Scarpette bianche
di
2 oriro
genere
feticismo
Mi piaceva molto ritagliarmi degli spazi miei per scaricarmi dalle incombenze del lavoro e della famiglia. Passeggiare da sola ero il mio svago preferito e quella mattina di giugno era favolosa e non volevo di certo perder l’occasione di muovermi all’aria aperta.
Era meraviglioso quel mattino, di cielo azzurrissimo. Il fogliame di un bel verde dai mille toni. Mi perdevo in quel silenzio della campagna. Avevo molto caldo, specie ai piedi a causa di quelle vecchie scarpette bianche, vissute e odorose. Mi inoltrai in una stradina bianca che non avevo mai percorso, poco più che un sentiero, che descriveva una curva che ne impediva un’ulteriore vista. Superata la curva mi trovai in un piccolo slargo, dove notai una casetta prefabbricata. Un uomo era impegnato in lavori di manutenzione. Mi salutò cordialmente ed io, per educazione, ma anche attirata da quella figura andai verso l’uomo. Era interessante, 50 anni, il corpo abbronzato che luccicava per il sudore. Iniziammo a chiacchierare e notai subito il suo interesse per me, per il mio corpo.
Aveva preso in affitto quella casetta per avere la tranquillità di attendere alle sue passioni in tutta tranquillità. Gli piaceva molto disegnare. Era molto perspicace e colse rapidamente dalla conversazione una certa mia insoddisfazione di quel periodo. Parlare con lui in certo modo mi distrasse e rasserenò: era bello vedere un interesse nei miei confronti; mi sentii valorizzata e così quando mi invitò a vedere i suoi disegni, accettai subito, ben consapevole che l'invito mirava a ben altro.
Mi raccontò dei suoi viaggi, degli incontri della sua vita. Il suo eloquio era brillante. Il linguaggio, ricercato e incisivo, mi catturava.
“Venga le faccio un caffè, Bevemmo il caffè seduti, mentre disponeva sul tavolo i suoi lavori. Mi mostrò i suoi disegni prevalentemente di nudi femminili.
- Credo che lei reggerebbe il confronto con queste modelle, su si tolga la maglietta., glielo dimostrerò. Non sia imbarazzata. Obbedii sapendo a cosa sarei andata incontro, e mi trovai a seno nudo. Continuava a parlare con voce calda, suadente, ipnotica mentre mi metteva in posa. Mi colpiva che continuasse a darmi del lei.
Ero in sofferenza e avrei voluto togliermi quelle maledette scarpe, ma logicamente non potevo. I piedi bollivano. Mi allentai i lacci.
- La vedo che sta soffrendo. Si tolga pure le scarpe. Le scarpe, sa, sono come le idee ossessive, possono soffocarci -
Si rilassi - e prendendo l’iniziativa mi tolse, gentile e deciso, le scarpe.
Mi prese delicatamente i piedi fra le sue mani e ne aspirò l’odore, inebriato, li baciò e leccò e succhiò, non trascurando alcuna parte: la pianta, il dorso e ciascun dito. Quel gesto, quel piacere che lui provava per i miei piedi era una novità gradevole e inedita per me.
- Si, sono un feticista del piede, godrò e mi appagherò dei suoi piedi perché lei so che non mi concederà altro.
Sapevo benissimo che non si sarebbe accontentato.
Ormai, non ero certa di cosa fare. Rinsavire ed andarmene o abbandonarmi a quella libidine che si era impadronita di me. La mia figa era invasa dalle secrezioni Mi lasciai andare abbandonandomi a quell’eccitazione che mi aveva preso: mi accarezzò delicatamente i seni tonici e ben fatti, mi sfilò i jeans e gli slip zuppi della mia eccitazione. Li odorò con voluttà. Continuai a lasciarlo fare. Sapevo di sbagliare ma ero attirata in quel gorgo di eccitata curiosità. Sorrise guardando il pelo pubico folto, segno di gioventù, bagnato e profumato. Mi leccò la figa bollente e bevve. Si ritrasse un attimo, per spogliarsi e rimanere a sua volta nudo. Mi colpì, il suo cazzo imponente, che pareva esserne quasi un’entità autonoma. Ormai la voglia mi aveva travolto e volevo essere sua e farmi riempire da quel grosso uccello.
Mi allargò le gambe, ponendo i miei piedi sulle sue spalle, e mi penetrò scivolando lentamente nella figa fradicia per poi aumentare la forza e la profondità dei colpi. L’eccitazione per l’avventura erotica mi sconvolgeva, avevo il ritmo cardiaco e il respiro molto accelerati. Sentii il suo cazzo palpitare dentro di me. La mia figa venne riempita, invasa. Quanto durò quella scopata! L’uomo era esperto di amore tantrico, e mi fece godere ripetutamente e gridai tutto il mio piacere travolta dagli orgasmi.
“Godi, libera le tue pulsioni, le tue voglie, urla, lasciati andare”. Prossimo a eiaculare mi spinse il cazzo in bocca e subito avvertii un primo schizzo sul palato e poi un bel getto di sperma mi invase la gola.
Ripresi il cammino di ritorno intimamente soddisfatta e rassicurata, con una ripresa consapevolezza di me e del mio aspetto.
Era meraviglioso quel mattino, di cielo azzurrissimo. Il fogliame di un bel verde dai mille toni. Mi perdevo in quel silenzio della campagna. Avevo molto caldo, specie ai piedi a causa di quelle vecchie scarpette bianche, vissute e odorose. Mi inoltrai in una stradina bianca che non avevo mai percorso, poco più che un sentiero, che descriveva una curva che ne impediva un’ulteriore vista. Superata la curva mi trovai in un piccolo slargo, dove notai una casetta prefabbricata. Un uomo era impegnato in lavori di manutenzione. Mi salutò cordialmente ed io, per educazione, ma anche attirata da quella figura andai verso l’uomo. Era interessante, 50 anni, il corpo abbronzato che luccicava per il sudore. Iniziammo a chiacchierare e notai subito il suo interesse per me, per il mio corpo.
Aveva preso in affitto quella casetta per avere la tranquillità di attendere alle sue passioni in tutta tranquillità. Gli piaceva molto disegnare. Era molto perspicace e colse rapidamente dalla conversazione una certa mia insoddisfazione di quel periodo. Parlare con lui in certo modo mi distrasse e rasserenò: era bello vedere un interesse nei miei confronti; mi sentii valorizzata e così quando mi invitò a vedere i suoi disegni, accettai subito, ben consapevole che l'invito mirava a ben altro.
Mi raccontò dei suoi viaggi, degli incontri della sua vita. Il suo eloquio era brillante. Il linguaggio, ricercato e incisivo, mi catturava.
“Venga le faccio un caffè, Bevemmo il caffè seduti, mentre disponeva sul tavolo i suoi lavori. Mi mostrò i suoi disegni prevalentemente di nudi femminili.
- Credo che lei reggerebbe il confronto con queste modelle, su si tolga la maglietta., glielo dimostrerò. Non sia imbarazzata. Obbedii sapendo a cosa sarei andata incontro, e mi trovai a seno nudo. Continuava a parlare con voce calda, suadente, ipnotica mentre mi metteva in posa. Mi colpiva che continuasse a darmi del lei.
Ero in sofferenza e avrei voluto togliermi quelle maledette scarpe, ma logicamente non potevo. I piedi bollivano. Mi allentai i lacci.
- La vedo che sta soffrendo. Si tolga pure le scarpe. Le scarpe, sa, sono come le idee ossessive, possono soffocarci -
Si rilassi - e prendendo l’iniziativa mi tolse, gentile e deciso, le scarpe.
Mi prese delicatamente i piedi fra le sue mani e ne aspirò l’odore, inebriato, li baciò e leccò e succhiò, non trascurando alcuna parte: la pianta, il dorso e ciascun dito. Quel gesto, quel piacere che lui provava per i miei piedi era una novità gradevole e inedita per me.
- Si, sono un feticista del piede, godrò e mi appagherò dei suoi piedi perché lei so che non mi concederà altro.
Sapevo benissimo che non si sarebbe accontentato.
Ormai, non ero certa di cosa fare. Rinsavire ed andarmene o abbandonarmi a quella libidine che si era impadronita di me. La mia figa era invasa dalle secrezioni Mi lasciai andare abbandonandomi a quell’eccitazione che mi aveva preso: mi accarezzò delicatamente i seni tonici e ben fatti, mi sfilò i jeans e gli slip zuppi della mia eccitazione. Li odorò con voluttà. Continuai a lasciarlo fare. Sapevo di sbagliare ma ero attirata in quel gorgo di eccitata curiosità. Sorrise guardando il pelo pubico folto, segno di gioventù, bagnato e profumato. Mi leccò la figa bollente e bevve. Si ritrasse un attimo, per spogliarsi e rimanere a sua volta nudo. Mi colpì, il suo cazzo imponente, che pareva esserne quasi un’entità autonoma. Ormai la voglia mi aveva travolto e volevo essere sua e farmi riempire da quel grosso uccello.
Mi allargò le gambe, ponendo i miei piedi sulle sue spalle, e mi penetrò scivolando lentamente nella figa fradicia per poi aumentare la forza e la profondità dei colpi. L’eccitazione per l’avventura erotica mi sconvolgeva, avevo il ritmo cardiaco e il respiro molto accelerati. Sentii il suo cazzo palpitare dentro di me. La mia figa venne riempita, invasa. Quanto durò quella scopata! L’uomo era esperto di amore tantrico, e mi fece godere ripetutamente e gridai tutto il mio piacere travolta dagli orgasmi.
“Godi, libera le tue pulsioni, le tue voglie, urla, lasciati andare”. Prossimo a eiaculare mi spinse il cazzo in bocca e subito avvertii un primo schizzo sul palato e poi un bel getto di sperma mi invase la gola.
Ripresi il cammino di ritorno intimamente soddisfatta e rassicurata, con una ripresa consapevolezza di me e del mio aspetto.
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