Quello che vuoi da me - Cap. 3

di
genere
bondage

L’effetto della voce di Marco accentuò le sensazioni dovute al bagno di adrenalina in cui mi ero intrisa mentre ero sola, potenzialmente in balia di chiunque si fosse avventurato oltre la porta aperta. Tutti i sensi disponibili erano acuiti ed in allarme, mi sentivo la fronte non coperta dalla benda imperlata di sudore, e la paura aveva, già dalla nostra prima serata, iniziato a agire da afrodisiaco.Ero eccitata. Da morire. E mi accorsi che mi scappava la pipì. Cretina, non ci avevo pensato prima di prepararmi, e adesso non volevo dirglielo.
Per quelle due settimane ero rimasta all’oscuro sulle sue intenzioni. Continuai a chiederglielo, ogni volta che ci sentivamo o messaggiavamo, e capitava spesso, ma restava sul vago o cambiava argomento.

- Non preoccuparti adesso. Ti lascerò anche un paio di cose, puoi tenerle da qualche parte?
- Non puoi farmi questo. E che cosa devi lasciarmi? Troverò un posto, basta che non siano molto ingombranti. Non mi va di dare spiegazioni imbarazzanti a Luca…
- Niente di che, un sacchettino che puoi lasciare ovunque.
- Va bene allora. Ma non mi anticipi niente?
- No, potrei cambiare idea fino all’ultimo minuto, almeno per i dettagli. Quindi aspetto.
- E lo sai che sono curiosa.
- Certo, e lo faccio apposta. E un’altra cosa...non credi che la nuova te stessa meriti qualcosa di nuovo?
- In che senso?
- Nel senso che la sostanza è buona, ma potresti impacchettarla meglio
- Non mi vesto bene? - Da quando ero diventata la sua schiava, e mi ero resa conto di essere più libera e trattata meglio in quella veste che non da chi tecnicamente era mio pari in un rapporto, avevo iniziato a guardarmi allo specchio di più e con maggior attenzione. Niente di esagerato nel trucco, che non avevo quasi mai usato, e nemmeno nella scelta dei vestiti, ma cercavo di essere più femminile, e forse passare meno inosservata. Tutti si erano accorti del cambio di passo. Tranne uno, ovviamente. E non era Marco.
- Al contrario, ma solo in quello che si vede. Il resto è ancora un po’ troppo...semplice? Diciamo così
Ecco, l’intimo invece non lo avevo proprio mai considerato. Se si riferiva a quello, aveva ragione. Usavo quasi solamente reggiseni sportivi, e in generale niente che richiamasse una qualsiasi forma di seduzione. Nessuno dei miei ragazzi però aveva badato troppo alla cosa. Il massimo che facevano era toglierlo di mezzo.
- Ho sempre pensato che sono più scomodi che altro, quando sono un po’ eleganti. Come le scarpe…
- Poi parleremo anche di quelle, e hai visto per quei sandali che invece non è sempre vero quello che hai detto.
- Quindi intimo e scarpe. Ma se per le scarpe posso anche vagamente darti ragione, sull’intimo sono quasi inamovibile. Tanto chi lo vedrebbe?
- Intanto, per ora almeno, io. Mi piace.
- Un punto a tuo favore…
- Ma una cosa che non ti entra in testa è che devi, non dovresti, devi, farlo per te. Se anche nessuno dovesse vederti, lo sapresti tu. Un coreografo un sacco di tempo fa obbligava le sue ballerine a indossare mutandine di pizzo, e quando gli chiesero perché lui disse che, anche senza che nessuno le vedesse, si capiva che le indossavano perché si muovevano diversamente.
- Per forza, sentirsi pizzicare ad ogni minimo movimento deve essere fastidioso – non l’ho mai sopportato abbastanza da riconoscendone il potenziale seduttivo. Rise anche lui, poi io proseguii – comunque ho capito. Farò un po’ di spese, magari mi farò accompagnare da Valeria, lei ne sa di più.
- Al primo giro vorrei che facessi da sola. Vorrei vedere con cosa torni a casa. E offro io, se permetti
- Se non dovesse piacerti la mia scelta?
- Pagherei, visto che sarebbe piaciuto a te. Poi ti farei aggiustare il tiro.
- Punendomi?
- No, perché? A meno che non sia tu a chiedermelo, non lo farei per quello. Altrimenti ti direi direttamente cosa comprare. So cosa mi piacerebbe vederti indossare, ma sono curioso di vedere cosa farai.
- Ho capito, devo andare in un sex shop…
- Se dici così non hai capito niente...non sto parlando di cose da mettere come schiava. A quelle potrei pensare io. Parlo di alzare il livello dell’intimo di tutti i giorni. Anche in quello, ogni giorno devi sentirti un po’ speciale. Non deve servirti un’occasione per dover mettere, che so, un perizoma stiloso o un balconcino che ti valorizzi. E sappi che mi piacciono entrambi.
- Grazie della dritta, almeno so da dove partire. Non li ho mai guardati, ho solo un costume da bagno che può essere chiamato perizoma.
- Amplierai la collezione.

- Com’è stato aspettare al buio?
- Terribile. Non mi piace stare sola, e avevo paura che la porta si aprisse. Non mi sarebbe piaciuto.
Mi toccò leggermente fra le gambe, e sussultai lasciandomi sfuggire un gemito mordendomi le labbra
- Ma è stato anche eccitante. Senti che roba...
Mi vergognai, nonostante la confidenza che avevo con Marco. Ma era vero, la paura stava diventando un motore molto potente. La tensione per tutto il tempo prima del suo arrivo era stata terribilmente afrodisiaca, anche se ero più che sicura che l’entrata di qualcun altro mi avrebbe causato imbarazzo nel caso migliore, e panico in quello peggiore. Mi ero messa in pericolo
- Sì
- La paura ti eccita. Pensa se un colpo d’aria avesse aperto la porta e qualcuno avesse sbirciato dentro...
Si appoggiò al mio corpo da dietro, che non era più mio, e lo sentii eccitato. Mi prese i fianchi e fece scivolare la mano verso l’inguine, fermandosi prima di raggiungerlo. Cercai di sollevarmi in punta di piedi spingendo indietro il bacino perchè mi toccasse, ma le mani salirono con me.
- Non così in fretta..
Scesi di nuovo con le piante dei piedi sul pavimento, e le sue dita si spostarono sui seni. Giocherellò per un po’ con i capezzoli, poi li afferrò con forza e li tirò alternandoli in avanti, prima di stirarmeli entrambi al massimo.
- Adesso magari ti dispiace che sia arrivato?
- No...
- Ma fa molto male, vero?
- Sì, fa malissimo...
Rimase così a lungo, mentre io cercavo di girarmi abbastanza per dargli la mia bocca da baciare, ma lui fece finta di non capire e si staccò da me.
- Ho portato delle pinzette nuove, e ora le proveremo.
I capezzoli mi bruciavano già, ma sapevo che era solo l’inizio. Mi attaccò il primo morsetto, e sentii una scarica partire dal seno e bruciarmi fino al cervello. Gemetti quando il suo peso trascinò verso il basso tutto quello a cui era attaccato.
- Adesso è peggio?
- Cercai di tirare le corde perchè quel tormento cessasse in qualche modo, ma dovetti arrendermi. Mi prese la mandibola e mi baciò, esplorandomi voracemente la bocca, e il suo peso sul morsetto mi fece mugolare, poi si staccò nuovamente da me.
- Adesso l’altro.
Sentii qualcosa di freddo sul petto e sulla nuca. Sentii il seno tirato verso l’alto dalla catenella che si tendeva dietro la mia testa, e la mano di Marco strizzò leggermente l’altro seno per sollevarlo. Quando chiuse il secondo morsetto il dolore si moltiplicò. Marco continuò a tirare da dietro finchè entrambi i seni erano innaturalmente sollevati.
- Adesso sai cosa farò?
- No, ma non farmi più male di così per favore...
- Sai che se volessi potrei, giusto?
- Sì...
- E perchè?
- Perchè sei il mio padrone
- E tu chi sei?
- La tua schiava.
- E cosa fa un padrone alla sua schiava?
- La tortura
- E poi?
- Quello che vuole
Il dolore cresceva ad ogni secondo. Sotto la benda sentivo che cominciavano a farsi strada alcune lacrime, ma finalmente sentii la sua mano solleticarmi il clitoride. Cercando di muovermi, non feci altro che aumentare la trazione sui capezzoli, ma non potevo fare a meno di implorarlo con il corpo di darmi anche un po’ di piacere.
- Sembra che tu sia disposta a sentire quel dolore, in cambio di un orgasmo. Dico bene?
- Se vorrai darmelo sì
- Posso dirti che verrai...
Iniziò a schiacciarmi il clitoride contro la parete ossea sottostante, liberandolo e imprigionandolo di continuo sotto il suo dito. Era sconvolgente, e sentivo che non sarei durata a lungo con quel trattamento. Marco però non era dello stesso avviso, e prima che esplodessi si staccò da me.
- Ora voglio che tu rimanga sola con il tuo dolore. Rimarrò qui a guardarti, mentre ad ogni respiro pregherai che ti tolga quei pezzetti di metallo infuocato dalle tette.
Lo sentii sedersi sul divano davanti a me, mentre continuavo a sentire il suo tocco ora inesistente. Continuavo ad essere eccitata, senza che niente potesse porre fine a quel miscuglio di piacere e dolore. Lo sentii abbassare la zip dei pantaloni, e pensai che si stesse masturbando alla mia vista. Ansimai, piegando la testa in avanti per cercare di dare un po’ di sollievo ai miei seni torturati.
- Dopo, quando tirerai su la testa di nuovo, sarà peggio, lo sai.
- Lo so...vorrei succhiarti il cazzo.
- Ancora non sei pronta per una cosa del genere.
- Perchè? Vorrei tanto, so che ti piacerebbe...
Sentii una fitta tremenda cercando di sollevare la testa. La piegai ancora, sconfitta. Perchè non voleva godere di me?
- Sei ancora di un altro, quindi niente sesso come lo intendi tu. Adesso sto facendo quello che pensi, ma puoi solo sentire. E sappi che non verrò, sto solo passandomi il tempo mentre ti osservo.
Un’ondata di calore mi invase l’inguine. Lasciamelo almeno sentire, ce l’hai duro per me...
- Ogni cosa a suo tempo.
- Sto già pensando di lasciarlo – riuscii a dirgli – te lo giuro.
- Quando ne avrai la forza ne riparleremo. Per ora puoi prendere quello che ti concedo. Non voglio che tu prenda decisioni per me però. Se lo fai, deve essere per te. Ora dimmi se puoi sopportare ancora o non ce la fai più.
Lo sentii alzarsi. Forse non si era rivestito, forse avrei sentito il suo cazzo nudo contro di me.
- Se tu vuoi, posso resistere
- Brava la mia patata...
Patata mi piaceva, era una specie di vezzeggiativo che mi dava mio padre quando ero imbranata, e mi aveva fatto sempre sorridere. Lo feci anche quella volta.
- Come prima volta con questi sei stata brava e coraggiosa. Ora te li toglierò, e sai che farà ancora più male.
Allargò delicatamente la molla, e mi cedettero le gambe. Non riuscii a trattenere un grido, che soffocai schiacciando la bocca contro il braccio. Lui affondò la mano nei miei capelli dietro la nuca e mi obbligò ad un nuovo bacio. Accolsi la sua lingua che frugava dentro di me, immaginando il momento in cui avrei potuto sentire un’altra parte di lui nello stesso modo. Mi tirò lontano da sè, e rimasi a bocca aperta sperando che mi strattonasse ancora verso di lui. Invece, tenendomi così, sentii la sua mano prendere il morsetto superstite.
- Non farmi questo. Griderò fortissimo...ti prego.
- Non sono io a dovermi vergnognare se mi sentono i vicini...
- Lo so, baaa....
Volevo chiamarlo bastardo, ma la voce mi morì in gola. Riaprì la molla molto più rapidamente, ed ancora una volta rimasi appesa alle corde, con la mano di lui ad impedirmi di cercare rifugio alla bocca. Gridai forte.
- E’ finita ora...riprendi fiato
Avrei voluto morderlo, mentre con la mano libera mi accarezzava dolcemente i seni. La circolazione che tornava a scorrere rendeva tremendamente doloroso quel flebile massaggio. Allentò la presa, mente la sua bocca si chiuse a succhiare dolcemente i capezzoli che lentamente tornavano a vivere. Mi chinai su di lui e trovai il suo orecchio, e glielo morsi con infinita gratitudine mentre con la lingua giocavo con la parte dentro la mia bocca.
Si allontanò nuovamente. Nonostante la frustrazione per il piacere che ancora mi sembrava lontano, mi ricomposi. Cosa aveva in mente adesso?
- Vorrei ripetere il trattamento al clitoride, ma non penso che lo sopporteresti. Tu che dici?
Riprese a toccarmi debolmente tra le gambe, abbastanza per farmi sentire piacere ma non per farmi arrivare a venire. Mi stava tormentando
- Pensandoci, non so se meriti di venire davvero. Sei d’accordo?
- Posso parlare liberamente?
- Certo. Sai che ne terrò conto fino a un certo punto probabilmente, ma puoi dirmi quello che vuoi.
- La schiava sa che puoi fare quello che vuoi... – sentii che a quelle parole aveva accentuato la pressione, e mi avvicinai ancora una volta, di poco, al punto di non ritorno.
- Ma..?
- Ma la donna vuole dannatamente venire. Ti prego, non lasciarmi così...
Lo feci ridere. Buon segno. Forse.
- Stai diventando davvero brava. E non so se lo fai perchè non mi conosci abbastanza, o perchè mi conosci troppo.
- Sono nelle tue mani. Letteralmente, come sempre.
- Te l’ho promesso. Ma sei stata così brava a prepararti che mi spiace finirti dopo solo un’ora
Era con me già da un’ora? Mi erano sembrati dieci eterni minuti. Iniziai a respirare pesante, perchè adesso cominciava a farsi interessante. E lui si fermò. Sperai che fosse l’ultima volta.
- Ti frusterò un pochino. E solo in un posto dove si nota poco. Tra le gambe. Non stringerle, e conta.
- Come conta?
- I colpi. Non voglio che la tua mente vaghi troppo.
Contai dieci colpi, estremamente distanziati uno dall’altro. Al secondo aveva preso la misura, e ogni volta riusciva a colpirmi esattamente il clitoride. Dopo il quinto non potei più sopportare in silenzio, e prima di proseguire il conteggio urlai, senza più ritegno. Quando finì ansimavo, attendendo finalmente il premio per quella sofferenza.
- Adesso altrettanti da davanti. Piegati in avanti più che puoi, voglio che il colpo arrivi in mezzo alle chiappe, non sopra.
Mi tremavano le gambe per il dolore, ma non potei fare a meno di obbedire. I colpi facevano meno male, ma ogni minimo contatto sul clitoride era una coltellata. Dubitai che riuscisse a farmi venire, dopo quel trattamento. Contai anche quei dieci nuovi colpi, riuscendo a non urlare.
- Alzati ora...
Mi sollevai nella posizione iniziale, e Marco si appoggiò contro la mia schiena. Ero sudata, tutto il mio corpo era bagnato di sudore. La sua mano sinistra si chiuse sul mio collo, abbastanza forte da impedirmi di respirare correttamente. Sentii le vene gonfiarsi, e un calore indescrivibile invadermi la testa. Mi sentivo leggera e inebriata, mentre le dita della sua mano destra tornarono sul mio clitoride devastato. Inspiegabilmente provai solo piacere, mentre una strana euforia mi pervadeva. Bastarono pochissimi istanti per annullarmi. Sentii le gambe cedere mentre Marco mi sosteneva, e vidi davanti agli occhi delle stelline di luce bianca. Pensai di essere sul punto di svenire e perdermi uno dei momenti più belli di tutta la mia vita, quando Marco allentò la presa sul collo dandomi una boccata d’aria che mi fece riprendere, e in quel momento fui come lanciata in un mondo parallelo di piacere indescrivibile. Marco continuò lo sfregamento, ed io fui proiettata da un orgasmo all’altro, perdendone il conto. Quando si fermò mi sostenne mettendomi le mani sotto le ascelle, e mi accorsi che tremavo come in preda alle convulsioni. Se non ci fosse stato lui a tenermi, sarei rimasta appesa per i polsi come un salame.

Quando smisi di tremare mi slegò e mi tolse la benda, appoggiandomi sul divano e coprendomi con una felpa. Lo vidi cercare con gli occhi, poi si alzò e sparì verso la mia camera da letto, tornando con una coperta che mi appoggiò sulle gambe. Mi accoccolai accanto a lui, che mi guardava sorridendo beffardo.
- Sapevi di essere poliorgasmica?
- A malapena ne provavo uno alla volta, in una buona giornata...
- Adesso non dovresti più lamentarti. Avrai gli arretrati. Ti costeranno un po’ di dolore, qualche umiliazione, ma penso ne valga la pena.
- Mi dai una sigaretta?
Mi allungò il pacchetto, e mi fece accendere.
- Da quando fumi?
- Da adesso. Ma non ho intenzione di prendere il vizio.
Tossii per la mancanza di abitudine.
- Prima dicevo sul serio. Sto iniziando a pensare che non è giusto che stia con lui. Non sono più la ragazza che si è messa con lui.
- E sei solo all’inizio. C’è tanto di te da scoprire. Comunque deciderai, io sarò dalla tua parte. Su questo puoi contare. Cercherò di impedirti di fare errori troppo grossi, ma qualcuno dovrai farlo per forza. Ed in ogni modo, ti servirà tutto. E’ importante che tu decida per te. E questo vale anche nei miei confronti.
- Cioè?
- Cioè che ci sarà un giorno in cui forse non vorrai più essere quello che stai diventando.
- La tua schiava?
- Certo. Può darsi che incontrerai qualcuno e vorrai essere sua. La sua donna, la sua schiava, o altro. Ma deciderai tu. Io sono quello che ti spiega come pensare per te stessa, e sarò sempre tuo amico.
Tirai una boccata più lunga, come vedevo fare a lui. Mi si annebbiò la vista e la testa cominciò a girare. Gli restituii la sigaretta.
-Come cazzo fai?
- Pratica e pazienza. Come con te...
Mi abbracciò, e rimasi contro di lui senza dire niente.
- Posso farti la doccia?
- Ti prego...adoro queste coccole dopo.
Mi prese per mano e mi portò in bagno. Aprì il getto e con la mano mi accompagnò dentro.
- La prossima volta ti legherò sotto il getto...così magari potrò alternare acqua calda e fredda.
- Dispettoso...
- Ma lo farò prima della fine dei giochi e ne sarà parte. Adesso preferisco farti rilassare e basta.
- Meno male. Ti ringrazio
Fu molto premuroso e il suo massaggio mi rinfrancò. Avrei potuto abituarmi a quel trattamento...
- Ti sembrerà strano restare vestita davanti a me – mi disse allungandomi l’accappatoio
- Non ci vediamo così spesso, sono più le volte che mi vedi vestita per ora
Ridemmo insieme, e gli preparai un caffè prima che se ne andasse
- Sto bene con te. E’ un peccato che tu non ti innamori
- Finora non è successo. Ma sto bene con te anche io, altrimenti non sarei qui.
Avrei dato un braccio perchè succedesse. E l’altro, prima ancora, per sapere cosa ci volesse. Ma per il momento potevo averlo accanto a me, più presente di chiunque altro. E il prezzo da pagare, in fondo, mi stava piacendo. Allora domani vai a fare un po’ di acquisti?
- Sì, se riesco. Mi sono fatta una cultura in materia, ho dovuto recuperare anni di disinteresse in pochi giorni. Ma sarai contento, vedrai.
- Io voglio che lo sia tu.
scritto il
2019-01-27
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