La ragazza troppo bella - Parte 11
di
Judicael Ouango
genere
bisex
Reinaldo era di fronte a me. Le sue mani, o meglio, le sue dita, agili e forti, si muovevano sul mio pube. Avevo le gambe grandi aperte, sdraiata sul tavolo orientale di massaggio. Scivolava sui bordi della mia figa con le dita scendendo quasi fino all'ano, poi risaliva allo stesso ritmo, senza fretta. Ero cosparsa di olii dal basso ventre in giu. Con i pollici, i palmi appoggiati sulla mia figa, mi masturbava il pube con piccoli movimenti circolari ma decisi. Con quel tocco, continuò a scendere fino ad arrivare giù, e poi riprese. Avevo gli occhi chiusi. La sensazione era deliziosa. Reinaldo era in prova. Si proponeva come maestro di massaggi erotici. Un bel ragazzo trentenne di Rio di Janeiro che ci provava in tutti i modi. Ma il massaggio funzionava. I muscoli della figa si gonfiavano e si rilassavano sotto il suo tocco esperto. Tolse le mani entrambi e le picchio su delle pietre calde. Poi, mi copri tutta la vagina con la mano bollente. Il desiderio che già in me era evidente diventò bollore. Un caldo assurdo mi invase, avvampavo a tal punto che non notai che l'altra sua mano era poggiata sul ghiaccio. Me ne accorsi quando cambiò mano... Fu un choc, che in un istante si trasformò in goduria. Reinaldo lasciò la mano fredda sulla mia figa, senza muoverla, massaggiandomi i seni con l'altra mano rimasta calda. Quando la mano sulla mia figa si fece calda, mi chiese di girarmi. Lo feci con piacere. La mia figa era un lago. Non me lo sarei scopato, o forse si. Ma a decidere sarei stata io. Era implicito. Mi girai incuriosita. Con le due mani poggiate sul mio sedere cominciò a massaggiarmi delicatamente scivolando in pochi minuti accanto alla mia vagina ed alla parte bassa del mio sedere. La mia vagina era cosi gonfia che non era difficile premerne i due bordi, cosi che fece con le due mani e tante dita. Sfiorava il clitoride ed ogni volta mi arrivava una scarica in tutto il corpo.
"Bosslady?". Era Grace che mi chiamava da dietro la porta. "Entra" dissi. "Va bene cosi" dissi a Reinaldo che spari immediatamente da una piccola porta. "Dimmi" dissi a Grace. "C'è una cosa in Tv, la dovete vedere". A malincuore mi alzai. La mia figa colava ed un rivolo mi arrivava sotto il ginocchio. Mi feci una doccia fredda e veloce, mi vesti, ed usci. Grace era davanti la Tv nella reception. Era il canale delle notizie. In primo piano, c'era il viso dell'albino. E sotto scritto: Catturato banda criminale specializzata in droga e rapine. Andai sul computer della reception e cercai su google delle notizie relative all'arresto. Lo aveva arrestato ... il comandante Alberto. C'era una sua intervista in cui parlava di lunghe e minuziose indagini che avrebbero portato a questi risultati. La cosa certa, è che davvero ci fossero state indagini, allora sarei stata coinvolta. "Grace, vieni con me" le dissi. Andai in ufficio ad aprire la cassaforte. C'erano tanti contanti e molti brillanti al suo interno. Svuotammo tutto e lo metterò in una borsa. Poi, chiamai Luigi e gli chiesi di accompagnare Grace a Napoli. Li, alla stazione, avrebbe preso un box e li lo avrebbe lasciato. Poi, mentre se ne stavano andando, chiamai il mio consulente in banca e gli dissi che sarei passata nel pomeriggio a chiudere uno dei conti. Il che voleva dire che avrebbe dovuto preparare tanti contanti. Il mio avvocato era il tutore di tutt'altra cosa. Insieme al notaio, avevano una copia di tutte le registrazioni dei filmati in cui gli uomini importanti erano coinvolti. Ex presidenti della repubblica, procuratori, giudici, uomini del clero, politici, ministri, ambasciatori di diversi paesi, nobili, industriali, c'era di che far saltare il paese. Chiamai anche lui e gli preavvisai senza dirgli niente che c'era la possibilità che fossi arrestata. E poi, dovetti fare la fatidica chiamata. Alberto. Dovevo sapere cosa sapevano. Lo chiamai ma non rispose. Ci provai altre due volte ma senza risultati. Mi stavo rassegnando a lasciar perdere ed aspettare la polizia quando una delle mie guardie nere mi annunciò che era li. Entrò scuro in viso. "Ciao" disse in modo freddo. "Alberto, come stai caro?" gli chiesi alzandomi ed andando ad abbracciarlo. Fu freddo. E rispose nello stesso modo. Tagliente e conciso. Si sedette senza aspettare il mio invito, e disse " Non devi più chiamarmi. Mai più. Non so chi ci sia dietro di te, ma durante l'inchiesta ho ricevuto l'ordine di togliere di mezzo il tuo nome. Non so come tu abbia fatto, se sei un informatore di qualche forze dell'ordine, non so niente perché mi hanno tagliato fuori, ma so che sei convolva in questo traffico, e non voglio piu avere a che fare con te".
Stranamente, questo discorso invece di placarmi mi fece diventare una furia. " E quindi!" risposi urlando. "Quando ti facevi frustrare ed inculare e godevi come una vecchia troia era legale???? Tutto questo attorno a me, è legale? E perché ci venivi? Devi scegliere tu cosa sia piu importante come reato? Perché hai avuto la fortuna di essere quello che sei? Ma fammi il piacere! Sei schifoso quanto me, anche se porti una divisa! Non ti permettere di mancarmi di rispetto ca abbuschi!". Le ultime due parole mi erano uscite in napoletano. "Sennò le prendi". Tutta la tensione della giornata era scemata nella rabbia. Alberto mi guardò livido in volto. Si alzò, e disse "lo rimpiangerai". Risposi subito "Provaci Alberto e lo rimpiangerai tu". Si girò subito ad affrontarmi "Mi stai minacciando?" mi disse urlandomi quasi in faccia. Lo guardai sorridendo, e dissi "Si". In quel momento, entrarono le mie guardie del corpo. Le due donne non avevano paura di niente, e si vedeva. Cercarono il mio consenso con gli occhi, e si avvicinarono ad Alberto. Lui capi, si girò, e se ne andò sbattendo la porta dietro di se.
Andato via Alberto, rimasi da sola nel mio ufficio senza nemmeno accendere la luce. Chiamai Grace che stava tornando con Luigi e cosi mi addormentai una mezz'oretta. Mi svegliai di umore particolare. In un istante, avevo rischiato tutto quel che avevo. Non ero del tutto cosciente della potenza che avevo, non avrei saputo dire chi era che mi aveva tolta dai guai. Ne il perché. Mi era stata concessa una cosa tuttavia. Ero in debito. Non so con chi, ma lo avevo. Era tardi, gli ultimi dipendenti se ne stavano andando. Dissi alle ragazze di prepararsi, sarei tornata a casa anch'io.
Fu una notte agitata. Popolata di sirene, di arresti, di carceri, di onta ed umiliazioni. Mi svegliai piu volte nel corso della notte inzuppata di sudore. Il rischio di essere arrestato era stato cosi grande, vicino, da essere tangibile e latente nel presente. Tutto il mio essere era terrorizzato dalla minaccia a cui ero appena scampato. La mattina arrivò mentre i miei occhi erano aperti sul soffitto. Dovevo parlare con delle persone. E quelle persone dovevano sapere che se cado io, cadono anche loro. Era un rischio non indifferente. Parliamo di persone capaci con un cenno della testa di far scoppiare una guerra in Burundi o di usare migliaia di indigeni amazzoni per testare un farmaco. Uomini con un potere cosi immenso che le mie guardie erano ridicole in confronto agli eserciti che li proteggevano. Sapevo che anche le mie precauzioni prese erano inutili dinnanzi a ciò che erano capaci di fare. Dovevo fare meglio, molto meglio di ciò che avevo con me per fare loro paura. Chiamai una società di informatica e presi appuntamento con loro in mattinata. Ci andai come prima cosa e furono molto cortesi e professionali con me. Termini come "Dark web", "Server crittato", "Back up" mi erano nuovi, ma sembravano portatori di garanzie. Diventai subito una loro cliente. Avevo con me tre hard disk di dimensioni notevoli. Erano inutili. Il server avrebbe generato un codice che mi sarebbe stato mandato esclusivamente sulla mail. Dopo di che, una volta dentro, avrei dovuto cambiare la password ed inserire i file protetti. Uno dei livelli di sicurezza mi affascinava. Al termine di tre giorni in cui non mi sarei connessa ne inserito un altra password solo da me conosciuta, il server avrebbe mandato tutto il materiale ad una serie di email da me decisi. Tornai immediatamente a casa e racimolai gli indirizzi della stampa piu nota, della televisione, persino straniera. E poi, cercai e trovai piu indirizzi di procure in varie parti d'Italia ed a Bruxelles e li aggiunsi. Mentre facevo quel lavoro, mi arrivò una mail. Era quella che aspettavo. Nel giro di due ore, completai la procedura e lasciai gli hard disk attaccati al computer per scaricare oltre un ventimila ore di filmati.
"Cardinale" dissi sedendomi sul divano di fronte a lui. Aveva accettato subito di ricevermi. Era un cliente affezionato del mio centro. Preferiva i ragazzi, un piccolo vizio che rimaneva ovviamente un gran segreto. Era il preposto agli affari legali del vaticano e pertanto aveva a che fare con la legge italiana. Con tutti i suoi alti rappresentanti. Non persi tempo in convenevoli. Glielo chiesi subito. "Chi mi dava la cocaina è stato arrestato. Lo sapete? Io cosa rischio?". Si guardò attorno prima di rispondere. Certo che lo sapeva. Lo sapeva ben prima che fosse arrestato, cosi come sapeva che il mio nome era emerso nell'inchiesta, cosi come sapeva che non sarei stata coinvolta. Qualcuno non voleva. Semplice. Non sapeva dirmi chi, ma qualcuno. Nello stesso pomeriggio, vidi altre tre persone. Due uomini ed una donna. Tale donna era una contessa decaduta. Quando entrai nel giro, era lei la tramite che mi procurava le feste mediante ovviamente una percentuale. Poi, messa da parte, la prese male e mi minacciò. Le costò due costole rotte dalle mie guardie. Ovviamente, in un vicolo buio di Roma la sera tardi che si era ritirata da sola. Aveva capito il messaggio. Non aveva piu provato a rompermi. Poi, la coinvolsi io. Mi era utile. La nobiltà é un biglietto di entrata in certi posti unico. E quindi cominciai a collaborare con lei. Mi diceva dove andare a consegnare la droga, a portare le ragazze, nel suo giro insomma. Dato che mi ero accaparrata del giorno piu in alto, ovviamente, si accontentava del giro dabbasso, ma in un certo modo, era anche il mio, Pian piano, ci stavo mettendo le mano. La conversazione con lei non fu illuminante. Anche lei come tutti gli altri non sapevano niente.
Verso le sette, ero a casa avvilita e ben intenzionata a non andare a chiudere i conti quando ricevetti un messaggio. Sorrisi nel leggerlo. Era un ragazzo giovanissimo, figlio di una personalità importante e tutt'ora in vista. Ci eravamo conosciuti ad un gala che davano i suoi. Era rimasto da me affascinato. Benché ci fosse la sua ragazza dieci anni o piu piu giovane di me, non aveva occhi che per me. Feci un pò la stronza giusto per divertirmi ma quella sera ero li per altri affari. E quindi lo stuzzicai per un quarto d'ora e lo lasciai litigare con la ragazza. Non so come avesse avuto il mio numero, ma regolarmente mi scriveva. Era carino. Alto, andava in palestra ed era evidente, i cappelli biondi e gli occhi azzurri, non proprio il mio genere di uomini. Tuttavia, in lui c'era qualcosa di forte, di violento, di primordiale. Forse per la tensione accumulata in giornata, ma il suo timing fu perfetto. Gli scrissi solo l'indirizzo, e l'ora. Cioè, un ora dopo.
Gli apri con i cappelli bagnati. Una camicia di notte molto sexy era il mio unico capo. Lui fece di tutto per rimanere educato e non abbassare gli occhi sul mio pube che si vedeva perfettamente sotto il tessuto trasparente. Poi, lo portai a sedersi su uno delle sedie alte della cucina e gli porsi il vino in mano con il tira-bouchon. Lo apri mentre prendevo due calici. Era maldestro, mi divertiva. Oramai ero da poco oltre i trenta. Avevo sempre considerato da giovane che i trentenni fossero vecchi. Forse lui mi vedeva cosi ora. E mi divertiva. Mi sentivo ancor più bella di quanto mi ci sentissi da ventenne. Ero elaborata. Sofisticata. Consapevole del mio stacco di coscia. Sapendo del mio culo stupendo. Io sapevo di essere bella, ma spesso la bellezza non basta. C'è un pizzico di donna che bisogna aggiungerci. La donna vera, quella che preserva e cura la specie attraverso il desiderio. In ogni gesto, c'è sesso, e dunque, piacere. I miei erano calcolati. A pro di. Mi muovevo nella stanza stando attenta a che mi guardasse. Doveva. Mi godevo la sua voglia. Era un momento in cui volevo evadere completamente dalla giornata che avevo avuta. Quando mi sedetti vicino a lui, gli misi dopo un paio di minuti la mano sul ginocchio. Basto a farlo sussultare. Poi, semplicemente, gli chiesi di venire tra le mie gambe, e di laccarmi la figa. Docilmente, lo fece. La sua lingua era frettolosa. Non capace di comprendere le vibrazioni del clitoride. D'altronde, vista la sua giovane età... Non lo lasciai fare a lungo. Era quasi fastidioso. Diedi termine a questo gioco e lo presi in bocca. O almeno ci provai. Appena la mia lingua si poggiò sul suo cazzo, venne con un getto violentissimo che mi sorprese. Mi allontanai di riflesso aggrappandomi al suo membro e lo tirai verso il basso inconsapevolmente. Lui gridò per il dolore e lo lasciai mentre qualche getto ancora usciva dal suo cazzo. Non mi divertiva la cosa. Lo guardai. Il suo sguardo era riverso verso ogni spazio in cui non ci fossero i miei occhi. Mi passò la voglia. Gli chiesi di andarsene. Poi, cacciai fuori un vibratore di quelli ereditati da Elena e misi un film porno sul computer che misi sul letto mentre mi masturbava. Venni in pochissimo tempo e mi addormentai quasi subito. Era stata una giornata davvero intensa ed emozionante.
"Bosslady?". Era Grace che mi chiamava da dietro la porta. "Entra" dissi. "Va bene cosi" dissi a Reinaldo che spari immediatamente da una piccola porta. "Dimmi" dissi a Grace. "C'è una cosa in Tv, la dovete vedere". A malincuore mi alzai. La mia figa colava ed un rivolo mi arrivava sotto il ginocchio. Mi feci una doccia fredda e veloce, mi vesti, ed usci. Grace era davanti la Tv nella reception. Era il canale delle notizie. In primo piano, c'era il viso dell'albino. E sotto scritto: Catturato banda criminale specializzata in droga e rapine. Andai sul computer della reception e cercai su google delle notizie relative all'arresto. Lo aveva arrestato ... il comandante Alberto. C'era una sua intervista in cui parlava di lunghe e minuziose indagini che avrebbero portato a questi risultati. La cosa certa, è che davvero ci fossero state indagini, allora sarei stata coinvolta. "Grace, vieni con me" le dissi. Andai in ufficio ad aprire la cassaforte. C'erano tanti contanti e molti brillanti al suo interno. Svuotammo tutto e lo metterò in una borsa. Poi, chiamai Luigi e gli chiesi di accompagnare Grace a Napoli. Li, alla stazione, avrebbe preso un box e li lo avrebbe lasciato. Poi, mentre se ne stavano andando, chiamai il mio consulente in banca e gli dissi che sarei passata nel pomeriggio a chiudere uno dei conti. Il che voleva dire che avrebbe dovuto preparare tanti contanti. Il mio avvocato era il tutore di tutt'altra cosa. Insieme al notaio, avevano una copia di tutte le registrazioni dei filmati in cui gli uomini importanti erano coinvolti. Ex presidenti della repubblica, procuratori, giudici, uomini del clero, politici, ministri, ambasciatori di diversi paesi, nobili, industriali, c'era di che far saltare il paese. Chiamai anche lui e gli preavvisai senza dirgli niente che c'era la possibilità che fossi arrestata. E poi, dovetti fare la fatidica chiamata. Alberto. Dovevo sapere cosa sapevano. Lo chiamai ma non rispose. Ci provai altre due volte ma senza risultati. Mi stavo rassegnando a lasciar perdere ed aspettare la polizia quando una delle mie guardie nere mi annunciò che era li. Entrò scuro in viso. "Ciao" disse in modo freddo. "Alberto, come stai caro?" gli chiesi alzandomi ed andando ad abbracciarlo. Fu freddo. E rispose nello stesso modo. Tagliente e conciso. Si sedette senza aspettare il mio invito, e disse " Non devi più chiamarmi. Mai più. Non so chi ci sia dietro di te, ma durante l'inchiesta ho ricevuto l'ordine di togliere di mezzo il tuo nome. Non so come tu abbia fatto, se sei un informatore di qualche forze dell'ordine, non so niente perché mi hanno tagliato fuori, ma so che sei convolva in questo traffico, e non voglio piu avere a che fare con te".
Stranamente, questo discorso invece di placarmi mi fece diventare una furia. " E quindi!" risposi urlando. "Quando ti facevi frustrare ed inculare e godevi come una vecchia troia era legale???? Tutto questo attorno a me, è legale? E perché ci venivi? Devi scegliere tu cosa sia piu importante come reato? Perché hai avuto la fortuna di essere quello che sei? Ma fammi il piacere! Sei schifoso quanto me, anche se porti una divisa! Non ti permettere di mancarmi di rispetto ca abbuschi!". Le ultime due parole mi erano uscite in napoletano. "Sennò le prendi". Tutta la tensione della giornata era scemata nella rabbia. Alberto mi guardò livido in volto. Si alzò, e disse "lo rimpiangerai". Risposi subito "Provaci Alberto e lo rimpiangerai tu". Si girò subito ad affrontarmi "Mi stai minacciando?" mi disse urlandomi quasi in faccia. Lo guardai sorridendo, e dissi "Si". In quel momento, entrarono le mie guardie del corpo. Le due donne non avevano paura di niente, e si vedeva. Cercarono il mio consenso con gli occhi, e si avvicinarono ad Alberto. Lui capi, si girò, e se ne andò sbattendo la porta dietro di se.
Andato via Alberto, rimasi da sola nel mio ufficio senza nemmeno accendere la luce. Chiamai Grace che stava tornando con Luigi e cosi mi addormentai una mezz'oretta. Mi svegliai di umore particolare. In un istante, avevo rischiato tutto quel che avevo. Non ero del tutto cosciente della potenza che avevo, non avrei saputo dire chi era che mi aveva tolta dai guai. Ne il perché. Mi era stata concessa una cosa tuttavia. Ero in debito. Non so con chi, ma lo avevo. Era tardi, gli ultimi dipendenti se ne stavano andando. Dissi alle ragazze di prepararsi, sarei tornata a casa anch'io.
Fu una notte agitata. Popolata di sirene, di arresti, di carceri, di onta ed umiliazioni. Mi svegliai piu volte nel corso della notte inzuppata di sudore. Il rischio di essere arrestato era stato cosi grande, vicino, da essere tangibile e latente nel presente. Tutto il mio essere era terrorizzato dalla minaccia a cui ero appena scampato. La mattina arrivò mentre i miei occhi erano aperti sul soffitto. Dovevo parlare con delle persone. E quelle persone dovevano sapere che se cado io, cadono anche loro. Era un rischio non indifferente. Parliamo di persone capaci con un cenno della testa di far scoppiare una guerra in Burundi o di usare migliaia di indigeni amazzoni per testare un farmaco. Uomini con un potere cosi immenso che le mie guardie erano ridicole in confronto agli eserciti che li proteggevano. Sapevo che anche le mie precauzioni prese erano inutili dinnanzi a ciò che erano capaci di fare. Dovevo fare meglio, molto meglio di ciò che avevo con me per fare loro paura. Chiamai una società di informatica e presi appuntamento con loro in mattinata. Ci andai come prima cosa e furono molto cortesi e professionali con me. Termini come "Dark web", "Server crittato", "Back up" mi erano nuovi, ma sembravano portatori di garanzie. Diventai subito una loro cliente. Avevo con me tre hard disk di dimensioni notevoli. Erano inutili. Il server avrebbe generato un codice che mi sarebbe stato mandato esclusivamente sulla mail. Dopo di che, una volta dentro, avrei dovuto cambiare la password ed inserire i file protetti. Uno dei livelli di sicurezza mi affascinava. Al termine di tre giorni in cui non mi sarei connessa ne inserito un altra password solo da me conosciuta, il server avrebbe mandato tutto il materiale ad una serie di email da me decisi. Tornai immediatamente a casa e racimolai gli indirizzi della stampa piu nota, della televisione, persino straniera. E poi, cercai e trovai piu indirizzi di procure in varie parti d'Italia ed a Bruxelles e li aggiunsi. Mentre facevo quel lavoro, mi arrivò una mail. Era quella che aspettavo. Nel giro di due ore, completai la procedura e lasciai gli hard disk attaccati al computer per scaricare oltre un ventimila ore di filmati.
"Cardinale" dissi sedendomi sul divano di fronte a lui. Aveva accettato subito di ricevermi. Era un cliente affezionato del mio centro. Preferiva i ragazzi, un piccolo vizio che rimaneva ovviamente un gran segreto. Era il preposto agli affari legali del vaticano e pertanto aveva a che fare con la legge italiana. Con tutti i suoi alti rappresentanti. Non persi tempo in convenevoli. Glielo chiesi subito. "Chi mi dava la cocaina è stato arrestato. Lo sapete? Io cosa rischio?". Si guardò attorno prima di rispondere. Certo che lo sapeva. Lo sapeva ben prima che fosse arrestato, cosi come sapeva che il mio nome era emerso nell'inchiesta, cosi come sapeva che non sarei stata coinvolta. Qualcuno non voleva. Semplice. Non sapeva dirmi chi, ma qualcuno. Nello stesso pomeriggio, vidi altre tre persone. Due uomini ed una donna. Tale donna era una contessa decaduta. Quando entrai nel giro, era lei la tramite che mi procurava le feste mediante ovviamente una percentuale. Poi, messa da parte, la prese male e mi minacciò. Le costò due costole rotte dalle mie guardie. Ovviamente, in un vicolo buio di Roma la sera tardi che si era ritirata da sola. Aveva capito il messaggio. Non aveva piu provato a rompermi. Poi, la coinvolsi io. Mi era utile. La nobiltà é un biglietto di entrata in certi posti unico. E quindi cominciai a collaborare con lei. Mi diceva dove andare a consegnare la droga, a portare le ragazze, nel suo giro insomma. Dato che mi ero accaparrata del giorno piu in alto, ovviamente, si accontentava del giro dabbasso, ma in un certo modo, era anche il mio, Pian piano, ci stavo mettendo le mano. La conversazione con lei non fu illuminante. Anche lei come tutti gli altri non sapevano niente.
Verso le sette, ero a casa avvilita e ben intenzionata a non andare a chiudere i conti quando ricevetti un messaggio. Sorrisi nel leggerlo. Era un ragazzo giovanissimo, figlio di una personalità importante e tutt'ora in vista. Ci eravamo conosciuti ad un gala che davano i suoi. Era rimasto da me affascinato. Benché ci fosse la sua ragazza dieci anni o piu piu giovane di me, non aveva occhi che per me. Feci un pò la stronza giusto per divertirmi ma quella sera ero li per altri affari. E quindi lo stuzzicai per un quarto d'ora e lo lasciai litigare con la ragazza. Non so come avesse avuto il mio numero, ma regolarmente mi scriveva. Era carino. Alto, andava in palestra ed era evidente, i cappelli biondi e gli occhi azzurri, non proprio il mio genere di uomini. Tuttavia, in lui c'era qualcosa di forte, di violento, di primordiale. Forse per la tensione accumulata in giornata, ma il suo timing fu perfetto. Gli scrissi solo l'indirizzo, e l'ora. Cioè, un ora dopo.
Gli apri con i cappelli bagnati. Una camicia di notte molto sexy era il mio unico capo. Lui fece di tutto per rimanere educato e non abbassare gli occhi sul mio pube che si vedeva perfettamente sotto il tessuto trasparente. Poi, lo portai a sedersi su uno delle sedie alte della cucina e gli porsi il vino in mano con il tira-bouchon. Lo apri mentre prendevo due calici. Era maldestro, mi divertiva. Oramai ero da poco oltre i trenta. Avevo sempre considerato da giovane che i trentenni fossero vecchi. Forse lui mi vedeva cosi ora. E mi divertiva. Mi sentivo ancor più bella di quanto mi ci sentissi da ventenne. Ero elaborata. Sofisticata. Consapevole del mio stacco di coscia. Sapendo del mio culo stupendo. Io sapevo di essere bella, ma spesso la bellezza non basta. C'è un pizzico di donna che bisogna aggiungerci. La donna vera, quella che preserva e cura la specie attraverso il desiderio. In ogni gesto, c'è sesso, e dunque, piacere. I miei erano calcolati. A pro di. Mi muovevo nella stanza stando attenta a che mi guardasse. Doveva. Mi godevo la sua voglia. Era un momento in cui volevo evadere completamente dalla giornata che avevo avuta. Quando mi sedetti vicino a lui, gli misi dopo un paio di minuti la mano sul ginocchio. Basto a farlo sussultare. Poi, semplicemente, gli chiesi di venire tra le mie gambe, e di laccarmi la figa. Docilmente, lo fece. La sua lingua era frettolosa. Non capace di comprendere le vibrazioni del clitoride. D'altronde, vista la sua giovane età... Non lo lasciai fare a lungo. Era quasi fastidioso. Diedi termine a questo gioco e lo presi in bocca. O almeno ci provai. Appena la mia lingua si poggiò sul suo cazzo, venne con un getto violentissimo che mi sorprese. Mi allontanai di riflesso aggrappandomi al suo membro e lo tirai verso il basso inconsapevolmente. Lui gridò per il dolore e lo lasciai mentre qualche getto ancora usciva dal suo cazzo. Non mi divertiva la cosa. Lo guardai. Il suo sguardo era riverso verso ogni spazio in cui non ci fossero i miei occhi. Mi passò la voglia. Gli chiesi di andarsene. Poi, cacciai fuori un vibratore di quelli ereditati da Elena e misi un film porno sul computer che misi sul letto mentre mi masturbava. Venni in pochissimo tempo e mi addormentai quasi subito. Era stata una giornata davvero intensa ed emozionante.
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