1 La mia nuova socia in affari
di
Marco Amorini
genere
masturbazione
Lavoro come dirigente per una grande multinazionale americana: guadagno bene e passo gran parte del mio tempo viaggiando per il mondo. Mi piace la buona cucina, il buon vino e in generale stuzzicare i miei e gli altrui sensi. Vivo una specie di doppia vita tra famiglia, lavoro e ... ma andiamo con ordine, perchè non è sempre stato così.
20 anni fa lavoravo per una azienda italiana di circa 300 dipendenti, operante nel settore high-tech. Il mio biglietto da visita diceva che ero direttore marketing ma mi faceva un po’ sorridere visto che la mia squadra era formata da una persona in lombardia e una part time nel nostro ufficio in veneto. Comunque questo mi permetteva di fare un lavoro interessante, seppur non molto ben pagato. Ne ero molto orgoglioso, visto l’impegno che avevo dovuto metterci, ma volevo molto di più e per questo continuavo a studiare e fare corsi.
All’epoca uscivo con una ragazza che aveva in mente solo di sposarsi e avere figli, e che voleva rimanere indipendente. Per questo si era trovata un lavoro serale in un call center mentre di giorno studiava all’università, rendendo di fatto molto difficile il vedersi se non nei fine settimana. Io stavo invece terminando un master ini marketing in Bocconi e il giro di amici che si era creato mi portava di tanto in tanto a frequentare delle feste e delle serate milanesi molto diverse da quelle a cui ero abituato.
Erano i posti dove andavi più a farti vedere, a conoscere questo o quella, a fare networking con altri manager e dirigenti. Non ne ero entusiasta, ma ci andavo.
E una sera la mia vita cambiò. Grazie ad un solo incontro.
Fabrizio aveva insistito molto per portarmi alla festa di Patricia. Non la conosceva nemmeno bene, ma era stato invitato e diceva che bisognava andarci. E poteva portare un amico, cioè me. Era giorni che mi parlava di questa ragazza inglese ma di madre sudamericana che, nonostante la giovane età, aveva già fondato una società di consulenza strategica a Londra e poi aveva aperto sedi in Belgio, Francia, Germania e ora era pronta per farlo a Milano. Una di buona famiglia, con alle spalle un padre che l’aveva finanziata pesantemente. Era essenziale starle intorno, entrare nel suo giro. C’erano grandi opportunità all’orizzonte.
La festa era a casa di Patricia. Un bellissimo appartamento che aveva affittato di recente a Milano in zona San Donato, su due piani, molto luminoso e arredato con uno stile moderno e minimalista. Quando entrammo lei ci venne incontro per darci il benvenuto e Fabrizio dovette spiegarle chi fossimo. Secondo me lei finse di ricordarsi di lui e di averlo invitato. Ero imbarazzatissimo. Lei invece era molto bella. Portava un vestito nero e corto che metteva in risalto il suo seno e un sedere che sembrava tornito. Non era alta, nonostante i tacchi, ma attirava davvero l’attenzione nonostante la presenza in grande quantità, come a tutte queste feste, di belle donne dai vestiti firmatissimi e dal fisico spaziale. Quella sera mi annoiai parecchio e per sfuggire al caos mi ritrovai sul piccolo terrazzino della cucina a pensare.
- Non ti diverti?
Mi voltai e dietro di me vidi Patricia che mi porgeva un calice di champagne
Accettai il bicchiere con un sorriso.
- No, la festa è deliziosa. Sono io che dopo un po’ ho bisogno di tranquillità. Si sta molto bene qui fuori. E’ una casa molto bella.
-Grazie. Comunque non vivo qui stabilmente. E tu non raccontarmi palle. Si vede che ti annoi. Anche io, in fondo. Non so nemmeno come ci sia arrivata tutta questa gente, metà non so chi sia.
- E io faccio chiaramente parte di quella metà – aggiunsi
La presi in contropiede. -No... non intendevo... - però è vero. Rimediamo subito.
Mi presentai nuovamente.
Iniziammo a chiacchierare, a bere altro champagne e poi a parlare ancora. Di viaggi, di idee, di sogni. Mi piaceva, Patricia, ma anche mi spaventava. Sognava in grande. Ci interruppe un tizio che arrivò all’improvviso, la prese per mano e la riportò in salotto. Il resto della serata passò lentamente e venne finalmente il momento di andarsene. Andai a salutarla.
- Te ne vai già? No, dai...
Erano quasi le due del mattino. Stavo già per uscire dall’appartamento, seguendo Fabrizio che mi doveva pure riaccompagnare alla macchina, quando Patricia mi abbracciò per salutarmi e mi sussurrò nell’orecchio – chiamami. Fallo domani o mai più. E mi mise in mano un biglietto da visita. Questo suo modo di fare, che oggi conosco molto bene, al momento mi spiazzò completamente.
In macchina Fabrizio mi fece il terzo grado. Aveva passato più tempo a guardare cosa facevo io che a godersi la festa. Non sapevo che dirgli. Una serata dalla fine inaspettata. Non riuscii a dormire.
La chiamai nel mezzogiorno. Mi disse di raggiungerla nel suo ufficio temporaneo, la sera stessa, senza darmi altre spiegazioni o indicazioni se non ancora una volta uno “stasera o mai più”. Quando arrivai mi portarono in una sala dove lei sedeva intorno ad un piccolo tavolo rotondo insieme ad altre 3 persone. Mi chiese di sedermi e mi disse chiaro e tondo cosa aveva in testa. Quella strana riunione durò fino a tarda notte e quando uscii avevo in mano un accordo di collaborazione per diventare il primo dipendente italiano della sua nuova filiale.
Era tutto così assurdo, ma anche intrigante. Mi licenziai e iniziai a lavorare con Patricia in modo molto, molto stretto. Si lavorava spesso a casa sua, e spesso fino a tardi. Era una donna imprevedibile. La sua priorità era il lavoro ma iniziava la giornata facendo yoga, andava in palestra a mezzogiorno e poi lasciava sempre del tempo per la meditazione. Ed era molto disinibita. Non ho mai capito se le piacesse mettere altre persone in imbarazzo per vedere come avrebbero reagito o se fosse davvero così.
Una sera stavamo lavorando a casa sua, al piano di sopra. Lei indossava una camicia bianca di lino, molto larga e lunga che le faceva in pratica anche da gonna. Io maglietta e pantaloni della tuta. Era stata una giornata pesante, molto stressante per via di alcuni problemi legali che stavamo affrontando, ed eravamo ancora alla scrivania a leggere le bozze dei contratti quando lei si alzò di colpo e disse
-basta, ho proprio bisogno di masturbarmi.
Rimasi spiazzato non poco, pensai fosse una delle sue solite uscite strane. E invece mi guardò e sorridendo mi chiese se non lo facessi anche io per rilassarmi. Credo che balbettai qualcosa ma non fui in grado di dare una risposta.
– Io mi metto sul letto. Vieni anche tu? Ancora non riuscii a dare una risposta di senso compiuto.
Mi prese per mano e mi tirò in camera.
-Vuoi che ti aiuti? Dissi, sentendomi immediatamente dopo un coglione. Rise.
- Magari dopo. Adesso mi è venuta un’idea interessante. Farai quello che dico io?
– si farfugliai
Mi guardò dritto negli occhi, sorridendo, con una intensità tale da fami venire una erezione solo così.
Entrammo in stanza. Lei che non staccava gli occhi dai miei e che mi tirava per la mano camminando lentamente all’indietro. Arrivò al letto e mi lasciò la mano, ma continuò a guardarmi negli occhi. Si chinò e si sfilò le mutande. Poi mi chiese se portavo i boxer. Dissi di si. Mi sfilò lentamente i pantaloni della tuta. Avvicinai la mano ai suoi capelli ma la fermò.
– Non ti ho detto di toccarmi. Fai solo quello che ti dico io. Chiaro?
Mi lasciò lì e andò a sistemare dei cuscini, poi si sdraiò sul letto e mi disse di sedermi di fronte a lei. Mi disse esattamente come farlo, perchè mi disse che voleva vedere la mia erezione sotto i boxer. Poi ricominciò a fissarmi negli occhi
– ora guardami godere.
Allargò lentamente le gambe rivelando una figa perfettamente depilata e già lucida di umori. La situazione eccitava anche lei. Iniziò a sfiorarsi, lentamente, mentre l’altra mano teneva aperte le grandi labbra. Ansimava, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi. Iniziai a toccarmi anche io ma lei mi fermò. Voleva che la guardassi solamente. Poi chiuse gli occhi, accelerò il ritmo. Due dita della mano destra ora sparivano e ricomparivano, dentro e fuori da quella figa rumorosa mentre la sinistra aveva aperto la camicia e le toccava con forza i seni. Godeva, godeva forte. Poi aprì di nuovo gli occhi.
– Ti prego, leccamela. Adesso!
Avevo il cazzo che scoppiava. Mi avvicinai. Le misi le mani sulle caviglie e le feci correre lungo le gambe morbide e lisce fino a sfiorare la sua mano che ancora la penetrava. Avvicinai la faccia lasciando che la mia barba solleticasse il suo interno coscia. Allargò ancor di più le gambe. Mi ci tuffai. Iniziai a leccarle il clitoride e a succhiarglielo un po’. Una sua mano era tra i miei capelli, l’altra sul seno. Le mie le cingevano i fianchi e correvano su quel culo meraviglioso.
“si... dai... continua così.... Fammi godere. Fammi venire!! “ continuava a dire, finchè non iniziò a tremare alzando il bacino verso il mio volto e prendendomi per i capelli con forza con entrambe le mani. La sentivo emettere uno strano verso, quasi volesse soffocare un urlo digrignando i denti. Era un lago, e io cercai di continuare a leccarla ma le sue mani mi spinsero via.
– Fermati... fermati! Mi disse con il fiato rotto. Mi fermai, appoggiando la faccia alla sua coscia ma continuando a muovere le mani su quei fianchi vellutati. Rimanemmo così, in silenzio, per forse alcuni minuti. Poi riprese a muoversi e mi disse di sdraiarmi . Lo feci senza dire una parola. Si mise ai miei piedi e mi sfilò i boxer.
– Stai fermo, ora tocca a te godere.
Mi allargò un po’ le gambe e si mise a cavalcioni della mia destra, facendomi sentire sulla pelle l’umido della sua figa. Si era tolta del tutto la camicia ed era completamente nuda, con quelle magnifiche tette che cercai di raggiungere con le mie mani. Me lo impedì.
– Fermo. Faccio io. Le piaceva comandare e controllare.
Mi sfiorò il cazzo già in tiro con la mano, lo scappellò e si avvicinò lentamente prendendo in bocca solo la punta. Si rialzò lasciando un fiotto di saliva che scendeva lungo l’asta. Ricominciò a guardarmi intensamente negli occhi, uno sguardo magnetico che non lasciava spazio ad altro se non a lei. Iniziò a segarmi lentamente, molto lentamente. Variava la pressione della mano, a volte roteando anche il polso. Quasi non riuscivo a respirare.
– Voglio farti godere. Voglio vederti mentre godi mi disse.
Poi, senza smettere di segarmi, si alzo sulle ginocchia e si mise due dita in figa, iniziando a masturbarsi sempre più velocemente. Mi guardava e ansimava, mentre anche io stavo godendo come mai avevo goduto.
– vengo Patricia!....Vengooo dissi in preda a delle contrazioni fortissime. Il mio cazzo eruttò letteralmente, un getto di sborra di almeno 20 centimetri seguito da altra e altra ancora. La sua mano aveva accelerato e l’altra aveva smesso di occuparsi della sua figa per posarsi sul mio petto. Ero sfinito. Lei continuava a guardarmi negli occhi. Tolse la mano dal mio cazzo e, lentamente, se la portò alla bocca leccando parte della sborra che era colata. – Sai di buono mi disse.
Poi si alzò e si diresse verso la doccia. La seguii, ma mi non volle fare la doccia insieme e aspettai il mio turno. Ci lavammo velocemente e poi, visto che si era fatto tardi, mi offrì di rimanere lì a dormire.
– Ti preparo il divano letto mi disse. Tornai a casa, con la testa piena di pensieri confusi ma una sensazione bellissima. Continuammo a lavorare insieme nei giorni successivi, come se non fosse successo nulla tranne per il fatto che secondo me ci sentivamo molto più... vicini.
Un giorno, settimane dopo, in una delle sue solite uscite estemporanee mi disse – Sai, sei bellissimo quando hai un orgasmo.
20 anni fa lavoravo per una azienda italiana di circa 300 dipendenti, operante nel settore high-tech. Il mio biglietto da visita diceva che ero direttore marketing ma mi faceva un po’ sorridere visto che la mia squadra era formata da una persona in lombardia e una part time nel nostro ufficio in veneto. Comunque questo mi permetteva di fare un lavoro interessante, seppur non molto ben pagato. Ne ero molto orgoglioso, visto l’impegno che avevo dovuto metterci, ma volevo molto di più e per questo continuavo a studiare e fare corsi.
All’epoca uscivo con una ragazza che aveva in mente solo di sposarsi e avere figli, e che voleva rimanere indipendente. Per questo si era trovata un lavoro serale in un call center mentre di giorno studiava all’università, rendendo di fatto molto difficile il vedersi se non nei fine settimana. Io stavo invece terminando un master ini marketing in Bocconi e il giro di amici che si era creato mi portava di tanto in tanto a frequentare delle feste e delle serate milanesi molto diverse da quelle a cui ero abituato.
Erano i posti dove andavi più a farti vedere, a conoscere questo o quella, a fare networking con altri manager e dirigenti. Non ne ero entusiasta, ma ci andavo.
E una sera la mia vita cambiò. Grazie ad un solo incontro.
Fabrizio aveva insistito molto per portarmi alla festa di Patricia. Non la conosceva nemmeno bene, ma era stato invitato e diceva che bisognava andarci. E poteva portare un amico, cioè me. Era giorni che mi parlava di questa ragazza inglese ma di madre sudamericana che, nonostante la giovane età, aveva già fondato una società di consulenza strategica a Londra e poi aveva aperto sedi in Belgio, Francia, Germania e ora era pronta per farlo a Milano. Una di buona famiglia, con alle spalle un padre che l’aveva finanziata pesantemente. Era essenziale starle intorno, entrare nel suo giro. C’erano grandi opportunità all’orizzonte.
La festa era a casa di Patricia. Un bellissimo appartamento che aveva affittato di recente a Milano in zona San Donato, su due piani, molto luminoso e arredato con uno stile moderno e minimalista. Quando entrammo lei ci venne incontro per darci il benvenuto e Fabrizio dovette spiegarle chi fossimo. Secondo me lei finse di ricordarsi di lui e di averlo invitato. Ero imbarazzatissimo. Lei invece era molto bella. Portava un vestito nero e corto che metteva in risalto il suo seno e un sedere che sembrava tornito. Non era alta, nonostante i tacchi, ma attirava davvero l’attenzione nonostante la presenza in grande quantità, come a tutte queste feste, di belle donne dai vestiti firmatissimi e dal fisico spaziale. Quella sera mi annoiai parecchio e per sfuggire al caos mi ritrovai sul piccolo terrazzino della cucina a pensare.
- Non ti diverti?
Mi voltai e dietro di me vidi Patricia che mi porgeva un calice di champagne
Accettai il bicchiere con un sorriso.
- No, la festa è deliziosa. Sono io che dopo un po’ ho bisogno di tranquillità. Si sta molto bene qui fuori. E’ una casa molto bella.
-Grazie. Comunque non vivo qui stabilmente. E tu non raccontarmi palle. Si vede che ti annoi. Anche io, in fondo. Non so nemmeno come ci sia arrivata tutta questa gente, metà non so chi sia.
- E io faccio chiaramente parte di quella metà – aggiunsi
La presi in contropiede. -No... non intendevo... - però è vero. Rimediamo subito.
Mi presentai nuovamente.
Iniziammo a chiacchierare, a bere altro champagne e poi a parlare ancora. Di viaggi, di idee, di sogni. Mi piaceva, Patricia, ma anche mi spaventava. Sognava in grande. Ci interruppe un tizio che arrivò all’improvviso, la prese per mano e la riportò in salotto. Il resto della serata passò lentamente e venne finalmente il momento di andarsene. Andai a salutarla.
- Te ne vai già? No, dai...
Erano quasi le due del mattino. Stavo già per uscire dall’appartamento, seguendo Fabrizio che mi doveva pure riaccompagnare alla macchina, quando Patricia mi abbracciò per salutarmi e mi sussurrò nell’orecchio – chiamami. Fallo domani o mai più. E mi mise in mano un biglietto da visita. Questo suo modo di fare, che oggi conosco molto bene, al momento mi spiazzò completamente.
In macchina Fabrizio mi fece il terzo grado. Aveva passato più tempo a guardare cosa facevo io che a godersi la festa. Non sapevo che dirgli. Una serata dalla fine inaspettata. Non riuscii a dormire.
La chiamai nel mezzogiorno. Mi disse di raggiungerla nel suo ufficio temporaneo, la sera stessa, senza darmi altre spiegazioni o indicazioni se non ancora una volta uno “stasera o mai più”. Quando arrivai mi portarono in una sala dove lei sedeva intorno ad un piccolo tavolo rotondo insieme ad altre 3 persone. Mi chiese di sedermi e mi disse chiaro e tondo cosa aveva in testa. Quella strana riunione durò fino a tarda notte e quando uscii avevo in mano un accordo di collaborazione per diventare il primo dipendente italiano della sua nuova filiale.
Era tutto così assurdo, ma anche intrigante. Mi licenziai e iniziai a lavorare con Patricia in modo molto, molto stretto. Si lavorava spesso a casa sua, e spesso fino a tardi. Era una donna imprevedibile. La sua priorità era il lavoro ma iniziava la giornata facendo yoga, andava in palestra a mezzogiorno e poi lasciava sempre del tempo per la meditazione. Ed era molto disinibita. Non ho mai capito se le piacesse mettere altre persone in imbarazzo per vedere come avrebbero reagito o se fosse davvero così.
Una sera stavamo lavorando a casa sua, al piano di sopra. Lei indossava una camicia bianca di lino, molto larga e lunga che le faceva in pratica anche da gonna. Io maglietta e pantaloni della tuta. Era stata una giornata pesante, molto stressante per via di alcuni problemi legali che stavamo affrontando, ed eravamo ancora alla scrivania a leggere le bozze dei contratti quando lei si alzò di colpo e disse
-basta, ho proprio bisogno di masturbarmi.
Rimasi spiazzato non poco, pensai fosse una delle sue solite uscite strane. E invece mi guardò e sorridendo mi chiese se non lo facessi anche io per rilassarmi. Credo che balbettai qualcosa ma non fui in grado di dare una risposta.
– Io mi metto sul letto. Vieni anche tu? Ancora non riuscii a dare una risposta di senso compiuto.
Mi prese per mano e mi tirò in camera.
-Vuoi che ti aiuti? Dissi, sentendomi immediatamente dopo un coglione. Rise.
- Magari dopo. Adesso mi è venuta un’idea interessante. Farai quello che dico io?
– si farfugliai
Mi guardò dritto negli occhi, sorridendo, con una intensità tale da fami venire una erezione solo così.
Entrammo in stanza. Lei che non staccava gli occhi dai miei e che mi tirava per la mano camminando lentamente all’indietro. Arrivò al letto e mi lasciò la mano, ma continuò a guardarmi negli occhi. Si chinò e si sfilò le mutande. Poi mi chiese se portavo i boxer. Dissi di si. Mi sfilò lentamente i pantaloni della tuta. Avvicinai la mano ai suoi capelli ma la fermò.
– Non ti ho detto di toccarmi. Fai solo quello che ti dico io. Chiaro?
Mi lasciò lì e andò a sistemare dei cuscini, poi si sdraiò sul letto e mi disse di sedermi di fronte a lei. Mi disse esattamente come farlo, perchè mi disse che voleva vedere la mia erezione sotto i boxer. Poi ricominciò a fissarmi negli occhi
– ora guardami godere.
Allargò lentamente le gambe rivelando una figa perfettamente depilata e già lucida di umori. La situazione eccitava anche lei. Iniziò a sfiorarsi, lentamente, mentre l’altra mano teneva aperte le grandi labbra. Ansimava, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi. Iniziai a toccarmi anche io ma lei mi fermò. Voleva che la guardassi solamente. Poi chiuse gli occhi, accelerò il ritmo. Due dita della mano destra ora sparivano e ricomparivano, dentro e fuori da quella figa rumorosa mentre la sinistra aveva aperto la camicia e le toccava con forza i seni. Godeva, godeva forte. Poi aprì di nuovo gli occhi.
– Ti prego, leccamela. Adesso!
Avevo il cazzo che scoppiava. Mi avvicinai. Le misi le mani sulle caviglie e le feci correre lungo le gambe morbide e lisce fino a sfiorare la sua mano che ancora la penetrava. Avvicinai la faccia lasciando che la mia barba solleticasse il suo interno coscia. Allargò ancor di più le gambe. Mi ci tuffai. Iniziai a leccarle il clitoride e a succhiarglielo un po’. Una sua mano era tra i miei capelli, l’altra sul seno. Le mie le cingevano i fianchi e correvano su quel culo meraviglioso.
“si... dai... continua così.... Fammi godere. Fammi venire!! “ continuava a dire, finchè non iniziò a tremare alzando il bacino verso il mio volto e prendendomi per i capelli con forza con entrambe le mani. La sentivo emettere uno strano verso, quasi volesse soffocare un urlo digrignando i denti. Era un lago, e io cercai di continuare a leccarla ma le sue mani mi spinsero via.
– Fermati... fermati! Mi disse con il fiato rotto. Mi fermai, appoggiando la faccia alla sua coscia ma continuando a muovere le mani su quei fianchi vellutati. Rimanemmo così, in silenzio, per forse alcuni minuti. Poi riprese a muoversi e mi disse di sdraiarmi . Lo feci senza dire una parola. Si mise ai miei piedi e mi sfilò i boxer.
– Stai fermo, ora tocca a te godere.
Mi allargò un po’ le gambe e si mise a cavalcioni della mia destra, facendomi sentire sulla pelle l’umido della sua figa. Si era tolta del tutto la camicia ed era completamente nuda, con quelle magnifiche tette che cercai di raggiungere con le mie mani. Me lo impedì.
– Fermo. Faccio io. Le piaceva comandare e controllare.
Mi sfiorò il cazzo già in tiro con la mano, lo scappellò e si avvicinò lentamente prendendo in bocca solo la punta. Si rialzò lasciando un fiotto di saliva che scendeva lungo l’asta. Ricominciò a guardarmi intensamente negli occhi, uno sguardo magnetico che non lasciava spazio ad altro se non a lei. Iniziò a segarmi lentamente, molto lentamente. Variava la pressione della mano, a volte roteando anche il polso. Quasi non riuscivo a respirare.
– Voglio farti godere. Voglio vederti mentre godi mi disse.
Poi, senza smettere di segarmi, si alzo sulle ginocchia e si mise due dita in figa, iniziando a masturbarsi sempre più velocemente. Mi guardava e ansimava, mentre anche io stavo godendo come mai avevo goduto.
– vengo Patricia!....Vengooo dissi in preda a delle contrazioni fortissime. Il mio cazzo eruttò letteralmente, un getto di sborra di almeno 20 centimetri seguito da altra e altra ancora. La sua mano aveva accelerato e l’altra aveva smesso di occuparsi della sua figa per posarsi sul mio petto. Ero sfinito. Lei continuava a guardarmi negli occhi. Tolse la mano dal mio cazzo e, lentamente, se la portò alla bocca leccando parte della sborra che era colata. – Sai di buono mi disse.
Poi si alzò e si diresse verso la doccia. La seguii, ma mi non volle fare la doccia insieme e aspettai il mio turno. Ci lavammo velocemente e poi, visto che si era fatto tardi, mi offrì di rimanere lì a dormire.
– Ti preparo il divano letto mi disse. Tornai a casa, con la testa piena di pensieri confusi ma una sensazione bellissima. Continuammo a lavorare insieme nei giorni successivi, come se non fosse successo nulla tranne per il fatto che secondo me ci sentivamo molto più... vicini.
Un giorno, settimane dopo, in una delle sue solite uscite estemporanee mi disse – Sai, sei bellissimo quando hai un orgasmo.
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