Quella volta...
di
Judicael Ouango
genere
etero
Nel pieno della goduria, quando il mio corpo era scosso da spasmi incontrollabili e di un incredibile intensità, c’era anche una vena di sorpresa. Il cazzo di Ali continuava a scivolarmi dentro con un ritmo molto meno sostenuto accompagnando orgasmo come fosse il ritornello di una canzone. Ali, che non aveva gli occhi blu ma la pelle nera mi guardava mentre lasciavo andare i miei sensi. Mi toccava, con la punta delle dita, accarezzava i miei brividi, quasi come se li vedesse sotto la mia pelle. A cavalcioni su di lui, sopra il divano beige del mio soggiorno, avevo perso l’orientamento.
Su questo divano, ci sono stati molti, e molte. Divorziata a trent’anni dopo un matrimonio penoso e faticoso, ero passata da tutte le fasi successive. La rabbia nei miei confronti di me stessa per la mia remissività, la fretta di recuperare ciò che sentivo di aver perso, la paura di invecchiare troppo presto, persino il desiderio contrastante di essere madre. La ribelle che c’é in me si scatenò dopo il divorzio. Vivendo in una grande città del nord, lontana dalla provincia del sud di cui sono originaria, non dovevo nemmeno rendere conto o subire dei valori che sarebbero stati un carcere dentro il carcere della vita. Persino lo psicologo, che doveva aiutarmi a tornare sulla direzione “giusta”, era passato su quel divano…
È difficile comprendere il rapporto con me stesso, ma chiaramente, odiavo gli uomini, ma arabo me stessa. E dunque, gli uomini erano necessari. Il piacere non lascia spesso colmi; il piacere ha più facce, più sfumature, é totale e non parziale, complementare e non invasivo. Prendere i cazzi non mi bastava, più ne prendevo, e meno mi convincevo. Conobbi donne come me, affamate di vita, desiderose di godere, di sentire e di essere. Capii che eravamo diverse, ferite in modo differenti, deluse dal passato, dal presente, e scettiche sul futuro. E dunque, riunimmo le nostre delusione, mettemmo assieme le nostre aspettative, camminano nella stessa direzione, e spesso, nello stesso letto. La bisessualità mi travolse. Una donna arrivava laddove un uomo non riusciva. Una donna mi dedica tempo, mi dona attenzione, non mi offre un mero cazzo da succhiare o da cavalcare. Una donna mi dona oltre; ma una donna non un cazzo… Amo le attenzioni, ed il cazzo, adoro ciò che non esiste, l’estasi totale, voglio essere vista, toccata, posseduta, divisa e completa a metà. Non semplicemente scopata o inculata.
La tenda era mezza tirata. Sapevo dei due studenti che avevano comprato persino i binocoli quando si erano accorti della mia intensa attività sessuale. Vivevano di fronte a me, e le finestre del mio appartamento erano proprio di fronte a loro. Io non mi nascondo mai, ed a dire il vero, mi eccitava sapere di eccitarli. Quando li incontravo per strada diventavano rossi e goffi come degli adolescenti colti a leggere un giornalino porno.
Ali smise di muoversi e prese uno dei miei capezzoli tra le sue dita e cominciò a stringere forte. Non gradivo il dolore e le pratiche bdsm ma riconosco che tra la goduria, la mia figa che ancora pulsava, le sensazioni su tutto il mio corpo, e quel tocco intenso al limite del dolore, c’era qualcosa di “completo”.
In estasi, rimanemmo cosi per qualche tempo prima che Al si fosse sotto di me mi lasciò il capezzolo. Mi alzai e lo guardai. Ammetto che fino a quel momento ero stata me. Ossia, dopo tanto infruttuoso sesso, avevo la mia “tecnica”, che era diventato come un rituale. Gli uomini vengono troppo presto, e poi i loro cazzi mezzo mosci non riescono a destare che leggeri e delicati piaceri. Il cazzo di Ali era a dir poco enorme. Come lui d’altronde. Un bellissimo uomo nero incontrato per caso mentre andavo a correre nel parco. Mentre ero ferma e mi stirava mi chiese aiuto a ritrovare il cane. Dopo cinque minuti, ridendo, mi disse che non aveva mai avuto un cane. Mi piacque tantissimo il suo approccio e decidemmo di vederci la sera stessa, dato che anche lui abitava nel quartiere, sarebbe stato facile.
Ma questo non me lo aspettavo. Quella sera, cominciai a realizzare che il sesso, non é sempre, ne spesso sesso. Capii che avevo sensazione di godurie esistenti, incredibilmente forti e complete, sentivo attraverso le mie esperienze che non furono poche che ci potevo arrivare, e pertanto presi anche tre cazzi alla volta, fighe a profusine, ma ero sempre li, sul bordo del precipizio, senza mai cadere in quelle sensazioni di cui ero certa.
Il cazzo e la figa si parlano. Hanno mille modi di dirsi le cose. La mia figa lacrimava di goduria, percepiva nettamente il pulsare del cazzo di Ali, il suo scivolare curioso non tutti gli angoli a cercare il brivido, brivido che quando trovava, si stupiva, pulsava, e ci ritornava, per poi ripartire all’avventura. Ali mi girò e noi apri le gambe. Poi, lentamente, mi porto la mani sulle cosce tendomi cosi aperta, appoggio un dito sul mio clitoride, lentamente, molto lentamente, e poi cominciò a fare pressione girandoci attorno. Stava cercando di capire la pressione giusta, lo guardai negli occhi meravigliata. Odiavo essere toccata li, gli uomini non lo sanno fare, era una cosa che riservavo solo alle mie amanti donne, cosa in cui eccellano. Ali aveva pero ben capito che le donne sono tutte diverse e con me tentava, cercava, studiava, e mi guardava. Abbassai gli occhi e vidi la sua mano nera che avvolgeva tutta la mia figa. Sulla mia pelle bianca e la luce abbastanza forte, il contrasto era cosi sensuale che mi venne un brivido. Statuario, continuando a toccarmi ed a guardarmi, mi infilò il suo pene gigante dentro. Mi masturbava, mi scopava, mi guardava. Senza fretta. Si dedicava a me, corpo e sensi, mente e presenza, la mia figa si stringeva sotto i morsi del piacere, ed il suo cazzo pulsava alo stesso ritmo, oltre la musica di sottofondo, si sentiva l’andar e venire del suo pene in me. Un altro orgasmo mi rivolse. Ali smise di toccarmi e rimase in quella parte della figa che quando gode si stringe tantissimo quasi a fare un gomito. Solo con la punta del cazzo, muovendosi in un centimetro solo di ampiezza nei ,movimento, raggiunse tutta me. Era incredibile, come se lui fosse me, ed io fossi lui, come se penetrassi lui, e lui me. Avevamo gli stessi occhi, appannati di piacere, eravamo goduria l’un dell’altro. Perché io lo sentivo, vivevo il suo piacere ed era cosi intenso da pareggiare il mio. Dopo lunghi minuti, mi alzai tremante e presi il suo cazzo in bocca. Era pulsante, caldo, viscoso di noi. Non gli feci un pompino, feci l’amore con il suo cazzo. Seduta sul tappeto, il suo cazzo in bocca, la mia mano sulla figa, abbi un altro orgasmo mentre la mia lingua stava sulle vene del suo cazzo come per far portare al sangue un carico di piacere che era cosi grande da essere condiviso.
Andai poi a prendere da bere per entrambi e tornai sul divano accanto a lui. Incredibilmente, godevo ancora. I capelli elettrizzati, mi guardai allo specchio laterale. Ero bellissima. Col trucco sbavato, il viso sconvolto, cosi rilassata che non trattengo nemmeno quella leggera pancia fastidiosa che non riuscivo a togliere manco in palestra, mi guardavo e vedevo una donna diversa.
Chiacchierammo un pò, e poi, Ali, naturalmente, mi spinse all’indietro costringendomi a sdraiarmi, mi apri le gambe, ed infilò nella mia figa la lingua più bollente abbia mai sentito…
Su questo divano, ci sono stati molti, e molte. Divorziata a trent’anni dopo un matrimonio penoso e faticoso, ero passata da tutte le fasi successive. La rabbia nei miei confronti di me stessa per la mia remissività, la fretta di recuperare ciò che sentivo di aver perso, la paura di invecchiare troppo presto, persino il desiderio contrastante di essere madre. La ribelle che c’é in me si scatenò dopo il divorzio. Vivendo in una grande città del nord, lontana dalla provincia del sud di cui sono originaria, non dovevo nemmeno rendere conto o subire dei valori che sarebbero stati un carcere dentro il carcere della vita. Persino lo psicologo, che doveva aiutarmi a tornare sulla direzione “giusta”, era passato su quel divano…
È difficile comprendere il rapporto con me stesso, ma chiaramente, odiavo gli uomini, ma arabo me stessa. E dunque, gli uomini erano necessari. Il piacere non lascia spesso colmi; il piacere ha più facce, più sfumature, é totale e non parziale, complementare e non invasivo. Prendere i cazzi non mi bastava, più ne prendevo, e meno mi convincevo. Conobbi donne come me, affamate di vita, desiderose di godere, di sentire e di essere. Capii che eravamo diverse, ferite in modo differenti, deluse dal passato, dal presente, e scettiche sul futuro. E dunque, riunimmo le nostre delusione, mettemmo assieme le nostre aspettative, camminano nella stessa direzione, e spesso, nello stesso letto. La bisessualità mi travolse. Una donna arrivava laddove un uomo non riusciva. Una donna mi dedica tempo, mi dona attenzione, non mi offre un mero cazzo da succhiare o da cavalcare. Una donna mi dona oltre; ma una donna non un cazzo… Amo le attenzioni, ed il cazzo, adoro ciò che non esiste, l’estasi totale, voglio essere vista, toccata, posseduta, divisa e completa a metà. Non semplicemente scopata o inculata.
La tenda era mezza tirata. Sapevo dei due studenti che avevano comprato persino i binocoli quando si erano accorti della mia intensa attività sessuale. Vivevano di fronte a me, e le finestre del mio appartamento erano proprio di fronte a loro. Io non mi nascondo mai, ed a dire il vero, mi eccitava sapere di eccitarli. Quando li incontravo per strada diventavano rossi e goffi come degli adolescenti colti a leggere un giornalino porno.
Ali smise di muoversi e prese uno dei miei capezzoli tra le sue dita e cominciò a stringere forte. Non gradivo il dolore e le pratiche bdsm ma riconosco che tra la goduria, la mia figa che ancora pulsava, le sensazioni su tutto il mio corpo, e quel tocco intenso al limite del dolore, c’era qualcosa di “completo”.
In estasi, rimanemmo cosi per qualche tempo prima che Al si fosse sotto di me mi lasciò il capezzolo. Mi alzai e lo guardai. Ammetto che fino a quel momento ero stata me. Ossia, dopo tanto infruttuoso sesso, avevo la mia “tecnica”, che era diventato come un rituale. Gli uomini vengono troppo presto, e poi i loro cazzi mezzo mosci non riescono a destare che leggeri e delicati piaceri. Il cazzo di Ali era a dir poco enorme. Come lui d’altronde. Un bellissimo uomo nero incontrato per caso mentre andavo a correre nel parco. Mentre ero ferma e mi stirava mi chiese aiuto a ritrovare il cane. Dopo cinque minuti, ridendo, mi disse che non aveva mai avuto un cane. Mi piacque tantissimo il suo approccio e decidemmo di vederci la sera stessa, dato che anche lui abitava nel quartiere, sarebbe stato facile.
Ma questo non me lo aspettavo. Quella sera, cominciai a realizzare che il sesso, non é sempre, ne spesso sesso. Capii che avevo sensazione di godurie esistenti, incredibilmente forti e complete, sentivo attraverso le mie esperienze che non furono poche che ci potevo arrivare, e pertanto presi anche tre cazzi alla volta, fighe a profusine, ma ero sempre li, sul bordo del precipizio, senza mai cadere in quelle sensazioni di cui ero certa.
Il cazzo e la figa si parlano. Hanno mille modi di dirsi le cose. La mia figa lacrimava di goduria, percepiva nettamente il pulsare del cazzo di Ali, il suo scivolare curioso non tutti gli angoli a cercare il brivido, brivido che quando trovava, si stupiva, pulsava, e ci ritornava, per poi ripartire all’avventura. Ali mi girò e noi apri le gambe. Poi, lentamente, mi porto la mani sulle cosce tendomi cosi aperta, appoggio un dito sul mio clitoride, lentamente, molto lentamente, e poi cominciò a fare pressione girandoci attorno. Stava cercando di capire la pressione giusta, lo guardai negli occhi meravigliata. Odiavo essere toccata li, gli uomini non lo sanno fare, era una cosa che riservavo solo alle mie amanti donne, cosa in cui eccellano. Ali aveva pero ben capito che le donne sono tutte diverse e con me tentava, cercava, studiava, e mi guardava. Abbassai gli occhi e vidi la sua mano nera che avvolgeva tutta la mia figa. Sulla mia pelle bianca e la luce abbastanza forte, il contrasto era cosi sensuale che mi venne un brivido. Statuario, continuando a toccarmi ed a guardarmi, mi infilò il suo pene gigante dentro. Mi masturbava, mi scopava, mi guardava. Senza fretta. Si dedicava a me, corpo e sensi, mente e presenza, la mia figa si stringeva sotto i morsi del piacere, ed il suo cazzo pulsava alo stesso ritmo, oltre la musica di sottofondo, si sentiva l’andar e venire del suo pene in me. Un altro orgasmo mi rivolse. Ali smise di toccarmi e rimase in quella parte della figa che quando gode si stringe tantissimo quasi a fare un gomito. Solo con la punta del cazzo, muovendosi in un centimetro solo di ampiezza nei ,movimento, raggiunse tutta me. Era incredibile, come se lui fosse me, ed io fossi lui, come se penetrassi lui, e lui me. Avevamo gli stessi occhi, appannati di piacere, eravamo goduria l’un dell’altro. Perché io lo sentivo, vivevo il suo piacere ed era cosi intenso da pareggiare il mio. Dopo lunghi minuti, mi alzai tremante e presi il suo cazzo in bocca. Era pulsante, caldo, viscoso di noi. Non gli feci un pompino, feci l’amore con il suo cazzo. Seduta sul tappeto, il suo cazzo in bocca, la mia mano sulla figa, abbi un altro orgasmo mentre la mia lingua stava sulle vene del suo cazzo come per far portare al sangue un carico di piacere che era cosi grande da essere condiviso.
Andai poi a prendere da bere per entrambi e tornai sul divano accanto a lui. Incredibilmente, godevo ancora. I capelli elettrizzati, mi guardai allo specchio laterale. Ero bellissima. Col trucco sbavato, il viso sconvolto, cosi rilassata che non trattengo nemmeno quella leggera pancia fastidiosa che non riuscivo a togliere manco in palestra, mi guardavo e vedevo una donna diversa.
Chiacchierammo un pò, e poi, Ali, naturalmente, mi spinse all’indietro costringendomi a sdraiarmi, mi apri le gambe, ed infilò nella mia figa la lingua più bollente abbia mai sentito…
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