e prese a carezzarmi i capelli. Tutto avveniva dolcemente, cosa che non mi sarei aspettata vista la precedente esperienza. Sentii la sua mano pesante spingermi con garbo e autorità verso il basso.
"Inginocchiati" ordinò.
Mi inginocchiai sulla moquette e lo sentii avvicinarsi con la patta dei pantaloni al mio viso. Strofinò il rigonfiamento sulla mia faccia. Mi vergognavo un po' ma sentivo la fica in fiamme. I miei occhi vedevano tutto nero ma il mio corpo iniziava a vedere le stelle.
"Tiramelo fuori"
Sempre inginocchiata iniziai a sbottonargli i pantaloni dopodiche introdussi una mano nell'apertura, gli abbassai i boxer, strinsi il suo pene fra le dita e lo portai verso il mio viso. Era durissimo.
"Mostrami la lingua"
Lasciai timidamente scivolare fuori la lingua e iniziai a passarla sulle labbra. Sentivo l'odore del cazzo di mio figlio a pochi centimetri da me. Desiderai che mi ordinasse di prenderglielo tutto in bocca. Iniziò a puntarlo sulla pelle del mio viso. Sentivo il suo glande scivolarmi sulla guancia come un cobra caldo, sul collo, sulle labbra. Faticai a trattenere un gemito di eccitazione. Poi, con un colpetto lo spinse nella mia bocca. Sentii il suo lungo arnese farsi spazio e lo accolsi. L'eccitazione stava "rompendo le dighe" nelle mie mutandine, sotto il vestito. Lorenzo mi prese per la nuca e spinse il suo attrezzo fino alla mia gola. Era duro come il marmo. Lo avvolgevo muovendo la lingua e percepivo ogni vena, ogni nervatura di quel fallo enorme. Succhiavo, leccavo, aprivo il più possibile la mandibola perché non sfiorasse i denti. Volevo essere seta per quel cazzo che avevo preso in bocca con disgusto qualche settimana prima ma che ora mi faceva sbrodolare la fica di caldi umori. Ero pronta per essere penetrata, sfondata, chiavata. Volevo sentire un contatto col mio sesso. Mio figlio se ne accorse e mi fece sdraiare (sempre bendata) sulla moquette. Mi scoprì le gambe fino alle mutandine sollevando il vestito. Ero estasiata. Scostò lateralmente la stoffa e mise la mia fica a nudo. Io stavo ribollendo. Aspettavo, "al buio" in suo pieno potere, gli eventi. Poi sentii il dito di una mano grande entrarmi dentro.
"Sei bagnata come una cagna"
mi disse.
Sì, ero una cagna. Sì, in quel momento lo ero.
Le sue mani sembravano conoscere il mio corpo. Carezzavano con dolcezza, poi più violentemente, in un sensuale equilibrio di ritmo e intensità. Dal lento al veloce e viceversa. Mi stavo liquefacendo. Ora volevo il cazzo dentro di me. Ogni centimetro del mio corpo lo implorava di darmelo. Lorenzo aveva in mente altro. Mi prese una mano e mi fece alzare in piedi. Poi mi sfilò le scarpette lucide e rimasi scalza con il vestito addosso. Per un attimo non accadde nulla. Quelle pause brevi mi spaventavano un po' e iniziai a respirare più velocemente ma la benda sugli occhi mi alleggeriva dalla vergogna che avrei provato guardandolo in faccia. Ora lo sentii ai miei piedi. Saliva con le mani passandomi l'interno coscia con movimenti lenti, strisciando sulle calze fino alla pelle nuda e appoggiando il dorso della mano alle mutandine calde e umide. Mi disse che gli piacevano le mie gambe. Ne fui sconvenientemente lusingata. Poi mi liberò della biancheria e tuffò la lingua nella mia fica. Era una sensazione fantastica. Un piacere pervasivo. Sbrodolavo come una chiocciola mentre pennellava il mio sesso con morbide contorsioni della lingua. Tentai di portarmi una mano al seno, istintivamente, senza rendermi conto di quanto ero puttana. Mi fermò con decisione e arrossii per la vergogna. Voleva comandare lui. Mi voleva bambola in suo potere. Sentivo le sue mani prima sulle cosce, poi stringermi le chiappe calde, poi le dita dentro di me, sotto la gonna. Gemetti. Faticavo a trattenermi e stringendo i denti, venni violentemente con la sua bocca nella mia fica. Giuro che, con tutta me stessa, tentai di nascondere l'orgasmo, aggrappata all'ultimo spiraglio d'integrità rimastomi. Mio figlio uscì da sotto la gonna. Ero scalza, con le mutandine ai piedi e avevo ancora tantissima voglia del suo cazzo dentro di me. Mi portò vicino alla parete e mi fece chinare a novanta gradi, sempre coi piedi nudi per terra. Mi appoggiai alla parete e mi accorsi (al tatto) che era il grande specchio della stanza d'albergo. Poi mi sollevò la gonna sopra la schiena e mi penetrò con impeto. Venti, trenta colpi ed ero in paradiso. Suo padre non sarebbe mai durato tanto al primo rapporto. Riempiva il mio ventre con tutto il suo volume da maschio e mi piaceva da morire. L'imbarazzo stava sparendo del tutto. Ero la sua valkiria. Ero la sua troia. Ansimavo e sospiravo sullo specchio liscio mentre mio figlio mi prendeva in piedi da dietro. Poi estrasse la sua asta e mi condusse verso il letto. Credevo in un cambio di posizione ma aveva in mente altro. Si sdraiò sul letto e un po' più rudemente di quanto si fosse comportato fino ad allora condusse il mio viso sul suo cazzo. Poi, quasi impercettibilmente si avvicinò al mio collo e mi sussurrò all'orecchio: "Continua a succhiare e non dire una parola o sai quel che farò con il video di noi due che sto girando."
M'irrigidii. Che intendeva dire?
Lentamente spinse in giù la mia testa e mi ritrovai di nuovo col suo fallo fino in gola. Pensai che stesse per venire ma non sembrava imminente un suo orgasmo. Ero spiazzata ma talmente eccitata da aver perso ogni brandello di lucidità. Succhiavo, sbrodolante in bocca e fra le gambe. Ero ancora a novanta gradi, china sul letto impegnata in un avido pompino quando qualcosa mi diede i brividi. Percepii la presenza di qualcun altro nella stanza. Rallentai, distratta.
"Non fermarti" intimò Lorenzo.
E mentre la mia bocca faceva sparire quasi fino alle palle quella durissima asta di carne, un altro grande cazzo si fece strada fra le mie cosce. Mi divincolai ma Lorenzo mi tenne ferma e mi tornarono in mente le sue minacce. Quel maledetto porco si stava divertendo insieme a qualche amico. Mi stavano martellando in due. Una lacrima mi rigò la guancia ma furono solo pochi istanti di disgusto e disagio poiché il piacere salì come una marea e mi travolse. Non ero mai stata con due uomini contemporaneamente prima. Avevo un cazzo nella fica e quello di mio figlio in bocca e lo leccavo, ciucciavo e godevo come una vera troia. Smisero entrambi di stantuffarmi dentro e si scambiarono di posto. Ora era una cappella diversa quella che la mia lingua assaporava. L'amico di Lorenzo aveva più peli ed era più paffuto e il suo membro era più largo e meno lungo. Lo capivo a tastoni e dalle sensazioni che mi suscitava. Lorenzo era un vero toro instancabile e mi stava portando verso il secondo orgasmo. Si fermarono in tempo entrambi. Lorenzo mi sfilò il vestito dal basso verso l'alto facendomi sollevare le braccia e mi fece salire sul letto per poi calarmi (conducendomi per mano) sul cazzo dell'estraneo. Ora ero un amazzone che cavalcava il proprio piacere. Non vedevo nulla, tranne le stelle. Sapevo quel che volevano fare. Lorenzo mi fece chinare in avanti mentre ancora il palo del ragazzo sdraiato era immerso nella mia fica. Sentii un breve massaggio nel mio ano e poi, come un'esplosione di piacere c'erano due membri maschili dentro di me. Non resistetti e mi leccai le labbra. Era un piacere mai provato prima in quarant'anni. Quando Lorenzo stantuffava, l'altro si fermava e poi cambiavano. Mi sembrò che mi stessero spaccando in due in un mescolarsi di piacere e dolore. Era tutto buio davanti a me ma quanta luce mi avvolgeva. Inaspettatamente una voce sconosciuta urlò: "Sborroooo!"
E sentì la fica inondata di sperma bollente. Mi era venuto dentro ma continuava a muoversi dentro il mio corpo. A quel punto Lorenzo si sfilò dal mio culetto. Mi slacciò il reggiseno e mi appoggiò il glande sui capezzoli e salì nuovamente verso la mia bocca, passandolo sulle labbra come fosse lo stick di un rossetto. Anche il ragazzo che stava sotto di me uscì dal mio ventre. Restai seduta sul letto con una gran voglia di saziare quel piacere interrotto. Sperai che quei due ricominciassero in fretta. Non volevo avere troppo tempo per pensare. Non capivo dove fossero ma li percepivo lì, a guardarmi, nuda, succube e puttana. Li sentii bisbigliare per un attimo ed eccoli nuovamente su di me. Le mani di non so chi a strizzare i miei seni, un'altra che violava nuovamente il mio passaggio più stretto. Non riuscii a trattenere uno strilletto di piacere. Quei due porci stavano facendomi godere come mai mi era accaduto nella vita. Avvertii nuovamente un cazzo, vicino alla mia bocca. Era Lorenzo? Forse era giunto anche per lui il momento "finale"? Invece con mia grande sorpresa mi misero a quattro "zampe" sul letto e senza capire quel che stava accadendo mi trovai entrambi i loro randelli davanti al viso mentre uno di loro ancora si "lavorava" con le dita il mio culetto. Un braccio forte mi spostò la testa e mi trovai di nuovo un pene enorme in bocca (era Lorenzo, ne ero certa). Intanto il mio ano pulsava e le vibrazioni si propagavano sul mio corpo intero. L'altro si sdraiò sotto di me a sessantanove e iniziò a leccarmi fra le grandi labbra ancora grondanti di umori e del suo stesso seme. Ora avevo Lorenzo in piedi davanti al letto che mi penetrava la bocca mentre con la lingua cercavo di dargli tutto il piacere che potevo e un cazzo che attendeva il suo turno a pochi centimetri dal mio mento. Anche quest'ultimo era già tornato duro come un bastone di legno. Senza ricevere "direttive" iniziai ad alternarli, ne ingoiavo uno, poi l'altro (intriso già dell'acido gusto dello sperma) e li facevo sparire tra le mie labbra. Sprofondavano dentro di me mentre la mia fica era in estasi e il mio culo al settimo cielo. Sentii nuovamente piccolissimi spasmi provenire da sotto di me e il corpo del mio "ospite" sdraiato contrarsi. Accadde tutto in pochi istanti: istintivamente ritrassi le labbra e iniziai a masturbarlo alzando la testa per farlo venire sul mio collo. Lorenzo fece in modo di non lasciarmi a "bocca vuota" e ci spinse nuovamente dentro il suo granitico membro. Sempre rapidamente mi strappò via a sorpresa la benda dagli occhi e mi vidi nello specchio aggrovigliata come una troia a quei due giovani corpi, mentre assaporavo i loro cazzi. Non feci in tempo nemmeno ad abituarmi alla luce della stanza che una sborrata copiosa spruzzò sul mio collo, colandomi nel solco delle tette. Qualche schizzo arrivò fino allo specchio. Poi fu il mio turno, quando il ragazzo del quale ora (riflesse nello specchio) vedevo solo le piante dei piedi, infilò tutta la sua lingua nel mio culetto e iniziò ad agitarcela dentro. Quell'atto (mai nemmeno immaginato) mi fece esplodere e venni, costretta quasi a soffocare un urlo tra la gola e il pene di mio figlio, facendo morsa sulla sua carne con le labbra. Allora fu il turno di Lorenzo che senza darmi avvisaglie svuotò completamente i suoi testicoli nella mia bocca. Mi trovai nuovamente ad ingoiare il suo liquido caldo mentre quello in eccesso mi colava al lati della bocca sgocciolando sul corpo del suo amico. Fu un momento bellissimo ma, come sempre, terminata l'ebbrezza del sesso, tutto divenne più lucido. Guardavo il mio viso rigato dal seme di due maschi. Vidi i miei occhi col mascara un po' sbavato per l'accenno di pianto. Avvertii i forti aromi maschili di sesso e sperma e mi sentii avvilita. C'ero cascata di nuovo. Ero una drogata di sesso. Mi facevo schifo. Qualche mese prima sarei inorridita al solo pensiero di un rapporto a tre ma Lorenzo sapeva come dominarmi, come accendermi e nemmeno io sembravo conoscere l'antidoto per i miei bollori. Lorenzo era la mia droga e come una droga si "ama" e si "odia". Reprimetti un singhiozzo di pianto mentre i due, appagati, si rivestivano senza rivolgermi la parola. Non conoscevo il ragazzo che mi aveva appena chiavata fica e culo e al quale avevo succhiato (godendone) il cazzo. Rompendo il silenzio più imbarazzante della mia vita intera, Lorenzo si avvicinò al mio orecchio: "Non sa che sei mia madre ovviamente. Ora però sa che cagna sei!"
Si voltò e se ne andò. Aveva voluto darmi un'ennesima stoccata. Umiliarmi ancora. Ormai però avevo finito di preoccuparmi di quel che sarebbe accaduto, di ciò che avrebbe raccontato, di come sarebbe potuta andare in pezzi la vita che avevo sempre amato.

Restai il minor tempo possibile nella stanza dell'Hotel. Giusto il tempo di ripulirmi da tutto quello sperma appiccicaticcio (molto poco eccitante a "freddo") e dall'odore dei corpi intrecciati.
Presi il treno e tornai a casa. Le lucine natalizie mi mettevano una gran malinconia. Paolo sarebbe tornato solo il giorno successivo. Mi mancava lui e mi mancava quella che ero con lui e mi sentivo tremendamente in colpa per questo ennesimo tradimento. Volevo ritrovare una normalità ormai lontana anni luce. Inoltre c'era un lato più oscuro della "faccenda", me ne resi conto nel pomeriggio successivo, quando mi sorpresi a controllare gli SMS o i messaggi su WhatsApp sperando di trovarne uno in particolare: mi mancava Lorenzo. Dovevo farmi "violenza" per non pensare a lui e al sesso a scintille nella stanza di Ginevra. Quella sera mi arrotolai sul divano in un plaid guardando Grey's Anatomy quando sentii vibrare lo smartphone. Controllai il display. Era lui. Era mio figlio. Ma c'era un video come allegato. Pensai che volesse spaventarmi o mettermi a disagio mostrandomi il videoclip a luci rosse girato in Svizzera ma la mia attenzione si posò sulla didascalia che faceva da titolo e mi caddero le braccia. C'era scritto un nome: GIORGIA.
scritto il
2019-01-19
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