Il ricatto (2) -Il sogno-
di
Elena Anele
genere
incesti
Mi chiamo Elena e ho raccontato quel che mi accadde qualche mese fa. Dopo aver tradito mio marito ed essermi fatta divorare (per questo) dai sensi di colpa, sono rimasta vittima del ricatto di mio figlio Lorenzo. Mi ha costretta a sottostare alle sue perversioni sotto la minaccia di confessare la mia infedeltà a suo padre, l'uomo di cui sono innamorata da venticinque anni, per poi rivelarmi freddamente di voler includere nei suoi "giochi" sessuali anche mia figlia Giorgia.
Sono passate tre settimane dall'ultima visita di Lorenzo. Da quando è tornato in Svizzera non ho più avuto sue notizie, se non tramite Paolo, mio marito, che (allo scuro di quale aguzzino sia) gli telefona ogni sei o sette giorni. Nel frattempo ho tentato di ricomporre la mia vita e di riprendere possesso di me stessa. Ormai ero segnata. Mi sentivo come uno di quei fogli di carta che vengono appallottolati e poi nuovamente distesi ma che è impossibile (anche stirandoli) far tornare lisci del tutto; le increspature restano per sempre. Due cose mi mandavano in fibrillazione: la sua minaccia di coinvolgere la mia Giorgia (più volte in quei giorni, ma senza trovare il coraggio, avevo pensato di metterla in guardia da lui) e il fatto di essere riuscita nel mezzo di una situazione perversa a raggiungere l'orgasmo. Avevo provato piacere nell'essere dominata, umiliata, stuprata. Che razza di donna ero? Quale futuro potevo avere come madre e come moglie?
Per molte notti mi trovai a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati mentre Paolo dormiva al mio fianco. Lasciavo cadere qualche goccia in più di En nel bicchiere con due dita d'acqua finché l'assuefazione mi costringeva ad aumentare ulteriormente il dosaggio. In ufficio alcune delle colleghe più empatiche capirono che qualcosa non andava e mi offrirono compagnia e sostegno. Fui vicina a rivelare loro almeno il tradimento, per liberarmi il cuore da parte del fardello, poi ebbi paura e decisi di scriverlo come un racconto condiviso in forma anonima, così, come per "esorcizzare" e illudermi di essere solo la rotagonista di una delle tante storie che riempiono le "pagine" del mondo.
Qualche notte fa feci un sogno. Lorenzo tornava a casa dopo un paio di mesi che non lo vedevamo e io aprivo la porta raggiante. Gli altri erano tutti seduti a tavola per la cena (era presente anche il fidanzato di Giorgia, Robert) e c'era atmosfera di festa in tutta la casa. Abbracciai mio figlio con tutta l'emozione di una madre, mi feci consegnare la sua giacca e lo esortai a unirsi a noi a tavola. Quando stava per sedersi tutto cambiò. Mi guardava con ferocia, quasi con odio. Cercai conforto negli occhi di mio marito ma era addormentato, allora guardai verso Giorgia e Robert e anche le loro palpebre erano abbassate. La luce accogliente della casa ora pareva quella tetra e fredda di una caverna. L'unico sguardo rivolto verso di me era quello di mio figlio. Mi afferrò il petto da dietro stringendomi i seni con le sue mani grandi e forti. Poi spinse il suo corpo verso di me spingendo il suo pube nel solco delle mie natiche. Indossavo un paio di pantaloni di stoffa leggera e avvertii chiaramente la protuberanza prodotta dalla sua eccitazione. Stringeva il mio petto con forza ed ero immobilizzata e spaventata. Abbandonò la presa con la mano destra e con decisione mi sciolse i capelli che avevo raccolti in uno chignon. Sentivo le lacrime scivolare lungo le guance ma ero sola fra tutte quelle sagome addormentate, senza la forza di lasciare andare un grido. Con uno strattone violento Lorenzo mi strappò via la camicetta lasciandomi in pantaloni e reggiseno. Cercai di divincolarmi ma mi prese per i capelli e mi trascinò sopra il tavolo urtando i piatti che caddero con grande fracasso nell'indifferenza dei dormienti. Lo vidi spogliarsi e mettere a nudo lo splendido corpo che anche io avevo contribuito a creare. Cercai di urlare ma le mie corde vocali erano addormentate come il resto della famiglia. Guardai Paolo, fermo lì come una statua senza vita e tornai a preoccuparmi di Lorenzo che ora stringeva tra le mani il suo pene e veniva verso di me. Osservavo i suoi muscoli e le braccia forti e mentre si avvicinava iniziai a provare di nuovo una strana sensazione di calore in mezzo alle cosce. Socchiusi gli occhi e non opposi resistenza mentre si sbarazzava con facilità dei miei pantaloni. Ero in reggiseno e mutandine e stavo iniziando a eccitarmi. Lo odiavo con tutta me stessa per quello che mi stava facendo ma non potevo impedire alla mia fica di bagnarsi e schiudersi per accoglierlo. Iniziò a strusciarmi le mutandine sul clitoride e ne ebbi un brivido. Poi, stanco di quel preliminare le strappò via con violenza. Avvicinò il glande alle mie grandi labbra, lo inserì appena e lo ritrasse, poi ripetè l'azione una decina di volte e io stavo letteralmente sbrodolando. Finalmente mi penetrò, lì, sul tavolo, davanti alla famiglia riunita. Sentivo i colpi regolari dentro di me e iniziai a gemere. Stavo godendo come una troia in calore. Mentre il suo pistone scivolava dentro la mia fica bagnata, mio figlio succhiava i miei capezzoli e maltrattava i miei seni. Si sdraiò con la schiena sul tavolo e io mi posizionai su di lui rivolta verso il mio Paolo addormentato. Con entrambe le ginocchia piegate alla turca prendevo quell'asta in tutti i suoi venti centimetri di lunghezza ed ero io, ora, a controllare il ritmo. Sentivo il cazzo dentro di me fino in pancia. Capii che quello che mi eccitava più di tutto era la presenza di mio marito. Stavo scoprendo un lato della mia sessualità che in venticinque anni era rimasto celato. Volevo che Lorenzo mi scopasse con mio marito presente e volevo ingoiare ogni goccia del suo sperma in presenza di suo padre, lì, inerte. Sentii qualche spasmo di Lorenzo e pensai che stesse per venire ma lui riuscì a reprimere e mi sollevò con le sue forti braccia appoggiando la sua rossa cappella sul mio culo. Ero inebriata. Volevo calare su quel bel cazzo e sentirlo nelle mie viscere. Allentò la presa e il suo bastone venne "ingoiato" dal mio orifizio stretto. Sentivo il suo "acciaio" tra le chiappe e priva di raziocinio iniziai a stantuffare su mio figlio, immerso fino alle palle nel mio buchetto, mentre con due mani mi aprivo la fica fissando il volto inespressivo di Paolo. Allargavo la mia apertura e c'infilavo dentro le dita, due, tre alla volta e vibravo tutta. Poi spargevo i miei succhi sui capezzoli e li portavo alle labbra gustandone il sapore. Mentre passavo la lingua sulle mie labbra che sapevano di fica e di rossetto, accadde una cosa che mi spaventò e mi eccitò al tempo stesso: Paolo aprì gli occhi e mi guardò mentre godevo con il cazzo di nostro figlio fra le chiappe. Mi resi conto che era quanto di più avrei desiderato in quel momento. Ebbi un violento fremito e venni ancora con mio figlio dentro. Ora comandavo io il "gioco". con una mano estrassi il cazzo di Lorenzo e senza perdere contatto con gli occhi di mio marito mi chinai e lo presi in bocca fino alla gola. Lo carezzavo con la lingua e la saliva mi colava dalle labbra. Con le mani cercai i suoi testicoli ed erano sodi, sul punto di esplodere. Mi posizionai a bocca aperta fissando Paolo mentre Lorenzo inginocchiato sul tavolo stava per venire. Afferrai il suo palo e lo posizionai a pochi centimetri dalla mia bocca lavorandolo con gli ultimi colpi di mano. Non distolsi nemmeno un istante lo sguardo da Paolo e quando mi sembrò di vederlo sorridere sentì la passera in fiamme. Stavo quasi venendo per la seconda volta quando Lorenzo mi precedette schizzandomi in bocca, sul viso, fino ai capelli. Lo sperma era bollente e scorreva su tutta la mia faccia gocciolando sulle mie tette e sulla tovaglia. Ne volevo ancora. Mi leccai le labbra, assaporai, abbassai il viso sulla tovaglia per raccogliere ogni goccia caduta sulla tela. Intanto mi sentivo come un vulcano in eruzione. Pronta a essere scopata di nuovo. Quel che accadde però m'inorridì. Lorenzo stringeva il suo pene che lentamente stava rilassandosi e lo avvicinava alla bocca di Giorgia (che aveva lo sguardo ancora spento). Tentai di urlare ma ero ancora "muta". Lorenzo afferrò gli abbondanti seni di sua sorella e li strinse attraverso la maglietta, ma lei era immobile come un manichino. Mio marito osservava la scena, poi guardava me e mi sentivo sciogliere. Dovevo intervenire. Dovevo impedirgli di far del male a mia figlia. Spalancai la bocca ancora madida dello sperma di Lorenzo e lanciai un urlo fortissimo. Poi un altro e un altro ancora. La voce uscì fuori acuta. Giorgia e Robert si destarono, Lorenzo mi fissò e Paolo si chinò su di me: "Svegliati Elena, è solo un sogno. Hai avuto un incubo. Va tutto bene!"
Mi sentii risucchiare all'indietro e aprii gli occhi con il respiro di chi ha appena corso i cento metri su una pista di atletica. Paolo era accanto a me, premuroso e continuava a ripetermi che era solo un brutto sogno e che tutto era a posto. Sì, ero sveglia e (sì) era solo un sogno, pensai, ma non andava affatto bene. Non appena mi sentii più tranquilla mio marito si riassopì, rassicurato. Lo vidi lì disteso al mio fianco, nel mondo dei sogni. Controllai le mutandine sotto i pantaloni del pigiama. Allungai una mano e appurai che erano fradicie di umori. Questa situazione mi stava sfuggendo di mano. Tutta questa perversione stava prendendo possesso di me. Guardai nuovamente il mio Paolo riverso sul cuscino e mi venne voglia di carezzarmi, lì, al suo fianco. Al solo pensiero sentii dell'umido inondarmi la fica e dovetti stringere occhi e denti per resistere alla tentazione e costringermi a prendere sonno. L'indomani mi alzai presto e decisi che era ora di riporre la "Spada di Damocle" che Lorenzo mi stava facendo penzolare sulla testa. Preparai la colazione per me e Paolo. Feci la crostata con la marmellata di ciliegia (che adorava) e una tazza di caffé con un pennacchio di panna montata. Fui molto affettuosa e lui premuroso dopo la mia nottataccia e per il periodo insonne che stavo attraversando. Lo salutai con un bacio pieno di sentimento. È l'unico uomo che abbia mai amato. Poi, sola, al volante della mia auto diretta al lavoro, attivai il vivavoce e composi il numero. Il telefono squillò a lungo finché una voce sorpresa rispose: "Mamma?"
"Ciao Lorenzo" dissi.
Sono passate tre settimane dall'ultima visita di Lorenzo. Da quando è tornato in Svizzera non ho più avuto sue notizie, se non tramite Paolo, mio marito, che (allo scuro di quale aguzzino sia) gli telefona ogni sei o sette giorni. Nel frattempo ho tentato di ricomporre la mia vita e di riprendere possesso di me stessa. Ormai ero segnata. Mi sentivo come uno di quei fogli di carta che vengono appallottolati e poi nuovamente distesi ma che è impossibile (anche stirandoli) far tornare lisci del tutto; le increspature restano per sempre. Due cose mi mandavano in fibrillazione: la sua minaccia di coinvolgere la mia Giorgia (più volte in quei giorni, ma senza trovare il coraggio, avevo pensato di metterla in guardia da lui) e il fatto di essere riuscita nel mezzo di una situazione perversa a raggiungere l'orgasmo. Avevo provato piacere nell'essere dominata, umiliata, stuprata. Che razza di donna ero? Quale futuro potevo avere come madre e come moglie?
Per molte notti mi trovai a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati mentre Paolo dormiva al mio fianco. Lasciavo cadere qualche goccia in più di En nel bicchiere con due dita d'acqua finché l'assuefazione mi costringeva ad aumentare ulteriormente il dosaggio. In ufficio alcune delle colleghe più empatiche capirono che qualcosa non andava e mi offrirono compagnia e sostegno. Fui vicina a rivelare loro almeno il tradimento, per liberarmi il cuore da parte del fardello, poi ebbi paura e decisi di scriverlo come un racconto condiviso in forma anonima, così, come per "esorcizzare" e illudermi di essere solo la rotagonista di una delle tante storie che riempiono le "pagine" del mondo.
Qualche notte fa feci un sogno. Lorenzo tornava a casa dopo un paio di mesi che non lo vedevamo e io aprivo la porta raggiante. Gli altri erano tutti seduti a tavola per la cena (era presente anche il fidanzato di Giorgia, Robert) e c'era atmosfera di festa in tutta la casa. Abbracciai mio figlio con tutta l'emozione di una madre, mi feci consegnare la sua giacca e lo esortai a unirsi a noi a tavola. Quando stava per sedersi tutto cambiò. Mi guardava con ferocia, quasi con odio. Cercai conforto negli occhi di mio marito ma era addormentato, allora guardai verso Giorgia e Robert e anche le loro palpebre erano abbassate. La luce accogliente della casa ora pareva quella tetra e fredda di una caverna. L'unico sguardo rivolto verso di me era quello di mio figlio. Mi afferrò il petto da dietro stringendomi i seni con le sue mani grandi e forti. Poi spinse il suo corpo verso di me spingendo il suo pube nel solco delle mie natiche. Indossavo un paio di pantaloni di stoffa leggera e avvertii chiaramente la protuberanza prodotta dalla sua eccitazione. Stringeva il mio petto con forza ed ero immobilizzata e spaventata. Abbandonò la presa con la mano destra e con decisione mi sciolse i capelli che avevo raccolti in uno chignon. Sentivo le lacrime scivolare lungo le guance ma ero sola fra tutte quelle sagome addormentate, senza la forza di lasciare andare un grido. Con uno strattone violento Lorenzo mi strappò via la camicetta lasciandomi in pantaloni e reggiseno. Cercai di divincolarmi ma mi prese per i capelli e mi trascinò sopra il tavolo urtando i piatti che caddero con grande fracasso nell'indifferenza dei dormienti. Lo vidi spogliarsi e mettere a nudo lo splendido corpo che anche io avevo contribuito a creare. Cercai di urlare ma le mie corde vocali erano addormentate come il resto della famiglia. Guardai Paolo, fermo lì come una statua senza vita e tornai a preoccuparmi di Lorenzo che ora stringeva tra le mani il suo pene e veniva verso di me. Osservavo i suoi muscoli e le braccia forti e mentre si avvicinava iniziai a provare di nuovo una strana sensazione di calore in mezzo alle cosce. Socchiusi gli occhi e non opposi resistenza mentre si sbarazzava con facilità dei miei pantaloni. Ero in reggiseno e mutandine e stavo iniziando a eccitarmi. Lo odiavo con tutta me stessa per quello che mi stava facendo ma non potevo impedire alla mia fica di bagnarsi e schiudersi per accoglierlo. Iniziò a strusciarmi le mutandine sul clitoride e ne ebbi un brivido. Poi, stanco di quel preliminare le strappò via con violenza. Avvicinò il glande alle mie grandi labbra, lo inserì appena e lo ritrasse, poi ripetè l'azione una decina di volte e io stavo letteralmente sbrodolando. Finalmente mi penetrò, lì, sul tavolo, davanti alla famiglia riunita. Sentivo i colpi regolari dentro di me e iniziai a gemere. Stavo godendo come una troia in calore. Mentre il suo pistone scivolava dentro la mia fica bagnata, mio figlio succhiava i miei capezzoli e maltrattava i miei seni. Si sdraiò con la schiena sul tavolo e io mi posizionai su di lui rivolta verso il mio Paolo addormentato. Con entrambe le ginocchia piegate alla turca prendevo quell'asta in tutti i suoi venti centimetri di lunghezza ed ero io, ora, a controllare il ritmo. Sentivo il cazzo dentro di me fino in pancia. Capii che quello che mi eccitava più di tutto era la presenza di mio marito. Stavo scoprendo un lato della mia sessualità che in venticinque anni era rimasto celato. Volevo che Lorenzo mi scopasse con mio marito presente e volevo ingoiare ogni goccia del suo sperma in presenza di suo padre, lì, inerte. Sentii qualche spasmo di Lorenzo e pensai che stesse per venire ma lui riuscì a reprimere e mi sollevò con le sue forti braccia appoggiando la sua rossa cappella sul mio culo. Ero inebriata. Volevo calare su quel bel cazzo e sentirlo nelle mie viscere. Allentò la presa e il suo bastone venne "ingoiato" dal mio orifizio stretto. Sentivo il suo "acciaio" tra le chiappe e priva di raziocinio iniziai a stantuffare su mio figlio, immerso fino alle palle nel mio buchetto, mentre con due mani mi aprivo la fica fissando il volto inespressivo di Paolo. Allargavo la mia apertura e c'infilavo dentro le dita, due, tre alla volta e vibravo tutta. Poi spargevo i miei succhi sui capezzoli e li portavo alle labbra gustandone il sapore. Mentre passavo la lingua sulle mie labbra che sapevano di fica e di rossetto, accadde una cosa che mi spaventò e mi eccitò al tempo stesso: Paolo aprì gli occhi e mi guardò mentre godevo con il cazzo di nostro figlio fra le chiappe. Mi resi conto che era quanto di più avrei desiderato in quel momento. Ebbi un violento fremito e venni ancora con mio figlio dentro. Ora comandavo io il "gioco". con una mano estrassi il cazzo di Lorenzo e senza perdere contatto con gli occhi di mio marito mi chinai e lo presi in bocca fino alla gola. Lo carezzavo con la lingua e la saliva mi colava dalle labbra. Con le mani cercai i suoi testicoli ed erano sodi, sul punto di esplodere. Mi posizionai a bocca aperta fissando Paolo mentre Lorenzo inginocchiato sul tavolo stava per venire. Afferrai il suo palo e lo posizionai a pochi centimetri dalla mia bocca lavorandolo con gli ultimi colpi di mano. Non distolsi nemmeno un istante lo sguardo da Paolo e quando mi sembrò di vederlo sorridere sentì la passera in fiamme. Stavo quasi venendo per la seconda volta quando Lorenzo mi precedette schizzandomi in bocca, sul viso, fino ai capelli. Lo sperma era bollente e scorreva su tutta la mia faccia gocciolando sulle mie tette e sulla tovaglia. Ne volevo ancora. Mi leccai le labbra, assaporai, abbassai il viso sulla tovaglia per raccogliere ogni goccia caduta sulla tela. Intanto mi sentivo come un vulcano in eruzione. Pronta a essere scopata di nuovo. Quel che accadde però m'inorridì. Lorenzo stringeva il suo pene che lentamente stava rilassandosi e lo avvicinava alla bocca di Giorgia (che aveva lo sguardo ancora spento). Tentai di urlare ma ero ancora "muta". Lorenzo afferrò gli abbondanti seni di sua sorella e li strinse attraverso la maglietta, ma lei era immobile come un manichino. Mio marito osservava la scena, poi guardava me e mi sentivo sciogliere. Dovevo intervenire. Dovevo impedirgli di far del male a mia figlia. Spalancai la bocca ancora madida dello sperma di Lorenzo e lanciai un urlo fortissimo. Poi un altro e un altro ancora. La voce uscì fuori acuta. Giorgia e Robert si destarono, Lorenzo mi fissò e Paolo si chinò su di me: "Svegliati Elena, è solo un sogno. Hai avuto un incubo. Va tutto bene!"
Mi sentii risucchiare all'indietro e aprii gli occhi con il respiro di chi ha appena corso i cento metri su una pista di atletica. Paolo era accanto a me, premuroso e continuava a ripetermi che era solo un brutto sogno e che tutto era a posto. Sì, ero sveglia e (sì) era solo un sogno, pensai, ma non andava affatto bene. Non appena mi sentii più tranquilla mio marito si riassopì, rassicurato. Lo vidi lì disteso al mio fianco, nel mondo dei sogni. Controllai le mutandine sotto i pantaloni del pigiama. Allungai una mano e appurai che erano fradicie di umori. Questa situazione mi stava sfuggendo di mano. Tutta questa perversione stava prendendo possesso di me. Guardai nuovamente il mio Paolo riverso sul cuscino e mi venne voglia di carezzarmi, lì, al suo fianco. Al solo pensiero sentii dell'umido inondarmi la fica e dovetti stringere occhi e denti per resistere alla tentazione e costringermi a prendere sonno. L'indomani mi alzai presto e decisi che era ora di riporre la "Spada di Damocle" che Lorenzo mi stava facendo penzolare sulla testa. Preparai la colazione per me e Paolo. Feci la crostata con la marmellata di ciliegia (che adorava) e una tazza di caffé con un pennacchio di panna montata. Fui molto affettuosa e lui premuroso dopo la mia nottataccia e per il periodo insonne che stavo attraversando. Lo salutai con un bacio pieno di sentimento. È l'unico uomo che abbia mai amato. Poi, sola, al volante della mia auto diretta al lavoro, attivai il vivavoce e composi il numero. Il telefono squillò a lungo finché una voce sorpresa rispose: "Mamma?"
"Ciao Lorenzo" dissi.
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