Olivia e Master Satisfaction - capitolo 2
di
Koss
genere
dominazione
Olivia scese dal treno e vide Anna che le faceva segno di avvicinarsi, mentre l’autista le andava incontro, prendeva il suo trolley e lo metteva nel bagagliaio. Anna indossava un tailleur grigio, molto professionale, gonna, giacca, camicetta, calze scure, scarpe con un bel tacco. La segretaria aprì la portiera di dietro e le disse – i vetri sono oscurati e c’è anche un divisorio con i sedili davanti. Quindi si metta tranquilla, ne avremo per mezzora. –
Olivia era elegante, un vestito lungo sotto il leggero soprabito primaverile e tacco dodici. Il tacco dodici lo portava raramente, solo per qualche evento speciale, ma lo indossava con disinvoltura. Era una di quelle donne naturalmente eleganti, che qualsiasi cosa si fossero messe addosso le cadeva comunque perfettamente.
Però era in apprensione, Lo desiderava e lo temeva. Si era chiesta cento volte quanto fosse pericoloso quello che stava facendo e per cento volte si era detta che non doveva cedere alla paranoia. Comoda sui sedili, ma impossibilitata a parlare, rifletteva ancora una volta su quella possibilità.
Poi sentì che la macchina iniziava a salire, sentì le curve e si distrasse pensando al paesaggio che non poteva vedere. Staremo andando in collina si disse. Era così. La macchina rallentò e poi si sentì la ghiaia. Il divisorio venne abbassato e lei vide davanti a sé un immenso e bel palazzo. Stavano percorrendo un ampio viale alberato e sullo sfondo c’era un grande slargo ed oltre le scalinate che salivano verso l’ingresso.
Olivia era smarrita, quella non era una villa ma una dimora patrizia dove potevano vivere decine di persone ed altrettanti servitori.
Olivia si domandava chi viveva in quel posto, anche il parco era immenso, soprattutto sul retro che lei neanche vedeva. In quel momento, in giro, non si vedeva nessuno.
Anna fece strada sull’acciottolato che stava accanto alla scala, lì, tra la scala e il muro della facciata stava un ascensore che era invisibile fino a quando non arrivavi nei pressi. Salirono con quello: Olivia, Anna ed il bagaglio. Al primo piano c’era una donna, in un severo tailleur, simile a quello che indossava Anna, che le aspettava. Questa salutò chinando il capo verso Olivia e mormorando un buongiorno, poi prese la borsa e si diresse, attraverso un grande corridoio, alla suite destinata a Olivia. Questa donna taciturna, ma efficiente si chiamava Blu ed era la governante. Una mora un po’ più giovane di Anna, ma anche lei in vestiti attillati e severi. Blu aveva un corpo normale, ma tornito nei punti giusti, il viso era severo, poco truccato. Olivia quando fu nella stanza si affacciò alla finestra e diede un’occhiata fuori. Il palazzo sorgeva su una collina, tutto intorno un parco immenso.
Olivia guardava il paesaggio e si stava dimenticando del motivo per cui era lì.
- Signora, dobbiamo andare – le disse Anna.
Olivia sussultò, poi si ricompose – dove? –
- Dove riceverà la prima parte della sua sessione – rispose impaziente Anna, non era la prima che traccheggiava e le faceva perdere tempo proprio nel momento in cui si doveva passare all’azione.
Ma Olivia non traccheggiò. – Faccia strada – rispose decisa, - la seguo. –
Olivia ormai voleva levarsi il pensiero, succedesse subito quello che doveva succedere.
Anna ripercosse il corridoio, scese a piedi per le scale interne al pianterreno, attraversò un salone deserto, poi scese ancora delle scale verso i sotterranei e qui percorse ancora qualche corridoio. C’erano cellette e sale sia sulla destra che sulla sinistra. Anna entrò in una celletta di neanche dieci metri quadri, c’era una sedia, un cavalletto, un mobiletto basso rivestito di cuoio, ed un armadietto chiuso, a terra c’era uno spesso e soffice tappeto.
Anna accese la luce. Olivia si guardò intorno, era tutto molto spartano ed asettico. Anna le ordinò – si spogli! –
Olivia la guardò, era stupido tirarsi indietro proprio in quel momento. Si levò il vestito. Anna la squadrò e le prese il vestito dalle mani. – Può tenere il resto. – Poi le disse di sollevare le braccia e fece entrare i polsi dentro un cappio che scendeva dal tetto. Anna tirò in alto, Olivia si tese, braccia e gambe andarono in su e Olivia fu lasciata sospesa a quel modo. Anna la bendò e fu buio.
I nervi iniziavano a logorarsi, ma Olivia, ancora, non era veramente preoccupata.
Anna uscì senza prendersi la briga di chiudere la celletta o di salutare. Olivia non sentiva freddo, i muscoli erano tesi, ma lei non provava fastidio per quello, invece la tensione nervosa si stava facendo sentire, sentiva arrivare crampi allo stomaco. Non vedere la stressava parecchio, chi avrebbe usato il suo corpo inerme ed indifeso?
Era decisa a non cedere al panico, ma iniziava a preoccuparsi, non aveva una vera nozione del tempo. Aveva le braccia tese in alto, tirata in su per i polsi, l’unica cosa che riusciva a fare era spostare i piedi, stava quasi sulle punte, su quelle scarpe dal tacco altissimo il disagio iniziava a farsi sentire.
Poi, non era passato molto tempo, ma a lei era sembrato tantissimo, avvertì una presenza. Non aveva sentito niente, ma nella celletta era entrato qualcuno, ora ne sentiva anche il profumo. Un profumo muschiato, di uomo, un profumo mascolino, ma gradevole, un misto di fragranza speziata e sudore. Olivia fu allo stesso tempo allarmata e sollevata. Non lo vedeva, non sapeva come era e cosa voleva farle e questo la allarmava, ma era anche sollevata, finalmente stava per succedere qualcosa.
Lui non disse niente, ma lei sentì le sue mani.
La punta delle dita, leggere, sulle sue spalle e poi sulla schiena. Una lieve carezza che diventa sempre più decisa. Olivia sente le mani su di lei. Sono forti e decise, ma ancora delicate. E’ piacevole, non osa dire niente. Sentì allentarsi il reggiseno, venne levato, ma lo sconosciuto non toccò le mutandine.
Le mani accarezzano sulla schiena e poi passano davanti sul seno. Prima leggere, poi sempre più decise. Ora strizzano il seno, poi con le dita i capezzoli. Olivia ansima e trema, non sa chi ha preso possesso del suo corpo, non sa se è bello o brutto, cattivo o buono..., ma ci sa fare, sta usando il suo corpo come uno strumento musicale ed il quel momento lo sta accordando. E’ bravo e lei si sta bagnando, si morde le labbra per non parlare e per non muggire di piacere.
Lui la prende per i capelli tirandole la testa indietro e la bacia sul collo brutalmente, morde. Stavolta è troppo, Olivia sospira e geme.
Lui le passa un dito sulle labbra, lei non le apre, ma Olivia è soggiogata, ed infine le socchiude. Sente il dito penetrare, le piace, lo lecca e lo succhia. Lui esce e l’accarezza su una guancia, le mani sono di nuovo sul suo seno, una mano per coppa, stringono e artigliano, sfiorano i capezzoli ritti e poi li strizzano. Olivia sussulta.
Lui allenta la corda che la tende in alto, ora Olivia è più comoda, poggia i piedi a terra e si distende. Meglio, decisamente. Le leva la benda, fa un po’ di fatica per mettere a fuoco, anche perché lui è vicino a lei, molto vicino, fino ad un attimo prima la stava toccando intimamente, anche se non l’aveva toccata tra le gambe sapeva benissimo che era più eccitata che mai, il seno, i capezzoli e la sua bocca avevano già manifestato quello che provavano.
Era un uomo bello, decisamente bello, alto, biondo, atletico, occhi azzurri, limpidi che la guardavano ironici e desiderosi. Lui era vestito completamente, mentre lei era nuda. Di lui vedeva pantaloni, camicia bianca e dei mocassini. Lei arrossì e timidamente sorrise. Lui non parlò, si limitò a baciarla, la sua lingua penetrò nella bocca di lei e ne prese possesso. Lei era ancora legata e si lasciò andare.
Lui non le aveva ancora parlato ed anche lei era rimasta zitta.
Senza neanche rendersene conto si trovò legata come un salame e stesa sul tappeto. Corde alle caviglie, sotto le ginocchia, sulle cosce in alto, sotto il seno e sopra e i polsi legati dietro la schiena. Aveva fatto in fretta ed era stato molto professionale. Ora lei era sdraiata su un fianco con le gambe ripiegate. Olivia stava guardando il suo lungo corpo finalmente legato. Era bello si disse, bello il seno evidenziato dalle corde che lo strizzavano di sopra e di sotto, belle le cosce, esaltate da tutte quelle corde.
Lui le aveva tolto le mutandine, ma ancora lì non l’aveva toccata. Lui si era seduto sul mobiletto e la osservava, la possedeva con lo sguardo. Lei sentiva le corde che strizzavano il suo corpo palpitante e si eccitava ogni istante di più, il seno si gonfiava, i capezzoli diventavano più duri e ritti, un languore la stava prendendo in basso, era calda e rossa in viso. Lui se la stava mangiando con gli occhi e questo la faceva impazzire, ormai smaniava. Lui prese un piccolo vibratore dal mobiletto e si stese accanto a lei, il piccolo fallo era scintillante e lui l’avvicinò alle sue labbra.
- Leccalo! – Era la prima volta che parlava, Olivia allargò le labbra e lui lo spinse gentilmente dentro, iniziò un vai e vieni, mentre lei usava anche la lingua. Il vibratore iniziò a vibrare e Olivia perse il controllo, non badava più a quello che lui faceva, lo accettava e basta. Lui passò il vibratore sul seno e sui capezzoli facendoli diventare sempre più duri. Olivia aveva capezzoli piccoli e rosa, ma che quando si eccitavano si ingrossavano, si indurivano e si appuntivano. Poi lui scese tra le gambe e si insinuò tra le cosce che per via della legatura erano belle strette. Ma lui trovò comunque lo spazio e forzò. Olivia gorgogliò, poi gemette, poi non si trattenne e spinse in avanti il bacino. Lui per un po’ glielo fece sentire, poi le strizzò un capezzolo e glielo negò. Lei gemette delusa ed esasperata.
Di nuovo la trattò come una bambola, rapido ed efficiente. La slegò e la rilegò al mobiletto basso rivestito di cuoio. Ginocchia fissate ai piedi di dietro, polsi fissati a quelli davanti. Olivia era aperta ed offerta. Lui la guardò mentre si spogliava, si levò la camicia, scalciò i mocassini, si levò i pantaloni. Olivia aveva girato la testa verso di lui, ma non vedeva bene. Era un corpo bianco, con muscoli lunghi e tonici, ventre piatto, guardò in mezzo alle gambe, ma vide poco. Poi lui si inginocchiò dietro di lei e lo sentì. Prima la mano che fece una rapida visita constatando che era fradicia e poi quell’affare che era lungo, affusolato e duro. Scivolò dentro di lei riempiendola e Olivia muggì.
Lui si mosse dapprima lentamente, poi più veloce, infine divenne una furia. Olivia stava impazzendo. Finalmente, era quello che voleva, un toro che la scopava con violenza, ardore e senza nessun riguardo. Lui le strizzò le tette e la fece mugolare e gemere sia di dolore che di piacere, poi la morse su una spalla. Olivia si inarcò fin dove poteva. Lo voleva e lui glielo stava dando. La fotteva senza remissione e lei iniziò a dire frasi senza senso. – Oh Dio… cazzo… finalmente… sìììì, fottimi così… - Venne, più volte, non seppe quante.
Lui la riempì di sborra e si accasciò su di lei. Anche lei si lasciò andare.
Cenarono in una saletta del piano terra, Olivia intuì che in quei saloni c’era altra gente che cenava o chiacchierava o faceva altro, ma non vide nessuno, lui la condusse per lunghi corridoi fiocamente illuminati a quella saletta con un tavolo rotondo riccamente addobbato dove si accomodò. Venne direttamente la cuoca a prendere le ordinazioni, si chiamava Bianca. Una bionda snella e con un bel seno, palesemente una schiava. Olivia seppe poi che era anche la moglie dell’autista. Il Master ordinò per tutti e due. Olivia era un po’ imbarazzata, lui l’aveva scopata in modo travolgente e lei aveva iniziato a dire un sacco di sciocchezze. Pensò che doveva dire qualcosa e iniziò da lì. Ridendo disse – chi sa cosa hai pensato delle sciocchezze che ho detto mentre… -
Lui le sorrise, - hai detto che ce l’ho duro e che ti stavo sfondando divinamente. E’ un gran complimento. –
Olivia arrossì. – Sì, ho detto proprio così, era quello che volevo e che voglio. –
- Abbiamo tutta la notte, ti fotterò fino a quando non dirai basta. –
Lui la svegliò baciandola sul collo e mettendole una mano tra le cosce. – Buongiorno Olivia – le disse.
Lei fece le fusa come una gatta e si avvinghiò a lui. – E’ già giorno? – rispose insonnolita.
- Sì, mia dolcissima amante – rispose lui montandola. – Tra un po’ dovrai andare via, ma prima ti voglio un’ultima volta. -
Lei l’accolse con gioia e allo stesso tempo andò nel panico. – Non voglio andare via – disse spingendo il bacino in avanti incontro al randello che la penetrava ed offrendo le labbra da baciare.
Lui affondò dentro di lei. – Il nostro patto è che al massimo tra qualche ora devi andare ed io ho un sacco di cose da fare. Mi dispiace perché sei stata deliziosa. All’altezza delle mie aspettative che sono sempre notevoli. –
La morse su un capezzolo e lei gridò, poi lo strinse a sé. Olivia era lusingata da quelle parole e quindi sperò. – Sei peggio del diavolo. Ti prego non mandarmi via. –
Lui la baciò e le morse le labbra, lei venne.
Olivia si senti molle, rilassata, soddisfatta e si teneva stretta al corpo del Master assorbendone calore e piacere, era impossibile, ma voleva possederlo, mentre quello sconosciuto voleva mandarla via. – Fammi rimanere per qualche giorno, non ti darò fastidio, farò tutto quello che vorrai. –
- E’ meglio se vai, qui potresti scoprire cose che proprio non ti piacciono, non hai neanche la minima idea di chi sono io e di quello che faccio. –
- Sono pronta a tutto, alla peggio mi deluderai, forse non sarebbe neanche male, potrei mettere una pietra sopra questa storia e non pensarci più. –
Lui la guardò severo ed al tempo stesso con un sorrisetto ironico, senza risponderle.
Si sentì bussare alla porta e lui sommessamente disse – avanti. –
La segretaria, la biondina matura, magra e algida, entrò seguita da un’altra biondina molto più giovane, una trentenne spaurita, timida e sottomessa, una cameriera che portava un enorme vassoio stracolmo di tante cose buone: caffè, latte, spremuta, brioche.
La cameriera era vestita in modo classico e severo, camicetta bianca e crestina, gonna e nera e grembiulino bianco, calze nere, scarpe tacco dodici. Bionda con gli occhi castani, il visetto fresco e leggermente truccato, minuta e magra, di seno una terza scarsa, cosce lunghe e nervose. Si chiamava Giulia.
Anna era vestita anche lei severamente e in modo classico, un tailleur che le cascava morbidamente, con calze nere e riga sul retro, scarpe nere con tacco dodici anche lei. La segretaria si muoveva disinvolta sugli alti tacchi, ma appariva comunque fragile e vulnerabile, d’altra parte era sempre disponibile e pronta, anche in quel momento.
- Buongiorno Signore e buongiorno Signora – salutò Anna, mentre la cameriera poggiava il tutto su un tavolino e iniziava a versare nelle tazze e nei bicchieri.
- Buongiorno Anna – rispose il Padrone, mentre Olivia si copriva con il lenzuolo e rispondeva con un cenno. – Cosa abbiamo oggi – continuò lui.
Anna guardò Olivia e poi il Padrone, ma attese a parlare.
- Parla tranquillamente, non è poi importante se Olivia scopre qualcosa. -
Anna tirò fuori da una tasca un minuscolo quadernetto e iniziò a snocciolare. – Stanotte sono arrivate tre schiave, siamo dovuti andarle a prenderle con il furgone: io, l’autista e la governante. –
- Tre schiave? – rispose sorpreso lui, - non sono troppe anche per me. -
- Svolgono funzioni diverse, una è una schiava sessuale e le altre sono qui come pet girl. -
– Continua. –
- Alle tredici ha un pranzo di lavoro con i consiglieri del club che presiede e alle sedici e trenta un incontro con la Direttrice. –
- Sì, mi ricordo. Altro? –
- No Signore, niente altro, per oggi e domani non sono previsti arrivi. –
Il Master stava sorseggiando un caffè, mentre Olivia stava bevendo una spremuta. La donna aveva seguito tutto il discorso e ci aveva capito poco, però era contenta di poter rimanere, per il resto… avrebbe capito ed era sempre in tempo a dire che voleva andar via, se quello che avesse visto non le fosse piaciuto. Intanto rispose – Sono felice di rimanere, non recherò disturbo e osserverò le sue disposizioni. – Olivia era ironica e seria allo stesso tempo. Lui la baciò. – Certo che farai quello che voglio. – Poi si rivolse ad Anna. - La signora mi terrà compagnia per il week end, provvedi a trasferire le sue cose in questa camera e se ha bisogno di qualcosa procuragliela. Puoi andare. –
Anna uscì ed il Master si rivolse a Giulia. – Spogliati Giulia, ci terrai compagnia sotto la doccia. –
La cameriera si affrettò a ubbidire ed in un minuto fu nuda. Fino a quel momento non aveva detto una parola, Olivia immaginò che parlava solo se interrogata. Era come pensava, invece non immaginava neanche lontanamente l’uso che al mattino ne faceva il suo Padrone.
Andarono sotto la doccia, era grande e c’era posto per tutti, il Master aprì il getto e l’acqua calda li avvolse mentre Giulia si inginocchiava tra le gambe del Padrone. Un attimo dopo il Master si liberava nella bocca alla schiava che la teneva spalancata cercando di accogliere tutto quello che era possibile, quando lui si svuotò accarezzò la schiava sulla gola – brava Giulia sei il miglior wc che abbia mai avuto. –
Un po’ di piscio le era finito in viso e le scivolava sul collo e sul corpo, ma l’acqua calda lo stava lavando via.
La schiava rimaneva in ginocchio. – E’ meglio se ti liberi anche tu – disse il Master rivolgendosi a Olivia, altrimenti Giulia ci rimane male. –
Olivia era scioccata, quell’uomo era mostruoso, ma… Lei era voluta rimanere lì, doveva immaginare che… Cosa doveva immaginare? E doveva telefonare a suo marito per dirgli che sarebbe rientrata solo lunedì. Che idea assurda pensare a suo marito in quel momento, ancora più assurdo era che invece di essere orripilata sentiva umido tra le gambe.
Mentre Olivia era persa nei suoi ragionamenti poco costruttivi, la schiava teneva ancora la bocca spalancata. Olivia la guardò, le faceva pena, ma stava aspettando che lei le pisciasse in bocca. Non poteva deluderla, le sorrise nervosamente, il Master l’incoraggiò sorridendole. Un attimo dopo Olivia si accosciò su Giulia, il Master la sostenne e Olivia si impose di farla, ci mise un po’, si vergognava, arrossì, ma poi lo scroscio arrivò ed inondo il viso di Giulia che l’accolse cercando di non perdere una goccia.
Olivia era rossa in viso mentre la schiava era tranquilla, era abituata e sembrava soddisfatta della sua funzione, poi la schiava timidamente allungò la lingua tra le sue gambe e la leccò.
Olivia si lasciò fare, il Master la stava baciando e lei si stava sciogliendo, era eccitata. Devo andare via da qui pensò o diventerò malata come loro, ma intanto era molle e calda.
Lui prese la schiava per la coda di cavallo e diresse quella bocca sul suo uccello, sostituì con le sue dita la lingua di Giulia e Olivia raggiunse un altro orgasmo.
Mostruoso e delizioso, ripugnante e stupendo pensò la donna.
- Sei sicura che vuoi rimanere qui? – le chiese ancora il Master. Giulia dopo le abluzioni li aveva avvolti negli accappatoi, poi li aveva massaggiati ed infine aveva aiutato Olivia a rivestirsi, poi era andata via.
- Sono un po’ scioccata, sì, ma rimango, voglio fare il mio bagno di perversioni. –
Lui le sorrise. – Qui nessuno obbliga nessuno, tutte ottengono quello che vogliono, io le spingo solo un po’ verso l’abisso, ma è quello che cercano. Chiaro? –
- Sì, di questo ne sono sicura. Non so neanche il tuo nome. –
- Non importa, puoi chiamarmi Master, Master Satisfaction o Signore. –
Olivia annuì come se le fosse tutto chiaro, in verità non ci capiva niente, ma voleva sperimentare, Non era prigioniera, poteva andare via quando voleva, forse.
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koss99@hotmail.it
Olivia era elegante, un vestito lungo sotto il leggero soprabito primaverile e tacco dodici. Il tacco dodici lo portava raramente, solo per qualche evento speciale, ma lo indossava con disinvoltura. Era una di quelle donne naturalmente eleganti, che qualsiasi cosa si fossero messe addosso le cadeva comunque perfettamente.
Però era in apprensione, Lo desiderava e lo temeva. Si era chiesta cento volte quanto fosse pericoloso quello che stava facendo e per cento volte si era detta che non doveva cedere alla paranoia. Comoda sui sedili, ma impossibilitata a parlare, rifletteva ancora una volta su quella possibilità.
Poi sentì che la macchina iniziava a salire, sentì le curve e si distrasse pensando al paesaggio che non poteva vedere. Staremo andando in collina si disse. Era così. La macchina rallentò e poi si sentì la ghiaia. Il divisorio venne abbassato e lei vide davanti a sé un immenso e bel palazzo. Stavano percorrendo un ampio viale alberato e sullo sfondo c’era un grande slargo ed oltre le scalinate che salivano verso l’ingresso.
Olivia era smarrita, quella non era una villa ma una dimora patrizia dove potevano vivere decine di persone ed altrettanti servitori.
Olivia si domandava chi viveva in quel posto, anche il parco era immenso, soprattutto sul retro che lei neanche vedeva. In quel momento, in giro, non si vedeva nessuno.
Anna fece strada sull’acciottolato che stava accanto alla scala, lì, tra la scala e il muro della facciata stava un ascensore che era invisibile fino a quando non arrivavi nei pressi. Salirono con quello: Olivia, Anna ed il bagaglio. Al primo piano c’era una donna, in un severo tailleur, simile a quello che indossava Anna, che le aspettava. Questa salutò chinando il capo verso Olivia e mormorando un buongiorno, poi prese la borsa e si diresse, attraverso un grande corridoio, alla suite destinata a Olivia. Questa donna taciturna, ma efficiente si chiamava Blu ed era la governante. Una mora un po’ più giovane di Anna, ma anche lei in vestiti attillati e severi. Blu aveva un corpo normale, ma tornito nei punti giusti, il viso era severo, poco truccato. Olivia quando fu nella stanza si affacciò alla finestra e diede un’occhiata fuori. Il palazzo sorgeva su una collina, tutto intorno un parco immenso.
Olivia guardava il paesaggio e si stava dimenticando del motivo per cui era lì.
- Signora, dobbiamo andare – le disse Anna.
Olivia sussultò, poi si ricompose – dove? –
- Dove riceverà la prima parte della sua sessione – rispose impaziente Anna, non era la prima che traccheggiava e le faceva perdere tempo proprio nel momento in cui si doveva passare all’azione.
Ma Olivia non traccheggiò. – Faccia strada – rispose decisa, - la seguo. –
Olivia ormai voleva levarsi il pensiero, succedesse subito quello che doveva succedere.
Anna ripercosse il corridoio, scese a piedi per le scale interne al pianterreno, attraversò un salone deserto, poi scese ancora delle scale verso i sotterranei e qui percorse ancora qualche corridoio. C’erano cellette e sale sia sulla destra che sulla sinistra. Anna entrò in una celletta di neanche dieci metri quadri, c’era una sedia, un cavalletto, un mobiletto basso rivestito di cuoio, ed un armadietto chiuso, a terra c’era uno spesso e soffice tappeto.
Anna accese la luce. Olivia si guardò intorno, era tutto molto spartano ed asettico. Anna le ordinò – si spogli! –
Olivia la guardò, era stupido tirarsi indietro proprio in quel momento. Si levò il vestito. Anna la squadrò e le prese il vestito dalle mani. – Può tenere il resto. – Poi le disse di sollevare le braccia e fece entrare i polsi dentro un cappio che scendeva dal tetto. Anna tirò in alto, Olivia si tese, braccia e gambe andarono in su e Olivia fu lasciata sospesa a quel modo. Anna la bendò e fu buio.
I nervi iniziavano a logorarsi, ma Olivia, ancora, non era veramente preoccupata.
Anna uscì senza prendersi la briga di chiudere la celletta o di salutare. Olivia non sentiva freddo, i muscoli erano tesi, ma lei non provava fastidio per quello, invece la tensione nervosa si stava facendo sentire, sentiva arrivare crampi allo stomaco. Non vedere la stressava parecchio, chi avrebbe usato il suo corpo inerme ed indifeso?
Era decisa a non cedere al panico, ma iniziava a preoccuparsi, non aveva una vera nozione del tempo. Aveva le braccia tese in alto, tirata in su per i polsi, l’unica cosa che riusciva a fare era spostare i piedi, stava quasi sulle punte, su quelle scarpe dal tacco altissimo il disagio iniziava a farsi sentire.
Poi, non era passato molto tempo, ma a lei era sembrato tantissimo, avvertì una presenza. Non aveva sentito niente, ma nella celletta era entrato qualcuno, ora ne sentiva anche il profumo. Un profumo muschiato, di uomo, un profumo mascolino, ma gradevole, un misto di fragranza speziata e sudore. Olivia fu allo stesso tempo allarmata e sollevata. Non lo vedeva, non sapeva come era e cosa voleva farle e questo la allarmava, ma era anche sollevata, finalmente stava per succedere qualcosa.
Lui non disse niente, ma lei sentì le sue mani.
La punta delle dita, leggere, sulle sue spalle e poi sulla schiena. Una lieve carezza che diventa sempre più decisa. Olivia sente le mani su di lei. Sono forti e decise, ma ancora delicate. E’ piacevole, non osa dire niente. Sentì allentarsi il reggiseno, venne levato, ma lo sconosciuto non toccò le mutandine.
Le mani accarezzano sulla schiena e poi passano davanti sul seno. Prima leggere, poi sempre più decise. Ora strizzano il seno, poi con le dita i capezzoli. Olivia ansima e trema, non sa chi ha preso possesso del suo corpo, non sa se è bello o brutto, cattivo o buono..., ma ci sa fare, sta usando il suo corpo come uno strumento musicale ed il quel momento lo sta accordando. E’ bravo e lei si sta bagnando, si morde le labbra per non parlare e per non muggire di piacere.
Lui la prende per i capelli tirandole la testa indietro e la bacia sul collo brutalmente, morde. Stavolta è troppo, Olivia sospira e geme.
Lui le passa un dito sulle labbra, lei non le apre, ma Olivia è soggiogata, ed infine le socchiude. Sente il dito penetrare, le piace, lo lecca e lo succhia. Lui esce e l’accarezza su una guancia, le mani sono di nuovo sul suo seno, una mano per coppa, stringono e artigliano, sfiorano i capezzoli ritti e poi li strizzano. Olivia sussulta.
Lui allenta la corda che la tende in alto, ora Olivia è più comoda, poggia i piedi a terra e si distende. Meglio, decisamente. Le leva la benda, fa un po’ di fatica per mettere a fuoco, anche perché lui è vicino a lei, molto vicino, fino ad un attimo prima la stava toccando intimamente, anche se non l’aveva toccata tra le gambe sapeva benissimo che era più eccitata che mai, il seno, i capezzoli e la sua bocca avevano già manifestato quello che provavano.
Era un uomo bello, decisamente bello, alto, biondo, atletico, occhi azzurri, limpidi che la guardavano ironici e desiderosi. Lui era vestito completamente, mentre lei era nuda. Di lui vedeva pantaloni, camicia bianca e dei mocassini. Lei arrossì e timidamente sorrise. Lui non parlò, si limitò a baciarla, la sua lingua penetrò nella bocca di lei e ne prese possesso. Lei era ancora legata e si lasciò andare.
Lui non le aveva ancora parlato ed anche lei era rimasta zitta.
Senza neanche rendersene conto si trovò legata come un salame e stesa sul tappeto. Corde alle caviglie, sotto le ginocchia, sulle cosce in alto, sotto il seno e sopra e i polsi legati dietro la schiena. Aveva fatto in fretta ed era stato molto professionale. Ora lei era sdraiata su un fianco con le gambe ripiegate. Olivia stava guardando il suo lungo corpo finalmente legato. Era bello si disse, bello il seno evidenziato dalle corde che lo strizzavano di sopra e di sotto, belle le cosce, esaltate da tutte quelle corde.
Lui le aveva tolto le mutandine, ma ancora lì non l’aveva toccata. Lui si era seduto sul mobiletto e la osservava, la possedeva con lo sguardo. Lei sentiva le corde che strizzavano il suo corpo palpitante e si eccitava ogni istante di più, il seno si gonfiava, i capezzoli diventavano più duri e ritti, un languore la stava prendendo in basso, era calda e rossa in viso. Lui se la stava mangiando con gli occhi e questo la faceva impazzire, ormai smaniava. Lui prese un piccolo vibratore dal mobiletto e si stese accanto a lei, il piccolo fallo era scintillante e lui l’avvicinò alle sue labbra.
- Leccalo! – Era la prima volta che parlava, Olivia allargò le labbra e lui lo spinse gentilmente dentro, iniziò un vai e vieni, mentre lei usava anche la lingua. Il vibratore iniziò a vibrare e Olivia perse il controllo, non badava più a quello che lui faceva, lo accettava e basta. Lui passò il vibratore sul seno e sui capezzoli facendoli diventare sempre più duri. Olivia aveva capezzoli piccoli e rosa, ma che quando si eccitavano si ingrossavano, si indurivano e si appuntivano. Poi lui scese tra le gambe e si insinuò tra le cosce che per via della legatura erano belle strette. Ma lui trovò comunque lo spazio e forzò. Olivia gorgogliò, poi gemette, poi non si trattenne e spinse in avanti il bacino. Lui per un po’ glielo fece sentire, poi le strizzò un capezzolo e glielo negò. Lei gemette delusa ed esasperata.
Di nuovo la trattò come una bambola, rapido ed efficiente. La slegò e la rilegò al mobiletto basso rivestito di cuoio. Ginocchia fissate ai piedi di dietro, polsi fissati a quelli davanti. Olivia era aperta ed offerta. Lui la guardò mentre si spogliava, si levò la camicia, scalciò i mocassini, si levò i pantaloni. Olivia aveva girato la testa verso di lui, ma non vedeva bene. Era un corpo bianco, con muscoli lunghi e tonici, ventre piatto, guardò in mezzo alle gambe, ma vide poco. Poi lui si inginocchiò dietro di lei e lo sentì. Prima la mano che fece una rapida visita constatando che era fradicia e poi quell’affare che era lungo, affusolato e duro. Scivolò dentro di lei riempiendola e Olivia muggì.
Lui si mosse dapprima lentamente, poi più veloce, infine divenne una furia. Olivia stava impazzendo. Finalmente, era quello che voleva, un toro che la scopava con violenza, ardore e senza nessun riguardo. Lui le strizzò le tette e la fece mugolare e gemere sia di dolore che di piacere, poi la morse su una spalla. Olivia si inarcò fin dove poteva. Lo voleva e lui glielo stava dando. La fotteva senza remissione e lei iniziò a dire frasi senza senso. – Oh Dio… cazzo… finalmente… sìììì, fottimi così… - Venne, più volte, non seppe quante.
Lui la riempì di sborra e si accasciò su di lei. Anche lei si lasciò andare.
Cenarono in una saletta del piano terra, Olivia intuì che in quei saloni c’era altra gente che cenava o chiacchierava o faceva altro, ma non vide nessuno, lui la condusse per lunghi corridoi fiocamente illuminati a quella saletta con un tavolo rotondo riccamente addobbato dove si accomodò. Venne direttamente la cuoca a prendere le ordinazioni, si chiamava Bianca. Una bionda snella e con un bel seno, palesemente una schiava. Olivia seppe poi che era anche la moglie dell’autista. Il Master ordinò per tutti e due. Olivia era un po’ imbarazzata, lui l’aveva scopata in modo travolgente e lei aveva iniziato a dire un sacco di sciocchezze. Pensò che doveva dire qualcosa e iniziò da lì. Ridendo disse – chi sa cosa hai pensato delle sciocchezze che ho detto mentre… -
Lui le sorrise, - hai detto che ce l’ho duro e che ti stavo sfondando divinamente. E’ un gran complimento. –
Olivia arrossì. – Sì, ho detto proprio così, era quello che volevo e che voglio. –
- Abbiamo tutta la notte, ti fotterò fino a quando non dirai basta. –
Lui la svegliò baciandola sul collo e mettendole una mano tra le cosce. – Buongiorno Olivia – le disse.
Lei fece le fusa come una gatta e si avvinghiò a lui. – E’ già giorno? – rispose insonnolita.
- Sì, mia dolcissima amante – rispose lui montandola. – Tra un po’ dovrai andare via, ma prima ti voglio un’ultima volta. -
Lei l’accolse con gioia e allo stesso tempo andò nel panico. – Non voglio andare via – disse spingendo il bacino in avanti incontro al randello che la penetrava ed offrendo le labbra da baciare.
Lui affondò dentro di lei. – Il nostro patto è che al massimo tra qualche ora devi andare ed io ho un sacco di cose da fare. Mi dispiace perché sei stata deliziosa. All’altezza delle mie aspettative che sono sempre notevoli. –
La morse su un capezzolo e lei gridò, poi lo strinse a sé. Olivia era lusingata da quelle parole e quindi sperò. – Sei peggio del diavolo. Ti prego non mandarmi via. –
Lui la baciò e le morse le labbra, lei venne.
Olivia si senti molle, rilassata, soddisfatta e si teneva stretta al corpo del Master assorbendone calore e piacere, era impossibile, ma voleva possederlo, mentre quello sconosciuto voleva mandarla via. – Fammi rimanere per qualche giorno, non ti darò fastidio, farò tutto quello che vorrai. –
- E’ meglio se vai, qui potresti scoprire cose che proprio non ti piacciono, non hai neanche la minima idea di chi sono io e di quello che faccio. –
- Sono pronta a tutto, alla peggio mi deluderai, forse non sarebbe neanche male, potrei mettere una pietra sopra questa storia e non pensarci più. –
Lui la guardò severo ed al tempo stesso con un sorrisetto ironico, senza risponderle.
Si sentì bussare alla porta e lui sommessamente disse – avanti. –
La segretaria, la biondina matura, magra e algida, entrò seguita da un’altra biondina molto più giovane, una trentenne spaurita, timida e sottomessa, una cameriera che portava un enorme vassoio stracolmo di tante cose buone: caffè, latte, spremuta, brioche.
La cameriera era vestita in modo classico e severo, camicetta bianca e crestina, gonna e nera e grembiulino bianco, calze nere, scarpe tacco dodici. Bionda con gli occhi castani, il visetto fresco e leggermente truccato, minuta e magra, di seno una terza scarsa, cosce lunghe e nervose. Si chiamava Giulia.
Anna era vestita anche lei severamente e in modo classico, un tailleur che le cascava morbidamente, con calze nere e riga sul retro, scarpe nere con tacco dodici anche lei. La segretaria si muoveva disinvolta sugli alti tacchi, ma appariva comunque fragile e vulnerabile, d’altra parte era sempre disponibile e pronta, anche in quel momento.
- Buongiorno Signore e buongiorno Signora – salutò Anna, mentre la cameriera poggiava il tutto su un tavolino e iniziava a versare nelle tazze e nei bicchieri.
- Buongiorno Anna – rispose il Padrone, mentre Olivia si copriva con il lenzuolo e rispondeva con un cenno. – Cosa abbiamo oggi – continuò lui.
Anna guardò Olivia e poi il Padrone, ma attese a parlare.
- Parla tranquillamente, non è poi importante se Olivia scopre qualcosa. -
Anna tirò fuori da una tasca un minuscolo quadernetto e iniziò a snocciolare. – Stanotte sono arrivate tre schiave, siamo dovuti andarle a prenderle con il furgone: io, l’autista e la governante. –
- Tre schiave? – rispose sorpreso lui, - non sono troppe anche per me. -
- Svolgono funzioni diverse, una è una schiava sessuale e le altre sono qui come pet girl. -
– Continua. –
- Alle tredici ha un pranzo di lavoro con i consiglieri del club che presiede e alle sedici e trenta un incontro con la Direttrice. –
- Sì, mi ricordo. Altro? –
- No Signore, niente altro, per oggi e domani non sono previsti arrivi. –
Il Master stava sorseggiando un caffè, mentre Olivia stava bevendo una spremuta. La donna aveva seguito tutto il discorso e ci aveva capito poco, però era contenta di poter rimanere, per il resto… avrebbe capito ed era sempre in tempo a dire che voleva andar via, se quello che avesse visto non le fosse piaciuto. Intanto rispose – Sono felice di rimanere, non recherò disturbo e osserverò le sue disposizioni. – Olivia era ironica e seria allo stesso tempo. Lui la baciò. – Certo che farai quello che voglio. – Poi si rivolse ad Anna. - La signora mi terrà compagnia per il week end, provvedi a trasferire le sue cose in questa camera e se ha bisogno di qualcosa procuragliela. Puoi andare. –
Anna uscì ed il Master si rivolse a Giulia. – Spogliati Giulia, ci terrai compagnia sotto la doccia. –
La cameriera si affrettò a ubbidire ed in un minuto fu nuda. Fino a quel momento non aveva detto una parola, Olivia immaginò che parlava solo se interrogata. Era come pensava, invece non immaginava neanche lontanamente l’uso che al mattino ne faceva il suo Padrone.
Andarono sotto la doccia, era grande e c’era posto per tutti, il Master aprì il getto e l’acqua calda li avvolse mentre Giulia si inginocchiava tra le gambe del Padrone. Un attimo dopo il Master si liberava nella bocca alla schiava che la teneva spalancata cercando di accogliere tutto quello che era possibile, quando lui si svuotò accarezzò la schiava sulla gola – brava Giulia sei il miglior wc che abbia mai avuto. –
Un po’ di piscio le era finito in viso e le scivolava sul collo e sul corpo, ma l’acqua calda lo stava lavando via.
La schiava rimaneva in ginocchio. – E’ meglio se ti liberi anche tu – disse il Master rivolgendosi a Olivia, altrimenti Giulia ci rimane male. –
Olivia era scioccata, quell’uomo era mostruoso, ma… Lei era voluta rimanere lì, doveva immaginare che… Cosa doveva immaginare? E doveva telefonare a suo marito per dirgli che sarebbe rientrata solo lunedì. Che idea assurda pensare a suo marito in quel momento, ancora più assurdo era che invece di essere orripilata sentiva umido tra le gambe.
Mentre Olivia era persa nei suoi ragionamenti poco costruttivi, la schiava teneva ancora la bocca spalancata. Olivia la guardò, le faceva pena, ma stava aspettando che lei le pisciasse in bocca. Non poteva deluderla, le sorrise nervosamente, il Master l’incoraggiò sorridendole. Un attimo dopo Olivia si accosciò su Giulia, il Master la sostenne e Olivia si impose di farla, ci mise un po’, si vergognava, arrossì, ma poi lo scroscio arrivò ed inondo il viso di Giulia che l’accolse cercando di non perdere una goccia.
Olivia era rossa in viso mentre la schiava era tranquilla, era abituata e sembrava soddisfatta della sua funzione, poi la schiava timidamente allungò la lingua tra le sue gambe e la leccò.
Olivia si lasciò fare, il Master la stava baciando e lei si stava sciogliendo, era eccitata. Devo andare via da qui pensò o diventerò malata come loro, ma intanto era molle e calda.
Lui prese la schiava per la coda di cavallo e diresse quella bocca sul suo uccello, sostituì con le sue dita la lingua di Giulia e Olivia raggiunse un altro orgasmo.
Mostruoso e delizioso, ripugnante e stupendo pensò la donna.
- Sei sicura che vuoi rimanere qui? – le chiese ancora il Master. Giulia dopo le abluzioni li aveva avvolti negli accappatoi, poi li aveva massaggiati ed infine aveva aiutato Olivia a rivestirsi, poi era andata via.
- Sono un po’ scioccata, sì, ma rimango, voglio fare il mio bagno di perversioni. –
Lui le sorrise. – Qui nessuno obbliga nessuno, tutte ottengono quello che vogliono, io le spingo solo un po’ verso l’abisso, ma è quello che cercano. Chiaro? –
- Sì, di questo ne sono sicura. Non so neanche il tuo nome. –
- Non importa, puoi chiamarmi Master, Master Satisfaction o Signore. –
Olivia annuì come se le fosse tutto chiaro, in verità non ci capiva niente, ma voleva sperimentare, Non era prigioniera, poteva andare via quando voleva, forse.
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