L'ufficio del preside
di
Mairin
genere
etero
Anna veniva fiera da diciotto anni di mascalzonate e la scuola non era esattamente il suo posto preferito. Prediligeva di gran lunga riunirsi il pomeriggio con i ragazzi della sua gang, tutti maschi e tutti rigorosamente più grandi di lei. L'avevano presa con loro qualche anno prima, inizialmente titubanti, per poi ricredersi quando avevano toccato con mano (e non solo) le capacità della ragazza. Capacità di ladruncola, s'intende. Dal supermercato alla gioielleria, non c'era negozio della città nel quale erano entrati per poi uscirne a mani vuote. Neanche quelli con il sistema di videosorveglianza più tecnologico erano riusciti a sfuggire alle loro abilità, in particolare alle manine prodighe di Anna. La sua era un'arte, un'arte che mai nascondeva. Camminava sempre a testa alta, i lunghi capelli rossi che le oscillavano sulla schiena, fin poco sopra quel culetto tondo e perfetto.
A scuola la conoscevano tutti, d'altronde quel fisico non passava inosservato. I ragazzi avevano gli ormoni impazziti e le avevano dedicato ben più di qualche sega. Quello che Anna non sapeva, o forse fingeva di non sapere, era che era l'oggetto dei desideri proibiti anche di molti professori.
L'ufficio del preside si affacciava proprio sull'area fumatori, dove Anna, ogni giorno, si portava delicatamente alla bocca una sigaretta. Da quando l'aveva notata, il preside non poteva fare a meno di sbirciare dalla finestra quel corpo perfetto e non c'era una volta in cui il cazzo non gli esplodesse nei pantaloni.
La prima volta che l'aveva vista era rimasto abbagliato, incapace di credere che potesse esistere una bellezza così. Era magra, ma il seno le esplodeva nella maglietta e quel culetto sembrava implorare di essere sculacciato. Quel giorno il cazzo gli era diventato talmente duro che si era nascosto dietro la scrivania per tutta la giornata e, una volta tornato a casa, aveva scopato duramente sua moglie, fingendo fosse lei.
Per sua fortuna, come già detto, Anna era una mascalzona, e finiva più volte nel suo ufficio. Ma era una tortura avere quella creatura davanti e dover reprimere ogni impulso.
A scuola, Anna cercava di non esagerare troppo. Spesso, il motivo per cui finiva nell'ufficio del preside era perché aveva risposto male a qualche professore. Quella volta, però, c'era stata una rissa. Anna aveva preso a calci e pugni un'altra ragazza, che, a quanto pare, l'aveva chiamata "puttana", e ora stava lì seduta davanti a lui, imbronciata, con un vestito che le scopriva le gambe perfette.
"Non so più cosa fare con te", le disse. Lei si limitò ad alzare le spalle. "Se continui così sarai espulsa, lo capisci? Meriti una punizione esemplare. Alzati, vieni qua."
Anna obbedì. "Girati, appoggiati sulla scrivania."
Prese una bacchetta di legno e iniziò a sculacciarla con quella, mentre la giovane gemeva di dolore. Era una scena molto eccitante, il preside sapeva che avrebbe dovuto fermarsi, ma non ci riuscì. Le sollevò il vestito fino a scoprire le chiappe, divise dalla sottile linea di un perizoma nero. Iniziò a sculacciarle con le mani, fino a che non diventarono tutte rosse. Poi si fermò. La osservò per qualche secondo, ma adesso era il suo cazzo a pensare, non la sua testa. Le tirò giù le mutandine e iniziò a leccarla. Quasi con sua sorpresa, Anna non si oppose, ma iniziò a gemere piano e la sua figa prese a sgocciolargli in bocca.
Il preside non ce la faceva più, si slacciò i pantaloni e glielo infilò dentro. A lei piaceva molto, così tanto che dovette metterle una mano sulla bocca per reprimere le sua urla di piacere. Con l'altra mano andò ad alzarle completamente il vestito e a giocare coi suoi seni enormi.
"Ti piace, eh? Sei proprio una cattiva ragazza. Una vera puttanella"
"Sì" lei parlò per la prima volta da quando si trovava in quell'ufficio "Sì, puniscimi"
E così fece, scopandola duramente. Anna gemeva fortissimo contro la sua mano, non riusciva a trattenersi e il suo piacere esplose in un orgasmo infinito.
"Sei protetta?" le chiese. Lei annuì. Il preside, allora, riprese a scoparla forte e le venne dentro.
Restarono così ancora per qualche istante, poi lei si girò e si aggiustò il vestito.
"Questo è niente" le disse lui "Se ti spediscono di nuovo qui ti faccio gridare per il dolore."
Con un gesto della mano, la congedò.
A scuola la conoscevano tutti, d'altronde quel fisico non passava inosservato. I ragazzi avevano gli ormoni impazziti e le avevano dedicato ben più di qualche sega. Quello che Anna non sapeva, o forse fingeva di non sapere, era che era l'oggetto dei desideri proibiti anche di molti professori.
L'ufficio del preside si affacciava proprio sull'area fumatori, dove Anna, ogni giorno, si portava delicatamente alla bocca una sigaretta. Da quando l'aveva notata, il preside non poteva fare a meno di sbirciare dalla finestra quel corpo perfetto e non c'era una volta in cui il cazzo non gli esplodesse nei pantaloni.
La prima volta che l'aveva vista era rimasto abbagliato, incapace di credere che potesse esistere una bellezza così. Era magra, ma il seno le esplodeva nella maglietta e quel culetto sembrava implorare di essere sculacciato. Quel giorno il cazzo gli era diventato talmente duro che si era nascosto dietro la scrivania per tutta la giornata e, una volta tornato a casa, aveva scopato duramente sua moglie, fingendo fosse lei.
Per sua fortuna, come già detto, Anna era una mascalzona, e finiva più volte nel suo ufficio. Ma era una tortura avere quella creatura davanti e dover reprimere ogni impulso.
A scuola, Anna cercava di non esagerare troppo. Spesso, il motivo per cui finiva nell'ufficio del preside era perché aveva risposto male a qualche professore. Quella volta, però, c'era stata una rissa. Anna aveva preso a calci e pugni un'altra ragazza, che, a quanto pare, l'aveva chiamata "puttana", e ora stava lì seduta davanti a lui, imbronciata, con un vestito che le scopriva le gambe perfette.
"Non so più cosa fare con te", le disse. Lei si limitò ad alzare le spalle. "Se continui così sarai espulsa, lo capisci? Meriti una punizione esemplare. Alzati, vieni qua."
Anna obbedì. "Girati, appoggiati sulla scrivania."
Prese una bacchetta di legno e iniziò a sculacciarla con quella, mentre la giovane gemeva di dolore. Era una scena molto eccitante, il preside sapeva che avrebbe dovuto fermarsi, ma non ci riuscì. Le sollevò il vestito fino a scoprire le chiappe, divise dalla sottile linea di un perizoma nero. Iniziò a sculacciarle con le mani, fino a che non diventarono tutte rosse. Poi si fermò. La osservò per qualche secondo, ma adesso era il suo cazzo a pensare, non la sua testa. Le tirò giù le mutandine e iniziò a leccarla. Quasi con sua sorpresa, Anna non si oppose, ma iniziò a gemere piano e la sua figa prese a sgocciolargli in bocca.
Il preside non ce la faceva più, si slacciò i pantaloni e glielo infilò dentro. A lei piaceva molto, così tanto che dovette metterle una mano sulla bocca per reprimere le sua urla di piacere. Con l'altra mano andò ad alzarle completamente il vestito e a giocare coi suoi seni enormi.
"Ti piace, eh? Sei proprio una cattiva ragazza. Una vera puttanella"
"Sì" lei parlò per la prima volta da quando si trovava in quell'ufficio "Sì, puniscimi"
E così fece, scopandola duramente. Anna gemeva fortissimo contro la sua mano, non riusciva a trattenersi e il suo piacere esplose in un orgasmo infinito.
"Sei protetta?" le chiese. Lei annuì. Il preside, allora, riprese a scoparla forte e le venne dentro.
Restarono così ancora per qualche istante, poi lei si girò e si aggiustò il vestito.
"Questo è niente" le disse lui "Se ti spediscono di nuovo qui ti faccio gridare per il dolore."
Con un gesto della mano, la congedò.
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