Quella volta che mi sentii una troia
di
unknown
genere
bisex
Ho scoperto di essere bisex: da tempo, quando non ho voglia di una bella figa, ti un culo rotondo o di tette sode, mi solletica l’idea di indossare lingerie femminile. Finalmente mi sono deciso e vado in un negozietto cinese dall’altra parte della città. È uno di quei bazar dove si trova un po’ di tutto. Il negozio è piccolino, poco frequentato, una semplice stanza divisa in corridoi da scaffalature alte.
Non c’è nessuno e io faccio un giro fingendo di essere interessato al reparto scuola, poi prendo uno shampoo – non si sa mai dovesse entrare qualcuno. Pian piano scivolo nel corridoio fino al reparto intimo. Rimango un po’ lì a scorrere le dita su perizomi femminili, reggiseni di ogni tipo: imbottiti, push-up, a fantasia.
Vorrei la lingerie più provocante su cui metto gli occhi.
Decido per un perizoma color arancio. Scelgo anche il reggiseno ma scopro che sono tutti uniti da una protezione, così desisto – sarà per un’altra volta. Scelgo anche degli autoreggenti. Li vorrei neri, li trovo solo color carne. Qualcuno cade dallo scaffale, lo raccolgo e lo rimetto a posto.
Ho paura che entri qualcuno, che mi vedano con le mani piene di lingerie femminile.
Vado alla cassa per pagare, ostentando indifferenza.
L’uomo, asiatico, mi sorprende con una domanda.
“Scarpe?”
Mi secca la gola, sta indicando il reparto femminile: tacchi a spillo, zeppe.
Ho già pagato ma mi trattengo, il sacchettino col perizoma e gli autoreggenti in mano, gli occhi che studiano le misure delle scarpe. Tutte troppo piccole.
Ho scoperto che la domanda dell’uomo mi ha eccitato. Mi chiedo se ha capito che tutto ciò è per me, che mi sento una troia.
A casa non riesco a resistere: indosso tutto e faccio una sega.
Sborra calda dentro il cesso.
Continuo a rimuginare sulla domanda dell’uomo. Voglio osare ancora di più. Indosso il mio perizoma, un paio di pantaloncini e una maglietta. Torno in negozio. Voglio che mi veda, che veda il perizoma che ho acquistato ieri. Voglio che se ne accorga, che pensi che mi stiano bene. Lo voglio eccitare. Nelle mie fantasie, l’uomo mi va delle avanches a cui io non dico no.
Siamo di nuovo soli e io sto guardando oggettistica riposto nel ripiano basso. Mi accovaccio sui talloni. La maglietta si alza, i pantaloncini sono bassi: il perizoma è stirato sul mio culo, ben in vista.
Mi accorgo che lui mi vede.
Vago fra gli scaffali, voglio vedere se l’uomo mi segue. Invece resta al bancone, ha il cell in mano e – sorpresa! – sta guardando un porno. Sento gemiti di una donna, un uomo viene. Il cazzo si gonfia dentro il perizoma, la sua formi si indovina anche si pantaloncini. Torno nel reparto delle scarpe, chiedo se le misure – di quelle femminili – sono solo quelle esposte. L’uomo viene a dare un’occhiata. È dietro di me. Mi chino di nuovo. E di nuovo immagino i suoi occhi incollati al mio culo, al perizoma che si insinua fra le natiche.
Sono eccitata, mi sento una troia.
Entra qualcuno.
L’incantesimo si spezza. Prendo un quaderno, pago e torno a casa.
Altra sega, altra sborra calda nel cesso.
Non c’è nessuno e io faccio un giro fingendo di essere interessato al reparto scuola, poi prendo uno shampoo – non si sa mai dovesse entrare qualcuno. Pian piano scivolo nel corridoio fino al reparto intimo. Rimango un po’ lì a scorrere le dita su perizomi femminili, reggiseni di ogni tipo: imbottiti, push-up, a fantasia.
Vorrei la lingerie più provocante su cui metto gli occhi.
Decido per un perizoma color arancio. Scelgo anche il reggiseno ma scopro che sono tutti uniti da una protezione, così desisto – sarà per un’altra volta. Scelgo anche degli autoreggenti. Li vorrei neri, li trovo solo color carne. Qualcuno cade dallo scaffale, lo raccolgo e lo rimetto a posto.
Ho paura che entri qualcuno, che mi vedano con le mani piene di lingerie femminile.
Vado alla cassa per pagare, ostentando indifferenza.
L’uomo, asiatico, mi sorprende con una domanda.
“Scarpe?”
Mi secca la gola, sta indicando il reparto femminile: tacchi a spillo, zeppe.
Ho già pagato ma mi trattengo, il sacchettino col perizoma e gli autoreggenti in mano, gli occhi che studiano le misure delle scarpe. Tutte troppo piccole.
Ho scoperto che la domanda dell’uomo mi ha eccitato. Mi chiedo se ha capito che tutto ciò è per me, che mi sento una troia.
A casa non riesco a resistere: indosso tutto e faccio una sega.
Sborra calda dentro il cesso.
Continuo a rimuginare sulla domanda dell’uomo. Voglio osare ancora di più. Indosso il mio perizoma, un paio di pantaloncini e una maglietta. Torno in negozio. Voglio che mi veda, che veda il perizoma che ho acquistato ieri. Voglio che se ne accorga, che pensi che mi stiano bene. Lo voglio eccitare. Nelle mie fantasie, l’uomo mi va delle avanches a cui io non dico no.
Siamo di nuovo soli e io sto guardando oggettistica riposto nel ripiano basso. Mi accovaccio sui talloni. La maglietta si alza, i pantaloncini sono bassi: il perizoma è stirato sul mio culo, ben in vista.
Mi accorgo che lui mi vede.
Vago fra gli scaffali, voglio vedere se l’uomo mi segue. Invece resta al bancone, ha il cell in mano e – sorpresa! – sta guardando un porno. Sento gemiti di una donna, un uomo viene. Il cazzo si gonfia dentro il perizoma, la sua formi si indovina anche si pantaloncini. Torno nel reparto delle scarpe, chiedo se le misure – di quelle femminili – sono solo quelle esposte. L’uomo viene a dare un’occhiata. È dietro di me. Mi chino di nuovo. E di nuovo immagino i suoi occhi incollati al mio culo, al perizoma che si insinua fra le natiche.
Sono eccitata, mi sento una troia.
Entra qualcuno.
L’incantesimo si spezza. Prendo un quaderno, pago e torno a casa.
Altra sega, altra sborra calda nel cesso.
1
voti
voti
valutazione
1
1
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Sapore di piscio
Commenti dei lettori al racconto erotico