Sull'autobus

di
genere
etero

Vi racconterò ora di un’esperienza vissuta all’inizio di quest’autunno, verso la metà di settembre. Molti di voi saranno portati a pensare che si tratti esclusivamente del frutto della mia fantasia, ma una persona fra le altre saprà per certo che è solo il racconto della pura realtà. E questo, non perché gli è stato raccontato, ma perché questa persona è la protagonista, come me, della vicenda che sto per raccontarvi.
Questo racconto narra infatti della nascita di questa nostra particolare amicizia.

Come ho già detto eravamo verso la metà di settembre. A Torino, dopo gli ultimi caldi estivi, una settimana di tempo uggioso aveva ingrigito la città, un’anteprima dell’autunno imminente.
Anche quel giorno una pioggerellina fastidiosa non aveva cessato di scendere dal cielo plumbeo, rendendo lucidi i marciapiedi e umidi i capelli delle donne. Soprattutto di quelle, come me, che quel giorno erano uscite dall’ufficio senza ricordarsi di prendere l’ombrello.
Alle sei di sera era ancora piuttosto chiaro, un raggio di sole pallido filtrava fra le nubi, facendo luccicare le pozzanghere in mezzo alla strada. La pietra dei marciapiedi era piuttosto scivolosa, così, mi incamminai lentamente verso la fermata del bus. La pioggerellina mi bagnava il viso, i miei lunghi capelli castani, facendomeli arricciare più del solito, ma non era una pioggia fastidiosa, solo goccioline impercettibili, che davano al quartiere un aspetto fatato. Inoltre, vestita con tailleur e tacchi alti, preferivo beccarmi la pioggia, piuttosto che rischiar di scivolare e rompermi qualche ossa, perciò, quando finalmente giunsi alla fermata ero bagnata a dalla testa ai piedi.
Fortunatamente il 61 arrivò dopo pochi secondi, anche se, come al solito, era pieno zeppo di ragazzi, per lo più studenti universitari che in quei giorni avevano ricominciato a frequentare le lezioni.
Salii dalla porta in fondo e, dato che i posti a sedere eran tutti occupati, dovetti rimanere in piedi, schiacciata contro la porta. Non era la prima volta che mi trovavo bloccata in piedi, anzi, era quasi la norma; meno male che la stazione non era troppo lontana!
Finalmente il bus ripartì; io, per tenermi in equilibrio, mi aggrappai al maniglione a lato della porta.
Non avevamo fatto che duecento metri quando ci fermammo alla fermata successiva. Il mezzo era già zeppo di gente, ma come era prevedibile, giunti in via Po', diversi studenti stavano aspettando di salire. Io mi spostai più che potevo in avanti così da permettere ad un paio di ragazzi di salire. Quando si richiusero le porte, però,. Eravamo davvero pressati l’uno contro l’altro. Con tutta quella gente era impossibile muoversi, non c’era nemmeno bisogno di tenersi aggrappati da qualche parte: così ammassati sarebbe stato impossibile anche cadere!
Dietro di me, però, un ragazzo allungò il braccio sinistro, proprio di fianco alla mia testa, per attaccarsi al palo d’acciaio. Non potevo vederlo, ma eravamo l’uno contro l’altro, la mia schiena contro il suo petto. Da quando s’era aggrappato a quell’appiglio le mie narici furono colpite da un profumo intenso, sembrava il profumo di un dopobarba piuttosto forte, dalle note aromatiche intense. Doveva essere il suo, pensai, ma non ci feci molto caso.. in quel casino di gente era difficile orientare anche i propri sensi. Li per li non feci nemmeno caso al fatto che i nostri corpi fossero così appiccicati, il pullman era così pieno da non lasciare granché spazio ai passeggeri, e non feci neanche troppo caso ai movimenti che il suo bacino faceva, sfregando contro il mio fondoschiena; dopotutto era impossibile starsene fermi con tutti quegli scossoni.
Iniziai però a farci caso quando, mentre eravamo fermi ad un semaforo, capii che quei movimenti erano studiati… e soprattutto… quando incominciai a percepire un qualcosa di duro puntare contro il mio fondoschiena.
Non ci misi molto a capire di cosa si trattava e la cosa mi fece subito un certo piacere. Solo non potevo essere sicura che quell’ indizio di eccitazione maschile fosse voluta dal ragazzo, o comunque dovuta alle mie grazie, così, non appena ebbi la possibilità, mi spostai leggermente in avanti di un passo. Se non mi segue, pensai, vuol dire che non è merito mio..
E invece, con mia grande sorpresa, ma, soprattutto, con mia grande soddisfazione, lo sentii subito riavvicinarsi alle mie spalle, e puntarmi nuovamente contro il sedere la sua arma carica. A quel punto mi sforzai per farlo impazzire. Sempre facendo finta di niente arretrai lievemente, in modo da sentirlo premuto contro di me, poi incominciai a dondolarmi con il busto, come una scolaretta, a destra e sinistra, in modo da strofinare il mio culone contro la sua patta bollente.
La cosa più eccitante era che tutto ciò avveniva alla luce del sole, in presenza di una marea di gente stanca dopo la sua giornata faticosa, e per di più con un estraneo che non avevo ancora potuto guardare in faccia.
La mia sfrontataggine era esasperata da questa situazione: ad un certo punto, quando ormai non ce la facevo più e quell’arnese contro di me sembrava esser diventato di marmo, allungai una mano lungo i miei fianchi, ridiscendendo indietro e facendo finta di sistemarmi le falde della gonna, spostai la mano verso la patta dello sconosciuto.
Solo appoggiandoci sopra la mano potei accorgermi di quando doveva essere eccitato. Attraverso quella tela ruvida potevo sentire un cazzo bello duro, gonfio tanto da emergere dalle mutande e spingere verso i pantaloni, come se, guidato da una forza sconosciuta volesse uscire da quella gabbia e farsi largo in me.
Il ragazzo dal canto suo, sembrò soddisfatto di questo mio passo in avanti, perciò lo sentii premere ancor più forte contro il mio sedere e, approfittando dei sobbalzi del pullman, darmi due bei colpetti, quasi a volermi far intendere quali fossero le sue intenzioni.
Tutto questo non faceva altro che eccitarmi ulteriormente, sentivo fra le gambe la mia figa farsi liquida, tanto la situazione s’era fatta intrigante.
Quando alla fermata successiva i ragazzi dietro di noi scesero, pensai che ci saremmo potuti allargare più comodamente, ma la massa di gente salita dalle porte centrali ci fece arretrare ancora, così che io e il mio misterioso ragazzo non potemmo far altro che sistemarci sugli scalini, io su quello superiore, lui su quello dietro, l’ultimo prima della porta. Che rabbia! Proprio ora che il gioco s’era fatto così interessante! Fino a quando il mezzo non si rimise in moto non sentii alcunché, solo il suo torace sempre appoggiato alla mia schiena e così fino a quando non facemmo un altro centinaio di metri e ci dovemmo fermare a causa del traffico infernale.
Fu a quel punto che, senza che proprio me l’aspettassi, sentii una mano accarezzarmi una gamba, la destra, proprio sotto l’orlo della gonna. Mmmmmmmm! Che sensazione incredibile! La sua mano era calda, morbida. Si appoggiò inizialmente poco sopra il ginocchio, ma lentamente la sentii spostarsi verso l’interno coscia e poi salire… lentamente. In quel momento ero scossa dai brividi… una scarica elettrica continua mi saliva da quei lembi di pelle alla schiena e lungo la colonna vertebrale, fin al cervello. Incominciai a sentire un certo calore al viso e al torace; dovevo essere rossa come un peperone.
Naturalmente però non potevo darlo a vedere, così continuavo a starmene immobile, scrutando con la coda dell’occhio se qualcuno poteva accorgersi di qualcosa, ma, con mia grande felicità mi accorsi presto che nella nostra posizione era impossibile che qualcuno potesse vedere alcunché.
Mentre mi arrovellavo al mente con tutti quei pensieri, intanto, il ragazzo aveva continuato la sua operazione e pian piano, scorrendo la pelle morbida e vellutata delle cosce, era arrivato fin all’altezza del perizoma.
I suoi movimenti erano calmi, tranquilli. Anche lui doveva trovarsi nella mia stessa situazione e non poteva che agire con prudenza se non voleva che qualcuno ci scoprisse. Sentivo però che, messo com’era incontrava difficoltà a farsi largo con le dita, ciononostante continuava a premere a lato del perizoma, cercando di scostarlo e giungere alla meta tanto ambita.
Per agevolargli il compito scostai leggermente le cosce e così, in un battibaleno, percepii le sue dita spostare lateralmente il pezzetto di stoffa e premere leggermente contro le mie labbra che, ripiene di umori caldi come dovevano essere, si schiusero immediatamente, lasciando penetrare al mio interno un corpo affusolato e liscio…
Mammmmmmmm… indimenticabile! La sensazione della tua figa che si riempie è una sensazione unica, impossibile da spiegare.. Anche se si trattava solo di un dito, mi sembrava di essere penetrata da un gigante: i miei sensi erano così recettivi, caricati com’erano da quella situazione elettrizzante, che lo sentivo distintamente muoversi dentro di me, mentre l’altro rimaneva fuori, a strofinarsi contro le mie labbra morbide e il mio clitoride che più sensibile non poteva essere.
Era incredibile, mi dovevo mordere le labbra per non farmi sfuggire qualche gemito di passione
In quel momento, però, fui colta da una tremenda paura… Andava bene stuzzicarci un po', però ora… stavamo davvero esagerando.. I miei però non erano ragionamenti moralistici, il mio terrore era che qualcuno ci scoprisse e dato che quella gente quasi tutte le sere la incrociavo su quel pullman… Inoltre eravamo fermi in un ingorgo, a qualcuno poteva sembrare strana la nostra posizione così particolare, appoggiati di sbieco al corrimano della scala…
Sopraffatta da tutti questi pensieri, mi decisi allora a porre fine a quel gioco; approfittando di un piccolo spazio sul gradino di fronte, feci per salirci sopra, alzando il piede sinistro per farmi avanti… Pensavo che con quel gesto il ragazzo avrebbe capito e avesse lascito scivolare fuori le dita dalla mia guaina bollente, ma mi sbagliavo.
Quando avevo già poggiato il piede sullo scalino e stavo per staccarmi da terra anche con l’altro, una forza incredibile, attraverso la mia vagina, mi fece sbilanciare e tornarmene al posto di partenza. Con un solo dito, agganciato saldamente nella mia figa, m’aveva riportato indietro. Era un modo per dirmi che, a quel punto, non potevo più sfuggirgli.
Il gesto era stato un po' brusco, mi aveva anche fatto un po' male, ma in quel momento la mia mente era tutta in agitazione: temevo che qualcuno avesse potuto accorgersi di qualcosa, a causa del movimento goffo che avevo effettuato. Me ne stavo appoggiata completamente sul torace del ragazzo, facendo finta di niente, ma con il cuore che batteva come una mitragliatrice.
Anche lo sconosciuto doveva pensare a questo, perché per un bel po' se ne rimase tranquillo, il dito sempre saldo dentro di me, ma immobile.
Finalmente il bus ripartì. Approfittando degli scossoni il mio misterioso ragazzo si fece di nuovo alla carica, fino ad avvicinarsi con la bocca alle mie orecchie:
- Dai, non scappare – mi sussurrò con voce calda e profonda – ci divertiamo un po'…
E pronunciando queste parole mi inserì anche il secondo dito nella figa, spingendomelo bene in fondo.
Io non sapevo più che pesci pigliare: non che fossi spaventata dalla cosa, tutt’altro! Ero eccitata come una cagna in calore! Solo che la tensione mi stava uccidendo; non vedevo l’ora che il pullman giungesse finalmente in stazione. Maledetto traffico!
Il bus infatti procedeva a rilento, mancavano ancora 4 fermate alla destinazione e di quel passo ci avremmo impiegato ancora un bel po' di tempo.
Fui risvegliata dai miei pensieri quando sentii la sua mano appoggiarmi delicatamente ai fianchi e tirarmi verso di se, in un angolo
- Stai tranquilla, tesoro. Se stai ferma così non ci vedrà nessuno
Io mi lasciai allora guidare dalla sua mano e mi spostai leggermente di lato, per poi appoggiarmi di nuovo a lui. In quella posizione non potevamo essere visti, se facevamo con calma…
Le sue dita allora si fecero sempre più insinuanti. Le sentivo scivolare nelle mie carni, uscire e rientrare lentamente. Io ero tutta un bollore, dovevo lottare contro me stessa per stare immobile, quando la mia passionalità mi avrebbe voluta far dimenare come un’ ossessa.
Ad un certo punto sentii sfilarsi un dito, quello più piccolo, facilmente il dito indice.
Mentre il medio continuava a roteare con movimenti studiati all’ interno del mio fiore, percepii una leggera pressione del mio ano. Mi stava solleticando con quel dito umido, mi massaggiava quel bocciolo carnoso… Tutto questo era molto eccitante, ma ad un tratto sostituì all’indice il pollice e incominciò a premere per entrare.
Ma… era diventato pazzo!? Cosa voleva fare con quel pollicione?
Per tutta risposta m’irrigidii e strinsi le natiche così da impedirgli ogni avanzata.
- Stai brava, se fai così diventa tutto più difficile… - mi disse all’orecchio, e con queste parole lo sentii continuare a spingere, premere contro il mio buco del culo, le mie carni molli e accaldate.
Io dal canto mio mi mantenevo rigida, sperando che di fronte alla mia decisone cambiasse idea, ma…
- Bé… - sospirò – peggio per te, te lo sei cercata
E con quelle parole la spinta impressa dal pollice si fece incredibile. Nonostante la mia morsa riuscì a farsi largo per un buon centimetro, al che il dolore si fece troppo forte e dovetti arrendermi a scostare ulteriormente le cosce.
Ancora in tensione per lo sforzo che aveva dovuto fare, al mio cedimento lo sentii perforarmi le carni, sfondare la morsa dello sfintere ed entrare per tutta la sua lunghezza.
A quel punto una fitta di dolore incredibile mi attanagliò le budella, tanto da farmi scappare un gemito, trattenuto a stento mentre mi mordevo le labbra.
Qualcuno davanti a me dovette sentirmi, perché fecero per voltarsi, ma un po'’ per il casino, un po' perché in mezzo al traffico i rumori erano attutiti, nessuno ebbe la curiosità di accertare la causa di quel mio sfogo.
Di nuovo la tensione s’era impadronita delle mie facoltà così neanche emi ero accorta di avere entrambe le mie guaine piene di carne maschile. Carne viva che iniziò presto a muoversi e che così mi riportò bruscamente alla realtà.
Nonostante io sia ormai piuttosto slabbrata, un pollicione nel culo, senza un eccessiva lubrificazione mi stava facendo dannare. Era stato così poco coccolato e massaggiato che una volta pieno di quel paletto mi bruciava incredibilmente, e potevo sentire distintamente le pulsazioni delle mie carni contro il suo dito.
Anche il ragazzo dovette accorgersi di aver esagerato, perché si avvicinò di nuovo alle mie orecchie, sottovoce:
- Se fa troppo male spostati pure in avanti… io uscirò…
Ma io non avevo nessuna intenzione di lasciar perdere proprio ora! Mai mi sarebbe capitata una situazione simile! Inoltre il fatto che dopo più di dieci minuti di giochi piuttosto caldi non avessi ancora potuto vedere il mio molestatore, mi eccitava da impazzire. Chissà chi è costui? Si vede che gli piaccio… che porco! E che troia che sono! - pensavo.
Per tutta risposta allora allentai più che potevo la mia stretta, cercando di rilassare i muscoli dell’ano. Lui dovette accorgersene perché se ne stette per un attimo fermo, immobile, poi, quando iniziavo ad essere più tranquilla, incominciò a muovere le dita lentamente, le spingeva in fuori per poi rientrare.
In pochi secondi incominciai a sentire un certo piacere… Soprattutto il suo pollice nel culo mi dava le sensazioni più forti… Ogni volta che lo estraeva leggermente sentivo l’osso dell’ultima falangetta (la parte più larga del dito) uscire e subito dopo spingere per rientrare, sforzando la mia entrata e riacutizzando il bruciore, ma pian piano che andavamo avanti questo fastidio si faceva più lieve, per lasciar spazio al godimento.
Dal canto mio stringevo le cosce più che potevo, così che le sue dita mi procurassero le sensazione più intense.
Finalmente incominciai a provare piacere. Quando me ne accorsi il bus era in movimento, c’eravamo finalmente tolti dall’ingorgo e stavamo procedendo lentamente. Un po' per la situazione incredibile, un po' perché le sue dita sembravano davvero capaci, mi sembrava sempre di essere sull’orlo dell’orgasmo, ma la tensione e la paura di esser scoperti eran troppo forti per permettermi di lasciarmi andare come avrei voluto.
Impercettibilmente iniziai a muovermi anche io, i piedi sempre fermi sul posto, ma il corpo leggermente ondeggiante in avanti e in dietro. Nella posizione in cui era messo aveva difficoltà a sfregarmi nell’interno della vulva, così mi decisi a spostarmi io. Lui mi lasciò fare, aveva capito forse dalla pressione della mia figa che ero pronta per venire, così quando fummo nuovamente incastrati mi accorsi che ora le sue dita erano esattamente come le volevo io, sotto il clitoride. Mi sembrava di impazzire; abbassai la testa (per evitare che mi scappasse qualche segnale rivelatore) dietro la schiena di un omaccione che mi stava davanti e finalmente mi lasciai andare. Da una zona sotto al clitoride, dove le sue dita mi strofinavano con foga, percepii finalmente una fitta di piacere, era il segnale dell’orgasmo imminente. Senza poterlo evitare mi spinsi mollemente contro il mio uomo e mi lasciai masturbare in profondità. Una sensazione di caldo si propagò verso lo stomaco, per salire al seno. Una scossa mi fece rabbrividire, la pelle del collo e sopra lo sterno fu percorsa da un brivido e a quel punto, per evitare di mettermi ad urlare, strinsi decisamente i denti, mordendomi le labbra. Ad occhi chiusi, il viso verso il basso, stavo venendo.
Il ragazzo se ne era accorto e muoveva ora le dita con una foga incredibile, entrava ed usciva dai miei due foderi accaldati, me li strattonava e premeva in modo da sfregare contro quel pezzetto di carne martoriata che separa i due condotti. Spompata dall’orgasmo le gambe mi cedettero e mi sbilanciai. Per non cadere mi appoggiai alle spalle dell’uomo di fronte a me:
- Mi scusi – mi uscì di gola, a stento, la voce impastata e ansimante
- Si figuri, - mi rispose lui guardandomi con occhi sgranati, di fronte al mio fiso scomposto – Signorina, si sente male?
- No, no… solo un po'… - farfugliai, gli occhi sbarrati, impaurita e in cerca di una scusa.
Poi una mano, da dietro, mi cinse la vita e mi tirò a sé, indietro
- Non si preoccupi, è solo un po' di affaticamento – Sentii intervenire il mio misterioso amante – Giornata dura oggi… e poi con sto tempo, tutta questa umidità… - e sorrise all’uomo
- Si… giornata molto dura… - aggiunsi finalmente, sorridendo anch’io all’uomo, che a queste nostre parole si voltò nuovamente.
Spossata da quella esperienza incredibile mi appoggiai finalmente al torace del ragazzo, le braccia ciondoloni lungo i fianchi.
Solo in quel momento mi accorsi che anche lui si era sfilato da dentro di me e mi teneva a se, abbracciandomi all’altezza della vita.
Senza che ci scappasse una parola rimanemmo in quella posizione, io sempre a testa bassa per evitare che qualcuno s’accorgesse del mio fiatone, fino a che non arrivammo, dopo un paio di minuti alla stazione di Porta Nuova.
Fu a quel momento che finalmente mi voltai e potei osservare il mio amante di quel pomeriggio. Era un ragazzo poco più giovane di me, vestito elegantemente con una giacca di seta cotta blu e una camicia azzurra. Mi fissava sorridendo, due occhi chiari in un viso da ragazzo, i capelli mossi castani.
I nostri sguardi si incrociarono per quell’attimo che sembrò durare un eternità, poi si voltò anche lui e, aperte le porte, scendemmo entrambi…




Ora, se riuscirò a convincere il mio amico a continuare il racconto, potrete sapere come andò a finire quella giornata indimenticabile
Se invece i miei tentativi per convincerlo non andranno a buon fine, se la lettura v’avrà eccitato, non vi resterà, miei cari lettori e lettrici, che immaginarlo con la vostra mente.
Per ogni curiosità, scrivetemi a farfalla.pazza@outlook.it: se vi dimostrerete seri e intelligenti, sarà mio enorme piacere rispondervi.
A presto
scritto il
2019-01-22
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